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SVOLTA. Il Tribunale civile di Palermo accoglie il ricorso promosso da Federmanager contro il blocco della perequazione automatica delle pensioni ordinando la immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. La decisione non prima di 6/8 mesi. In coda un’analisi di Pierluigi Franz

Il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 6 novembre 2013 della Sezione Lavoro, ha dichiarato non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del blocco della perequazione automatica delle pensioni superiori a tre volte il minimo Inps per il biennio 2012/2013, previsto dal comma 25, dell’art. 24, D.L. 201/2011, convertito con la legge  n. 214/2011, ordinando la immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.


Il Tribunale di Palermo ha quindi condiviso i gravi sospetti di incostituzionalità che, in relazione agli 3, 36 e 38 della Costituzione, avevamo individuato e posto a base del ricorso, depositato lo scorso 27 giugno 2013, per garantire l’adeguamento dei trattamenti pensionistici alle variazioni del costo della vita, sospendendo il giudizio in corso e rinviando alla Corte Costituzionale la valutazione in merito alla incostituzionalità del provvedimento in esame.


Si tratta di un primo rilevante risultato dell’azione promossa da Federmanager, in collaborazione con Manageritalia, per difendere il potere di acquisto dei nostri pensionati, su cui daremo un costante aggiornamento.


In attesa del pronunciamento della Consulta si segnala, peraltro, che nei primi mesi del prossimo anno sono fissate anche le udienze per le altre iniziative giudiziarie “pilota” promosse sulla medesima questione presso i Tribunali di Avellino, Terni, Vicenza e Modena. (IN http://www.federmanager.it/News_Daily/Politica%20sindacale/08/11/2013/201311081324145529)


………………………


Una decisione saggia che punta a garantire i diritti dei pensionati.


di Pierluigi Franz - Presidente del Gruppo Romano Giornalisti Pensionati


 


Il blocco della perequazione delle pensioni deciso per il 2012 e 2013 dal governo Monti non sembra in linea con la Costituzione. Infatti:


a) la pensione totalmente non perequata, con evidenti effetti nell’immediato (“per gli anni “2012 e 2013”), ma pure con inevitabili riflessi permanenti (non essendo stato previsto alcun recupero per gli anni successivi), sembra non rispondere al canone della adeguatezza sancito, per la prestazione previdenziale, dall’art. 38, secondo comma, della Costituzione, avendo temporaneamente reso inefficace l’unico istituto posto a tutela della conservazione nel tempo del valore del trattamento pensionistico;


b) la mancata rivalutazione automatica delle pensioni superiori ad un certo importo contribuirebbe a precludere la proporzionalità tra pensione e retribuzione goduta nel corso dell’attività lavorativa, tutelata dagli artt. 36 e 38 della Costituzione, discriminando irragionevolmente in violazione dell'art. 3 della Costituzione i percettori di pensioni medio-alte rispetto ai percettori di pensioni meno elevate; i primi esposti globalmente al rischio inflattivo, i secondi protetti integralmente da esso;


c) la norma contenuta nel decreto “Manovra Salva Italia” contrasterebbe con l’art. 38 della Costituzione e con il principio di ragionevolezza previsto dall’art. 3 della Costituzione per avere totalmente sacrificato il diritto all’assicurazione da parte dello Stato di mezzi adeguati ai bisogni di vita dei lavoratori giornalisti pensionati INPGI alla solidarietà sociale sottesa alle esigenze di contenimento della spesa pubblica e di tenuta finanziaria del sistema previdenziale, evitando qualunque forma di bilanciamento tra valori di pari rango costituzionale, quale avrebbe potuto essere realizzata con interventi più calibrati di attenuazione della dinamica perequativa;


d) il blocco della perequazione in violazione dell'art. 53 della Costituzione andrebbe ad aggiungersi contemporaneamente a tutta una serie di ulteriori norme (introdotte dal governo Berlusconi e dal governo Monti) a danno esclusivo dei pensionati pubblici e privati, compresi i giornalisti con vitalizi INPGI, i quali sono stati anche paradossalmente sottoposti dal governo Monti ad una concreta maggiore tassazione (come l’IMU e le addizionali comunali e regionali all’IRPEF) senza che parallelamente fosse neppure attuata per legge - come bilanciamento minimo - una mirata diminuzione dell'aliquota IRPEF graduata nel tempo in relazione all'età del pensionato, cioé graduale minore aliquota IRPEF per ogni anno di età compiuto dal giornalista titolare del vitalizio dopo il suo pensionamento.


E’ opportuno ricordare in proposito quanto testualmente affermato dalla Corte Costituzionale al punto 4 della motivazione della sentenza n. 316 del 3-11 novembre 2010 (Presidente Francesco AMIRANTE, Redattore Luigi MAZZELLA): ”Dev’essere segnalato che la frequente reiterazione di misure intese a paralizzare il meccanismo perequativo esporrebbe il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità (su cui, nella materia dei trattamenti di quiescenza, v. sentenze n. 372 del 1998 e n. 349 del 1985), perché le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta”.


In tema di meccanismo automatico di rivalutazione delle pensioni va, infine, ricordato anche quanto affermato nel punto 3 della precedente sentenza n. 30 del 13-23 gennaio 2004 della Corte Costituzionale (Presidente Riccardo CHIEPPA, Redattore Ugo DE SIERVO): "Annualmente, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, adottato di concerto con il Ministro del lavoro, viene determinata la percentuale di variazione sulla cui base devono essere calcolati gli aumenti di perequazione automatica delle pensioni. Se questa recente evoluzione legislativa è chiaramente orientata nel senso di salvaguardare nel tempo il potere d’acquisto e l’adeguatezza dei trattamenti pensionistici unicamente attraverso il meccanismo della perequazione automatica dell’importo alle variazioni del costo della vita, essa risulta sostanzialmente anche coerente sia con il prevalente carattere contributivo assunto dal sistema pensionistico a seguito della riforma introdotta dalla legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), sia anche con la profonda riforma che ha interessato il pubblico impiego ed in particolare la dirigenza pubblica, il cui trattamento economico è, per la parte accessoria, correlato alle funzioni attribuite, alle connesse responsabilità ed ai risultati conseguiti (art. 24 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”). Mentre tutto ciò rende sempre più difficile riferirsi allo scostamento tra le pensioni e le successive modificazioni dei diversi trattamenti stipendiali, il perdurante necessario rispetto dei principi di sufficienza ed adeguatezza delle pensioni impone al legislatore, pur nell’esercizio del suo potere discrezionale di bilanciamento tra le varie esigenze di politica economica e le disponibilità finanziarie, di individuare un meccanismo in grado di assicurare un reale ed effettivo adeguamento dei trattamenti di quiescenza alle variazioni del costo della vita (ordinanza n. 241 del 2002; ordinanza n. 439 del 2001; ordinanza n. 254 del 2001). Con la conseguenza che il verificarsi di irragionevoli scostamenti dell’entità delle pensioni rispetto alle effettive variazioni del potere d’acquisto della moneta, sarebbe indicativo della inidoneità del meccanismo in concreto prescelto ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia mezzi adeguati ad una esistenza libera e dignitosa nel rispetto dei principi e dei diritti sanciti dagli artt. 36 e 38 della Costituzione".





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