Milano, 3 dicembre 2007. L'Ordine dei giornalisti e l'Antitrust hanno scritto ai pm di Milano Laura Pedio e Roberto Pellicano, titolari dell'inchiesta su Hdc, chiedendo loro di valutare se inviare i brogliacci relativi alle telefonate tra i dirigenti Rai e Mediaset emersi nelle pieghe delle indagini. Un eventuale invio di questi brogliacci depositati nell'ambito del 415 bis relativo all'inchiesta Hdc, potrebbe avere tempi lunghi in quanto gli atti in questione, da quanto è stato fatto sapere, non hanno valore probatorio e quindi bisognerebbe inviare il materiale fonico (nastri delle registrazioni integrali delle conversazioni). Tale materiale, però, è oggetto di perizia (trascrizione) da parte di un perito nominato dal gip Marina Zelante e che verrà depositato nell'ambito di uno stralcio dell'inchiesta deciso tempo fa dai due pm. In realtà, secondo quanto è stato spiegato, la decisione dell'eventuale invio degli atti toccherà al gup all'esito dell'udienza preliminare del caso Hdc. Udienza che non si sa quando verrà celebrata in quanto la richiesta di rinvio a giudizio potrebbe essere inoltrata tra qualche mese perché un indagato risulta ancora irreperibile e pertanto non ha ancora ricevuto l'avviso di conclusione indagini. (ANSA).
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Vicenda “Raiset”
Rai: sospensione per
Deborah Bergamini
Roma, 29 novembre 2007. Povvedimento di sospensione per Deborah Bergamini, responsabile marketing strategico della Rai, coinvolta nelle intercettazioni telefoniche rese note da Repubblica La decisione è stata presa dopo l'indagine interna avviata dalla Rai. La vicenda ha preso avvio il 21 novembre quando il quotidiano La Repubblica ha pubblicato un articolo dedicato ad alcune delle intercettazioni relative all'indagine del fallimento Hdc di Luigi Crespi. Quello di Deborah Bergamini, una dei responsabili del palinsesto Rai ed ex assistente di Silvio Berlusconi, e' uno dei nomi che ricorrono piu' frequentemente nel brogliaccio delle intercettazioni, stralciate nel maggio scorso dagli atti dell'inchiesta, che è stato allegato alla documentazione depositata in occasione della chiusura delle indagini. Sono in particolare colloqui relativi all'aprile del 2005, i giorni dell'agonia di Papa Giovanni Paolo II e delle elezioni amministrative, e di questo tra l'altro si parla nelle telefonate che coinvolgono manager del gruppo Mediaset e dirigenti della Rai.
AZIENDA, SOLO SOSPENSIONE NESSUN PROVVEDIMENTO. ''In relazione a notizie di agenzia, la Rai precisa che nei confronti della Dottoressa Deborah Bergamini non è stato preso alcun provvedimento disciplinare''. Lo spiega Viale Mazzini in una nota. ''L'Azienda ha deciso di dispensare temporaneamente la Dottoressa Bergamini - continua il comunicato - dal rendere prestazione lavorativa fino alla conclusione del procedimento istruttorio in corso. Si tratta di una misura cautelativa presa a tutela della Rai, per consentire al Comitato Etico di completare gli accertamenti e alla stessa Bergamini, dopo le sue audizioni allo stesso Comitato Etico e all'Internal Auditing, di fornire gli elementi a sua disposizione''. (Ansa – www.newslinet.it).
30/11/2007 17:38:44 - RAI, sospensione della Bergamini: “La mia vita messa in piazza”. Scoppia la bagarre politica. La sospensione della responsabile marketing della Rai provoca un’insurrezione dei forzisti. Bonaiuti: processo sommario da parte della Rai
Deborah Bergamini (foto), l’ex assistente personale di Berlusconi e attuale responsabile marketing della Rai, è una furia. Dopo lo scoop di “Repubblica”, che ha reso pubblici alcuni brogliacci della Guardia di Finanza in cui sarebbe risultato esplicito uno stretto rapporto tra alcuni dirigenti di Rai e Mediaset, incentrato attorno alla figura dell’ex premier, l’azienda di Stato ha deciso di sospenderla temporaneamente dal suo incarico “per consentire al Comitato etico e all’Internal Auditing di completare il loro lavoro”. La scelta della Rai, a dir la verità poco chiara, arriva dopo le audizioni che hanno visto i protagonisti della vicenda esporre la propria versione dei fatti, con il risultato che per gli altri (Del Noce, Nardello, Benassi e Berti, mentre Vespa non è stato ancora ascoltato) non è stato adottato alcun provvedimento, per la Bergamini, che si sarebbe rifiutata di rispondere alle domande cui è stata sottoposta, sì. “Non sono più la stessa persona di una settimana fa – ha annunciato in un’intervista al “Corriere” dai toni melodrammatici – mettere una vita in piazza non è dignitoso per nessuno”. Nell’intervista, curata da Paolo Conti, la giornalista ha anche negato di aver sentito Mauro Crippa nei giorni precedenti e seguenti la morte di Giovanni Paolo II, smentendo clamorosamente ciò che attesterebbero i brogliacci. Molta solidarietà all’interno dell’azienda ma nessun gesto pubblico, ha lamentato la Bergamini che, tra le altre cose, ha anche aperto un blog dove parla del suo caso e dal quale tenta una autodifesa. Polemiche politiche, al solito, quando di mezzo ci sono la Rai o Berlusconi. Si tratta di un “Processo sommario, una condanna preventiva decisa dagli attuali vertici di sinistra della tv pubblica”, denuncia Paolo Bonaiuti, seguito da tutti gli esponenti del centrodestra della Vigilanza. “La Rai fa bene a non minimizzare e ad agire tempestivamente” è, invece, il commento del ministro Paolo Gentiloni, che si scuote dal torpore in cui è avvolto col suo ddl di riforma. Nei prossimi giorni, intanto, è attesa una risposta da parte del Comitato etico e dell’Internal Auditing, dalla quale dipenderà il futuro della Bergamini in Rai. (Giuseppe Colucci per NL-www.newslinet.it)
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Bufera Rai-Mediasdet dopo
lo scoop di “la Repubblica”
Quando si telefonavo loro
di Paolo Guzzanti
(Il Giornale del 23 novembre 2007).
