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“MANIFESTO PER UN WELFARE DEI PROFESSIONISTI ITALIANI”. Andrea Camporese: “Con il Manifesto per i professionisti mettiamo in campo idee e investimenti. Aspettiamo risposte da chi vuole governare il nostro Paese” - L’AdePP, l’Associazione degli Enti di Previdenza Privatizzata, presenta il “Manifesto per un welfare dei professionisti italiani”. Autonomia, Tassazione, Legislazione, Previdenza, Lavoro, Welfare allargato; questi i temi sui quali verranno chiamate a ris “Oggi il 30% dei professionisti guadagna 1.000 euro al mese e quasi l’8% dei laureati non si iscrive agli esami di abilitazione, rinunciando a priori a realizzare un sogno sul quale, loro e le famiglie, hanno investito. E perché dovrebbero farlo quando l’attuale sistema Paese continua a considerare i professionisti appartenenti ad una casta e non imprenditori di se stessi e fonte di lavoro per altri? Noi vogliamo invertire la rotta.pondere le formazioni politiche candidate alla nuova guida dell’Italia”.

Roma, 30 gennaio 2013. L’AdePP, l’Associazione degli Enti di Previdenza Privatizzata, presenta il “Manifesto per un welfare dei professionisti italiani”.  Autonomia, Tassazione, Legislazione, Previdenza, Lavoro, Welfare allargato; questi i temi contenuti e sui quali verranno chiamate a rispondere le formazioni politiche candidate alla nuova guida del Paese.


“Tutti i dati in nostro possesso, e più volte resi pubblici, ci dicono che i nostri iscritti hanno subito pesantemente la crisi e non si intravede alcun bagliore che indichi come si esca dal tunnel. Ciononostante siamo di fronte ad un’assenza preoccupante sia di politiche sia di misure di sostegno a favore dei professionisti italiani. In piena solitudine, in un gesto di grande responsabilità verso i nostri iscritti e verso il nostro Paese, abbiamo deciso di mettere in campo idee per la crescita dell’occupazione e dello sviluppo del lavoro. Da qui la nascita del Manifesto – così Andrea Camporese, presidente dell’Associazione degli Enti di Previdenza Privatizzati.


“Negli ultimi anni siamo stati oggetto di riforme calate dall’alto, spesso senza alcuna possibilità di confronto e senza dare parola a quei lavoratori che rappresentano l’1,5% del Prodotto interno lordo. – conclude Camporese - Oggi il 30% dei professionisti guadagna 1.000 euro al mese e quasi l’8% dei laureati non si iscrive agli esami di abilitazione, rinunciando a priori a realizzare un sogno sul quale, loro e le famiglie, hanno investito. E perché dovrebbero farlo quando l’attuale sistema Paese continua a considerare i professionisti appartenenti ad una casta e non imprenditori di se stessi e fonte di lavoro per altri? Noi vogliamo invertire la rotta. Rispondere attivamente all’invito contenuto nel Libro Bianco dell'Unione Europa sulle pensioni e collocare la previdenza in un approccio globale che interessa tutte le dimensioni del welfare, a partite dal mercato del lavoro. Le Casse superando un approccio tradizionale e formale che ha caratterizzato il governo della previdenza vogliono porre al centro la sostenibilità economica, che dipende dalla capacità di reddito nell'intero arco di vita, e l'adeguatezza. Mettiamo sul tavolo le nostre proposte e il voto di 2milioni di iscritti e delle loro famiglie. Alla politica decidere come e se rispondere”.


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Dati sui professionisti


Raccogliendo dati elaborati e pubblicati dal alcuni istituti di ricerca o di centri studio la fotografia appare tutt’altro che sfocata: i professionisti autonomi soffrono e spesso in piena solitudine. Mentre, infatti, alcuni di loro se dipendenti stanno affrontando un periodo di Cassa integrazione in deroga, quelli autonomi non hanno alcuna protezione, alcun paracadute, salvo i giornalisti che grazie alla gestione separata hanno un assegno di disoccupazione mensile.


