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Giornalisti nella bufera: nel periodo 2009-2013 l’Inpgi ha perso duemila iscritti attivi (600 nell’ultimo anno) e non è finita. Crisi sempre più drammatica. La rivalutazione degli immobili salva per ora il bilancio. Il mancato adeguamento delle pensioni agli indici Istat fa risparmiare all’ente 11 milioni di euro nell’ultimo biennio. Pesano contratti di solidarietà e Cigs. “Se le assunzioni non riprendono, il futuro dell’Istituto è nero. Bisogna vincolare i contributi statali all’assorbimento di reporter senza lavoro”.

di Franco Abruzzo

Roma, 23 novembre 2013. Ieri è sceso il gelo nella sede dell’Associazione della stampa romana, mentre parlava Andrea Camporese, presidente dell’Inpgi. Il presidente non ha nascosto nulla sull’andamento attuale della gestione principale dell’ente, un andamento che preoccupa. La crisi, di cui non si intravede la fine, morde in maniera dolorosa e si riflette sui numeri della Fondazione. E’ di pochi giorni  fa la notizia sul fatturato totale delle tv, che è sceso sotto i 10 miliardi: incide il crollo della pubblicità (-16% nel 2012).  Per quanto riguarda l’editoria, il mercato pubblicitario a settembre ha chiuso a -5,8% con un calo del 14,6% nei primi nove mesi dell’anno: il mezzo stampa continua ad assestarsi in terreno negativo con una riduzione del 21,5% per i quotidiani e del 24,3% per i periodici. Nel 2013 i quotidiani registrano, dice il Censis, un calo di lettori del 2% e così la diffusione si ferma sui 4,5 milioni di copie contro i 6,8 milioni de suo massimo fulgore (1995/1998). I numeri dell’Inpgi sono amarissimi a cominciare dal peso crescente dei contratti di solidarietà e della Cigs sui conti. Dal 2009 ad oggi l’Istituto ha perso 2mila iscritti attivi (coloro che versavano i contributi),  600 (dei 2mila) sono stati espulsi  dalla produzione nell’ultimo anno. I giornalisti attivi che versano i contributi sono poco più di 16.767 contro 7.900 pensionati (compresi i superstiti), il rapporto è di un pensionato  a fronte di poco più di due redattori attivi (fino a poco tempo fa  il confronto era di 1 contro 2,45). Sono 1.100 i giornalisti che devono incassare  la “fissa”, l’indennità di fine rapporto pagata dall’Istituto, perché i  versamenti dei singoli editori  ritardano tanto che molti ex redattori  (tra i 1.100) in quiescenza da poco tempo rischiano di incassarla tra 7-9 anni. Spicca il sacrificio dei pensionati, che negli ultimi due anni non hanno ottenuto la rivalutazione Istat degli assegni: tale circostanza ha consentito all’ente un risparmio di 11 milioni circa di euro. Il bilancio di quest’anno si salva grazie alla rivalutazione del patrimonio immobiliare: lo stesso era registrato al costo storico e non al valore di mercato.


Nella legge di stabilità per il 2014, figurano stanziamenti per 120 milioni in 3anni per l'editoria e per altri 60 milioni (in tre anni) per gli ammortizzatori sociali. Significa che l’Inpgi potrà dare l’ok al prepensionamento di  1500/2000 redattori, rendendo preoccupante il futuro della Fondazione. “Se giornali, tv, radio e web non riaprono le porte a nuovi redattori, l’Inpgi farà fatica a reggere” dicono i dirigenti  a bassa voce nelle sedi sindacali (dalla Fnsi alla “Romana” e alla “Lombarda”) e aggiungono: “I contributi statali vanno vincolati dal Governo all’assunzione di giornalisti”. Il sindacato guarda con interesse verso il mondo della Pubblica amministrazione, che, negli uffici stampa, potrebbe assorbire nel breve periodo almeno 800/1200 giornalisti. Le trattative stentano a partire così come ritarda l’adozione di bandi ad hoc. La legge sull’equo compenso frattanto è parcheggiata su un binario morto. Anche le trattative sul nuovo contratto sono ferme e resteranno ferme, si dice, a lungo. Non è una bella situazione, anzi non c’è memoria nei giornalisti anziani  di una stagione negativa come quella attuale.


 





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