Non ricordo più se il film giusto era Delta Force ma la lettura dell’articolo di Ezio Mauro mi ha fatto l’effetto che le madeleinettes facevano al vecchio Proust il quale si commuoveva e senza porre tempo in mezzo meditava sul tempo perduto, ma anche quello ritrovato. L’articolo di Mauro mi ha portato indietro nel tempo e di questo gli sono grato, già a partire dal titolo: «Struttura delta». Il bis della Spectre. Il bis della P2. Si impone un modesto esercizio di ritorno alla decenza.
L’articolo mi ha riportato con la sua velata magia alla stagione in cui spesso mi trovavo la sera nella stanza di Ezio Mauro, allora direttore della Stampa di Torino (di cui ero editorialista) e dove assistevo alla teleconferenza fra Mauro e il direttore dell’Unità di Roma (Uolter Veltroni), uno dei vicedirettori a caso di Repubblica, e il direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli: tutti insieme, in unico afflato e per una sola causa comune (ma quale? Certamente non la libera informazione in concorrenza) facevano tutti insieme «il giornale».
Cioè: non è che ognuno si faceva il suo, di giornale, come in tutti i Paesi in cui le testate sono orgogliosamente concorrenti. Macché. Questa compagnia di cui Ezio Mauro era il capatàz, fabbricava il giornale comune che l’indomani tutti gli italiani si sarebbero sciroppati prima sulla carta e poi in proiezione sui telegiornali sotto le varie testate. Non lo sapevano, ma leggevano tutti lo stesso giornale. Che giornalismo, che concorrenza, che scuola.
Il pretesto diciamo così umanitario dell’operazione, era quello di aiutare il giovane Uolter che non sapeva fare la prima pagina, non sapeva fare i titoli e si scombinava tutto. Ma il gruppo di comando del giornalismo italiano – capitanato da un Ezio Mauro che sembrava guidare un commando Delta Force (ecco il titolo giusto, altro che Struttura delta) - faceva un unico menabò (lo schema della pagina), tutti i titoli e la scelta delle notizie e dei contenuti, uguali per tutti. Il giornale che veniva fuori era omologato, identico, figlio di un unico Minculpop, o cupola, o mini-P2 che dir si voglia e che lasciava alla fantasia del singolo direttore soltanto il cosiddetto «boxino»: un titolotto basso a due colonne in cui ognuno registrava la curiosità innocua del giorno, del genere bambino morde cane: «Walter, nel boxino mettici quella storia del bambino che ha sbranato un pitbull». E Uolter pubblicava.
Naturalmente non si trattava soltanto di fare la prima pagina. Venivano decise le notizie da dare e quelle da ridurre, da esaltare e da minimizzare. Che concorrenza: affinché nessuno restasse scoperto, tutti davano (o tacevano, o sminuivano, o ingigantivano) la stessa notizia nello stesso modo. Ogni santo giorno. E tutti bevevano la stessa acqua.
Io assistevo a quella grottesca anomalia e osservavo gli sghignazzi furbastri, specialmente quelli di via Marenco dove comandava imperiosamente il proprio, e anche un po’ gli altrui vascelli, Ezio Mauro in sfolgorante camicia bianca. Paolo Mieli, sia detto ad onore del vero, non si lasciava troppo comandare, ma tutti e due insieme comandavano sull’Unità e la Repubblica seguiva. Così, negli anni Novanta erano serviti non soltanto i lettori della carta stampata ma anche gli spettatori televisivi. La gente forse non lo sa, ma i telegiornali dosano e misurano i loro titoli, gli spazi, la scaletta dell’importanza di ciò che poi ammanniranno al popolo catodico, sulla base delle decisioni dei tre cavalieri dell’apocalisse, Corriere, Repubblica e Stampa, che poi sarebbe, per così dire, la casta.
