5.11.2012 Ma é davvero legittimo il blocco della perequazione per il 2012 e il 2013 delle pensioni dei giornalisti erogate dall’INPGI - Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani "Giovanni Amendola" - superiori ai 1.405,05 euro lordi mensili deciso dal governo Monti nella cosiddetta “Manovra Salva Italia”? L'interrogativo é al centro dell'attenzione degli organismi dirigenti dei giornalisti pensionati perché la discutibilissima soluzione adottata dal Governo Monti non appare affatto in linea con la Carta repubblicana, né con le sentenze della Corte Costituzionale n. 316 del 2010 e n. 30 del 2004 (scaricabili dal sito http://www.giurcost.org/decisioni/index.html). Motivo: viene colpita in via esclusiva la sola categoria dei pensionati pubblici e privati che hanno peraltro già visto diminuire sensibilmente anche il proprio assegno mensile a seguito dell'aumento delle imposte addizionali IRPEF comunali e regionali. Per di più il blocco totale della perequazione delle pensioni ha una durata temporanea, ma i suoi effetti sono purtroppo permanenti, non essendo più possibile per i giornalisti pensionati recuperare nel tempo quanto trattenuto dall’INPGI - Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani "Giovanni Amendola" - per la mancata perequazione, proprio perché si è venuta a determinare una perdita del potere d’acquisto con effetti destinati a prodursi anche in futuro, incidenti definitivamente sull’ammontare della pensione stessa.
L’art. 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (in Supplemento ordinario n. 251 alla Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 284 del 6 dicembre 2011), convertito nella legge 22 dicembre 2011 n. 214 ((in Supplemento ordinario n. 276 alla Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 300 del 27 dicembre 2011), recante: «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici» prevede testualmente che: “In considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 è riconosciuta per gli anni 2012 e 2013 esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo Inps, nella misura del 100 per cento. Per le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo Inps e inferiore a tale limite, incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante ai sensi del presente comma, l'aumento di rivalutazione è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato. L'articolo 18, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni e integrazioni, è abrogato”.
Dopo il 1997 e il 2008 é, infatti, la terza volta (e sarà la quarta per il 2013) che viene bloccata la perequazione automatica delle pensioni, blocco che, anche se temporaneo, ha prodotto e produce tuttora un danno economico soprattutto sui livelli delle pensioni di importo più elevato, pregiudicando la realizzazione della “adeguatezza” delle prestazioni previdenziali e impedendo, o almeno concorrendo ad impedire, la realizzazione della proporzionalità tra pensione e retribuzione goduta nel corso dell’attività lavorativa.
I giornalisti titolari di pensioni INPGI superiori ad otto volte il trattamento minimo INPS sono stati così irragionevolmente privati della perequazione automatica senza una giustificazione adeguata, non ricavabile neppure dal principio di solidarietà.
Inoltre il blocco delle rivalutazioni (che comunque non copre l'inflazione reale) ha determinato la riduzione anche sensibile del vitalizio mensile. Di conseguenza l’importo netto delle pensioni dei giornalisti è fortemente diminuito scendendo addirittura al di sotto dei livelli del 2009. A ciò aggiungasi che in molti casi per effetto dell’introduzione dell’IMU i giornalisti pensionati hanno subito un’ulteriore penalizzazione rispetto a tutti i lavoratori dipendenti pubblici e privati che non hanno subito il blocco della rivalutazione ISTAT sui loro stipendi del 2012 (né su quelli futuri del 2013).
