Da molto tempo faccio il magistrato e da qualche anno scrivo qualche articolo quando ho tempo e per puro piacere e sono quindi iscritto all'elenco dei Pubblicisti della Lombardia, i giornalisti non professionisti. Oggi, non mi è mai successo, mi vergogno un po' di avere la tessera firmata dall'Ordine. La ragione è molto semplice. L'accusa mossa dal Consiglio di Disciplina nei confronti di Magdi Allam di «aver compromesso la dignità dell'Ordine professionale» per alcuni articoli sull'Islam pubblicati su II Giornale nel 2011. In sostanza l'accusa di "islamofobia" che avrebbe incrinato «il rapporto di fiducia tra la stampa e i lettori», non si sa bene quali. L'accusa è sconcertante e lede in modo evidente il diritto alla libertà di espressione. E ancor più sconcertante è il silenzio del mondo della stampa, la Repubblica in testa, e della grande maggioranza dei suoi colleghi. Cerchiamo di capire, alla radice, il significato di quanto sta succedendo. Il filosofo del linguaggio Ludwig Wittgenstein scriveva che la più grande violenza che si può fare è quella attraverso le parole, snaturandole e creando con esse incantesimi. E la parola usata per fare violenza è in questo caso "islamofobia". È una parola insensata che i supporters dell'Isiam sono riusciti accortamente a diffondere nel linguaggio comune e anche in quello istituzionale. Tecnicamente è un' "ipostasi", cioè l'artificio con cui una parola non si riferisce ad una realtà che preesiste, per descriverla, ma la crea e dopo aver creato una realtà inventata consente di utilizzarla in molti modi tra cui colpire chi viene collocato all'interno di quella realtà fittizia. Infatti non vi è nessuna "islamofobia" in Italia. Nessuno è discriminato in quanto musulmano nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli asili, negli ospedali. Al più possono incontrare difficoltà in quanto stranieri ma non in quanto musulmani. Al contrario di molti Paesi islamici, ove, per inciso, i lavoratori stranieri sono più che maltrattati, in cui il cristianesimo, l'ebraismo e l'intero Occidente vengono spesso ferocemente denigrati anche nei testi scolastici per i bambini.
FACOLTÀ DI GIUDIZIO. Più semplicemente molti, sia cristiani sia laici, giudicano molto negativamente la religione islamica, e tra questi Magdi Allam e questa è una facoltà di giudizio e un diritto di critica garantiti a tutti dai tempi dell'Illuminismo. Si augurano che le violenze che alcuni seguaci del Corano tengono a mostrarci tutti i giorni via Internet e televisione non si propaghino al nostro Paese e siano prevenute da chi ne ha il compito nell'ambito delle leggi, democratiche, che ci siamo dati. E questo è l'auspicio, legittimo, di tutti o quasi, certo non una "fobia" parola che tra l'altro evoca una malattia psichica. Detto questo in concreto quali sarebbero le colpe di Magdi Allam? Non ho il testo di tutti i suoi articoli ma in sostanza egli giudica l'Isiam una religione pessima, e infatti si è convertito al cristianesimo, generatrice spesso di violenza, soprattutto sulle donne e sulle minoranze. Si augura che non si diffonda più di quanto è diffusa ora e che le organizzazioni criminali che agiscono in nome del Corano non riescano ad approdare in Italia. E allora? Questo è il suo pensiero. Può piacere o no, piacerà ad alcuni che lo leggono, visto che il Consiglio di Disciplina evoca indistintamente "i lettori" e ad altri no, come è normale. Tutto qui. Ha fatto appelli ad usare la violenza, fare pogrom contro i musulmani? Di certo no. Ha offeso qualche singolo cittadino musulmano rendendosi colpevole di diffamazione? Nemmeno. Perché l'Islam pretende allora per sé uno statuto speciale e di dettare con arroganza i limiti entro cui può essere