Ma la prima pagina si confezionava tra via Marenco, Torino, e via Solferino a Milano, per essere rimpannucciata in piazza Indipendenza e infine rimpallata a via del Taurini dove diventava il vangelo dell’Unità, ovvero la verità, pravda in russo, truth in americano che piace di più a Uolter. Ovviamente anche gli altri giornali e giornaletti e giornalini per non dire dei piccoli telegiornali locali, si adeguavano con ansia e con la lingua di fuori per non restare esclusi dal gruppo di comando. Quando ero a Repubblica (di cui sono stato un fondatore, redattore capo e inviato per 14 anni) assistevo ammirato alla formazione del quadridente formato dal formidabile quotidiano di Scalfari, l’Espresso, Raitre e il Tg3. Messi insieme formavano una seconda divisione corazzata che esercitava un potere assoluto, di comando e di dominio sulla scelta, confezione e pubblicazione della notizia.
Insomma, figuratevi il salto dalla sedia che ho fatto ieri mattina quando mi imbatto in una delle più comiche composizioni a sopracciglio levato del mio vecchio amico Ezio Mauro, ora direttore di Repubblica, il quale si è esibito in un articolo che potrebbe intitolarsi a scelta «Senza vergogna» o «Oggi le comiche». Basti l’incipit: «Una versione italiana e vergognosa del Grande Fratello è dunque calata in questi anni sul sistema televisivo, trascinando Rai e Mediaset fuori da ogni logica di concorrenza per farne la centrale unificata di una informazione omologata, addomesticata, al servizio cieco e totale del berlusconismo al potere». Lui la chiama «Struttura delta». Noi la chiameremmo «Senti chi parla».
Dagospia 23 Novembre 2007
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La Repubblica del 23 novembre 2007
IL COMMENTO
I tartufi del giornalismo
di FRANCESCO MERLO
Mi rendo conto che è difficile rompere le abitudini mentali, ma questo non è un articolo contro Silvio Berlusconi e la sua parte politica. Si sa che non c'è vera libertà di stampa senza sapienza di lettura, senza la libertà di chi legge. Ebbene, io mi prendo la libertà, scorrendo l'elenco dei giornalisti intercettati o coinvolti nelle intercettazioni Rai-Mediaset, di interessarmi a quelli che non ci sono, molto più che a quelli che ci sono. Vorrei insomma sottolineare non tanto la presenza di Mimun e Rossella, di Del Noce, Pionati e Vespa.
Ma l'assenza di Enrico Mentana, per esempio, che, all'epoca delle prime intercettazioni, era ancora il direttore del Tg5. Né troviamo in quell'elenco Mauro Mazza che era ed è il direttore del Tg2 e che anzi nelle intercettazioni esplicitamente viene bollato come inaffidabile.
Sono eroi dell'informazione libera?
Più umilmente è probabile che siano, come la gran parte di noi, dei professionisti che coltivano i propri umori politici, i propri valori e la propria cultura con un rispetto per le notizie e una onestà che non sono oscurate né dalla dipendenza economica (è il caso di Mentana) né dalla militanza nel centro-destra (è il caso di Mazza).
Recentemente l'Ordine nazionale dei giornalisti ha radiato - anzi aveva radiato, visto che la Cassazione l'ha reintegrata - la direttrice di non so quale rivista pornografica, la collega Florence Odette Fabre, che non conosco, ma che, in aperto contrasto con il mio Ordine, non esito a definire collega. E' evidente che per pornografia qui si intende tutto ciò che attiene alla prostituzione, e cioè alla messa in vendita del proprio corpo e più in generale dei propri talenti. In questo senso anche la signora Odette merita, a pieno titolo, un posto nell'Ordine dei giornalisti, perché la pornografia della quale si è macchiata è persino migliore della pornografia praticata da quegli altri giornalisti che hanno venduto intelligenza e competenze, forse non il corpo ma certamente l'anima a un leader politico.
Con questa scettica premessa su una virtù eroica alla quale non credo, invito adesso a valutare sino a dove si sia spinta la pornografia, nel senso sopra indicato, di quei giornalisti della Rai e di Mediaset che concordavano i servizi e i servizietti da offrire a Berlusconi quando era capo del governo, e che si facevano non so se dettare o solo suggerire modi e tempi della propria professione dai migliori funzionari del berlusconismo nel campo delle comunicazioni, - Crippa Querci, la Bergamini - bravissimi nel loro mestiere.
Ho sempre pensato che un giornalista può stare, anche decisamente e faziosamente, con una parte politica, e si può legittimamente schierare, per esempio, con Silvio Berlusconi e il suo partito. Addirittura penso che nell'attuale Italia delle fazioni armate il giornalista più affidabile è quello consapevolmente fazioso, perché la consapevolezza gli detta la deontologia; il sapersi fazioso e il fare sapere che è fazioso lo costringono a non esserlo, e comunque tutta la sua attività professionale è trasparente e leale. Nella sua consapevolezza faziosa c'è infatti la dichiarazione di lealtà rispetto al lettore o al telespettatore.
Tutti conoscono la solare appartenenza di Giuliano Ferrara, ma pure il rispetto, la decenza e la libertà di cui dà prova. Penso che a Ferrara capiti di dare consigli a Berlusconi, ma sono certo che non prende ordini né da lui né tanto meno da Querci, dalla Bergamini o da qualcun altro. E dietro Ferrara, dietro al suo grande talento e alla sua importanza mediatica, ci sono molti giornalisti - e tanti li conosco - dell'impresa Berlusconi, suoi dipendenti o suoi fans politici o suoi elettori, che non gli hanno venduto l'anima.
