Sulle pensioni propaganda, squallida e ripetuta. Sull’argomento delle pensioni “d’oro” viene stesa una cortina di fumo finalizzata a manipolare le coscienze e a mantenere il più possibile i cittadini disinformati in modo da poterli aggredire più facilmente. Questa tattica, consistente nel mischiare le carte, nel non supportare le affermazioni con dati certi e soprattutto nell’utilizzare slogan per “criminalizzare” chi si vuol fare oggetto di provvedimenti maleodoranti è stata utilizzata storicamente da tutti i regimi assolutisti e, soprattutto in materia di pensioni, è diventata prassi consolidata con gli ultimi governi e in particolare con quello presente. Il peccato originale, quando si parla di pensioni, è quello di additare genericamente il loro “costo per lo Stato”, senza distinguere tra due cose ben diverse e cioè le pensioni assistenziali e quelle previdenziali; la confusione non è casuale, perché i nostri politici e ministri non sono così ignoranti da non conoscere la differenza, ma sapientemente voluta per la finalità disonesta di utilizzare il costo dell’assistenza per giustificare tagli alla previdenza. Va da sé che l’assistenza sia cosa dovuta e incomprimibile e che per sua stessa definizione essa sia un costo per lo Stato, pertanto chiunque faccia cassa dalle pensioni sa benissimo che preleverà risorse dalla previdenza, cioè dall’unico comparto pensionistico che ha storicamente alla fonte i contributi versati dai lavoratori, utilizzando come scusante quella del “buco” dell’Inps che era ed è invece prevalentemente generato dall’assistenza.
Procedura parimenti disonesta viene utilizzata quando si compara l’incidenza delle pensioni sul Pil con le altre nazioni europee, “dimenticandosi” di precisare che, a differenza di quelle nazioni, noi contabilizziamo impropriamente nei nostri calcoli anche il Trattamento di Fine Rapporto (Tfr) che non è pensione, bensì retribuzione differita e, soprattutto, che calcoliamo il costo delle pensioni al lordo lasciandoci dentro anche le tasse che vengono restituite allo Stato.
Con queste volute confusioni è stato più facile per i Ministri di turno giustificare all’opinione pubblica le riforme della previdenza, anche quelle più indigeribili. Sulla stessa linea, la propaganda ha messo in campo il così detto “conflitto generazionale”, lasciando credere soprattutto a coloro che sono inclini a prendere per buono quasi tutto, che l’attuale generazione di pensionati e vicini alla pensione sottraesse con destrezza le risorse dei giovani lavoratori e futuri pensionati; la realtà dei fatti è molto diversa; fermandosi alle sole pensioni previdenziali, esse hanno, in misura variabile, versato contributi che anziché essere accantonati come si farebbe in un sistema assicurativo, sono stati utilizzati per pagare le pensioni delle generazioni precedenti, padri, nonni e bisnonni; la natura del sistema fa sì che i lavoratori attivi finanzino per cassa gli assegni pensionistici in essere, ma il far passare l’idea che le risorse dei giovani finiscano a una classe di pensionati che percepiscono senza avere contribuito è di una disonestà assoluta che però è efficace quando si vogliono impugnare le forbici.
Peraltro è vero che la classe attuale di pensionati (da previdenza) percepisce in molti casi pensioni che drenano più risorse di quanto versato, ma anche nell’affrontare questo problema la propaganda di politici e governanti da il peggio di sé stessa sparando nel mucchio senza utilizzare l’unico fattore seriamente discriminante e cioè l’analisi della corrispondenza degli assegni ai contributi; facendo questo, i nostri governanti dovrebbero dire con chiarezza che i beneficiati in modo improprio sono i pensionati “baby” oppure coloro che dal sistema retributivo hanno avuto calcoli privilegiati e cioè i pensionati con assegni medi e bassi e quelli con assegni elevati che hanno avuto regalie sotto forma di contributi figurativi o altre storture sistemiche, prevalentemente dipendenti pubblici di particolari categorie; ma, non potendo decurtare pensioni già basse anche se non supportate da contributi sufficienti e non volendo intraprendere analisi che forse trovano troppo difficili per le loro capacità, ricorrono a inesistenti principi di equità che finiscono per essere invece profondamente iniqui.
Così, nell’intento di validare manovre di puro prelievo con falsi buoni intenti, si sono inventati la propagandistica definizione di “pensioni d’oro”, prendendo come pretesto per un vero e proprio furto a carico di pensioni da 3.000 euro lordi mensili in su (ma quale oro?) alcune pensioni da oltre 20.000 euro mensili, che in totale sono 540 in tutta la nazione; mentre nei fatti si impoveriscono assegni neppure d’argento, il cittadino medio viene convinto dalla propaganda di Stato che si sta cercando di tagliare la pensione di Amato (una delle più citate) o altre simili; che poi ci siano pensioni ingenti immotivate è anche assai vero, ma è anche vero che ce ne sono di alte che neppure recuperano i propri contributi.
Ai vari Giovannini, Dell’Aringa, Grillo, Renzi e compagnia cantante, quest’ultimo aspetto non interessa e volutamente si guardano bene dall’affrontare con serietà il problema; anzi, non perdono occasione per far credere al cittadino che i prelievi indifferenziati che hanno fatto, fanno e faranno, siano destinati a buoni fini; oggi, con un’operazione tanto cinica quanto squallida, si sono inventati il reddito minimo sperimentale, cercando di vendere l’idea che il contributo di solidarietà inserito nottetempo nel Dpef serva per finanziarlo. Ma, come già spiegato qui sopra, il reddito minimo è una forma di assistenza, necessaria, ma non da far finanziare a un numero limitato di pensionati discriminati rispetto ai percettori di equivalente reddito non pensionistico; se lo si vuole e deve istituire, si devono chiamare a partecipare tutti i redditi equivalenti di qualsiasi natura siano. Questo è ciò che ha anche affermato la Corte Costituzionale e che probabilmente riaffermerà, mentre è stata anche chiamata di recente, dal tribunale di Palermo, a valutare la costituzionalità della de-indicizzazzione che si propone di ridurre di fatto e biecamente le pensioni superiori a 1.500 euro lordi/mese (oro?).
Il re però comincia a essere nudo; infatti l’idea che un prelievo indiscriminato e non basato su una verifica contributiva sia abbastanza discutibile comincia a prendere piede tra economisti, grandi giornali, alcuni politici anche di sinistra come Yoram Gutgeld, ex ministri del lavoro come Tiziano Treu . Non credo che ciò distoglierà politici incompetenti o in malafede dal proseguire sulla strada della propaganda e della demagogia ostinata, ma è un buon inizio, se non altro per aprire un dibattito finalmente serio sulla previdenza separata dall’assistenza, che è altra materia. In attesa che la Corte Costituzionale faccia di nuovo giustizia. (In http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/28/pensioni-doro-e-assistenzialismo-sulla-previdenza-solo-propaganda/794496/)