Per il giudice unico contabile di Genova Pietro Maltese il congelamento con effetti permanenti dei trattamenti pensionistici 2012 e 2013 superiori a poco più di 1.400 euro lordi al mese, cioé a 3 volte il trattamento minimo INPS, violerebbe i principi di uguaglianza, di proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione anche differita, nonché della garanzia previdenziale, della capacità contributiva e del concorso di tutti i cittadini alle spese pubbliche. E' questa la quarta decisione sulla delicata questione che interessa centinaia di migliaia di pensionati, giunta all'Alta Corte dopo quelle del tribunale del lavoro di Palermo e le 2 ordinanze della Corte dei Conti dell'Emilia nelle quali si ravvisa anche un possibile contrasto con la Convenzione Europea sui Diritti dell'Uomo. La sentenza dei giudici di palazzo della Consulta é attesa per la primavera prossima.
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N. 192 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 luglio 2014
Ordinanza del 25 luglio 2014 emessa dalla Corte dei conti - Sez. giurisdizionale per la Regione Liguria sul ricorso proposto da Bruno Anna Maria contro l'Inps. Previdenza - Pensioni - Perequazione automatica delle pensioni - Previsione, in considerazione della contingente situazione finanziaria, che la rivalutazione automatica delle pensioni, secondo il meccanismo stabilito dall'art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e' riconosciuta, per gli anni 2012-2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento e che per le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS ed inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante, l'aumento e' comunque attribuito fino alla concorrenza del predetto limite maggiorato - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione dei principi di proporzionalita' ed adeguatezza della retribuzione anche differita - Violazione della garanzia previdenziale - Lesione del principio della capacita' contributiva e del concorso di tutti i cittadini alle spese pubbliche. - Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 24, comma 25. - Costituzione, artt. 3, 23, 36, primo comma, 38, comma secondo, e 53. (in Gazzetta Ufficiale 1a Serie Speciale - Corte Costituzionale n. 46 del 5-11-2014).
LA CORTE DEI CONTI - SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LIGURIA - Ordinanza 57/2014
Il giudice unico delle pensioni Cons. Pietro Maltese, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 16 giugno 2014, ha pronunziato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n. 19515 del registro di Segreteria, proposto in data 6 febbraio 2014 da BRUNO Anna Maria, nata a Genova il 26 luglio 1948 ed ivi residente, rappresenta e difesa per mandato in calce al ricorso introduttivo del giudizio dall'avv. Alessandro Marino ed elettivamente domiciliata in Genova, Piazza della Vittoria n. 12/17, presso lo studio dell'avv. Alessandra Manno;
contro I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale - in persona del legale rappresentante pro tempore;
per la declaratoria del diritto alla perequazione del trattamento di quiescenza per gli anni 2012 e 2013;
Visto il ricorso e tutti i documenti di causa;
Uditi nella pubblica udienza del 16 giugno 2014 l'avv. Lucia Cristello per delega dell'avv. Alessandro Manno e l'avv. Patrizia Sanguineti per delega dell'avv. Pietro Capurso per l'I.N.P.S.;
Premesso in fatto
La ricorrente signora Bruno Anna Maria e' titolare di pensione diretta del Fondo F.S. n. 170457 con decorrenza dicembre 1989 e di pensione indiretta del Fondo dipendenti. INPS (PI) n. 331311 con decorrenza ottobre 1986. L'importo lordo mensile complessivo delle due pensioni che era nel 2011 pari ad € 1.743,50 e' stato mantenuto fermo anche negli anni 2012 e 2013, in applicazione dell'art. 24, comma 25, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni nella legge 22 dicembre 2011 n. 214, recante disposizioni in materia di trattamenti pensionistici, secondo cui "In considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'art. 34, comma 1,della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e' riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento. Per le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS e inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante ai sensi del presente comma, l'aumento di rivalutazione e' comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato.".
Con il ricorso in epigrafe la ricorrente, evidenziando i diversi profili di contrasto tra il predetto art. 24, comma 25, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 ed i parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, ha chiesto, previo promovimento della questione di legittimita' costituzionale della norma censurata, nella parte in cui per gli anni 2012 e 2013 esclude la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS, la declaratoria del diritto ad ottenere la detta perequazione, secondo il meccanismo stabilito dall'art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e, per l'effetto, la condanna dell'I.N.P.S. alla corresponsione delle relative quote di trattamento non corrisposte.