Al contrario qui, in questo elenco di intercettati, ci sono quelli che da sempre e con forza si dicono al servizio della verità mentre poi trafficano sotto banco con il padrone politico. Fanno come qui preti che in nome della castità sono pedofili e in pubblico si battono pure contro la pedofilia, mostrandosi irreprensibili campioni di etica e di coerenza. In una parola sola: tartufi.
Ecco dunque cosa ci insegna quest'ultima tornata di intercettazioni, che - è vero - di nuovo viola la privacy. Di certo è spazzatura telefonica ma - lo abbiano già detto molte altre volte - in Italia non c'è nulla di più valoroso e di più pulito della spazzatura, visto che si arriva alla verità solo rovistando tra le scorie gergali e i rimasugli verbali. L'Italia, per gli studiosi dei rifiuti, è come la caramella: tra coloranti, dolcificanti, aggreganti chimici, acidi e aromi da laboratorio, la cosa più sana, la più ricca e la più trasparente è la carta che si scarta, è il residuo, è la monnezza. Nella spazzatura abbiamo scoperto la verità, gli umori, le fobie, i fastidi, i traffici, 'l'umano troppo umanò dei finanzieri, dei brasseurs d'affaire, dei palazzinari, dei banchieri, dei politici. Ora tocca alla monnezza dei giornalisti.
Non è infatti il conflitto di interessi, non è la miseria della politica che in queste intercettazioni vengono esposte. Ma è la professione, è il giornalismo. E non sto facendo una tiritera su quel giornalismo presunto anglosassone che non esiste, ma che ossessiona i nostri provincialissimi e insopportabili anglofili. Né è questione di indignazioni pelose, dei moralisti stagionali che condannano nell'altrui campo quel che elogiano nel proprio. Sospettiamo che vituperabili e deplorevoli pratiche siano, con dosaggi diversi, bipartisan. Ma oggi il dato incontrovertibile sono queste intercettazioni che illuminano un male operare avvenuto dentro il centrodestra.
E torno dunque a quell'Ordine dal quale ero partito. Molti in Italia avevamo già il sospetto che si trattasse di una bardatura corporativa, una specie di retaggio medievale nel mondo moderno delle professioni, dalle quali ormai giustamente si entra e si esce con grande libertà. Tutti possono praticare la storiografia, e il giornalista può vendere pizze: c'è una mobilità interprofessionale che è opportunità e ricchezza. Wittgenstein aveva una certa idea dello spazio e senza entrare nell'Ordine degli architetti progettò la casa di sua sorella, dirigendone i lavori.
Comunque sia, la discussione che, come si vede, sarebbe interessante, non può neppure cominciare se prima l'Ordine non chiarisce, senza retorica, quali sono i rapporti tra la nostra professione e la politica.
Attenzione. Io non chiedo che Del Noce e Vespa, Rossella e Mimun vengano radiati: per carità!
L'importante è che i lettori e i telespettatori capiscano, abbiano gli strumenti per orientarsi, per distinguere, per riconoscere e, se è il caso, per dileggiare. C'è già in giro una miserabile censura, - e c'è in molti posti, come dimostra il caso dello Iap, per esempio, che è l'organo censorio dei pubblicitari. C'è - dicevamo - una miserabile censura che cerca il capro espiatorio per verginizzarsi, che si erge a campione del buon gusto e dell'etica. L'Ordine dei giornalisti ha radiato, per citarne uno per tutti, Giampiero Mughini perché apertamente aveva fatto pubblicità (ma gli esempi sono tanti, e tutti buoni). Ora Mughini può essere criticato per mille motivi, anche per le giacche se volete, ma non certo perché, come questi intercettati, faceva accordi sottobanco o prendeva ordini per telefono dai luogotenenti di un politico. Di più: sospetto che questi prendano ordini senza che ci sia qualcuno che li comandi. Ancora più zelanti, incarnano una straordinaria maschera italiana: il servo disinteressato.
Capisco infine che tutto venga confuso e che l'inevitabile battaglia delle fazioni possa renda imbarazzante parlare di colleghi che, in questo caso, stanno tutti nel centrodestra. Voglio dire che il silenzio dei giornalisti più autorevoli nasce certamente dall'imbarazzo e magari dall'incredulità e non dalla complicità. Ci manca tuttavia il giudizio di colleghi indipendenti e di grande prestigio liberale come Sergio Romano e Piero Ostellino. Mi spingo più in là e mi chiedo cosa ne pensino Mario Cervi e il più giovane Filippo Facci. Credo davvero che qui l'antiberlusconismo possa non entrarci: o l'Ordine dei giornalisti accerta che non siamo tutti compromessi, oppure si cominci a restituire l'onore a chi, per molto meno, è stato radiato, sanzionato, in un parola sola perseguitato. E subito dopo l'Ordine si autosciolga. Non per avere violato virtù civiche, ma soltanto il senso del ridicolo.
