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Sono quattro le sentenze che sollevano la questione di fronte alla Consulta. IL BLOCCO DELLA PEREQUAZIONE DELLE PENSIONI per gli anni 2012 e 2013 INCOSTITUZIONALE anche per la Corte dei Conti della Liguria: violerebbe i principi di uguaglianza, di proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione anche differita, nonché della garanzia previdenziale, della capacità contributiva e del concorso di tutti i cittadini alle spese pubbliche. La sentenza dei giudici delle leggi é attesa per la primavera prossima. Pubblichiamo il testo.

di Pierluigi Franz


Per il giudice unico contabile di Genova Pietro Maltese il congelamento con effetti permanenti dei trattamenti pensionistici 2012 e 2013 superiori a poco più di 1.400 euro lordi al mese, cioé a 3 volte il trattamento minimo INPS, violerebbe i principi di uguaglianza, di proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione anche differita, nonché della garanzia previdenziale, della capacità contributiva e del concorso di tutti i cittadini alle spese pubbliche. E' questa la quarta decisione sulla delicata questione che interessa centinaia di migliaia di pensionati, giunta all'Alta Corte dopo quelle del tribunale del lavoro di Palermo e le 2 ordinanze della Corte dei Conti dell'Emilia nelle quali si ravvisa anche un possibile contrasto con la Convenzione Europea sui Diritti dell'Uomo. La sentenza dei giudici di palazzo della Consulta é attesa per la primavera prossima. 



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N. 192 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 luglio 2014



Ordinanza del 25 luglio 2014 emessa dalla Corte dei conti - Sez. giurisdizionale per la Regione Liguria sul ricorso proposto da Bruno Anna Maria contro l'Inps. Previdenza - Pensioni - Perequazione automatica delle pensioni - Previsione, in considerazione della contingente situazione finanziaria, che la rivalutazione automatica delle pensioni, secondo il meccanismo stabilito dall'art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e' riconosciuta, per gli anni 2012-2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento e che per le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS ed inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante, l'aumento e' comunque attribuito fino alla concorrenza del predetto limite maggiorato - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione dei principi di proporzionalita' ed adeguatezza della retribuzione anche differita - Violazione della garanzia previdenziale - Lesione del principio della capacita' contributiva e del concorso di tutti i cittadini alle spese pubbliche. - Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 24, comma 25. - Costituzione, artt. 3, 23, 36, primo comma, 38, comma secondo, e 53.  (in Gazzetta Ufficiale 1a Serie Speciale - Corte Costituzionale n. 46 del 5-11-2014).  


 LA CORTE DEI CONTI - SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LIGURIA - Ordinanza 57/2014



     Il  giudice  unico  delle  pensioni  Cons.  Pietro  Maltese,  a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 16 giugno 2014, ha pronunziato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto  al  n.  19515 del registro di Segreteria, proposto in data 6 febbraio 2014 da BRUNO Anna Maria, nata a  Genova  il  26  luglio  1948  ed  ivi  residente, rappresenta e difesa per mandato in calce al ricorso introduttivo del giudizio dall'avv. Alessandro Marino ed elettivamente domiciliata  in Genova, Piazza della Vittoria n. 12/17, presso  lo  studio  dell'avv. Alessandra Manno;



contro I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza  Sociale  - in persona del legale rappresentante pro tempore;



per la declaratoria del diritto alla perequazione del trattamento di quiescenza per gli anni 2012 e 2013;



Visto il ricorso e tutti i documenti di causa;



Uditi nella pubblica udienza del  16  giugno  2014  l'avv.  Lucia Cristello per delega dell'avv. Alessandro  Manno  e  l'avv.  Patrizia Sanguineti per delega dell'avv. Pietro Capurso per l'I.N.P.S.;



