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LIBERTA’ DI CUMULO
tra reddito di lavoro
e pensione di anzianità.

L’INPGI sconfitto di nuovo
davanti alla Corte d’Appello
(sezione lavoro) di Milano:
i giudici applicano la sentenza
Chiodini della Corte di
Cassazione e condannano
l’Istituto “a restituire
a Gianfranco Pierucci gli
importi decurtati dal
trattamento pensionistico
con interessi legali
dal dovuto al saldo”.

Milano, 21 dicembre 2012. Pubblichiamo le motivazioni della sentenza  n. 0507 della sezione lavoro della Corte d’Appello di Milano, depositata il 12 dicembre scorso, che ha sancito una nuova sconfitta dell’Inpgi, l’Istituto di previdenza dei giornalisti, - recentemente elevato dalla legge a pubblica amministrazione al pari delle altre Casse -,sul fronte della libertà di cumulo tra reddito di lavoro e pensione di anzianità. In sostanza l’Inpgi gestisce “una forma di assicurazione sostitutiva di quella garantita dall’INPS” e, quindi, deve applicare la normativa Inps. La sentenza recupera sul punto non solo la sentenza Chiodini della Corte di Cassazione ma anche un’altra sentenza dei supremi giudici (a sezioni unite)   secondo la quale “le casse dei professionisti sono organismi di diritto pubblico”. In conclusione, dopo la riforma del 2009, i giudici di merito sono vincolati ad uniformarsi alle decisioni (“stare decisis”) della Cassazione. Come dire che su questo punto per l’Inpgi non c’è futuro. Questo spiega perché la Corte d’Appello ha condannato l’Istituto “a restituire a Gianfranco Pierucci gli importi decurtati dal trattamento pensionistico con interessi legali dal dovuto al saldo”.


MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO


PIERUCCI Gianfranco, giornalista iscritto all’Ordine dei Giornalisti dì Milano, titolare di una pensione INPGI e di un’ulteriore modesta pensione INPS, trovandosi nelle condizioni di cui all’art. 44 della L. 289/2002, in data I dicembre 2002 chiese di effettuare il versamento normativamente previsto al fine di eliminare il divieto di cumulo tra redditi pensionistici e redditi di lavoro autonomo, richiesta accolta dall’INPS e parzialmente negata dall’INPGI. Infatti, il predetto si era determinato a rendere compatibile il cumulo tra la pensione erogata e l’eventuale reddito da lavoro autonomo, quale giornalista, solo sino al tetto per l’anno 2001 di euro 7.746, mentre la quota di reddito eccedente tale limite, era invece decurtata fino a raggiungere il 50% del trattamento di pensione.


Successivamente I’INPGI ottenuta la definitiva approvazione del proprio regolamento il cui articolo 15 è dedicato al cumulo fra pensione e l’eventuale reddito da lavoro autonomo, preso atto dei redditi da lavoro autonomo conseguiti dal PIERUCCI negli anni 2004-2005, provvedeva al recupero dell’importo complessivo di euro 9.888,90 in 12 rate mensili.


Con ricorso ex art 442 c.p.c. depositato in data 7.3.08 conveniva in giudizio I’INPGI per far accertare l’illegittimità della norma di cui all’art. 15 del regolamento INPGI, approvato definitivamente con delibera dell’Istituto in data 19.5.2004 e definitivamente approvato dai Ministeri vigilanti in data 28.4.05, e per l’effetto, previa sua disapplicazione, dichiarare che il regime di parziale incumulabilità tra pensione e redditi da lavoro autonomo applicata era illegittimo perché contrario alle norme di legge che ammettono il cumulo tra reddito di lavoro e pensione di anzianità ai sensi dell’art. 44, co. 2, legge 289/2002.


Chiedeva quindi che il convenuto fosse condannato a restituire gli importi decurtati dal trattamento pensionistico con la sola esclusione del diritto dell’INPGI di trattenere la somma una tantum prevista dall’art 44, co- 2, legge 289/2002.


In via subordinata sollevava la questione di legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3, 4, 35 e 38 Cost., dell’art. 44 della Legge 289/2002, da solo o in combinato disposto con l’art. 2, co. 1, del dlgs 30 giugno 1994.