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Intercettazioni Rai-Mediaset:
accertamenti su Crippa e Rossella da parte dell’OgL
Milano, 23 novembre 2007. L’Ordine dei giornalisti della Lombardia ha deciso di effettuare accertamenti e acquisire atti in merito alla vicenda delle intercettazioni telefoniche nel caso Rai-Mediaset. La riunione di Consiglio che si è svolta ieri, ha avuto per oggetto anche la questione Rai-Mediaset per verificare se vi siano state violazioni delle norme deontologiche da parte di Mauro Crippa e Carlo Rossella iscritti all’Albo della Lombardia. Nell’ipotesi in cui, nei prossimi giorni, siano resi noti i nomi di altri giornalisti, il Consiglio dell’Ordine della Lombardia si riserva di convocarli. (www.odg.mi.it)
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SCOOP DI “LA REPUBBLICA”
(edizione 21 novembre 2003).
Nelle intercettazioni 2004-2005
allegate all'inchiesta sul fallimento
della Hdc dell'ex sondaggista
Crespi, la prova che alla
concorrenza si era sostituita la complicità.
La rete segreta del Cavaliere
che pilotava Rai e Mediaset
Mediaset minimizza e minaccia querele.
Rai: parte l'indagine interna. Gentiloni: "Clima collusivo".
di EMILIO RANDACIO e WALTER GALBIATI
"Media-Rai". Le due superpotenze nazionali della tv, che dovrebbero competere aspramente per la conquista dell'audience, fare a gara nella pubblicazione di servizi esclusivi, in realtà si scambiano informazioni sui palinsesti. Concordano le strategie informative nel caso dei grandi eventi della cronaca. Orchestrano i resoconti della politica. Su tutto, la grande mano di Silvio Berlusconi e dei suoi collaboratori, che quotidianamente tessono la tela, fanno decine, centinaia di telefonate, si scambiano notizie, organizzano fino ai più piccoli dettagli.
È il quadro che emerge dalle intercettazioni telefoniche - realizzate tra la fine del 2004 e la primavera del 2005 - allegate all'inchiesta sul fallimento della "Hdc", la holding dell'ex sondaggista del Cavaliere, Luigi Crespi. E in particolare dai resoconti, redatti dalla Guardia di Finanza, delle conversazioni telefoniche di Debora Bergamini, ex assistente personale di Berlusconi e, all'epoca, dirigente della Rai, e di Niccolò Querci, pure lui ex assistente di Berlusconi e, all'epoca, numero tre delle televisioni Mediaset.
La "ragnatela" avvolge e intreccia le vicende della tv di Stato con quelle di Mediaset. I direttori di Tg1 e Tg5 (all'epoca Clemente J. Mimun e Carlo Rossella) fanno, testuale, "gioco di squadra". Il notista politico del Tg1 informa la Bergamini e la rassicura sul fatto che le notizie più spinose saranno relegate in coda al servizio di giornata.
Fabrizio Del Noce cuce e ricuce, assicurando che Bruno Vespa, nella sua trasmissione, accennerà "al Dottore in ogni occasione opportuna". Querci, insieme al gran capo dell'informazione Mediaset, Mauro Crippa, cuce sul versante opposto. E arriva fino ad occuparsi delle vicende del festival di Sanremo (quell'anno affidato a Paolo Bonolis), cioè della trasmissione di massimo ascolto dell'azienda che dovrebbe essere concorrente. E poi ancora, le fibrillazioni in due fasi delicate: la morte del Papa e le elezioni amministrative dell'aprile 2005.
L'allora presidente Ciampi è pronto per una dichiarazione a reti unificate per onorare Giovanni Paolo II? La Bergamini allerta prima l'assistente personale del Cavaliere e poi Del Noce per preparare una performance parallela dell'inquilino di Palazzo Chigi. E ad essere allertato è anche il "rivale" Crippa. Le elezioni sono andate male? Bisogna "ammorbidire" i resoconti sui risultati elettorali. La Bergamini contatta Querci e con lui concorda la programmazione televisiva. La ragnatela avvolge tutto, pensa a tutto, provvede a tutto.
La morte del Papa. Il primo aprile 2005 il mondo è con il fiato sospeso. L'agonia di Giovanni Paolo II sembra essere giunta alla fine. E nelle redazioni giornalistiche cresce l'ansia per non farsi cogliere impreparati all'appuntamento con un evento storico. Tanto più che in Italia l'avvenimento potrebbe avere riflessi anche sulle elezioni che si svolgeranno il 3 e 4 aprile. I brogliacci delle intercettazioni telefoniche eseguite dalla Guardia di Finanza su ordine dei pm di Milano Laura Pedio e Roberto Pellicano e relativi al fallimento della Hdc, svelano come quei giorni furono vissuti freneticamente alla Rai.
Alla notizia del peggioramento delle condizioni del pontefice i responsabili del palinsesto di viale Mazzini, Carlo Nardello e Deborah Bergamini, si muovono per cambiare la programmazione. E per farlo, nel pomeriggio, la Bergamini non esita a contattare Mauro Crippa, il suo omologo nell'organigramma Mediaset. Poi, alle 21 e 49, telefona a un tale "Vale", che potrebbe essere Valentino Valentini, assistente del Cavaliere.