L'I.N.P.S. Sede di Genova ha trasmesso la documentazione relativa alle due pensioni in godimento alla ricorrente e si e' costituito in giudizio con memoria del 7 maggio 2014, chiedendo il rigetto del ricorso, deducendo che secondo la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 316 del 2010) dal principio enunciato dall'art. 38 Cost. non puo' farsi discendere, come conseguenza costituzionalmente necessitata, quella dell'adeguamento con cadenza annuale di tutti i trattamenti pensionistici, appartenendo alla discrezionalita' del legislatore, con il solo limite della palese irrazionalita', stabilire la misura dei trattamenti di quiescenza e le variazioni dell'ammontare delle prestazioni, attraverso un bilanciamento dei valori contrapposti che tenga conto, accanto elle esigenze di vita dei beneficiari, anche delle concrete disponibilita' finanziarie e delle esigenze del bilancio pubblico.
All'odierna udienza, dopo la discussione, le parti hanno insistito per l'accoglimento delle rispettive conclusioni e la difesa della ricorrente ha depositato copia dell'ordinanza del Tribunale di Palermo, sezione lavoro, del 6 novembre 2013, con la quale e' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale del citato art. 24 comma 25 del D.L. n. 201/2011, per contrasto con gli artt. 3, 36 comma 1, 38 comma 2 e 53 della Cost.
Considerato
- che il G.U. ritiene, anzitutto, sussistente la rilevanza della questione di costituzionalita' sollevata dalla ricorrente nel presente giudizio, stante il petitum concernente il riconoscimento del diritto della stessa a percepire sul proprio trattamento pensionistico gli aumenti perequativi automatici per gli anni 2012 e 2013, riconoscimento che non puo' essere dichiarato se non attraverso la rimozione, a seguito di declaratoria di illegittimita' costituzionale, del censurato art. 24, comma 25, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni nella legge 22 dicembre 2011 n. 214;
- che nel merito, la questione di legittimita' costituzionale della disposizione censurata deve ritenersi non manifestamente infondata, sotto molteplici e concorrenti profili, anche ulteriori rispetto a quelli prospettati dalla parte ricorrente;
- che in particolare sussistono, ad avviso del giudicante, i presupposti per sollevare la questione di legittimita' costituzionale della disposizione di cui all'art. 24, comma 25, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, per contrasto con gli artt. 3, 36, comma 1, 38, comma 2, 23, 53, Cost.,con riguardo ai profili di seguito illustrati:
1. Essendo il trattamento pensionistico considerato quale retribuzione differita, devono ritenersi allo stesso applicabili i principi sanciti dall'art. 38, 2° comma, della Cost. che impone di assicurare ai lavoratori mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di vecchiaia e dall'art. 36, 1° comma, che tutela il diritto del lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a se' ed alla famiglia una esistenza libera e dignitosa.
1.1 Secondo la giurisprudenza costituzionale "la protezione così garantita ai lavoratori postula requisiti di effettivita', tanto piu' che essa si collega alla tutela dei diritti fondamentali della persona sancita dall'art. 2 Cost." (sentenza n. 497 del 27 aprile 1988) e "il perdurante necessario rispetto dei principi di sufficienza e di adeguatezza delle pensioni impone al legislatore, pur nell'esercizio del suo potere discrezionale di bilanciamento tra le varie esigenze di politica economica e le disponibilita' finanziarie, di individuare un meccanismo in grado di assicurare un reale ed effettivo adeguamento dei trattamenti di quiescenza alle variazioni del costo della vita" (sent. n. 30 del 23 gennaio 2004).
1.2 Il sistema della perequazione automatica delle pensioni, previsto per dare attuazione al principio costituzionale di sufficienza e adeguatezza delle pensioni, e' stato piu' volte oggetto di intervento del legislatore che ha sospeso temporaneamente l'operativita' del meccanismo di adeguamento per i titolari di trattamenti pensionistici superiori a un determinato ammontare, di volta in volta determinato (art. 16 della legge n. 843 del 1978 per l'anno 1979; art. 2 del d.l. n. 384 del 1992 conv. in legge n. 438/1992 per l'anno 1993; art. 59 comma 13 della legge n. 449 del 1997 per l'anno 1998; legge 24 dicembre 2007 n. 247 per l'anno 2008 e da ultimo con la censurata disposizione di cui all'art. 24, comma 25, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201) indebolendo in misura significativa la difesa del potere di acquisto delle pensioni.