criticato, restringere i limiti di ciò che è consentito pensare come faceva la Polizia del Pensiero nel romanzo 1984 di Orwell È vero che quasi tutte le religioni, soprattutto quelle monoteiste, ambiscono, sbagliando, ad un ingiustificato rispetto assoluto, cioè a non essere giudicate, cosa che avviene invece senza problemi in altri campi - chiunque può dire tutto il male possibile di un partito politico, di un'opera letteraria, di una scoperta scientifica. Ma da molti anni ci capita di leggere interventi durissimi e vignette satiriche contro il cristianesimo e i suoi rappresentanti, è stato scritto di tutto anche sui giornali che ora ignorano l'accusa contro Allam, e nessuno certo è stato tratto giudizio per "cristianofobia". E dato che l'Islam occupa, quando è in maggioranza, con i suoi precetti anche le istituzioni civili, è una religione "politica", valgono anche altri paragoni. Chi si è opposto ideologicamente al comunismo in tutte le sue varianti , compresi molti Papi, è stato forse chiamato "comunistofobico" e per questo processato? No di sicuro, è stato solo definito anticomunista. L'accusa a Magdi Allam si basa quindi su un'invenzione, l'islamofobia, un pretesto per giustificare il proprio risentimento, le convulsioni del proprio mondo e spesso il fallimento del proprio sistema culturale.
LA DURA REALTÀ. Certo la sua penna è dura e, da laico, ho giudicato un po' eccessiva l'enfasi della sua conversione dinanzi al Papa. Ma è ben più dura la realtà, questa sì realtà e non un'invenzione, di cui parla, fatta di decapitazioni pubbliche, rapimenti, proclami alla distruzione non solo della civiltà occidentale ma di ogni società non islamica, dagli innocui yazidi ai buddisti a chiunque altro. Egli detesta l'Islam, da cui proviene, ma è libero di dirlo come chiunque è libero di farlo nei confronti di qualsiasi ideologia o religione. Non è il primo e non è l'unico. In Francia lo scrittore Michel Houellebecq, da posizioni del tutto diverse, ha rilasciato interviste sull'Isiam con parole anche più taglienti di Allam ma se in quel Paese qualche associazione mussulmana lo denunciasse all'Ordine dei giornalisti i suoi colleghi scenderebbero in piazza e gli esposti finirebbe in un cestino. Quello che più impressiona è che l'associazione musulmana che ha denunciato Magdi Allam, non potendo darsi corso alla fatwa implicita che lo ha colpito - se si recasse in un Paese islamico sarebbe certamente incarcerato o ucciso e in Italia è protetto da una scorta per le numerose minacce che ha ricevuto - si è rivolta ai suoi colleghi. E i controllori dei giornalisti, almeno per ora, l'hanno ascoltata. Per questo, da mezzo giornalista quale sono anch'io, mi vergogno un po'.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
.CASO ALLAM. A proposito di giornalisti. Al giornalista di origini egiziane viene, in particolare, contestato il fatto di aver scritto articoli contro gli islamici “in contrasto con quanto stabilito dalla Costituzione e dalla Carta dei doveri dei giornalisti”. Se dovesse passare un simile capo d’accusa, sarebbe un grave precedente: non si potrebbe, in pratica, più criticare l’Islam e, soprattutto, il fanatismo religioso che, purtroppo, sta raggiungendo livelli di guardia. -Editoriale di Giancarlo Mazzuca-QN/Il Giorno-31.8.2014- TESTRO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=15408
.CASO ALLAM. PARLA FRANCO ABRUZZO. «II processo a Magdi va chiuso subito». L’ex presidente dei giornalisti lombardi: «Procedimento disciplinare da archiviare. L'unico titolare a chiedere la riforma dell'archiviazione disposta dal Consiglio territoriale del Lazio è il procuratore generale (che non ha agito, ndr)». IN CODA il duello Abruzzo/Iacopino. - di Mariateresa Conti/Il Giornale 31.8.2014/ - TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=15407