E tre minuti dopo a Fabrizio (forse il direttore di Raiuno Del Noce, appuntano i militari del Nucleo regionale delle Fiamme Gialle): "Debora lo avverte che Ciampi sta preparando un messaggio a reti unificate da mandare in onda alla morte del Papa. Debora gli riferisce di aver avvertito Berlusconi. Debora gli dice che Berlusconi pensa che questo metterà in buona luce Ciampi e avrebbe considerato l'ipotesi di rilasciare anche lui delle dichiarazioni".
Il 2 aprile, intorno a mezzogiorno, una donna contatta la Bergamini: "Le due si lamentano di una persona alla quale non riescono a spiegare che bisogna dare un senso di normalità alla gente al di là della morte del papa per evitare forte astensionismo alle elezioni. Il telefono della chiamante è intestato alla Rai".
Lo stesso giorno, alle 14.31, un non meglio identificato Silvio per Debora: "Le dice che domani sarà a Roma per votare. Debora gli spiega i propri impegni. L'uomo dice di avere paura per le elezioni e del probabile forte astensionismo dei cattolici. Debora lo informa che Ciampi ha preparato un messaggio da mandare in onda al reti unificate. I due dicono che Berlusconi non sarebbe credibile se rilasciasse delle dichiarazioni. I due pensano che Letta e Fini lo sarebbero di più ma loro non possono trasmettere propri messaggi a reti unificate. Debora avrebbe dato parere negativo a Berlusconi sulla sua comparsa in tv".
Le elezioni amministrative. Poco dopo le 15 di quel complicato 2 aprile in cui poco prima delle 22 l'agenzia Ansa batterà la notizia della scomparsa di Giovanni Paolo II, Debora e Benito Benassi, vicedirettore marketing Rai, iniziano a pianificare la strategia mediatica per gestire al meglio le elezioni. Debora "dice che Cattaneo ha chiesto di condividere i loro pareri con quelli di Vespa al quale avrebbero chiesto di non confrontare i voti attuali con quelli delle scorse regionali". Alle 16 ancora Debora per Benito.
"Gli dice che Nardello è molto nervoso. Benito ha intuito che il d. g. (Flavio Cattaneo-ndr) vuole che nella rappresentazione dei risultati elettorali si faccia più confusione possibile per camuffare la loro portata". Alle 17 la temperatura sale, come la sensazione che per la Casa delle Libertà le imminenti elezioni si tramuteranno in una sconfitta. Debora chiama Del Noce: "Lo informa della programmazione televisiva di Canale 5. Del Noce dice di aver parlato con Rossella. Debora dice di aver parlato con Mauro Crippa di Mediaset".
Alle 18 e 30 Del Noce telefona alla Bergamini: "Le comunica che Vespa ha parlato con Rossella. Del Noce le riferisce che Vespa accennerà in trasmissione "al Dottore" (ndr, Silvio Berlusconi) ad ogni occasione opportuna"". Un minuto dopo Debora contatta nuovamente Crippa: "Parlano dei rispettivi palinsesti".
Alle 21 e 37 l'annuncio della morte del Papa. Le comunicazioni a Saxa Rubra apparentemente si placano nella notte. All'indomani, domenica 3 aprile, i seggi vengono aperti. Intorno alle 14, Del Noce telefona a Debora: "Parlano dell'affluenza degli elettori alle urne e degli exit poll. La Bergamini pensa che i dati seri si avranno dalle 21.00 in avanti. I due parlano male di Mazza (direttore del Tg2-ndr). I due accennano al gioco di squadra tra Mimun e Rossella".
Poco dopo Debora è al telefono con una donna: "Parlano della variazione dei palinsesti a seguito della morte del Papa. La donna vive a Roma. Parlano del ritorno di immagine negativo della presenza di Berlusconi alla trasmissione televisiva di venerdì 1.4.05".
Alle 17 è il consigliere Rai Angelo Petroni a fare squillare il telefono sempre più incandescente di Debora: "Voleva chiederle notizie dei sondaggi. Debora dice di aspettare dati attendibili dopo le 18.30". Le telefonate si susseguono velocemente. Benito a Debora: "Le dice che i dati sulle elezioni sono abbastanza disomogenei e che quindi i suoi dati non sono del tutto attendibili (ore 20.00 circa). Benito dice che l'Udc ha comprato voti in Calabria". Alle 21.29, l'allora notista politico del Tg1 Francesco Pionati, oggi senatore dell'Udc, per Debora Bergamini: "Parlano dei sondaggi elettorali e delle ripercussioni delle elezioni sull'azienda Rai. Pionati si raccomanda a Berlusconi tramite la Bergamini".
La mattina di lunedì 4 aprile il nervosismo è palpabile. Poco dopo le 10 del mattino una certa Linda per Debora: "Linda le passa Niccolò Querci, parlano del lutto nazionale e della programmazione televisiva. Debbi dice che loro fanno la prima serata sul Due (per le elezioni) e quindi gli chiede di mettere una cosa forte in prima serata su Canale 5. Si risentiranno tra un quarto d'ora".
Alle 18.51 è il direttore generale a scendere direttamente in campo. Tenta la mossa della vita, negare l'innegabile: "Cattaneo per Bergamini dice di aver parlato con Bonaiuti che era con Piersilvio, ma lui sta tenendo duro anche con gli altri dicendo che non è il caso di mandare in onda i dati. Cattaneo dice che sta rompendo i coglioni Follini, ma prima o poi dovranno dare i dati. Cattaneo dice che terranno più duro possibile".
