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TI MEDIA. DELLA VALLE: A TELECOM SERIA MANIFESTAZIONE DI INTERESSE PER LA7. PRONTI A VERIFICA IN TEMPI BREVI DELLA DOCUMENTAZIONE DI TI MEDIA. L’IDEA E’ RIUNIRE PERSONE CHE VOGLIONO BENE AL PAESE -In coda articoli di Giovanni Pons, Vittorio Emiliani e Giovanni Valentini.

Roma, 16 febbraio 2013.  «La mia idea è quella di riunire nell'azionariato un gruppo di persone che vogliano bene al nostro paese». Lo afferma Diego Della Valle riferendosi alla manifestazione di interesse per La7. Il riferimento dell'imprenditore che ufficializza così la sua proposta inviata al cda di Telecom Italia è anche quella di riunire persone «che abbiano voglia di sostenere uno strumento di informazione importante, garantendone la totale autonomia, e di coinvolgere nell'azionariato professionisti che lavorano attualmente a La7 ed altri ancora che avranno voglia di partecipare a questo progetto». Nell'ufficializzare così la sua volontà di entrare nella partita per l'acquisto de La7, l'imprenditore spiega che la richiesta al cda contempla dunque un «tempo minimo necessario per studiare il dossier». «Qualora venga accettata la nostra richiesta - spiega Della Valle - abbiamo predisposto ufficialmente l'accesso alla documentazione, peraltro già accordatoci, dato mandato alla banca d'affari ed allo studio legale e tributario, pronti a verificare in tempi brevi tutta la documentazione». «La mia idea è quella di riunire poi nell'azionariato un gruppo di persone che vogliano bene al nostro paese e che abbiano voglia di sostenere uno strumento di informazione importante, garantendone la totale autonomia, e di coinvolgere nell'azionariato professionisti che lavorano attualmente a La7 ed altri ancora che avranno voglia di partecipare a questo progetto. Per quanto mi riguarda - afferma Della Valle- l'iniziativa deve essere considerata anche come un impegno civile che tutti insieme, quelli che vi parteciperanno, prenderanno nei confronti del Paese e di tutti i cittadini che considerano l'informazione seria e libera un grande strumento di democrazia». (Adnkronos)


 


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Della Valle in campo per La7, cordata con altri imprenditori. Lettera a Bernabè: qualche settimana per l’offerta.


di Giovanni Pons  - Repubblica 16.2.13


MILANO — Diego Della Valle scende in campo per La7. Il fondatore della Tod’s dovrebbe far arrivare entro oggi al presidente di Telecom Italia Franco Bernabè e a tutti i consiglieri una lettera in cui si dice pronto a presentare un’offerta concorrenziale per rilevare la tv controllata da Ti Media. Della Valle ha già firmato l’impegno di riservatezza per accedere alle carte messe a disposizione dalla società all’advisor, ha messo i legali al lavoro e ingaggiato una banca d’affari internazionale che lo assiste. Ha bisogno però di qualche settimana (non mesi) per mettere a punto un’offerta interessante insieme ad alcuni imprenditori del made in Italy (tra 5 e 7) che sono disposti a seguirlo. E cercando di coinvolgere anche chi lavora a La7: dunque non si può escludere una partecipazione alla cordata di alcuni dei volti noti della tv, da Enrico Mentana a Michele Santoro, considerati da tutti i contendenti come inamovibili.


Lo schema dell’offerta di Della Valle dovrebbe essere simile a quello della Cairo Communication, puntando solo su una tv (La7 senza Mtv) e lasciando a Telecom Italia il business delle infrastrutture, i multiplex, che comunque generano dai 35 ai 50 milioni all’anno di margine lordo. Anzi, nella visione di Della Valle nessuno impedirebbe a Telecom di mantenere una quota di minoranza per avvantaggiarsi di una eventuale rivalutazione successiva dell’asset televisivo. Magari evitando di dover sovvenzionare con una dote pecuniaria il nuovo acquirente.


La lettera di Della Valle potrebbe dunque far slittare di qualche settimana la vendita di Ti Media, essendo il cda convocato per lunedì e le offerte vincolanti di Clessidra e Cairo depositate ieri sera. Ma sicuramente vi sarà battaglia in Consiglio poiché un gruppo di consiglieri spingerà sicuramente per finalizzare la vendita. Si tratta di Gaetano Miccichè (in conflitto poiché Intesa è advisor di Clessidra), Elio Catania (indipendente espresso da Intesa), Tarak Ben Ammar (indicato da Mediobanca) e Gabriele Galateri (indicato da Generali). Del plotone faceva parte anche Renato Pagliaro, presidente di Mediobanca, ma alcune indiscrezioni riferiscono che nei giorni scorsi l’amministratore delegato Alberto Nagel, in qualità di advisor di Telecom, ha supportato Della Valle nell’analisi dell’oggetto Ti Media.


