I pensionati italiani sono i più tartassati d'Europa. Dal 2008 ad oggi il loro potere d'acquisto ha perso oltre 1.400 euro (1.419 euro). Lo afferma il presidente della Confesercenti Marco Venturi calcolando ''oltre 118 euro in meno al mese sottratti ai consumi e ai bilanci delle famiglie. Che sempre più spesso sono sostenuti dai pensionati, diventati durante la crisi pilastri del welfare familiare".
di Paola Barbetti-ANSA – Roma, 28 giugno 2014. I pensionati italiani sono i più tartassati d'Europa. Dal 2008 ad oggi il loro potere d'acquisto ha perso oltre 1.400 euro (1.419 euro). Lo afferma il presidente della Confesercenti Marco Venturi calcolando ''oltre 118 euro in meno al mese sottratti ai consumi e ai bilanci delle famiglie. Che sempre piu' spesso sono sostenuti dai pensionati, diventati durante la crisi pilastri del welfare familiare". "Siamo l'unico Paese - prosegue Venturi in occasione di un incontro della Fipac-Confesercenti a Brindisi - dove i pensionati pagano in proporzione piu' tasse di quando erano attivi''. E l'extraimposta e' piu' forte tanto piu' la pensione e' bassa: 72 euro per una pensione pari a tre volte il minimo e 131 rispetto alle pensioni d'importo inferiore, denuncia Venturi. Nel resto d'Europa avviene il contrario e il confronto e' dirompente: il prelievo e' triplo rispetto a un inglese, quadruplo su un francese, senza paragone rispetto a un tedesco: si va dagli oltre 4 mila euro sopportati dal pensionato italiano ai 39 a carico del pensionato tedesco. Concorda il sindacato dei pensionati Cgil secondo il quale il governo ''per questo deve confermare l'intenzione piu' volte annunciata di dare anche a loro il bonus fiscale di 80 euro e tutelare nel tempo il loro potere d'acquisto. Per rilanciare i consumi ma soprattutto per una questione di giustizia sociale''. Ma non sono solo i pensionati a piangere per l'Erario. ''Le imprese italiane pagano la bellezza di 110,4 miliardi di tasse l'anno. In Europa - afferma la Cgia - solo le aziende tedesche pagano in termini assoluti piu' delle nostre, ma la Germania conta oltre 20 milioni di abitanti in piu' dell'Italia''. Anche i livelli di tassazione incidono sull'inarrestabile emorragia di negozi, attivita' turistiche, manifatturiere, di servizi: nei primi cinque mesi dell'anno - segnala infatti l'Osservatorio dell'Ufficio Studi di Confcommercio - il numero di imprese che cessano l'attivita' continua a essere superiore a quello di nuove iscrizioni. In pratica per ogni nuova apertura ne chiudono due. Tra i comparti, a registrare il saldo negativo peggiore (da -7.612 a -7.752), sono le attivita' di alloggio e ristorazione, un assurdo per un paese a forte vocazione turistica come l'Italia. Per il resto delle imprese del terziario di mercato, anche se il saldo tra aperture e chiusure continua ad essere negativo, si registra un leggero rallentamento rispetto all'anno scorso (-52.716 unita' contro -55.815 dei primi 5 mesi del 2013). ''Dati che confermano, da un lato, il persistere di una fase di debolezza del ciclo economico e l'assenza di concreti e significativi segnali di ripartenza - dice la Confcommercio - dall'altro, evidenziano come le imprese, nonostante le difficolta' legate a una domanda interna stagnante, all'elevata pressione fiscale, a un limitato accesso al credito, ai mancati pagamenti dei debiti della P.a, riescono a contenere gli effetti del protrarsi della crisi''. Non pero' il Mezzogiorno che accusa una consistente riduzione dello stock di imprese (-17.353) e dove si concentra quasi un terzo delle chiusure complessive. Confermandosi cosi' area in forte difficolta'. (ANSA).
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