                           Premesso in fatto



La ricorrente signora Bruno Anna Maria e'  titolare  di  pensione diretta del Fondo F.S. n. 170457 con decorrenza dicembre  1989  e  di pensione indiretta del Fondo dipendenti.  INPS  (PI)  n.  331311  con decorrenza ottobre 1986.     L'importo lordo mensile complessivo delle due  pensioni  che  era nel 2011 pari ad € 1.743,50 e' stato mantenuto fermo anche negli anni 2012 e 2013, in applicazione dell'art.  24,  comma  25,  del  D.L.  6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni  nella  legge  22 dicembre 2011 n. 214, recante disposizioni in materia di  trattamenti pensionistici,  secondo  cui  "In  considerazione  della  contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica  dei  trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'art. 34, comma 1,della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e' riconosciuta, per  gli  anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici  di  importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento. Per le pensioni di importo superiore a  tre  volte il trattamento minimo INPS e inferiore  a  tale  limite  incrementato della quota  di  rivalutazione  automatica  spettante  ai  sensi  del presente comma, l'aumento di  rivalutazione  e'  comunque  attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato.".



    Con il ricorso in epigrafe la ricorrente, evidenziando i  diversi profili di contrasto tra il predetto art. 24, comma 25,  del  D.L.  6 dicembre 2011, n. 201 ed i parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, ha chiesto, previo promovimento  della questione di legittimita' costituzionale della norma censurata, nella parte in cui per gli  anni  2012  e  2013  esclude  la  rivalutazione automatica  dei  trattamenti  pensionistici  di  importo  complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS, la declaratoria del diritto ad ottenere la  detta  perequazione,  secondo  il  meccanismo stabilito dall'art. 34, comma 1, della legge  23  dicembre  1998,  n. 448, e, per l'effetto, la  condanna dell'I.N.P.S. alla corresponsione delle relative quote di trattamento non corrisposte.



    L'I.N.P.S. Sede di Genova ha trasmesso la documentazione relativa alle due pensioni in godimento alla ricorrente e si e' costituito  in giudizio con memoria del 7 maggio  2014,  chiedendo  il  rigetto  del ricorso,  deducendo  che  secondo  la  giurisprudenza  costituzionale (sentenza n. 316 del 2010) dal principio enunciato dall'art. 38 Cost. non  puo'  farsi  discendere,  come  conseguenza   costituzionalmente necessitata, quella dell'adeguamento con cadenza annuale di  tutti  i trattamenti pensionistici,  appartenendo  alla  discrezionalita'  del legislatore,  con  il  solo  limite  della   palese   irrazionalita', stabilire la misura dei trattamenti di  quiescenza  e  le  variazioni dell'ammontare delle prestazioni,  attraverso  un  bilanciamento  dei valori contrapposti che tenga conto, accanto elle  esigenze  di  vita dei beneficiari, anche delle concrete  disponibilita'  finanziarie  e delle esigenze del bilancio pubblico.



    All'odierna  udienza,  dopo  la  discussione,  le   parti   hanno insistito per l'accoglimento delle rispettive conclusioni e la difesa della ricorrente ha depositato copia dell'ordinanza del Tribunale  di Palermo, sezione lavoro, del 6 novembre 2013, con la quale  e'  stata sollevata questione di legittimita' costituzionale del citato art. 24 comma 25 del D.L. n. 201/2011, per contrasto  con  gli  artt.  3,  36 comma 1, 38 comma 2 e 53 della Cost.



                              Considerato



- che il G.U. ritiene, anzitutto, sussistente la rilevanza  della questione  di  costituzionalita'  sollevata  dalla   ricorrente   nel presente giudizio, stante il petitum  concernente  il  riconoscimento del  diritto  della  stessa  a  percepire  sul  proprio   trattamento pensionistico gli aumenti perequativi automatici per gli anni 2012  e 2013, riconoscimento che non puo' essere dichiarato se non attraverso la  rimozione,  a   seguito   di   declaratoria   di   illegittimita' costituzionale, del censurato art. 24, comma 25, del D.L. 6  dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni nella  legge  22  dicembre 2011 n. 214;



    - che nel merito, la  questione  di  legittimita'  costituzionale della  disposizione  censurata  deve  ritenersi  non   manifestamente infondata, sotto molteplici e concorrenti  profili,  anche  ulteriori rispetto a quelli prospettati dalla parte ricorrente;