Da qui si apre il dibattito sulla necessità che le Casse abbiano un ruolo polifunzionale che le permetta di mettere in campo un welfare integrato ed allargato. Ma veniamo ai dati:


Accesso alla professione:


i dati del Miur e quelli dell’Acta (sindacato dei knowledge workers i lavoratori della conoscenza letteralmente) dicono, se pur affrontando aspetti diversi, che i professionisti si sentono più precari che imprenditori, quindi il timore del futuro fa fare scelte che negano purtroppo le intenzioni, i sogni e gli investimenti fatti


Secondo il MIur infatti per il 5° anno consecutivo anche nel 2011 si è registrato un calo tra i laureati che sostengono l’esame di abilitazione alla professione ossia – 7,5% che, se si considera il ciclo medio iniziato nel 2007, tocca un -21,6%. Non certo a causa della difficoltà degli esami ma di una rpospettiva di futuro che li vede passare mesi e spesso anni a fare il tirocinio negli studi come liberi professionisti a partita IVA pur svolgendo un lavoro dipendente a tutti gli effetti. Ma non solo. Anche se avviano un proprio studio, grazie ad investimenti della famiglia visto che l’accesso al credito è pressoché nullo, devono mettere in conto 10 anni di guadagni che spesso si aggirano intorno agli 800 euro mensili, quando non sfiorano la soglia di povertà (300/500 euro).


Lo studio dell’IRES CGIL afferma che il 56,3% dei professionisti di area giuridica e il 54,5% di area tecnica (architetti e ingegneri) lavora a partita IVA. Il 41,8% riceve compensi a cadenza irregolare. Sempre secondo l’IRES il 44,6% non supera nel 2011 i 15mila euro lordi annui, poco più di 700 euro al mese, mentre il 23% meno di 10mila euro lordi annui. Iniziano a lavorare a 24 anni mentre a svolgono l’attuale professione non prima dei 28 anni e mezzo. Prima di essere pagati sembra abbiano atteso quasi un anno, 32 mesi invece quelli dell’area giuridica (avvocati e notai).


La discontinuità occupazionale è variegata: il 30,5% ha alternato periodo lunghi di lavoro a pause brevi, il 10,1% a pause lunghe. Il 13,5% dei professionisti non ha finora versato alcun contributo pensionistico


Infine i redditi per l’IRES:


23% reddito annuale inferiore a 10mila euro lordo


21,6% tra i 10 e i 15mila euro/anno lordo


17% tra i 15 e i 20mila euro/annuo lordo


118,5% tra i 20 e i 30mila euro/anno lordo


17,2% oltre i 30mila euro/annuo lordo


Il 60% aspetta spesso più di 60 giorni dopo l’emissione della fattura per essere pagato


Il 71,2% dichiara di avere difficoltà per l’accesso al credito


Il ricorso all’aiuto dei genitori diventa una sorta di ammortizzatore sociale spesso (1 su 5), a volte il 35,1% provocando così un impoverimento non solo dei professionisti ma delle famiglie, creando disparità anche tra chi può e chi non ha un nucleo familiare che lo può supportare


Infine 1 su 3 arriva alla fine del mese con molte difficoltà


Per l’ACTA il 30% dei professionisti guadagna mensilmente meno di 1000 euro lordi al mese e il 25% tra i mille e i 1.500. Cifre che non riguardano solo il giovane laureato ma è esteso al 42% dei professionisti trentenni. La professione non significa più ascensore sociale assicurato. Il 15% sta cercando un altro lavoro e il 31% degli intervistati se avesse la possibilità cambierebbe anch’esso. Il 47,6% si sente più precario che imprenditore.


COSA CHIEDONO I PROFESSIONISTI SU WELFARE E POLITICA. RICERCA IRES CGIL


Innanzitutto tutele certe in caso di malattia ed infortunio 31%


Sostegno al reddito  in caso di disoccupazione 11%


Semplificazione adempimenti amministrativi 10%


Accesso al credito 9%


In materia previdenziale:


ricongiungimento contributi 41%


uniformita’ contributive il 7,5%


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Manifesto per un welfare dei professionisti italiani


Autonomia


Di fronte alle sfide tecnologiche ed economiche che toccano quotidianamente i liberi professionisti e ai nuovi fabbisogni di welfare di questo importante settore economico, occorre riconoscere un ruolo nuovo, polifunzionale e sussidiario alle Casse private. E’ indifferibile una inequivocabile e più precisa conferma legislativa delle funzioni e dell’autonomia responsabile delle Casse private e privatizzate, rappresentate dall’Adepp. Per questo la gestione previdenziale, amministrativa e finanziaria non deve più essere invasa da norme applicate alla Pubblica Amministrazione che, in quanto pensate per realtà profondamente diverse, possono rivelarsi nel medio periodo un limite all’efficienza gestionale degli Enti. La vigilanza, articolata e profonda, di soggetti istituzionali dello Stato resta garanzia delle finalità perseguite. Azione pienamente privatistica e vigilanza pubblica rappresentano l’unico connubio possibile per il bene comune.