Per completezza si ricorda che limitatamente ai vitalizi di importo superiore ai 90 mila, ai 150 mila e ai 200 mila euro lordi l’anno erogati dall’INPGI - Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani "Giovanni Amendola" - circa 930 giornalisti sono stati ulteriormente penalizzati dal taglio - rispettivamente del 5%, del 10% e del 15% - disposto dal governo Berlusconi con l’art. 18, comma 22-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98 poi convertito nella legge 15 luglio 2011 n. 111, ed integrato dal governo Monti con l'art. 24, comma 31 bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011 n. 214. Su queste ultime norme la Corte Costituzionale si è già espressa con le sentenze n. 223 dell’8-11 ottobre 2012 e n. 241 del 24-31 ottobre 2012 ritenendo nella sostanza illegittimo il suddetto taglio, pur senza poterlo ufficialmente dichiarare (né smentire) per un mero tecnicismo giuridico.
Riepilogando, il blocco della perequazione delle pensioni deciso per il 2012 e 2013 dal governo Monti non sembra in linea con la Costituzione. Infatti:
a) la pensione totalmente non perequata, con evidenti effetti nell’immediato (“per gli anni “2012 e 2013”), ma pure con inevitabili riflessi permanenti (non essendo stato previsto alcun recupero per gli anni successivi), sembra non rispondere al canone della adeguatezza sancito, per la prestazione previdenziale, dall’art. 38, secondo comma, della Costituzione, avendo temporaneamente reso inefficace l’unico istituto posto a tutela della conservazione nel tempo del valore del trattamento pensionistico;
b) la mancata rivalutazione automatica delle pensioni superiori ad un certo importo contribuirebbe a precludere la proporzionalità tra pensione e retribuzione goduta nel corso dell’attività lavorativa, tutelata dagli artt. 36 e 38 della Costituzione, discriminando irragionevolmente in violazione dell'art. 3 della Costituzione i percettori di pensioni medio-alte rispetto ai percettori di pensioni meno elevate; i primi esposti globalmente al rischio inflattivo, i secondi protetti integralmente da esso;
c) la norma contenuta nel decreto “Manovra Salva Italia” contrasterebbe con l’art. 38 della Costituzione e con il principio di ragionevolezza previsto dall’art. 3 della Costituzione per avere totalmente sacrificato il diritto all’assicurazione da parte dello Stato di mezzi adeguati ai bisogni di vita dei lavoratori giornalisti pensionati INPGI alla solidarietà sociale sottesa alle esigenze di contenimento della spesa pubblica e di tenuta finanziaria del sistema previdenziale, evitando qualunque forma di bilanciamento tra valori di pari rango costituzionale, quale avrebbe potuto essere realizzata con interventi più calibrati di attenuazione della dinamica perequativa;
d) il blocco della perequazione in violazione dell'art. 53 della Costituzione andrebbe ad aggiungersi contemporaneamente a tutta una serie di ulteriori norme (introdotte dal governo Berlusconi e dal governo Monti) a danno esclusivo dei pensionati pubblici e privati, compresi i giornalisti con vitalizi INPGI, i quali sono stati anche paradossalmente sottoposti dal governo Monti ad una concreta maggiore tassazione (come l’IMU e le addizionali comunali e regionali all’IRPEF) senza che parallelamente fosse neppure attuata per legge - come bilanciamento minimo - una mirata diminuzione dell'aliquota IRPEF graduata nel tempo in relazione all'età del pensionato, cioé graduale minore aliquota IRPEF per ogni anno di età compiuto dal giornalista titolare del vitalizio dopo il suo pensionamento.
E’ opportuno ricordare in proposito quanto testualmente affermato dalla Corte Costituzionale al punto 4 della motivazione della sentenza n. 316 del 3-11 novembre 2010 (Presidente Francesco AMIRANTE, Redattore Luigi MAZZELLA): ”Dev’essere segnalato che la frequente reiterazione di misure intese a paralizzare il meccanismo perequativo esporrebbe il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità (su cui, nella materia dei trattamenti di quiescenza, v. sentenze n. 372 del 1998 e n. 349 del 1985), perché le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta”.