    - che in particolare sussistono,  ad  avviso  del  giudicante,  i presupposti per sollevare la questione di legittimita' costituzionale della disposizione di cui all'art. 24, comma 25, del D.L. 6  dicembre 2011, n. 201, per contrasto con gli artt. 3, 36, comma 1,  38,  comma 2, 23, 53, Cost.,con riguardo ai profili di seguito illustrati:



 1.  Essendo  il   trattamento   pensionistico   considerato quale retribuzione differita, devono ritenersi allo  stesso  applicabili  i principi sanciti dall'art. 38, 2° comma, della Cost.  che  impone  di assicurare ai lavoratori mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di vecchiaia e dall'art. 36, 1° comma, che tutela il diritto del lavoratore  ad  una  retribuzione  proporzionata  alla  quantita'   e qualita' del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad  assicurare  a se' ed alla famiglia una esistenza libera e dignitosa.



    1.1 Secondo la giurisprudenza costituzionale "la protezione così garantita ai lavoratori postula requisiti di effettivita', tanto piu' che essa si  collega  alla  tutela  dei  diritti  fondamentali  della persona sancita dall'art. 2 Cost." (sentenza n.  497  del  27  aprile 1988)  e  "il  perdurante  necessario  rispetto   dei   principi   di sufficienza e di adeguatezza delle pensioni  impone  al  legislatore, pur nell'esercizio del suo potere discrezionale di bilanciamento  tra le  varie  esigenze  di  politica  economica  e   le   disponibilita' finanziarie, di individuare un meccanismo in grado di  assicurare  un reale ed effettivo adeguamento dei  trattamenti  di  quiescenza  alle variazioni del costo della vita" (sent. n. 30 del 23 gennaio 2004).



    1.2 Il sistema  della  perequazione  automatica  delle  pensioni, previsto  per  dare  attuazione  al   principio   costituzionale   di sufficienza e adeguatezza delle pensioni, e' stato piu' volte oggetto di  intervento  del  legislatore  che  ha   sospeso   temporaneamente l'operativita' del  meccanismo  di  adeguamento  per  i  titolari  di trattamenti pensionistici superiori a un  determinato  ammontare,  di volta in volta determinato (art. 16 della legge n. 843 del  1978  per l'anno 1979; art. 2 del d.l. n.  384  del  1992  conv.  in  legge  n. 438/1992 per l'anno 1993; art. 59 comma 13 della  legge  n.  449  del 1997 per l'anno 1998; legge 24 dicembre 2007 n. 247 per l'anno 2008 e da ultimo con la censurata disposizione di cui all'art. 24, comma 25, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201) indebolendo in misura significativa la difesa del potere di acquisto delle pensioni.



  1.3 La  Corte  costituzionale  ha  escluso  la  fondatezza  delle censure di incostituzionalita'  delle  temporanee  sospensioni  della perequazione (ordinanza n. 256 del 2001, con riferimento all'art. 59, comma 13, della legge n. 449 del 1997 e sentenza n. 316 del 2010  sul blocco della rivalutazione dei trattamenti superiori  a  8  volte  il minimo INPS operato dalla  legge  n.  247  del  2007  per  il  2008), ritenendo che "dal principio enunciato nell'art. 38  Cost.  non  puo' farsi discendere, come  conseguenza  costituzionalmente  necessitata, quella dell'adeguamento con cadenza annuale di  tutti  i  trattamenti pensionistici"  (sent.  n.  310   del   2010),   appartenendo   "alla discrezionalita'  del  legislatore,  col  solo  limite  della  palese irrazionalita', stabilire la misura dei trattamenti di  quiescenza  e le  variazioni  dell'ammontare  delle  prestazioni,   attraverso   un bilanciamento dei valori contrapposti che tenga conto,  accanto  alle esigenze di vita dei beneficiari, anche delle concrete disponibilita' finanziarie e delle esigenze di bilancio» (ordinanza n. 256 del 2001; nello stesso senso, sentenza n. 372 del 1998)".