Alle 19.30, arriva la telefonata direttamente da Arcore. È "Berlusconi per Bergamini". Cosa si dicono resta un mistero, perché il brogliaccio non può riportare le parole di un deputato, quale è appunto Berlusconi. Ma sull'altro fronte Cattaneo non demorde: "Dice che deve essere Nexus a dire che non ha i dati nazionali, non la Rai. Bergamini conferma che non li produrrà Nexus. Bergamini dice che alle dieci e trenta poi il Tg3 potrà dare i dati che vuole. Cattaneo dice che anche Vespa fa la serata elettorale e la Bergamini sostiene che "tanto Vespa è Vespa"".
Alle 20.38 la linea Cattaneo sembra incredibilmente prevalere. Benito per Bergamini: "Parlano dei dati elettorali che sono dannosi per uno schieramento e quindi è meglio non darli a Vespa". Alle 22.39 viene sancita la Caporetto. Una nota dell'Ansa ufficializza i dati: "Regionali: Unione verso l'11 a 2. Prodi: l'Italia ci chiede di governare. Follini: una sconfitta su cui riflettere".
Il mattino successivo lo smarrimento all'interno dei vertici di viale Mazzini prosegue mestamente. Questa volta è la direzione del Tg1 per Deborah: "La segretaria gli passa il dottor Mimun Clemente; continuano a parlare della sconfitta di Berlusconi". Alle 10.50 si pensa al rimedio. Un uomo per Debbi: "Dice di aver parlato con Paolo, l'uomo dice che il Cavaliere deve riconquistare il rapporto con il paese senza più vendere fumo.
Parlano di dati economici e che i problemi grossi sono al Sud". Alle 13.19 Debbi per una donna: "Commentano lo stato d'animo del premier e la donna dice che dovrebbero andare via molte persone, la donna dice che dovrebbe migliorare la condizione di vita degli italiani". Intorno alle 22 di martedì 5 aprile, la notizia della presenza di Berlusconi a Ballarò, la trasmissione di Rai Tre, coglie tutti di sorpresa: "Ma è pazzo?", si chiedono in viale Mazzini.
Il 7, intorno alle 11, tale Riccardo contatta Debora per proporre drastiche soluzioni: "Parlano di politica e Riccardo dice che bisogna cambiare il portavoce di Berlusconi e Debbi risponde che è d'accordo, bisogna cambiare il modo di comunicare".
L'8 aprile un altro sconosciuto per Debora: "Commentano che ormai sono in mano ai comunisti, poi Debora dice che si devono vedere ed insiste che lui vada da lei. L'uomo dice che ha letto i giornali e gli chiede come sta il suo ex capo (parlano di politica); dicono che devono produrre una cosa scritta e seria. L'uomo parla del suo lavoro. Debora dice di andare a pranzo con Comanducci e Del Noce". Intorno a mezzogiorno un uomo contatta la Bergamini. "Parlano del fatto che Berlusconi è stato inquadrato pochissimo dalle telecamere presenti al funerale del Papa. E fanno commenti sul cerimoniale e sui capi di Stato".
Il Festival di Sanremo. Le incursioni del gruppo Mediaset nella sfera della Rai non si limitano a eventi che possono oscurare l'immagine del Cavaliere. Vanno oltre. Il 24 agosto 2004, per esempio, Querci, top manager di Rti, parla con un uomo di Bonolis, "che ha detto di non capire nulla di musica anche se è stato nominato direttore artistico di Sanremo". Non ci sono problemi. Ci pensa Querci. "Nicolò dice che in relazione a Sanremo ha avuto delle idee e che vuole comunicare all'uomo. Nicolò, tuttavia, dice che la cosa comunque non deve sapersi in giro". Sanremo è sempre Sanremo.
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Per il consigliere Nieri nessun patto tra Biscione e tv di Stato, ma solo normali consultazioni. Rizzo Nervo, cda Rai: "Dopo le rivelazioni di Repubblica i dirigenti coinvolti si devono dimettere"
Intercettazioni, la replica di Mediaset
"Sono stupidaggini, faremo querela"
Viale Mazzini annuncia un'inchiesta interna, il ministro Gentiloni: "Clima collusivo"
ROMA - "Siamo alle stupidaggini: che Rai e Mediaset si facciano concorrenza è sotto gli occhi di tutti 72 ore al giorno. Detto questo, è evidente che, come accade nei giornali, i direttori si chiamino, si consultino". Replica così Gina Nieri, consigliere di amministrazione Mediaset, alle intercettazioni pubblicate oggi da Repubblica, sul "patto" tra Rai e Mediaset nel trattare informazione politica e altri grandi eventi.