1.3 La Corte costituzionale ha escluso la fondatezza delle censure di incostituzionalita' delle temporanee sospensioni della perequazione (ordinanza n. 256 del 2001, con riferimento all'art. 59, comma 13, della legge n. 449 del 1997 e sentenza n. 316 del 2010 sul blocco della rivalutazione dei trattamenti superiori a 8 volte il minimo INPS operato dalla legge n. 247 del 2007 per il 2008), ritenendo che "dal principio enunciato nell'art. 38 Cost. non puo' farsi discendere, come conseguenza costituzionalmente necessitata, quella dell'adeguamento con cadenza annuale di tutti i trattamenti pensionistici" (sent. n. 310 del 2010), appartenendo "alla discrezionalita' del legislatore, col solo limite della palese irrazionalita', stabilire la misura dei trattamenti di quiescenza e le variazioni dell'ammontare delle prestazioni, attraverso un bilanciamento dei valori contrapposti che tenga conto, accanto alle esigenze di vita dei beneficiari, anche delle concrete disponibilita' finanziarie e delle esigenze di bilancio» (ordinanza n. 256 del 2001; nello stesso senso, sentenza n. 372 del 1998)".
1.4 La Corte, pero', pur non negando in via di principio la compatibilita' costituzionale di disposizioni legislative che incidono, in senso peggiorativo, su situazioni soggettive attinenti a rapporti di durata, facendosi, ovviamente, carico delle esigenze di contenimento della spesa pubblica e delle connesse necessita' di bilancio, ha nel contempo salvaguardato l'esigenza di garantire il legittimo affidamento dei cittadini sulla certezza dei rapporti giuridici e sulla stabilita' delle situazioni soggettive, individuando alcuni valori costituzionali che fungono da argini all'approvazione di disposizioni legislative modificative in peius di diritti soggettivi perfetti relativi ai predetti rapporti.
1.5 In tale prospettiva, la Corte ha, in sintesi, affermato che non puo' ritenersi interdetto al legislatore di emanare disposizioni modificative in senso sfavorevole, anche se l'oggetto dei rapporti di durata sia costituito da diritti soggettivi "perfetti", alla condizione che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irragionevole, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate su disposizioni di leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto (ex multis sentenze n. 166 del 2012 e n. 390 del 1995).
La Corte ha anche precisato che la "ragionevolezza "complessiva" dovra', a sua volta, essere apprezzata nel quadro di un altrettanto ragionevole contemperamento degli interessi - tutti di rango costituzionale, comunque ancorabili al parametro di cui all'art. 3 Cost. - che risultano nella specie coinvolti: ad evitare che una generalizzata esigenza di contenimento della finanza pubblica possa risultare, sempre e comunque, e quasi pregiudizialmente, legittimata a determinare la compromissione di diritti maturati o la lesione di consolidate sfere di interessi, sia individuali, sia anche collettivi" (sentenza n. 92 del 2013).
1.6 E' stato, inoltre, ulteriormente evidenziato che la modifica in senso sfavorevole della disciplina dei rapporti non puo' essere arbitraria o irrazionale (Corte Cost., nn. 179/1996 e 330/1999) ma deve essere giustificata da esigenze eccezionali ed idonee, come tali, ad imporre sacrifici "eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefissato" (Corte Cost. n. 299/1999).
La delibazione di conformita' alla Costituzione del tipo di disposizioni in esame si fonda, quindi, su un giudizio complessivo di ragionevolezza e di proporzionalita' delle stesse che, a sua volta, postula, l'apprezzamento del bilanciamento degli effetti pregiudizievoli prodotti con i corrispondenti e speculari vantaggi di cui vengono a beneficiare altri valori di analogo rilievo costituzionale.
2. Alla luce delle ricordate pronunce della Corte costituzionale, illustrative del quadro dei principi costituzionali di ragionevolezza, di uguaglianza, di tutela dei diritti acquisiti, di sufficienza ed adeguatezza delle retribuzioni derivanti da rapporti di lavoro e dei connessi trattamenti pensionistici, cui devono attenersi gli interventi del legislatore modificativi di rapporti di durata, il rimettente dubita della legittimita' costituzionale dell'intervento legislativo di blocco degli adeguamenti automatici dei trattamenti pensionistici di cui alla norma censurata, per contrasto della stessa con i suddetti principi e segnatamente con i principi di ragionevolezza e proporzionalita' nonche' con i principi di sufficienza ed adeguatezza dei trattamenti spettanti ai lavoratori ed ai pensionati sanciti dagli artt. 36 e 38 della Cost.