    1.4 La Corte, pero', pur non  negando  in  via  di  principio  la compatibilita'  costituzionale  di   disposizioni   legislative   che incidono, in senso peggiorativo, su situazioni soggettive attinenti a rapporti di durata, facendosi, ovviamente, carico delle  esigenze  di contenimento della spesa pubblica  e  delle  connesse  necessita'  di bilancio, ha nel contempo salvaguardato l'esigenza  di  garantire  il legittimo affidamento  dei  cittadini  sulla  certezza  dei  rapporti giuridici   e   sulla   stabilita'   delle   situazioni   soggettive, individuando alcuni  valori  costituzionali  che  fungono  da  argini all'approvazione di disposizioni legislative modificative in peius di diritti soggettivi perfetti relativi ai predetti rapporti.  



    1.5 In tale prospettiva, la Corte ha, in sintesi,  affermato  che non puo' ritenersi interdetto al legislatore di emanare  disposizioni modificative in senso sfavorevole, anche se l'oggetto dei rapporti di durata  sia  costituito  da  diritti  soggettivi   "perfetti",   alla condizione che tali disposizioni non  trasmodino  in  un  regolamento irragionevole, frustrando,  con  riguardo  a  situazioni  sostanziali fondate  su  disposizioni  di  leggi  precedenti,  l'affidamento  dei cittadini nella sicurezza giuridica,  da  intendersi  quale  elemento fondamentale dello Stato di diritto (ex multis sentenze  n.  166  del 2012 e n. 390 del 1995).



    La Corte ha anche precisato che la "ragionevolezza  "complessiva" dovra', a sua volta, essere apprezzata nel quadro di  un  altrettanto ragionevole  contemperamento  degli  interessi  -  tutti   di   rango costituzionale, comunque ancorabili al parametro di  cui  all'art.  3 Cost. - che risultano nella specie  coinvolti:  ad  evitare  che  una generalizzata esigenza di contenimento della finanza  pubblica  possa risultare, sempre e comunque, e quasi pregiudizialmente,  legittimata a determinare la compromissione di diritti maturati o la  lesione  di consolidate  sfere  di  interessi,   sia   individuali,   sia   anche collettivi" (sentenza n. 92 del 2013).



    1.6 E' stato, inoltre, ulteriormente evidenziato che la  modifica in senso sfavorevole della disciplina dei rapporti  non  puo'  essere arbitraria o irrazionale (Corte Cost., nn. 179/1996  e  330/1999)  ma deve essere giustificata da  esigenze  eccezionali  ed  idonee,  come tali, ad imporre sacrifici "eccezionali, transeunti, non arbitrari  e consentanei allo scopo prefissato" (Corte Cost. n. 299/1999).



    La delibazione di  conformita'  alla  Costituzione  del  tipo  di disposizioni in esame si fonda, quindi, su un giudizio complessivo di ragionevolezza e di proporzionalita' delle stesse che, a  sua  volta, postula,   l'apprezzamento   del    bilanciamento    degli    effetti pregiudizievoli prodotti con i corrispondenti e speculari vantaggi di cui  vengono  a  beneficiare  altri   valori   di   analogo   rilievo costituzionale.



    2. Alla luce delle ricordate pronunce della Corte costituzionale, illustrative   del   quadro   dei    principi    costituzionali    di ragionevolezza, di uguaglianza, di tutela dei diritti  acquisiti,  di sufficienza ed adeguatezza delle retribuzioni derivanti  da  rapporti di lavoro  e  dei  connessi  trattamenti  pensionistici,  cui  devono attenersi gli interventi del legislatore modificativi di rapporti  di durata,  il  rimettente  dubita  della  legittimita'   costituzionale dell'intervento legislativo di blocco  degli  adeguamenti  automatici dei trattamenti  pensionistici  di  cui  alla  norma  censurata,  per contrasto della stessa con i suddetti principi e segnatamente  con  i principi di ragionevolezza e proporzionalita' nonche' con i  principi di sufficienza ed adeguatezza dei trattamenti spettanti ai lavoratori ed ai pensionati sanciti dagli artt. 36 e 38 della Cost.



    2.1 La irragionevolezza delle misure destinate a produrre effetti pregiudizievoli su diritti soggettivi perfetti attinenti  a  rapporti di durata puo' essere,  infatti,  esclusa  solo  se  le  decurtazioni previste sono imposte da esigenze straordinarie di contenimento della spesa  pubblica  e  presentano  un'efficacia  temporale  limitata e circoscritta che non modifichi  a  regime  i  diritti  incisi  (Corte Cost., n. 310/2013).