Oltre alla smentita, l'azienda del Biscione annuncia anche azioni giudiziarie. "Come al solito - ha detto il consigliere di amministrazione - vengono fuori intercettazioni che non c'entrano niente con l'indagine principale", quella della vicenda Hdc, la società dell'ex sondaggista Crespi. "Dopodiché - ha aggiunto - qualsiasi strumentalizzazione è possibile. I nostri legali stanno predisponendo le querele. Far sembrare che ci siano intese e accordi tra i dirigenti delle due aziende basandosi sui contenuti delle intercettazioni mi sembra una cosa ridicola. Quando ci sono notizie come la morte del Papa o le elezioni amministrative - ha detto ancora Nieri - è normale che ci sia una consultazione. Penso che i De Bortoli, i Mauro si sentano ogni qualvolta ce ne sia bisogno. Mi sembra - ha concluso - tanto rumore per nulla".
Una versione minimalista, quella fornita da Mediaset, che non convince la Direzione Generale della
Rai, che con un comunicato ha reso noto di aver già aperto un'indagine interna e ha dato mandato alla Direzione Affari Legali perché l'Azienda si costituisca parte lesa al fine di poter intraprendere tutte le eventuali necessarie iniziative a tutela della Rai".
"Dai dirigenti e dai giornalisti della Rai coinvolti nelle intercettazioni telefoniche pubblicate oggi da Repubblica mi attendo adesso le dimissioni - ha affermato il membro del Cda Rai Nino Rizzo Nervo - Si profila, infatti, un quadro assai inquietante, che l'azienda deve approfondire con rigore, di infedeltà e slealtà aziendale".
Mostra di prendere sul serio la ricostruzione di Repubblica anche il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni. "Non spetta a me giudicare i comportamenti dei singoli - ha affermato - tanto meno sulla base di intercettazioni. Tuttavia una cosa è certa: all'ombra del duopolio affiora un clima collusivo che non mi pare edificante per il servizio pubblico e per la sua autonomia".
(da www.repubblica.it del 21 novembre 2007)
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Rai-Mediaset. Nieri: "Come al solito vengono fuori intercettazioni che non c'entrano niente con l'indagine principale" (quella della vicenda Hdc).
Roma, 21 novembre 2007. "Siamo alle stupidaggini: che Rai e Mediaset si facciano concorrenza è sotto gli occhi di tutti 72 ore al giorno (cioé con tutte e tre le reti, ndr). Detto questo, è evidente che, come accade nei giornali, i direttori si chiamino, si consultino". Così Gina Nieri, consigliere di amministrazione Mediaset, interpellata dai cronisti a proposito delle intercettazioni pubblicate oggi dal quotidiano La Repubblica, su un presunto 'patto' tra Rai e Mediaset nel trattare informazione politica e altri grandi eventi. Intercettazioni per le quali, ha aggiunto Nieri, i legali di Mediaset stanno predisponendo querela.
"Come al solito - ha detto il consigliere di amministrazione a margine della presentazione di nuove iniziative Mediaset sul digitale terrestre - vengono fuori intercettazioni che non c'entrano niente con l'indagine principale", quella della vicenda Hdc, la società dell'ex sondaggista Crespi. "Dopodiché - ha aggiunto - qualsiasi strumentalizzazione è possibile. I nostri legali stanno predisponendo le querele. Far sembrare che ci siano intese e accordi tra i dirigenti delle due aziende basandosi sui contenuti delle intercettazioni mi sembra una cosa ridicola. Quando ci sono notizie come la morte del Papa o le elezioni amministrative - ha detto ancora Nieri - è normale che ci sia una consultazione. Penso che i De Bortoli, i Mauro si sentano ogni qualvolta ce ne sia bisogno. Mi sembra - ha concluso - tanto rumore per nulla". (ANSA).
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Rai-Mediaset. Repubblica: 'struttura delta' come una nuova P2
Roma, 22 novembre 2007. "La realta' e' che in questo Paese ha operato e probabilmente sta operando da anni una vera e propria intelligence privata dell'informazione che non ha uguali in Occidente, un misto di titanismo primitivo e modernita', come spesso accade nelle tentazioni berlusconiane. Potremmo chiamarla, da Conrad, 'struttura delta'". Lo scrive il direttore di Repubblica, Ezio Mauro, nell'editoriale del quotidiano che ga scoperchiato lo scandalo Rai-Mediaset. Mauro aggiunge: "Un'interposizione arbitraria e sofisticatissima, onnipotente perche' occulta come la P2, capace di realizzare un'azione di 'spin' su scala spettacolare, offuscando le notizie sgradite, enfatizzando quelle favorevoli, ruotando la giornata nel senso positivo per il Cavaliere. Naturalmente - incalza il direttore di Repubblica - con le telecamere Rai e Mediaset che ruotano a comando intorno a questa giornata artificiale, a questo mondo camuffato, a questa cronaca addomesticata. In una finzione umiliante e politicamente drammatica della concorrenza, del pluralismo, dei diritti del cittadino-spettatore, alterando alla radice il mercato piu' rilevante di una democrazia, quello in cui si forma la pubblica opinione". Mauro conclude: "E' ora possibile fare un passo per uscire da questo paesaggio truccato, da questa manipolazione della nostra vita. Purche' le istituzioni, la libera informazione, il mercato e la politica lo sappiano. Sappiano che un Paese moderno, o anche solo normale, non puo' sopportare queste deformazioni delle regole e della stessa realta': e dunque reagiscano, se ne sono capaci. La stessa mano che domani proporra' le larghe intese, e' quella che ha predisposto il telecomando con un tasto unico. E truccato". (AGI)