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APPELLO.
Da FRANCO ABRUZZO ai
presidenti degli Ordini
regionali dei Giornalisti:
“Il dl 138/2011 ha previsto
che i Consigli dell’Ordine
non si occupino più di
disciplina. Rispettate
la volontà delle Camere.
Non imbrigliate l’attività
dei nascenti Consigli di
disciplina. Sul potere deontologico
del vecchio Ordine è ormai
tramontato il sole ed è
calato un buio impenetrabile”.

C’è chi afferma che l’Ordine senza la disciplina ha perso la sua identità e il suo ruolo storico. Ma non è così. Il potere disciplinare resta sempre nell’ambito dell’Ordine, ma verrà esercitato presto da un particolare Consiglio istituito ad hoc. L’Ordine oggi in sostanza ha due Consigli: quello storico che si occupa di formazione, esami di Stato e Albo, quello nascente che vigilerà sulla condotta degli iscritti.

Il Consiglio nazionale dell’Ordine  è chiamato a scrivere (e lo farà a partire da oggi, 8 ottobre 2012) il   Regolamento che guiderà l’attività dei nascenti Consigli regionali e del Consiglio nazionale di disciplina in attuazione di quanto dispone il dl 138/2011 e il dpr 137/2012.  Di questo Regolamento esiste un testo datato 27 settembre.  Il Cnog ha acquisito un  parere del prof. avv. Gianfranco Garancini sull’art. 8 del dpr 137/2012 e sulla bozza di Regolamento disciplinare. L’Ordine di Milano ha acquisito un parere del prof. avv. Remo Danovi. Il Dpr 137/2012 affida ai Consigli di disciplina territoriali l’istruzione e la decisione sugli affari disciplinari. E’ evidente che l’istruzione scatta sugli esposti firmati dai cittadini, dagli iscritti e dall’Ufficio del Pm (Procura della Repubblica e Procura generale). Il Consiglio di disciplina può acquisire anche d’ufficio “carte” notorie  riguardanti accadimenti di rilievo disciplinare. E’ in corso una manovra da parte di alcuni Ordini territoriali  per mantenere in capo ai vecchi Consigli dedell’Ordine il potere di iniziativa disciplinare. Questi tentativi sono puerili e francamente avvilenti. Non si vuol capire che nell’ambito di ogni singolo Ordine convivono con pari dignità  due Consigli, uno con funzioni amministrative e uno con funzioni disciplinari. (f. ab)


 


Milano, 7 ottobre 2012. Cari presidenti, seguo da lontano le vicende del nostro Ordine.  C’è  chi afferma che l’Ordine senza la disciplina ha perso la sua identità e il suo ruolo storico. Ma non è così.  Il  potere disciplinare resta sempre nell’ambito dell’Ordine, ma verrà esercitato presto da un particolare Consiglio istituito ad hoc. D’altra parte non possiamo violentare il dl 138/2011 (convertito dalla legge 148/2011), che ha creato una frattura tra il Consiglio che svolge funzioni amministrative  e il Consiglio di nuovo conio che eserciterà il potere disciplinare. Le funzioni svolte  un tempo dall’Ordine (articolo 48 della legge 69/1963) passano integralmente ai Consigli di disciplina. Afferma l’articolo 48  (”procedimento disciplinare”) non più in vigore: “Gli iscritti nell'albo, negli elenchi o nel registro, che si rendano colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignità professionali, o di fatti che compromettano la propria reputazione o la dignità dell'ordine, sono sottoposti a procedimento disciplinare.  Il procedimento disciplinare è iniziato d'ufficio dal Consiglio regionale o interregionale, o anche su richiesta del procuratore generale competente ai sensi dell'art. 44”. Oggi possiamo sostenere che “il procedimento disciplinare è iniziato d'ufficio dal Consiglio regionale di disciplina o anche su richiesta del Procuratore generale presso la Corte d’Appello o del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale”.


