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Il monito del Fmi e l'insostenibile peso delle pensioni. Nel 2012 le entrate da contributi si sono fermate a 208 miliardi, mentre le uscite per le prestazioni sono state di 295 miliardi. Le invalidità civili da sole costano allo Stato oltre 17 miliardi. L'assistenza costa da sola 72 miliardi. L'ex Inpdap da sola perde ogni anno, da tempi lontani, quasi 9 miliardi. Rispetto alle pensioni dei lavoratori privati, la media dei trattamenti pubblici è più alta di un 40%.

di Fabio Pavesi
www.ilsole24ore.com 21.9.2014


Il monito è dell'altro ieri e l'ha lanciato il Fondo monetario internazionale. Senza toccare le pensioni il taglio della spesa pubblica italiana rischia di essere aleatorio. Questo il senso del messaggio dell'organismo internazionale. Del resto quando per le pensioni si spende il 30% degli 800 miliardi del totale della spesa pubblica italiana non si può far finta di niente. Nel 2013 la spesa per le sola previdenza è stata infatti di 254 miliardi, il 16,3% del Pil. Solo due anni prima nel 2011 la spesa previdenziale era stata di 243 miliardi, quindi con un incremento di 11 miliardi secchi, con un aumento del 4,5% in soli due anni. Questo mentre il Paese perdeva quote di Pil. Non è un fenomeno nuovo. Già la relazione Giarda denunciava che non c'è capitolo della spesa pubblica che salga così tanto come quella legata alle prestazioni previdenziali.



La corsa senza freni - Le statistiche dell'Istat dicono che negli ultimi 10 anni il costo del sistema previdenziale è salito di oltre 50 miliardi. E pare che la corsa sia inarrestabile. L'ultima stima del Def del Governo, pubblicato in primavera prima che le condizioni macro-economiche peggiorassero ulteriormente vedono la spesa per pensioni salire di oltre 6 miliardi all'anno da qui al 2018 con un tasso di incremento medio del 2,5% l'anno. Ben più della crescita attesa del Pil del Paese che è tuttora negativa. Ecco perché il monito dell'istituzione guidata da Christina Lagarde non è poi così campato per aria. Hai voglia a  tagliare auto blu, spese della politica e dei ministeri, ma se non si tocca quel Moloch sempre più invasivo della spesa per le pensioni nessuna manovra di spending review può avere effetti concreti e duraturi nel tempo.



30 miliardi in più di costo nel 2018 - Se da qui al 2018 le pensioni costeranno altri 30 miliardi in più, ogni taglio su altri settori verrà vanificato. Ovvio che alla base del costante incremento della spesa pensionistica ci sono nodi strutturali: dall'aumento del numero di pensionati e pre-pensionati, alla riduzione della forza lavoro e quindi dei contribuiti figli della lunga crisi italiana. Ma a far gonfiare quella montagna di miliardi di prestazioni ci sono gli effetti nefasti delle baby-pensioni, delle anzianità, delle pensioni pubbliche,  mediamente più ricche del 40% rispetto alle pensioni dei dipendenti privati.



I danni del retributivo - Senza contare la  coda lunga (che continua a manifestare i suoi effetti collaterali) del sistema retributivo, quello che  calcola l'assegno previdenziale sugli anni più vantaggiosi della carriera. Così facendo si scopre che molte vecchie pensioni stanno incassando nel tempo più prestazioni rispetto ai contributi versati. Ecco perchè più di un osservatore aveva avanzato la proposta di un contributo da restituire allo Stato da applicare alle pensioni in essere che incassano più di quanto versato. Uno studio di Stefano Patriarca, dell'ufficio studi dell'Inps, aveva dimostrato che una manovra di questo tipo avrebbe consentito risparmi nell'ordine di circa 4 miliardi l'anno. Non se ne è fatto niente. Così come anche la proposta del commissario per la spending review, Carlo Cottarelli, di un intervento di prelievo sulle pensioni di anzianità è rimasta finora lettera morta. Toccare le pensioni (quelle vecchie) è un tabù per la politica. Si perderebbero troppi consensi.