Si costituiva ritualmente il convenuto e all’udienza del 18.6.08 il ricorso veniva respinto.


Il giudice di prime cure, citando un orientamento della Suprema Corte, ha ribadito che l’autonomia gestionale organizzativa e contabile riconosciuta all’INPGI a seguito della privatizzazione con D. Lgs. N. 509/94) è giustificata dalla preminente esigenza dell’ente di assicurare l’equilibrio di bilancio senza possibilità di fruire di alcuna forma di finanziamento dello Stato, né di interventi di ripianamento in caso di disavanzo.


Sulla base di questo presupposto, il primo giudice ha ritenuto che il coordinamento tra la normativa di legge in tema di cumulabilità tra pensione e reddito da lavoro autonomo - e quella regolamentare dell’istituto, non può condurre ad altra conclusione che quella della piena legittimità di misure restrittive disposte dall’ente medesimo.


Parte appellante si duole che il presunto orientamento della Corte di Cassazione non è stato maggiormente identificato.


Inoltre, ritiene che la presunta autonomia incondizionata del convenuto, al quale in quanto ente privatizzato non si applicherebbero automaticamente le norme dell’assicurazione generale obbligatoria, renderebbe del tutto arbitraria la decisione relativa al recupero di rate di pensione dei propri iscritti, in ossequio solo all’esigenza di riequilibrare il bilancio. Ritiene invece che le forme previdenziali gestite dall’INPGI devono essere coordinate con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria sia generali che sostitutive.


Infine afferma che la sentenza appellata è contraria anche ai principi delineati dalla Corte di Cassazione che, a Sezioni Unite, ha stabilito che le casse dei professionisti sono organismi di diritto pubblico (Cass. SS UU 8/6/2007) con la conseguenza del venir meno della ricostruzione dell’INPGI e del giudice di primo grado che hanno giustificato la preminente autonomia gestionale con la privatizzazione dell’ente.


Su questione del tutto analoga è di recente intervenuta la Suprema Corte cori la sentenza (“Chiodini”, ndr) n. 1098 del 26.1.12 alla quale, ai sensi dell’ari. 118 disp. att. Cpc, si deve fare integrale riferimento.


Con tale sentenza la Corte ha deciso che In tema di cumulo tra pensione e redditi da lavora, agli iscritti all’lstituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI) si applica la stessa disciplina prevista per gli iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria facente capo all’INPS, in quanto l’INPGI gestisce, per espresso disposto dell’art. 76 della legge 2 dicembre 2000, n. 388, una forma di assicurazione sostitutiva di quella garantita dall’INPS, mentre gli artt. 72, comma 1, della legge appena citata, e 44, comma 1, delta legge 27 dicembre 2Ò02, ti. 289, poi seguiti dall’ari. 19 deI dl. 25 giugno 2008, n. 112, come convertito con legge 6 agosto 2008, n. 133, parificano il trattamento pensionistico a carico dell’AGO e quelli a carico delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima. Ne consegue che dève essere disapplicato l’ari. 15 del Regolamento dell’INPGI che disciplina la materia del cumulo tra reddito da lavoro e trattamento pensionistico in maniera diversa da quanto previsto nel regime relativo all’AGO.


Ne consegue che la sentenza impugnata va riformata con conseguente riconoscimento dei diritto del sig. PERUCCI al cumulo tra reddito di lavoro e pensione di anzianità e conseguente condanna dell’INPGI a restituire gli importi decurtati dal trattamento pensionistico.


L’intervento della Suprema Corte giustifica la compensazione delle spese dei due gradi.


P. Q. M.


In riforma della sentenza n. 2802/08 del Tribunale di Milano riconosce il diritto del sig. Pieruccì Gianfranco al cumulo tra reddito di lavoro e pensione di anzianità ai sensi dell’art. 44, secondo comma, della legge 289/02 e per l’effetto condanna INPGI a restituire al ricorrente gli importi decurtati dal trattamento pensionistico con interessi legali dal dovuto al saldo.


Compensa le spese del doppio grado.


Milano 19 aprile 2012


 


Il Giudice estensore                                           Il Presidente


M. Gabriella Mennuni                                     Chiarina Sala


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In www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=8234 – Cumulo/sentenza Cassazione


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