Milano, 4 novembre 2013. In caso di difficoltà finanziarie, che impediscono per di più il rispetto di obblighi internazionali, uno Stato può imporre alcuni tagli alle pensioni di una determinata categoria di persone (in questo caso specifico i pensionati portoghesi del settore pubblico). A condizione che sia raggiunto un giusto equilibrio tra le esigenze di carattere generale della collettività e i diritti individuali delle persone colpite dai tagli. E’ il principio stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che, con decisione dell’8 ottobre (DA CONCEICAO MATEUS AND SANTOS JANUARIO v. PORTUGAL), diffusa nei giorni scorsi, raggiunge una soluzione, almeno per certi aspetti, di segno opposto rispetto alle conclusioni della Corte costituzionale italiana relativa alla sentenza del 5 giugno 2013 n. 116. Questa decisione della Corte di Strasburgo non è di immediata efficacia nel nostro Paese, perché dovrà superare lo scrutinio di costituzionalità. Questo sindacato spetta alla nostra Corte costituzionale che sul punto la pensa diversamente. La Consulta con la sentenza 116/2013 ha cancellato i prelievi sulle pensioni cosiddette d’oro perché violavano gli articoli 3 (uguaglianza) e 53 (progressività del sistema tributario). Governo e Parlamento non possono colpire una categoria di cittadini, i pensionati) assoggetandoli a prelievi dai quali sono esenti altri cottadini (coloro che lavorano). A parità di reddito tutti, pensionati e attivi, devono pagare le stesse tasse.
Giurisprudenza della Corte costituzionale:
1. Sentenza 39 (Pubblicazione in G. U. 05/03/2008; Presidente BILE - Relatore AMIRANTE): “Questa Corte, con le recenti sentenze n. 348 e n. 349 del 2007, ha affermato, tra l'altro, che, con riguardo all'art. 117, primo comma, Cost., le norme della CEDU devono essere considerate come interposte e che la loro peculiarità, nell'ambito di siffatta categoria, consiste nella soggezione all'interpretazione della Corte di Strasburgo, alla quale gli Stati contraenti, salvo l'eventuale scrutinio di costituzionalità, sono vincolati ad uniformarsi”. Le norme Cedu si collocano, quindi, come interposte o intermedie tra la Costituzione e le leggi di rango ordinario. Si può dire che sono norme sub-costituzionali. Si può, quindi, dire che “pacta sunt servanda almeno attraverso il controllo di costituzionalità”.
2. La Corte costituzionale afferma che le norme CEDU (e non le disposizioni CEDU) non sono «immuni» dal controllo di legittimità costituzionale; «proprio perché si tratta di norme che integrano il parametro costituzionale, ma rimangono pur sempre ad un livello sub-costituzionale, è necessario che siano conformi a Costituzione» (sent. 348). Tale scrutinio deve avvenire alla luce non soltanto dei principi fondamentali ma di ogni norma costituzionale. In modo assai chiaro si afferma anche che è «assoluta e inderogabile» l’esigenza di conformità delle norme interposte a Costituzione, «per evitare il paradosso che una norma legislativa venga dichiarata incostituzionale in base ad un’altra norma sub-costituzionale, a sua volta in contrasto con la Costituzione» (sent. 348). In questa logica si enuclea un metodo, una sequenza logica di sindacato -che dovrà essere controllato dalla Corte costituzionale-, secondo cui è necessario per il giudice: a) verificare che il contrasto tra norme statali e norme CEDU non sia risolvibile alla luce di una interpretazione conforme; b) rilevare quindi il contrasto tra norme statali e norme CEDU; c) verificare la compatibilità delle norme CEDU con la Costituzione.
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Per la CEDU i tagli ad alcune pensioni sono compatibili con la Convenzione europea
di www.marinacastellaneta.it
(3/11/2013)- In caso di difficoltà finanziarie, che impediscono per di più il rispetto di obblighi internazionali, uno Stato può imporre alcuni tagli alle pensioni di una determinata categoria di persone. A condizione che sia raggiunto un giusto equilibrio tra le esigenze di carattere generale della collettività e i diritti individuali delle persone colpite dai tagli. E’ il principio stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che, con decisione dell’8 ottobre (DA CONCEICAO MATEUS AND SANTOS JANUARIO v. PORTUGAL), diffusa nei giorni scorsi, raggiunge una soluzione, almeno per certi aspetti, di segno opposto rispetto alle conclusioni della Corte costituzionale italiana relativa alla sentenza del 5 giugno 2013 n. 116. Alla Corte europea si erano rivolti alcuni cittadini portoghesi, dipendenti pubblici, che una volta in pensione si erano visti tagliare il sussidio di festività. Questo in conseguenza della necessità di rispettare i parametri fissati dall’Unione europea che avevano spinto il Portogallo a disporre interventi per ridurre le spese. I pensionati, dopo una lunga controversia, si erano rivolti alla Corte costituzionale portoghese che aveva dichiarato violato il principio di uguaglianza perché i tagli riguardavano unicamente i dipendenti pubblici e avevano dichiarato la legge finanziaria, che disponeva gli interventi, incostituzionale. Tuttavia, poiché per il 2012 non era possibile trovare alternative, in ragione dell’eccezionale interesse pubblico sotteso, aveva acconsentito all’applicazione dei tagli nel 2012. I pensionati si erano così rivolti alla Corte europea dei diritti dell’uomo ritenendo violato il diritto di proprietà garantito dall’articolo 1 del Protocollo n. 1. Ma Strasburgo, di fatto, ha dato torto ai ricorrenti ritenendo il ricorso irricevibile. La Corte riconosce che gli Stati sono liberi nella scelta del regime di sicurezza sociale. Tuttavia, nel momento in cui è introdotta una legge che riconosce un diritto individuale, gli Stati devono garantire il pieno rispetto dell’articolo 1 del Protocollo n. 1. Detto questo, che farebbe pensare a una soluzione favorevole ai ricorrenti che avevano diritti acquisiti in base alla legge, la Corte attribuisce agli Stati un ampio margine di discrezionalità e la possibilità di intervenire laddove vi siano esigenze di interesse collettivo e le risorse dello Stato siano limitate. Un via libera ai tagli, a condizione, però, che essi non intacchino l’essenza del diritto e siano proporzionali. Pertanto, mentre una totale privazione del diritto che porti a una perdita dei mezzi di sussistenza è senza dubbio contrario alla Convenzione, “l’imposizione di una ragionevole e proporzionata riduzione non lo è”. Senza dimenticare che i tagli erano dovuti alla grave crisi economica e avevano natura transitoria. Di qui la non contrarietà alla Convenzione anche se i tagli avevano colpito i pensionati del settore pubblico e non privato. Una conclusione che porta a ritenere che laddove uno Stato decida di colpire le pensioni d’oro, con entrate sproporzionate di alcuni categorie rispetto al resto della collettività, per affrontare una grave crisi economica, non commette una violazione della Convenzione europea e non intacca il principio di uguaglianza. Difficile, a questo punto, pensare che i tagli alle pensioni d’oro possano costituire una violazione della Costituzione, anche italiana, a condizione che l’intervento dello Stato sia eseguito seguendo le chiare indicazioni di Strasburgo. (IN http://www.marinacastellaneta.it/blog/per-la-cedu-i-tagli-ad-alcune-pensioni-sono-compatibili-con-la-convenzione-europea.html)