1.CASO MAGDI CRISTIANO ALLAM. Franco Abruzzo pone alcune domande al Consiglio nazionale dell'Ordine dei Giornalisti: è assodato che il giornalista sia stato assolto in primo grado. Il diritto di proporre ricorso spetta solo al Pg di Roma, ma non a chi (Il legale dell'Ucoii-Unione delle comunità islamiche d'Italia) ha presentato l'esposto contro lo stesso Allam. E' un passaggio/cardine consacrato in un comunicato solenne (1 aprile 2014) dell'Ordine nazionale (il testo è in coda). Il nuovo regolamento dei procedimenti di disciplina fa “venir meno la possibilità in capo all’esponente di proporre ricorso contro la delibera di archiviazione ovvero di proscioglimento del giornalista adottata dal Consiglio di disciplina territoriale”. Bisogna chiarìre questo punto che potrebbe nascondere un abnorne errore del Consiglio nazionale di disciplina. Se i fatti sono questi, il “caso Allam” non esiste, anzi è una bufala che discredita l'Ordine. Chi si scuserà con Allam? Iacopino o Felappi? E' ancora utile un Ordine che incorre in errori madornali?Esiste ancora la vigilanza del Ministero della Giustizia? /di FRANCO ABRUZZO/ - TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=15404
2. CASO MAGDI CRISTIANO ALLAM. REPLICA DI ENZO IACOPINO (PRESIDENTE DELL'ORDINE NAZIONALE DEI GIORNALISTI) all'articolo di Franco Abruzzo: “Ora so, caro Franco, che potremmo intavolare una dottissima (e noiosissima) discussione sul "favor rei". Pensa alla fatica di spiegarne il significato anche a quanti - pur con ruoli negli organismi - confondono il Cnog con il Consiglio nazionale di disciplina. Nel nuovo regolamento, all’art.18, è espressamente scritto: “Il presente regolamento si applica ai procedimenti dinanzi al Consiglio di Disciplina Nazionale introdotti con ricorso depositato o trasmesso in data successiva alla sua entrata in vigore. Ai procedimenti già introdotti e pendenti alla stessa data si applica il regolamento precedente”. CONTROREPLICA DI FRANCO ABRUZZO: “L'ordinamento giuridico prevede appunto che al “reo” si applichi la norma più favorevole, quella che in questo caso esclude l'impugnazione (ad opera di una associazione privata) della delibera del giudice di primo grado che ha assolto Allam. Il favor rei è un principio che, per la Corte europea dei diritti dell’uomo, ha il rango di vero e proprio diritto fondamentale”. Va precisato anche che, secondo il nuovo regolamento, i non-giornalisti non hanno il potere di impugnazione. La vicenda è complessa: Iacopino non può liquidarla con battute. IN CODA l'articolo di Franco Abruzzo. - TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=15405
.CASO ALLAM - RICHIESTA DI PARERE AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA SULL'ENTRATA IN VIGORE DI UNA NORMA TRANSITORIA MANCANTE NELLA RIFORMA DEI RICORSI AL CONSIGLIO DI DISCIPLINA NAZIONALE. L'ordinamento giuridico prevede che al “reo” si applichi la norma più favorevole, quella che nel caso del giornalista Magdi Allam esclude l'impugnazione (ad opera di un’Associazione privata) della delibera del giudice di primo grado che lo ha assolto. Come si risolve allora il problema della disapplicazione di una norma più favorevole? La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, nel 2009, ha riconosciuto al principio del “favor rei” il rango di vero e proprio diritto fondamentale, dedotto direttamente dal principio di legalità in materia penale di cui all’articolo 7 della CEDU, che oggi fa parte della Costituzione europea ed è applicabile direttamente anche in Italia. IN CODA GLI ARTICOLI DEL CASO ALLAM – TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=15409