(3 ottobre 2014) - L’INPGI, in base all’articolo 15 del proprio Regolamento, dimezza la pensione di anzianità a chi abbia un reddito lavorativo superiore a 21.000 euro. L’INPGI ritiene di trarre questo potere da una particolare interpretazione dell’art. 44 della legge 289/2002 secondo cui alcuni enti previdenziali, privatizzati, per ragioni di equilibrio del bilancio, avrebbero autonomia normativa per discostarsi dal regime generale. Con sentenza n. 1098/2012 (e con successive sentenze conformi,di legittimità e di merito) la Cassazione ha dichiarato che tra gli enti previdenziali privatizzati occorre distinguere quelli che, come l’INPGI, operano in regime di sostitutività dell’INPS: per questi, come afferma l’art. 19 del dl 112/2008 (convertito con la legge 133/2008), deve sussistere, in materia di cumulo delle pensioni di anzianità con redditi da lavoro autonomo o dipendente, un regime identico a quello dell’INPS. Con tale norma si è statuito in generale che dall’1.1.2009 sono pienamente cumulabili i redditi tra pensione di anziauità e redditi da lavoro autonomo o dipendente. L’articolo 72 della legge 388/2000 aveva già stabilità la cumulabilità tra pensione di vecchiaia e redditi da lavoro autonomo e dipendente.
La Cassazione, tra l’altro, ha motivato la propria interpretazione (IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=8234) delle diverse leggi evidenziando che qualunque diversa soluzione violerebbe il primario criterio ermeneutico rappresentato dalla lettera della legge. E’ perciò la legge stessa che prevede espressamente e letteralmente per gli enti sostitutivi un regime identico a quello generale dell’INPS .
Sulla base di dette sentenze, il giornalista P.T. ha chiesto al Tribunale di Roma l’emissione di un decreto ingiuntivo contro l’INPGI per ottenere il rimborso di quanto illegittimamente trattenutogli per il cumulo, ammontante a somma cospicua per il periodo 2009-2012 (mentre altre azioni sono in corso per periodi successivi).
Il Tribunale di Roma ha concesso in suo favore il richiesto decreto ingiuntivo. L’INPGI ha proposto opposizione argomentando le proprie ragioni sostanzialmente sul potere di autonomia normativa. Nel giudizio di opposizione abbiamo evidenziato che il concetto di autonomia, come dice la Cassazione,è poco rilevante perché preminente deve considerarsi la lettera della legge. Tra l’altro abbiamo segnalato come la stessa autonomia di bilancio dell’INPGI non sia così totale,ricorrendo talvolta questo Ente ad alcuni ripianamenti da parte dello Stato. Abbiamo inoltre sottolineato la cervelloticità dell’art. 15 del Regolamento INPGI in quanto potrebbe determinare assurde penalizzazioni a favore di chi abbia una pensione alta (quelle d’oro per usare una terminologia oggi di moda) e un reddito extra di poco superiore ai 21.000 euro (con una decurtazione del 50% di una alta pensione), rispetto a chi, per esempio, abbia una bassa pensione e un reddito extra alto (nel qual caso la decurtazione sarebbe di minima consistenza). Ciò evidentemente provocherebbe la conseguenza iniqua di una maggiore onerosità a carico del soggetto con minore reddito . Ciononostante il giudizio di primo grado si era concluso con l’accoglimento dell’opposizione dell’INPGI . La sentenza ha però proposto motivazioni molto fragili (ma soprattutto inconferenti perché tese alla opinabile autonomia di bilancio,che, come detto, non tengono conto della prevalente lettera della norma).
Proposto ricorso avverso detta sentenza, la Corte d’Appello di Roma ci ha dato piena ragione, annullando la sentenza del Tribunale di Roma e respingendo la opposizione dell’INPGI. Il 4 settembre scorso sono state depositate le motivazioni, che si possono leggere qui in allegato. La sentenza della Corte d'Appello di Roma (estensore il Presidente dott. Panariello, uno tra i più reputati esperti della materia) con esemplare lucidità e analitica motivazione ha stroncato in modo definitivo la tesi dell'INPGI circa il collegamento della trattenuta con il concetto di autonomia di bilancio, accogliendo la nostra tesi circa la primazia ermeneutica della lettera della legge.
Pietro Carattoli, avvocato in Roma
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