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Messaggio di Nicola Borzi a Franco Abruzzo: “L'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (Inpgi) ha la sfrontatezza di dire che non si sente truffato (come, invece, affermano i magistrati) dai fratelli Magnoni e dai loro soci di Sopaf. Perché l'Inpgi si chiude a riccio e non ammette l'errore? I vertici dell'Inpgi sanno che, una volta acclarato il danno, la Procura della Repubblica è tenuta a inviare una segnalazione di questo danno alla Corte dei Conti…”.


Caro Franco,  l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (Inpgi) ha la sfrontatezza di dire che non si sente truffato (come, invece, affermano i magistrati) dai fratelli Magnoni e dai loro soci di Sopaf (sette arresti e un mazzo di avvisi di garanzia) per l'acquisto delle quote del Fondo immobili pubblici (Fip) avvenuto nel febbraio 2009. La motivazione per cui Inpgi non si sente truffato? "Perché l'investimento ha prodotto un rendimento positivo", rispondono. La risposta è risibile, rivolta a un pubblico, quello dei giornalisti (che versano la loro pensione all'Inpgi), trattato come se fosse composto da imbecilli. Perché? Perché Sopaf acquistò le quote Fip pochi giorni prima di rivenderle all'Inpgi pagandole il 30% in meno della somma che sborsò l'Istituto previdenziale dei giornalisti. Il quale continua a dire di aver fatto un affare.



Dunque, facciamo un esempio: se io compro una casa che vale 100mila euro - diciamo un valore a caso - e invece la pago oltre 130mila - sempre a caso -, poi la affitto e incasso ogni mese la pigione e nel frattempo il valore della casa sale, io posso continuare a ritenere di aver fatto "un affare", perché' il rendimento combinato dell'affitto e della rivalutazione della casa é positivo. Ma la verità è e resta il fatto che io quella casa l'ho strapagata (oltre il 30% in più). Se non l'avessi pagata così tanto, coi soldi risparmiati (30mila euro) avrei potuto magari comprare anche un box e affittare pure quello, oppure dei BoT, o metterli in un conto di deposito. Ora, se l'avessi fatto, il rendimento del mio investimento - e il mio patrimonio - sarebbero assai più alti.



Ho scritto 100mila e 130mila euro non a caso. Sono i valori ai quali Sopaf acquisto' (100mila euro) ciascuna quota del Fip e la rivendette (a 130mila e rotti euro) a Inpgi. Su 250 quote Sopaf lucrò in pochi giorni un guadagno di 7,5 milioni di euro a spese dell'Inpgi.



Perché l'Inpgi si chiude a riccio e non ammette l'errore? Ci sono due spiegazioni plausibili:



1 - dolo: secondo i magistrati (che vogliono verificare la condotta dei vertici dell'Inpgi stesso), l'Istituto previdenziale dei giornalisti è stato truffato, cioé raggirato, indotto a credere falsamente che l'operazione di acquisto delle quote Fip (per un valore totale di 30 milioni di euro) fosse "un affare", mentre é dimostrato che il vero affare lo fece Sopaf, lucrando per pochi giorni di compravendita ben 7,5 milioni (su 30!);



2 - incompetenza: gli organi dirigenti e di controllo dell'Inpgi del 2009 (quelli in carica all'epoca dell'operazione FIP) non si accorsero della antieconomicita' dell'investimento.



In entrambi i casi, l'Inpgi (cioé tutti i giornalisti italiani che versano all'Istituto i loro fondi previdenziali) hanno subito un danno. E i vertici dell'Inpgi sanno che, una volta acclarato il danno, la Procura della Repubblica è tenuta a inviare una segnalazione di questo danno alla Corte dei Conti, la quale controlla (solo formalmente) i bilanci dell'Inpgi e può chiedere a tutti i componenti degli organi dirigenziali e di controllo dell'Istituto previdenziale in carica nel 2009 i danni - pro quota - che i loro errori hanno causato all'Istituto stesso. Ecco perché oggi gli amministratori dell'Inpgi si affannano a dichiarare che "l'Istituto è parte terza" e non "vittima di truffa" (come invece scrivono i magistrati): perché c'é chi teme di essere chiamato a rifondere, pro quota, i 7,5 milioni sborsati in eccesso dall'Inpgi stesso. Alcuni di coloro che erano ai vertici dell'Inpgi nel 2009, quando l'operazione FIP fu fatta (come lo stesso presidente Camporese, che firmò la delibera di investimento) siedono ancora ai vertici dell'Istituto: mi pare chiaro perché minimizzano e parlano di "operazione fruttuosa". Ma la verità nuda e cruda è questa.



Nicola Borzi - Plus24 - Il Sole 24 Ore



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INPGI (15.2.2012) - Il direttore generale risponde sui fondi private equity: il rischio connesso agli investimenti è sotto controllo. Informazioni costanti anche ai   Ministeri vigilanti e al Parlamento. Fra i consulenti dell’Istituto il prof. Luigi Spaventa. In coda le due note di Nicola Borzi, l’articolo di Vittorio Malagutti, la prima replica della Fondazione sulle operazioni e la controreplica di Nicola Borzi. Nel 2009 l’Inpgi ha conseguito il riconoscimento internazionale (Ipe Awards) di miglior investitore istituzionale tra i fondi pensione italiani. Franco Abruzzo. “Le minacce di azioni  giudiziarie contro il cronista del Sole 24 Ore sono sbagliate: gli iscritti all’Istituto hanno il diritto di conoscere come i propri quattrini vengono investiti, mentre i cronisti  hanno l’obbligo di attenersi alla Carta dei doveri dell’informazione economica e soprattutto al rispetto del principio della verità sostanziale dei fatti. Non credo che Borzi  e Vittorio Malagutti abbiano violato alcunché, occupandosi degli investimenti. L’Istituto ha già scritto che  ‘le notizie riportate dal Fattoquotidiano saranno oggetto di immediate verifiche a tutela degli interessi di Inpgi e degli iscritti’. L’auspicio è che queste verifiche siano rese pubbliche al più presto”. – TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=8387





 





 






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