2.1 La irragionevolezza delle misure destinate a produrre effetti pregiudizievoli su diritti soggettivi perfetti attinenti a rapporti di durata puo' essere, infatti, esclusa solo se le decurtazioni previste sono imposte da esigenze straordinarie di contenimento della spesa pubblica e presentano un'efficacia temporale limitata e circoscritta che non modifichi a regime i diritti incisi (Corte Cost., n. 310/2013).
2.2 Detti interventi possono, inoltre, ritenersi conformi ai principi sopra ricordati solo se la reformatio in peius risulta compensata da comparabili benefici per il sistema di riferimento o, comunque, riequilibrata da vantaggi interni al comparto inciso dalle stesse (Corte Cost, n. 92/2013). E' necessario, in altri termini, che il sacrificio imposto ai destinatari della stessa venga bilanciato da utilita' che appaiono idonee a giustificare la misura sfavorevole e che, al contrario, quest'ultima non si riveli esclusivamente sorretta da esigenze di riduzione della spesa che, diversamente opinando, risulterebbero, di per se', capaci di legittimare qualsiasi norma ablativa di diritti soggettivi perfetti.
3. In particolare, con specifico riferimento alle disposizioni con le quali e' stato imposto il blocco della rivalutazione automatica delle pensioni, la sentenza n. 316 del 2010, ha dichiarato la legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 19, della legge n. 247 del 2007 - che aveva disposto il blocco per il solo anno 2008 e limitatamente alle pensioni con importo superiore a otto volte il trattamento minimo INPS - in considerazione dello scopo dichiarato della norma di contribuire al finanziamento solidale degli interventi sulle pensioni di anzianita', contestualmente adottati con l'art. 1, commi 1 e 2, della medesima legge, della limitazione temporale dell'intervento e del fatto che la stessa colpiva pensioni di importo piuttosto elevato che presentando margini di resistenza all'erosione determinata dal fenomeno inflattivo avevano una esigenza di rivalutazione sistematica del correlativo valore monetario meno pressante rispetto a quelle di piu' basso importo.
3.1 Nonostante la dichiarata conformita' alla costituzione dell'intervento de quo, la Corte, con la medesima decisione, ha pero' avvertito il legislatore che "la frequente reiterazione di misure intese a penalizzare il meccanismo perequativo esporrebbe il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalita', perche' le pensioni, sia pure di maggiore consistenza potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere di acquisto della moneta".
4. Il remittente dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 25, del piu' volte citato d.l. n. 201 del 2011, per contrasto della stessa con gli artt. 3, 36 e 38 della Cost. e con i canoni fissati dalla Corte per la legittimita' costituzionale degli interventi sui rapporti di durata.
4.1 Nessuno dei presupposti presenti nell'intervento legislativo oggetto della sentenza n. 316 del 2010 e' dato, infatti, ravvisare nella disposizione censurata. Trattasi, intanto, di intervento reiterato, nonostante il contrario invito del Giudice costituzionale, che si estende per un arco temporale maggiore (due anni) e che colpisce non solo le pensioni "di importo piuttosto elevato che presentando margini di resistenza all'erosione determinata dal fenomeno inflattivo" ma anche le pensioni di importo mensile appena superiore a 1.405,05 euro lordi per il 2012 ed a 1.441,56 euro lordi per il 2013, come quella percepita dalla ricorrente (di € 1.743,50 lordi), per le quali l'esigenza di rivalutazione sistematica del correlativo valore monetario diviene pressante per garantire il soddisfacimento degli stessi bisogni elementari.
4.2. Sganciando dai meccanismi di adeguamento automatico, per un tempo considerevole, i trattamenti pensionistici superiori a tre volte il minimo INPS, la disposizione mina il sistema di adeguamento dei trattamenti stessi alle variazioni derivanti dal costo della vita, predisposto dallo stesso legislatore, in attuazione degli artt. 36 e 38 della Costituzione, con violazione dei principi di sufficienza ed adeguatezza cui devono essere informati i trattamenti pensionistici secondo il dettato dei citati articoli, e frustrando irragionevolmente, con riguardo a situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti, anche l'affidamento nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto che trova copertura costituzionale nell'art. 3 (sentenze n. 166 del 2012, n. 302 del 2010, n. 236 e n. 206 del 2009).