In tema di meccanismo automatico di rivalutazione delle pensioni va, infine, ricordato anche quanto affermato nel punto 3 della precedente sentenza n. 30 del 13-23 gennaio 2004 della Corte Costituzionale (Presidente Riccardo CHIEPPA, Redattore Ugo DE SIERVO): "Annualmente, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, adottato di concerto con il Ministro del lavoro, viene determinata la percentuale di variazione sulla cui base devono essere calcolati gli aumenti di perequazione automatica delle pensioni. Se questa recente evoluzione legislativa è chiaramente orientata nel senso di salvaguardare nel tempo il potere d’acquisto e l’adeguatezza dei trattamenti pensionistici unicamente attraverso il meccanismo della perequazione automatica dell’importo alle variazioni del costo della vita, essa risulta sostanzialmente anche coerente sia con il prevalente carattere contributivo assunto dal sistema pensionistico a seguito della riforma introdotta dalla legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), sia anche con la profonda riforma che ha interessato il pubblico impiego ed in particolare la dirigenza pubblica, il cui trattamento economico è, per la parte accessoria, correlato alle funzioni attribuite, alle connesse responsabilità ed ai risultati conseguiti (art. 24 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”). Mentre tutto ciò rende sempre più difficile riferirsi allo scostamento tra le pensioni e le successive modificazioni dei diversi trattamenti stipendiali, il perdurante necessario rispetto dei principi di sufficienza ed adeguatezza delle pensioni impone al legislatore, pur nell’esercizio del suo potere discrezionale di bilanciamento tra le varie esigenze di politica economica e le disponibilità finanziarie, di individuare un meccanismo in grado di assicurare un reale ed effettivo adeguamento dei trattamenti di quiescenza alle variazioni del costo della vita (ordinanza n. 241 del 2002; ordinanza n. 439 del 2001; ordinanza n. 254 del 2001). Con la conseguenza che il verificarsi di irragionevoli scostamenti dell’entità delle pensioni rispetto alle effettive variazioni del potere d’acquisto della moneta, sarebbe indicativo della inidoneità del meccanismo in concreto prescelto ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia mezzi adeguati ad una esistenza libera e dignitosa nel rispetto dei principi e dei diritti sanciti dagli artt. 36 e 38 della Costituzione".
Alla luce di quanto sopra il Consiglio Direttivo dell'U.N.G.P. - Unione Nazionale Giornalisti Pensionati - su sollecitazione del Gruppo Romano dovrà valutare tra circa un mese l’opportunità di intraprendere eventuali iniziative legali per conto dei suoi iscritti con gli effetti pratici di una class action, volte a far sollevare dalla magistratura l’eccezione di legittimità costituzionale - per presunto contrasto con gli articoli 3, 36, 38 e 53 della Carte repubblicana - del blocco della perequazione decisa per il 2012 e il 2013 sui trattamenti pensionistici dei giornalisti in base all’art. 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito nella legge 22 dicembre 2011 n. 214, tendenti a far recuperare loro le somme trattenute dall’INPGI sui vitalizi per effetto delle norme della "Manovra Salva Italia" del governo Monti.
In aggiunta e/o in alternativa alle iniziative legali si dovrà anche valutare l’opportunità di predisporre il testo di una mozione che ciascun giornalista pensionato potrà presentare alla Camera e al Senato come ogni cittadino, ai sensi dell'art. 50 della Costituzione, per chiedere al Parlamento l'eliminazione del blocco della perequazione decisa dal governo Monti sui vitalizi del 2012 e 2013 o in alternativa l'approvazione di una nuova norma di legge mirata a far diminuire l'aliquota IRPEF con gradualità nel tempo in relazione all'età del pensionato, cioé graduale minore aliquota IRPEF per ogni anno di età compiuto dal giornalista titolare del vitalizio dopo il suo pensionamento.
Il Presidente del Gruppo Romano Giornalisti Pensionati
Pierluigi Roesler Franz
Roma, 5 novembre 2012
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ARGOMENTI COLLEGATI
In www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=10392
in www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=10365
in www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=10207
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