Dunque la posizione di Mediobanca in cda potrebbe cambiare e diventare più attendista di fronte alla possibilità di un’offerta più allettante rispetto a quelle già pervenute. Sarà importante anche valutare le considerazioni di Bernabè, che si è sempre opposto a una svendita: le due offerte pervenute sembrano approfittare molto della difficile congiuntura del mercato editoriale e della complicata situazione debitoria di tutto il gruppo Telecom. A sorpresa, dunque, il cda potrebbe prendere qualche settimana di tempo per leggere anche l’offerta di Della Valle oppure decidere di accantonare la vendita per un paio d’anni in modo da vedere i frutti della ristrutturazione avviata dopo l’uscita di Giovanni Stella. Insomma la partita è tutta da giocare.


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Quella «strana» fretta per comprare La7 prima del voto


di Vittorio Emiliani - l’Unità 16.2.13


NELL’IMMINENZA DELLE ELEZIONI, LUNEDÌ PROSSIMO, GLI AMICI DI BERLUSCONI POTREBBERO METTERE LE MANI ANCHE SU LA7, embrione di un possibile terzo polo tv, che negli ultimi anni si è conquistata un interessante capitale di autonomia politica rispetto alla dominanza del Cavaliere (dilagato in questa campagna elettorale per ogni dove) e su di una rete dotata di antenne decisamente appetite da Mediaset. Perché una così vistosa accelerazione in vista del voto del 24-25 febbraio? Perché soprattutto il candidato premier Pier Luigi Bersani ha posto con forza la legge sul conflitto di interessi come una autentica priorità di governo in caso di vittoria, insieme all’incisiva revisione della legge Gasparri. Una delle leggi più smaccatamente favorevoli all’allora bi-presidente.


Mai legge fu più invocata di questa, purtroppo mai nata, in presenza del colossale conflitto di interessi incrociati di Silvio Berlusconi fra informazione, comunicazione, assicurazione, finanza, ecc. Mai legge fu più avversata della legge Gasparri che «regola» a vantaggio di Mediaset il comparto delle emittenti radio-tv e che ha praticamente messo la Rai alla catena del governo e del ministro dell’Economia in carica (all’epoca, Berlusconi e Tremonti).


Il governo Monti è ancora in carica, anche se la salita in campo del suo leader complica le cose. Le Autorità sulle comunicazioni e sulla concorrenza sono pienamente operanti. Bisogna che da esse non uno, ma cento riflettori vengano attivati per sapere cosa si sta realmente preparando in Telecom per lunedì di fronte alle due proposte di acquisto: dell’editore Urbano Cairo per la sola rete tv, in ascesa negli ascolti ma ancora considerevolmente passiva a fronte di cospicui investimenti ancora recenti; del Fondo Clessidra guidato dall’ex ad di Fininvest, Claudio Sposito, che acquisirebbe sia La 7 che gli impianti di trasmissione, per poi eventualmente «spacchettarli», cedendo la rete a Marco Bassetti che per anni ha lavorato per il Biscione, marito e socio di Stefania Craxi, deputata Pdl. Cairo e Sposito sono entrambi uomini cresciuti in Fininvest, ma il primo si è poi affermato autonomamente come editore. Sposito ieri ha negato nel modo più assoluto che la famiglia Berlusconi sia «uno dei principali investitori del fondo Clessidra». Ma alcuni membri del CdA di Telecom hanno rapporti con Clessidra o con Mediobanca partecipata da Mediolanum. La7 dà palesemente fastidio sul piano politico a Berlusconi con giornalisti come Lerner, Formigli, Gruber, Mentana ai quali metterebbe volentieri il silenziatore.


I tre multiplex di Telecom rafforzerebbero le posizioni di Mediaset sul piano delle tecnologie e, domani, nella telefonia a banda larga. Il governo Berlusconi, nel 2001, fece annullare dal fido Gasparri la vendita del 49 % di Rai Way, impianti di trasmissione, ai texani di Crown Castle che portava nelle casse Rai 724 miliardi di lire dopo le tasse (per un digitale terrestre «ricco») e producendo un’alleanza fra rete Rai e rete Poste dal grande futuro. La Rai venne così azzoppata e più tardi costretta a scendere dalla piattaforma satellitare di Sky per salire su quella di Mediaset perdendo soldi e affidabilità presso i propri utenti dotati di contratto Sky. Per contro Mediaset venne generosamente rafforzata anche nelle tecnologie dov’era più debole. Figuriamoci coi tre multiplex Telecom. Lunedì, giocando di anticipo, Berlusconi, destinato a perdere queste elezioni, diverrebbe dominante in comparti strategici. Governo e Autorità possono, se vogliono, evitare una simile   eventualità.