4.3 Ma vi e' di piu'. La modifica in senso sfavorevole della disciplina dei rapporti di durata per essere conforme al dettato costituzionale deve rispettare il canone della ragionevolezza delle misure adottate dal legislatore, la quale puo' ritenersi sussistente solo se le decurtazioni previste siano imposte da esigenze straordinarie di contenimento della spesa e presentino un'efficacia temporale limitata, strettamente preordinata a coprire un arco temporale pari a quello al quale sono riferite le esigenze di bilancio che hanno determinato (e giustificato) l'intervento, senza modificare a regime i diritti incisi. Nel caso di specie, il rimettente dubita che la norma censurata rispetti i suddetti limiti, non solo perche' il blocco del meccanismo perequativo si estende per un lungo arco temporale, ma anche perche' gli effetti sul patrimonio dei destinatari delle mancate rivalutazioni per gli anni 2012 e 2013 non rimangono circoscritti ai due anni in questione, ma hanno durata pari a quella del trattamento stesso, cumulandosi con le analoghe riduzioni imposte per gli anni precedenti e intaccando in modo definitivo l'ammontare della pensione. I mancati aumenti non sono, infatti, recuperabili in un momento successivo e sono, quindi, perduti per sempre, anche ai fini dell'incremento della base su cui calcolare i futuri adeguamenti, con effetti sostanziali parificabili a quelli di una imposta annuale di importo uguale all'ammontare degli aumenti non corrisposti. La disposizione censurata modifica, pertanto, in peius e a regime - e non con efficacia temporanea e strumentale al soddisfacimento delle straordinarie esigenze finanziarie addotte quale causa giustificatrice dell'intervento - diritti patrimoniali attinenti a rapporti di durata. In quanto tale si appalesa disciplina irrazionale, sproporzionata e non consentanea rispetto allo scopo prefisso individuato nella norma stessa (far fronte alla "contingente" situazione finanziaria), facendo dubitare, anche per detti motivi, della conformita' della stessa ai richiamati principi costituzionali.
5. Il rimettente dubita, inoltre, anche della legittimita' costituzionale dell'impugnata norma per contrasto della stessa con gli artt. 3, 23 e 53 della Costituzione, sollevando d'ufficio la relativa questione.
5.1 I sacrifici non possono, infatti, essere irragionevolmente imposti ad una sola categoria di cittadini (Corte Cost., n. 116/2013, 223/2012), senza incorrere nella violazione del principio di eguaglianza a causa della disparita' di trattamento che puo' essere ravvisata nella differente previsione di prestazioni patrimoniali a carico di soggetti titolari di redditi analoghi.
5.2 Il rispetto sostanziale del principio di uguaglianza dei cittadini dinanzi a prelievi coattivi di ricchezza (art. 3 e 23 Cost.) e del concorso di ciascuno alle spese pubbliche secondo la propria capacita' contributiva (art. 53 Cost.) impone un rigoroso controllo sulle modalita' utilizzate dal legislatore per il reperimento delle risorse da destinare ai bisogni collettivi, al fine di scongiurare forme di "elusione" dei principi costituzionali e di "tassazione occulta".
5.3 La Corte ha gia' riconosciuto il vizio di disparita' di trattamento con riferimento a disposizioni che, prevedendo un contributo a carico di dipendenti pubblici che superano una certa soglia di reddito, devono essere qualificate come norme dispositive di una prestazione patrimoniale imposta e, quindi, di un prelievo fiscale, incostituzionalmente applicato ad una sola categoria di contribuenti, in violazione degli artt. 3 e 53 Cost. (Corte Cost. nn. 223/2012, 116/2013).
5.4 Nel caso di specie, il blocco della rivalutazione automatica delle pensioni che superano di tre volte il minimo INPS disposto dalla censurata norma, si risolve in una disposizione sostanzialmente impositiva di un "contributo" (id est prelievo fiscale) a carico solo dei titolari delle stesse, in violazione del principio di eguaglianza, che esige il pari trattamento, a parita' di reddito, tra le diverse categorie di contribuenti.
5.5 A tal proposito la Corte costituzionale (sentenza n. 116 del 2013) ha gia' "precisato che i redditi derivanti dai trattamenti pensionistici non hanno, per questa loro origine, una natura diversa e minoris generis rispetto agli altri redditi presi a riferimento, ai fini dell'osservanza dell'art. 53 Cost., il quale non consente trattamenti in pejus di determinate categorie di redditi da lavoro.