Inps sempre più in rosso - La stanza di compensazione dello squilibrio tra entrate e uscite previdenziali sono inevitabilmente i conti dell'Inps. L'Inps ha cumulato negli ultimi anni oltre 20 miliardi di perdite. E come stima il Civ, il Comitato di indirizzo e vigilanza dell'ente pubblico, si rischia di vedere altre perdite anche quest'anno e nel 2015. A questo punto ci si chiede che fine faranno i pagamenti delle pensioni? Domanda legittima, che impone qualche risposta. Le pensioni non sono a rischio per il semplice fatto che le perdite di bilancio e i buchi provocati dal divario sempre più aperto tra i contributi versati (le entrate) e le prestazioni erogate (le uscite) verranno coperte dall'aumento dei trasferimenti da parte dello Stato. L'Inps, per capirci, non può fallire. E lo sbilancio nei suoi conti verrà pagato dalla fiscalità generale, cioè dai contribuenti italiani. In realtà è già accaduto. Nel 2013 infatti i trasferimenti dello Stato all'Inps hanno toccato i 112,5 miliardi. Sette miliardi secchi in più (+6,6%) rispetto ai 105,6 miliardi che è costata la bolletta pubblica per coprire lo squilibrio tra entrate contributive e prestazioni erogate dall'ente pensionistico italiano. Un'escalation inarrestabile, da tempo.



Dallo Stato Pantalone sempre più soldi - Basti pensare che nel 2008, prima della "Grande crisi", erano sufficienti 73 miliardi di trasferimenti dal bilancio dello Stato per coprire i disavanzi. Negli ultimi 5 anni, dal 2008 al 2013, l'esborso è aumentato di ben 39 miliardi cioè il 53% in più. Un aumento monstre, pari all'8% cumulato annuo. E questo in tempi di inflazione ai minimi storici e di profonda flessione del Pil. Il dramma è che, secondo le stime del ministero dell'Economia (Mef), la spesa non conoscerà soste. La nota tecnica del Mef prevede una mole di trasferimenti pubblici (dallo Stato) alla previdenza che non smetterà di salire. Per il 2014 le stime parlano di 119 miliardi che saliranno a 122 miliardi a fine 2016. Rallenta il passo di marcia, rispetto agli ultimi 5 anni, ma non c'è capitolo di spesa pubblica che aumenti a questi ritmi.



Il divario fra contributi e prestazioni - Il tema di fondo è che non si attenua il forte disavanzo tra le entrate (cioè i contributi versati da imprese e lavoratori) e le uscite per pensioni e assistenza dalle casse dell'Inps, ora che ha incorporato anche l'Inpdap (il dissestato ente dei dipendenti pubblici). E dato che le pensioni vanno pagate e che l'Inps non può fallire, il buco tra entrate e uscite lo deve sanare per forza lo Stato. Basti pensare che nel 2012 le entrate da contributi si sono fermate a 208 miliardi, mentre le uscite per le prestazioni sono state di 295 miliardi. Ecco qui il profondo divario che non consente oggi al sistema della previdenza di autofinanziarsi. Certo, gran parte di questo buco deriva dall'assistenza. Sono le pensioni sociali, le indennità varie, le reversibilità ai superstiti. Ma anche le invalidità civili, che da sole costano allo Stato oltre 17 miliardi. Tutte prestazioni che non hanno alle spalle contribuzioni versate e quindi del tutto a carico del bilancio pubblico. L'assistenza costa da sola 72 miliardi. Ma la verità è che anche le gestioni previdenziali soffrono disavanzi strutturali.