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Il colpo di mano contro la 7


di Giovanni Valentini - Repubblica 16.2.13


È DIFFICILE immaginare che questa vecchia e zoppicante democrazia possa, nelle sue forme attuali, sopravvivere al proprio declino senza rinnovare le sue istituzioni e soprattutto senza sterilizzare la grande piaga della corruzione.


(da 'Morire di democrazia' di Sergio Romano - Longanesi, 2013 - pag. 106)


Questo potrebbe essere l’ultimo weekend di libertà per La7, la tv di Enrico Mentana, Lilli Gruber, Gad Lerner, Michele Santoro, Marco Travaglio e di tanti altri professionisti della televisione: come Serena Dandini, Corrado Formigli, Myrta Merlino, Tiziana Panella ed Enrico Vaime. E di conseguenza, anche per il pubblico dei suoi telespettatori.


Se lunedì prossimo il Consiglio di amministrazione di Telecom deciderà di svendere al peggior offerente Ti Media, la società che controlla l’emittente televisiva e le infrastrutture di trasmissione, farà un grosso regalo agli alleati occulti di Mediaset. La7 rischierà, allora, di diventare la quarta rete dell’impero del Biscione, oltre a Canale 5, Retequattro e Italia 1. O peggio ancora, di essere messa in liquidazione, smantellata, chiusa.


La fretta più che sospetta con cui è stata chiesta la convocazione d’urgenza del Cda, se l’amministratore delegato Franco Bernabè e la maggioranza dei consiglieri non riusciranno a respingere questo colpo di mano, induce a temere il peggio. E cioè che le “quinte colonne” di Telecom, tutte più o meno in conflitto di interessi, vogliano cedere l’intero “pacchetto” ai sodali berlusconiani. Magari anche a costo di arrecare un danno patrimoniale all’azienda, esponendosi così a un’eventuale azione di responsabilità.


Il tentativo è evidentemente quello di concludere tutto prima del voto di fine febbraio, per anticipare un responso elettorale e una svolta politica che potrebbero essere sfavorevoli al partito-azienda di Silvio Berlusconi. È assai improbabile, infatti, che nel prossimo Parlamento Mediaset possa ancora beneficiare dei favori, delle coperture e delle complicità, anche trasversali, di cui ha goduto finora. Tanto più che sulla necessità di abolire la famigerata legge Gasparri e varare una riforma televisiva convergono i programmi del centrosinistra, come ha ribadito anche ieri Pierluigi Bersani nel videoforum di Repubblica Tv; del Centro di Mario Monti e perfino del Movimento 5 Stelle. E, anzi, nella nuova legislatura potrebbe non essere questo l’unico terreno d’incontro con i “grillini”.


Vittima e simbolo del duopolio televisivo, costituito dalla Rai e da Mediaset, La7 rappresenta l’impossibilità di realizzare un “terzo polo” in grado di conquistarsi uno spazio nel sistema attuale. Non basta insomma fare una tv di qualità per sopravvivere nel mercato televisivo e pubblicitario italiano. Al più, si può riuscire a fare il “terzo incomodo”. E l’esempio di Sky, con un modello di business completamente diverso imperniato sugli abbonamenti più che sugli spot, lo conferma “al contrario”.


È dunque un approccio di sistema quello che occorre per affrontare la questione televisiva, al cui interno si colloca il caso La7. Il punto fondamentale è che l’emittente di Telecom non può finire nelle mani della congrega berlusconiana. Né può diventare uno


sleeping competiror di Mediaset. O addirittura, venire soppressa per azzerare la concorrenza. Nella desertificazione culturale prodotta dalla tv commerciale, questa è comunque un’isola da tutelare e salvaguardare.


Non si fa fatica a riconoscere che una rete televisiva non appartiene al core business di una compagnia telefonica come Telecom che ha ben altri problemi da affrontare e risolvere. E perciò può essere opportuno venderla, senza tuttavia svendere a prezzi di favore i tre “multiplex” che comprendono le frequenze televisive ottenute in concessione per vent’anni dallo Stato e costituiscono perciò un cespite rilevante. È proprio questo il bene pubblico, la risorsa demaniale scarsa, da regolamentare in forza di un’efficace normativa anti-trust.


Con ciò si dimostra una volta di più il fallimento totale della legge Gasparri, imposta dal regime televisivo per difendere gli interessi dell’aziendapartito che fa capo tuttora al Cavaliere. Avevamo segnalato ripetutamente negli anni scorsi il pericolo di passare dal vecchio duopolio analogico a un nuovo duopolio digitale. E la vicenda di La7 certifica ora che l’allarme non era infondato.


Ora, alla vigilia delle elezioni, Telecom non può liquidare la sua rete televisiva prima di un riassetto dell’intero settore. Sarebbe un atto di sfida contro la futura maggioranza e il futuro governo, quali che siano. E ancor più, contro il pluralismo dell’informazione e la libera concorrenza.


 





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