Questa Corte ha, anzi, sottolineato (sentenze n. 30 del 2004, n. 409 del 1995, n. 96 del 1991) la particolare tutela che il nostro ordinamento riconosce ai trattamenti pensionistici, che costituiscono, nei diversi sistemi che la legislazione contempla, il perfezionamento della fattispecie previdenziale conseguente ai requisiti anagrafici e contributivi richiesti. Nel caso di specie,peraltro, il giudizio di irragionevolezza dell'intervento settoriale appare ancor piu' palese, laddove si consideri che la giurisprudenza della Corte ha ritenuto che il trattamento pensionistico ordinario ha natura di retribuzione differita (fra le altre sentenza n. 30 del 2004, ordinanza n. 166 del 2006); sicche' il maggior prelievo tributario rispetto ad altre categorie risulta con piu' evidenza discriminatorio, venendo esso a gravare su redditi ormai consolidati nel loro ammontare, collegati a prestazioni lavorative gia' rese da cittadini che hanno esaurito la loro vita lavorativa, rispetto ai quali non risulta piu' possibile neppure ridisegnare sul piano sinallagmatico il rapporto di lavoro."
5.6 Ora, nessun dubbio puo' sussistere sul fatto che il blocco biennale della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici di ammontare superiore a tre volte il minimo INPS di cui all'art. 24, comma 25, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, imposto dal legislatore, "in considerazione della contingente situazione finanziaria", come espressamente prevede il tenore letterale della stessa norma, (o "a titolo di concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica", come piu' chiaramente si esprimeva l'art. 18, comma 3, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, abrogato e sostituito dal predetto art. 24, comma 25), rappresenti un sacrificio, in termini economici, chiesto ai pensionati, costretti a rinunciare per un biennio, ai fini dell'interesse generale del riequilibrio dei conti pubblici, ad una quota del loro reddito, cui avrebbero avuto automaticamente diritto secondo il meccanismo previsto dall'art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
5.7 La natura sostanzialmente fiscale del prelievo, indipendentemente dal nomen iuris e dalle forme con cui detto prelievo si realizza, e' resa palese dalla considerazione che lo stesso risultato, in termini finanziari, il legislatore avrebbe potuto teoricamente conseguirlo consentendo l'erogazione dell'ammontare corrispondente alla rivalutazione automatica e intervenendo sullo stesso con un prelievo fiscale pari al 100%. Una tale soluzione, imposta solamente ai percettori di redditi da pensione sarebbe stata sicuramente non conforme al dettato costituzionale, per violazione dei principi di uguaglianza e di capacita' contributiva di cui agli artt. 3 e 53 della Costituzione. Non pare al remittente che un risultato identico nella sostanza, ottenuto in maniera formalmente diversa (attraverso il blocco dell'erogazione degli importi della rivalutazione dovuti che evita il successivo prelievo nella misura integrale), resa possibile solo dalla circostanza che il soggetto impositore, coincidendo con il soggetto che puo' incidere sull'erogazione, puo' fare a meno di
utilizzare lo strumento fiscale e "catturare alla fonte" l'importo di cui necessita, possa rimanere indenne da identiche censure.
6. Per le ragioni che precedono, in applicazione dell'art. 23 della legge costituzionale n. 87/1953, riservata ogni altra decisione all'esito del giudizio innanzi alla Corte costituzionale, il G.U. solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 25, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni nella legge 22 dicembre 2011 n. 214, con riferimento agli artt. 3, 36,comma 1, 38, comma 2, 23, 53, Cost., con rimessione degli atti alla Corte costituzionale.
P.Q.M.
Visti gli artt. 134 e segg. della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, solleva in quanto rilevante per la decisione del ricorso e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 25, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni nella legge 22 dicembre 2011 n. 214, nella parte in cui limita la rivalutazione automatica secondo il meccanismo stabilito dall'art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, per contrasto con gli artt. 3, 36,comma 1, 38, comma 2, 23, 53 Cost., conseguentemente disponendo la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Ordina che la presente ordinanza di rimessione sia notificata, a cura della Segreteria della Sezione, a tutte le parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei Deputati.
Cosi' provveduto in Genova nella camera di consiglio del 16 giugno 2014.
Il giudice unico: Pietro Maltese
Depositata in segreteria 25 luglio 2014
Il direttore della segreteria: Carla Salamone