L'Inps e la voragine dei dipendenti pubblici - L'ex Inpdap da sola perde ogni anno, da tempi lontani, quasi 9 miliardi. È lo sbilancio tra contributi, erosi oggi dal blocco del turn over, e pensioni che tendono a salire. Rispetto alle pensioni dei lavoratori privati, poi, la media dei trattamenti pubblici è più alta di un 40%. Ovvio che in queste condizioni lo squilibrio si aggraverà. L'ex Inpdap non è un caso isolato. Quasi tutte le gestioni previdenziali sono infatti in pesante squilibrio sull'autofinanziamento. I contributi versati non bastano a fronteggiare le spese (crescenti) per le pensioni. Sono gli effetti che dureranno a lungo, non solo della crisi, ma anche dell'onerosissimo sistema di calcolo retributivo. Che avvantaggia chi è andato in pensione negli anni scorsi e che incassa prestazioni previdenziali ben più alte rispetto ai contributi versati durante la vita lavorativa. L'Inpdap, l'ex gestione dei dipendenti pubblici, da sola porta nel 2013 nei conti dell'Inps una perdita per 8,85 miliardi e un deficit patrimoniale monstre di 26 miliardi. L'ex Inpdap è solo la punta dell'iceberg.



Gestioni in perdita, tutte tranne i parasubordinati - Tutte le gestioni previdenziali sono in profondo rosso da tempo, con l'unica esclusione dei parasubordinati. Partite Iva, professionisti e co.co.co versano solo contributi senza uscite previdenziali. L'utile di 8,5 miliardi della gestione dei giovani viene del tutto eroso dal profondo rosso delle altre gestioni.Gli agricoltori vantano, per così dire, una perdita per 5,4 miliardi; gli artigiani per 5,9 miliardi; i dirigenti d'azienda (ex Inpdai) sono in rosso per 3,8 miliardi. Così come in perdita cronica per più di un miliardo ciascuno sono il fondo trasporti e il fondo telefonici, mentre il fondo elettrici chiuderà il 2013 con perdite per 1,9 miliardi. Il dato drammatico è che le perdite non sono episodiche. Il trend negativo è in atto da anni. Pesa la crisi che erode i contributi, ma pesa soprattutto nello sbilancio entrate/uscite l'aumento costante delle nuove pensioni e il calcolo retributivo che tiene alta la forbice, e lo farà ancora per anni, tra contributi effettivamente versati e pensioni pari al 70-80% degli ultimi stipendi. Per gli effetti calmieranti della riforma Fornero c'è da aspettare ancora molto tempo. A cominciare dal 2030, quando andranno in pensione i primi lavoratori "gestiti" per intero dalla riforma.



Pagano i giovani - E alla fine tocca a due soggetti coprire i disavanzi. Lo Stato che dovrà aumentare ogni anno di circa 10 miliardi i suoi trasferimenti e i giovani delle gestioni parasubordinate. Loro stanno solo versando senza o con poche uscite previdenziali e la loro gestione è in attivo per oltre 8 miliardi. È quell'attivo che copre i deficit delle altre gestioni. Il problema riguarda il futuro. Se oggi i giovani pagano per gli anziani che succederà agli ex giovani quando toccherà a loro andare in pensione? Lo faranno con il sistema contributivo che vedrà pensioni, nella migliore delle ipotesi, che varranno il 40-50% delle ultime retribuzioni. Sono loro che stanno finanziando oggi il sistema e che riceveranno in cambio pensioni modeste. L'Italia delle pensioni non è davvero un Paese per giovani.



Testo in



http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-09-21/il-monito-fmi-e-insostenibile-peso-pensioni-170145.shtml?uuid=ABCWGrvB



http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-09-21/il-monito-fmi-e-insostenibile-peso-pensioni-170145.shtml?uuid=ABCWGrvB&p=2



http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-09-21/il-monito-fmi-e-insostenibile-peso-pensioni-170145.shtml?uuid=ABCWGrvB&p=3



 






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