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Stampa

Il ''publigiornalista'',
professionista
''geneticamente modificato''

Giuseppe Altamore, vice-caporedattore di Famiglia Cristiana,
denuncia al congresso "Scienza e Società" della Fondazione
Diritti Genetici la commistione tra informazione e pubblicità.

Roma, 30 novembre 2007. "Nelle redazioni è nata una nuova figura professionale, il publigiornalista", ovvero un organismo geneticamente modificato ottenuto dall'incrocio tra il giornalista ed il copywrighter". Questa la denuncia lanciata oggi da Giuseppe Altamore, vice-caporedattore di Famiglia Cristiana, al congresso "Scienza e Società" organizzato nella capitale dalla Fondazione Diritti Genetici, riprendendo quanto già scritto nel suo libro "I padroni delle notizie". Il motivo è che "l'informazione giornalistica è sempre più assoggettata agli interessi degli inserzionisti, per cui i lettori sono stati trasformati in consumatori e la stampa in spazi di pubblicità occulta. E chi dovrebbe controllare non ha i mezzi per farlo o non lo fa". Non solo gli inserzionisti acquistano pagine di pubblicità tabellare, ma stipulano accordi con la concessionaria di pubblicità, per cui "a fronte di tali pagine, si assicurano un articolo o un'intervista, che si trasforma in un consiglio per gli acquisti"


"Un tipico esempio - ha spiegato il giornalista – di come gli inserzionisti sconvolgono il contenuto dell'informazione è il caso delle acque minerali". L'Italia è infatti divenuto il paese che ne consuma di più al mondo, con oltre 190 litri pro-capite annui, una spesa di 350 euro per famiglia ed una produzione di oltre 150 tonnellate di plastica, "nonostante la discreta qualità dell'acqua potabile". La causa è appunto da ascrivere alla "pressione pubblicitaria esercitata dai produttori, per una spesa complessiva di 350 milioni di euro l'anno, attraverso cui si diffondono sulla stampa messaggi favorevoli al consumo di acqua in bottiglia, mentre si tacciono i difetti e gli scandali del lucroso settore".


Ma esistono casi ben più gravi, ha tenuto a precisare Altamore, che riguardano il settore della salute, come l'esempio clamoroso della "pandemia del secolo che non c'è stata", ovvero quella dell'influenza aviaria.


Una fobia collettiva nata da un comunicato stampa emesso durante un convegno del settembre 2005 a Malta, organizzato da una casa farmaceutica produttrice di farmaci antivirali, ed in cui si ventilava "l'ipotesi apocalittica di milioni di morti solo in Italia" e si spingeva all'acquisto di farmaci e vaccino. La stampa non solo riprese quanto dichiarato dall'azienda farmaceutica, ma per settimane non fece altro che parlare dell'argomento con toni allarmanti, in un "coro univoco", spingendo il governo a spendere milioni di euro per comprare farmaci antivirali, con una clamorosa marcia indietro – ha sottolineato Altamore - a seguito della pressione di un altro grosso settore produttivo, quello avicolo, a causa del crollo dei consumi".


A mettere ordine nel settore, ha spiegato il vice-caporedattore di Famiglia Cristiana, dovrebbero provvedere l'Authority Antitrust, l'Ordine dei giornalisti ed il Giurì dell'Autodisciplina Pubblicitaria, che finora non sono riusciti a farlo, basti pensare che quest'ultimo, in 40 anni, ha esaminato solo 40 casi. L'aggravarsi della situazione è da ascriversi al dominio del mercato pubblicitario da parte del duopolio Rai-Finivest, che coprono oltre il 60% dei ricavi pubblicitari, per cui tutte le altre testate, soprattutto la stampa, devono dividersi il resto.  "Il problema – ha evidenziato - è la fragilità economica delle aziende editoriali, molti organi di stampa sono in crisi e per resistere cedono alle pressioni degli inserzionisti. La soluzione, secondo Altamore, è nell'approvazione della riforma Gentiloni, in modo da mettere ordine nel mercato pubblicitario, con una distribuzione della torta più equa, ma anche nel "fare appello al senso etico dei giornalisti, che dovrebbero essere i veri padroni delle notizie".


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