Caro Abruzzo, il dibattito che stai ospitando sulla rigenerazione o rifondazione del giornalismo, innescato da Enzo Chiodini ha il pregio di accendersi alla vigilia delle elezioni per il rinnovo del Consiglio nazionale dell'Ordine dei Giornalisti. Vista l'imminente scadenza, dobbiamo ringraziare Oscar Giannino e la sua <autodistruzione dadaista> se la non frequente igiene intima della categoria, stavolta, come si dice, giunge tempestiva e, forse, persino utile.
Ho molto apprezzato l'intervento di Paolo Maria Rocco: ne ho gustato la forma e del contenuto ho goduto fino all'ultima parola. E mi è molto piaciuto anche quello di Romano Bartoloni.
Poco prima delle elezioni, caso Giannino compreso, le cronache hanno stiticamente raccontato di una ventina di giornalisti, i cui nomi sono stati trovati nel borderò delle penne compiacenti, felici e pagate, al servizio di sua generosità, il presidente Finmeccanica Orsi, arrestato per il noto giro di tangenti indiane. Forse mi sono perso qualcosa per strada, ma non sono riuscito a leggere da nessuna parte i nomi di quei colleghi.
L'Ordine dei Giornalisti, a proposito di autorigenerazione, sul caso ha dato impercettibile testimonianza della propria esistenza in vita.
Del resto, anche i giornali hanno avuto buon gioco a mollare subito l'indigesta polpetta, incalzati dall'approssimarsi delle elezioni.
Così è venuta in soccorso la Rete, grazie ad alcuni blogger che hanno raccontato di una seccata magistratura indiana fastidiosamente insistente nel pretendere quell'elenco.
Per carità, Giannino non ha certo reso un bel servizio alla compagnia, ma credo che sia più grave, molto più grave delle panzane autolesioniste di un collega che, nonostate ciò, resta tra i più competenti e preparati, l'incontrastato degrado di una professione venduta e svenduta ai potentati economici e politici. Ora più che mai con una crisi che rende gli editori sempre più ricattabili. Al centro e in periferia, come segnala anche lo scandalo delle cosiddette <interviste a pagamento> che politici regionali di quasi tutti gli schieramenti avrebbero comprato in versione all inclusive, ovvero giornalista compreso, in numerose tv locali. L'indignata mobilitazione dell'Ordine ha partorito la richiesta ai presidenti di consigli e giunte di tutte le regioni di un rapporto dettagliato degli investimenti che gli enti hanno fatto in <promozione istituzionale> (straordinaria semantica della marchetta). Hanno risposto in tre o quattro su venti. I miseri dati sono sul sito dell'Odg. Fine dell'indignazione e della mobilitazione.
Credo, o meglio mi piace sperarlo, che il nuovo clima politico del Paese possa rappresentare un'occasione straordinaria di rinnovamento profondo, come si ama dire oggi <anticasta>, anche dell'ipertrofico (e costoso) Ordine dei Giornalisti. Se invochiamo pulizia, cominciamo da casa nostra. Magari discutendo dei conflitti di interesse legati a consulenze e collaborazioni d'oro nascoste sotto la foglia di fico di carte etiche, tanto care all'Ordine, che tutti firmano e pochi applicano. Ma anche della disinvoltura con la quale crescenti schiere di giornalisti vanno e vengono dalla professione alla politica. Legale per carità, ma a dir poco ridicola quando si pretende di essere ancora affidabili interpreti di una terzietà (già malconcia) a garanzia della corretta informazione di lettori, ascoltatori o spettatori.
Di quanto tutto questo incida sulla crisi di credibilità e, quindi, di mercato dell'informazione stampata e televisiva hanno già scritto con insuperabile chiarezza i colleghi che mi hanno preceduto. Per cui mi fermo qui per dovere di continenza. Con un finale auspicio: che si allarghi il dibattito in questa tua ospitale tribuna. Magari il materiale tornerà utile anche a una nuova visione dell'Ordine. O, vista l'aria che tira, a una sua dissoluzione.
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CASO GIANNINO – DIBATTITO – TESTI pubblicati precedentemente IN
http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=11544
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