Tassazione


La previdenza privata italiana resta di gran lunga la più tassata d’Europa. La tassazione al 20 per cento delle rendite finanziarie si somma ad una serie di ulteriori imposizioni fino alla tassazione, secondo gli scaglioni irpef, delle rendite erogate. Il pagamento di centinaia di milioni di euro ogni anno allo Stato, in presenza di Enti senza scopo di lucro, pone i professionisti italiani in una evidente e ingiusta condizione di sfavore rispetto ai loro colleghi europei. In soli tre anni il peso degli oneri tributari, propri e impropri, è raddoppiato, sottraendo risorse alla previdenza e ai servizi ai professionisti, deprimendo un patrimonio che rappresenta la garanzia della solidità degli Enti e del patto tra generazioni. Serve un riallineamento ai parametri comunitari innescando un circuito virtuoso tra sostegno alla professione, maggior reddito e maggiori entrate, a favore degli iscritti e dello stesso Stato.


Legislazione


Va definito il profilo previdenziale delle società tra professionisti previste dalla norma. E’ impensabile che attraverso una struttura giuridica sia possibile eludere l’obbligo previdenziale o indirizzarlo verso sistemi del tutto estranei alla natura professionale dell’attività svolta all’interno delle società tra professionisti. Il mancato pagamento, poi, di una quota del contributo integrativo, previsto per legge, da parte delle Pubbliche Amministrazioni è ingiusto e fortemente penalizzante per le future pensioni dei professionisti interessati. L'ingiustificabile estensione delle norme applicate alla Pubblica Amministrazione anche alle Casse di previdenza privatizzate sposta l'attenzione dalle prestazioni agli adempimenti formali e sottrae importanti risorse ai professionisti, danneggiando ulteriormente questi ultimi in termini di maggiori prestazioni e migliori servizi. L'inserimento del sistema delle Casse privatizzate nel perimetro della Pubblica Amministrazione va eliminato, non trova corrispondenze europee, riduce sensibilmente l’efficacia e l’efficienza dell’attività istituzionale. Azione pienamente privatistica e vigilanza pubblica, voluti dal legislatore riformatore,  rappresentano l’unico connubio possibile per il bene comune.


Previdenza


Previdenza e lavoro sono vasi comunicanti che, per essere efficienti, devono essere tenuti insieme ed assistiti. Senza lavoro non c’è previdenza. La perdita di reddito reale, la crisi che sta attraversando il mondo dei professionisti è al centro delle nostre preoccupazioni e lo sarà anche nei mesi futuri. Le Casse, in questo contesto economico, non devono essere solo contabili che gestiscono i contributi degli iscritti. Possono, invece, mettere in campo investimenti indirizzati allo sviluppo del lavoro e alla crescita del Paese, garantendo gli interessi dei propri iscritti e al contempo invertendo la rotta che oggi rischia di portare alla deriva il patrimonio culturale e professionale dei lavoratori autonomi italiani. La spinta riformatrice affrontata dalle Casse per raggiungere la sostenibilità richiesta a 50 anni si è rivelata una scelta giusta, oggi, con i conti a posto, si deve affrontare il problema dell’adeguatezza delle prestazioni. Uno studio integrato che tenga conto dell’andamento dei cicli economici, delle aspettative di vita, dell’intero ciclo lavorativo, delle future prestazioni deve essere l’impegno dell’Adepp e di chi governa il Paese. D'altronde lo stesso Libro Bianco dell'Unione Europa sulle pensioni invita i singoli Paesi a collocare la previdenza in un approccio globale che interessa tutte le dimensioni del welfare a partite dal mercato del lavoro.


Lavoro


Se il lavoro dipendente è fortemente esposto ai mutamenti tecnologici ed economici della globalizzazione, ancora più forte e immediato è l'impatto sul lavoro autonomo. L’assenza totale di politiche e misure di sostegno a favore dei professionisti rende necessaria una politica attiva a favore della crescita dell’occupazione e dello sviluppo del lavoro. Il fatto che la Commissione Europea abbia riconosciuto questo settore dell'economia come motore di sviluppo e quindi destinatario di finanziamenti per l’innovazione e la crescita, può trovare declinazioni italiane di grande respiro. La previdenza si alimenta innanzi tutto di lavoro e redditi, non solo di corretta gestione.


Welfare allargato


Le Casse, mantenendo separata previdenza da assistenza, possono svolgere un importante ruolo sussidiario nell’accompagnamento dell’intera vita lavorativa del professionista fino a giungere all’erogazione del trattamento pensionistico. La garanzia di tutele sanitarie che valorizzino un’adeguata assistenza integrativa categoriale, di servizi a favore dello sviluppo professionale, di accesso al credito agevolato, di politiche a favore dei giovani, rappresentano un concreto impegno per l’Adepp, anche alla luce delle difficoltà economiche di sistema.