Il tentativo di ritagliare spazi nel procedimento disciplinare (preistruzione? suggerimento delle sanzioni?) per i Consigli amministrativi dell’Ordine non rispetta la volontà del Parlamento. Funzioni amministrative e Giustizia domestica sono stati divisi e tali devono rimanere. L’Ordine oggi in sostanza ha due Consigli: quello storico che si occupa di formazione, esami di Stato e  Albo, quello nascente che vigilerà sulla condotta degli iscritti.  Non ci possono essere invasione di campo. Resta, comunque, integro il potere della Procura della Repubblica di segnalare ex art 115 Cpp al Consiglio di disciplina le violazioni del divieto di pubblicazione commesse dai giornalisti con riferimento all’articolo 114 Cpp (nomi e foto di bambini, foto di persone con le manetta ai polsi). Anche il Garante dei dati personali ha il potere/dovere di trasmettere ai Consigli di disciplina  esposti su violazioni della privacy commesse da cronisti sprovveduti.  E’ il caso di farsi una ragione della emarginazione dei vecchi Consigli dell’Ordine. Questo è il mio pensiero personale espresso con serenità e con rispetto verso l’istituzione Ordine dei Giornalisti. Bisogna stare attenti, ora,   a non perdere le competenze sull’esame di Stato: le Università sono prontissime a sostituire l’Ordine nazionale. Non posso concludere senza un ringraziamento agli avvocati Remo Danovi e Gianfranco Garancini, che tentano di difendere le prerogative dell’Ordine (di un tempo che fu) con la consueta e riconosciuta bravura. Bisogna rassegnarsi. Sul potere disciplinare del vecchio Ordine è  tramontato il sole ed è calato un buio impenetrabile. Non è tempo di cavilli. Cordiali saluti,


FRANCO ABRUZZO


(presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia dal 15/5/1989 al 7 giugno 2007)


 


Normativa


Cpp – art 114. Divieto di pubblicazione di atti e di immagini (1)


1. E' vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto [c.p.p. 329] o anche solo del loro contenuto.


2. E' vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare [c.p.p. 424].


3. Se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo per il dibattimento, se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, e di quelli del fascicolo del pubblico ministero [c.p.p. 433], se non dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello. E' sempre consentita la pubblicazione degli atti utilizzati per le contestazioni [c.p.p. 500, 501, 503, comma 3] (2).


4. E' vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti del dibattimento celebrato a porte chiuse nei casi previsti dall'articolo 472 commi 1 e 2. In tali casi il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione anche degli atti o di parte degli atti utilizzati per le contestazioni. Il divieto di pubblicazione cessa comunque quando sono trascorsi i termini stabiliti dalla legge sugli archivi di Stato (3) ovvero è trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza irrevocabile e la pubblicazione è autorizzata dal ministro di grazia e giustizia.


5. Se non si procede al dibattimento, il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione di atti o di parte di atti quando la pubblicazione di essi può offendere il buon costume o comportare la diffusione di notizie sulle quali la legge prescrive di mantenere il segreto nell'interesse dello Stato (4) ovvero causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni o delle parti private. Si applica la disposizione dell'ultimo periodo del comma 4.


6. E' vietata la pubblicazione delle generalità e dell'immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiati dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni. È altresì vietata la pubblicazione di elementi che anche indirettamente possano comunque portare alla identificazione dei suddetti minorenni. Il tribunale per i minorenni, nell'interesse esclusivo del minorenne, o il minorenne che ha compiuto i sedici anni, può consentire la pubblicazione (5).


6-bis. E' vietata la pubblicazione dell'immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all'uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta (6).


7. E' sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto.


Cpp – art 115. Violazione del divieto di pubblicazione.


1. Salve le sanzioni previste dalla legge penale [c.p. 684], la violazione del divieto di pubblicazione previsto dagli articoli 114 e 329 comma 3 lettera b) costituisce illecito disciplinare quando il fatto è commesso da impiegati dello Stato o di altri enti pubblici ovvero da persone esercenti una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato.


2. Di ogni violazione del divieto di pubblicazione commessa dalle persone indicate nel comma 1 il pubblico ministero informa l'organo titolare del potere disciplinare.





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