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Perché il Manifesto. Proposte chiare che interrogano la politica


La decisione dell’AdEPP di rendere pubblico un Manifesto della previdenza privata italiana e di sottoporlo agli schieramenti in campo in vista della prossima consultazione elettorale, rappresenta un atto di responsabilità e di trasparenza. Una sfida costruttiva verso chi si candida a gestire il bene pubblico, in rappresentanza degli oltre due milioni di iscritti alle Casse privatizzate. I professionisti, le loro famiglie, le centinaia di migliaia di dipendenti degli studi professionali hanno il diritto di sapere quale sia il progetto politico che li riguarda.


Vecchie e vuote parole d’ordine sui privilegi di un mondo che genera quote consistenti del Pil senza ricevere alcuna assistenza pubblica, che autonomamente gestisce la previdenza senza gravare per un euro sulla collettività, subendo tutti i riflessi di una burocrazia farraginosa, si confrontano con una realtà amara e preoccupante. Vecchi format e chiavi di lettura continuano ad essere applicati in maniera inadeguata ad un settore economico esposto alle profonde e veloci sfide dell’economia globale. Centinaia di migliaia di giovani iscritti alle facoltà o all’inizio del loro percorso professionale, lottano in un contesto Paese di enorme difficoltà, con guadagni spesso ridicoli. Il grande corpo dei professionisti italiani non si sottrae e non si è sottratto ad un confronto sul bene del Paese. Le Casse privatizzate hanno più volte manifestato disponibilità a contribuire alla crescita con parte dei loro patrimoni in un confronto aperto e trasparente. Il passaggio da una logica di incongruente e disarticolata produzione legislativa, a iniziative che uniscano la giusta remunerazione dei denari degli iscritti con la crescita del Paese risulta a questo punto ineludibile.


Il sistema della previdenza privata si sta ponendo responsabilmente il tema del welfare del mondo del lavoro non dipendente. I mutamenti tecnologici ed economici della globalizzazione e i processi di mobilità del capitale umano colpiscono in maniera pesante il lavoro autonomo, più del lavoro dipendente, mettendo in crisi i modelli e le istituzioni tradizionali. Molti degli Enti aderenti all’AdEPP hanno messo in essere politiche di sostegno specifiche nel tentativo di “accompagnare” il professionista nell’arco della vita lavorativa e non semplicemente di garantirgli una prestazione pensionistica. L’avvio al lavoro, le coperture assicurative in caso di eventi traumatici, l’aiuto nell’accesso al credito sono solo alcuni dei versanti che potranno essere approfonditi in futuro. Per incardinare una tutela allargata e reale servono risorse rilevanti che non possono essere detratte dai versamenti degli iscritti, allo stesso tempo queste criticità appaiono ineludibili nel processo di trasformazione del mercato del lavoro.


La fiscalità di vantaggio, in presenza di Fondazioni senza scopo di lucro, resta una delle poche leve disponibili per incardinare un processo sostanziale di protezione sociale che vada ad alleviare una disparità evidente di trattamento rispetto al mondo del lavoro dipendente. Una strategia di lungo periodo potrebbe, come più volte sottolineato pubblicamente, risultare di grande utilità per lo Stato laddove si vedrebbe tendenzialmente diminuire la spesa pubblica assistenziale, almeno in alcune aree che restano escluse dall’assicurazione sanitaria generale.


Il “patto fondativo” alla base delle leggi di privatizzazione, risalente a 15 anni fa, va rinsaldato, definito ulteriormente, sottoposto ad un confronto trasparente, ma sicuramente garantito. In questo senso va sottolineata la positiva esperienza di dialogo con la Commissione Lavoro della Camera dove tutte le forze politiche avevano contribuito alla definizione di un testo mai approdato in aula.


Alla vigilia del voto democratico gli schieramenti hanno il dovere di rispondere ad alcune domande insite nel manifesto presentato. Volete che le pensioni dei professionisti siano realmente sostenibili ed adeguate e restino private? Pensate che il patto fondativo resti valido e vada arricchito? Pensate che la libera professione, rappresentando un valore sociale, meriti una attenzione pari al lavoro dipendente, pur con caratteristiche diverse?


Attendiamo risposte, le comunicheremo ad oltre due milioni di cittadini che decideranno liberamente a chi affidare il loro voto.


 





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