    2.2 Detti interventi  possono,  inoltre,  ritenersi  conformi  ai principi sopra ricordati solo  se  la  reformatio  in  peius  risulta compensata da comparabili benefici per il sistema di  riferimento o, comunque, riequilibrata da vantaggi interni al comparto inciso  dalle stesse (Corte Cost, n. 92/2013). E' necessario, in altri termini, che il sacrificio imposto ai destinatari della stessa venga bilanciato da utilita' che appaiono idonee a giustificare la misura  sfavorevole  e che, al contrario, quest'ultima non si riveli esclusivamente sorretta da esigenze di riduzione  della  spesa  che,  diversamente  opinando, risulterebbero, di per se', capaci  di  legittimare  qualsiasi  norma ablativa di diritti soggettivi perfetti.



    3. In particolare, con specifico  riferimento  alle  disposizioni con  le  quali  e'  stato  imposto  il  blocco  della   rivalutazione automatica delle pensioni, la sentenza n. 316 del 2010, ha dichiarato la legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 19, della legge  n. 247 del 2007 - che aveva disposto il blocco per il solo anno  2008  e limitatamente alle pensioni con importo superiore  a  otto  volte  il trattamento minimo INPS - in considerazione  dello  scopo  dichiarato della norma di contribuire al finanziamento solidale degli interventi sulle pensioni di anzianita', contestualmente adottati con l'art.  1, commi 1 e  2,  della  medesima  legge,  della  limitazione  temporale dell'intervento e del fatto che la stessa colpiva pensioni di importo piuttosto elevato che presentando margini di resistenza  all'erosione determinata  dal  fenomeno  inflattivo  avevano   una   esigenza   di rivalutazione  sistematica  del  correlativo  valore  monetario  meno pressante rispetto a quelle di piu' basso importo. 



    3.1     Nonostante     la     dichiarata     conformita'     alla costituzione dell'intervento  de  quo,  la  Corte,  con  la  medesima decisione, ha  pero'  avvertito  il  legislatore  che  "la  frequente reiterazione di misure intese a penalizzare il meccanismo perequativo esporrebbe il sistema  ad  evidenti  tensioni  con  gli  invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalita', perche'  le  pensioni, sia   pure   di   maggiore   consistenza   potrebbero   non    essere sufficientemente difese in  relazione  ai  mutamenti  del  potere  di acquisto della moneta".



    4.  Il  remittente  dubita  della   legittimita'   costituzionale dell'art. 24, comma 25, del piu' volte citato d.l. n. 201  del  2011, per contrasto della stessa con gli artt. 3, 36 e 38 della Cost. e con i canoni fissati dalla Corte per la legittimita' costituzionale degli interventi sui rapporti di durata.



   4.1 Nessuno dei presupposti presenti nell'intervento  legislativo oggetto della sentenza n. 316 del 2010 e'  dato,  infatti,  ravvisare nella disposizione censurata.  Trattasi,  intanto,  di  intervento  reiterato, nonostante  il contrario invito del Giudice costituzionale, che si  estende  per  un arco temporale maggiore  (due  anni)  e  che  colpisce  non  solo  le pensioni "di importo piuttosto elevato  che presentando  margini  di resistenza all'erosione determinata dal fenomeno inflattivo" ma anche le pensioni di importo mensile appena superiore a 1.405,05 euro lordi per il 2012 ed a  1.441,56  euro  lordi  per  il  2013,  come  quella percepita dalla  ricorrente  (di  € 1.743,50  lordi),  per  le  quali l'esigenza  di  rivalutazione  sistematica  del  correlativo   valore monetario diviene pressante per garantire  il  soddisfacimento  degli stessi bisogni elementari.



    4.2. Sganciando dai meccanismi di adeguamento automatico, per  un tempo considerevole, i  trattamenti  pensionistici  superiori  a  tre volte il minimo INPS, la disposizione mina il sistema di  adeguamento dei trattamenti stessi alle  variazioni  derivanti  dal  costo  della vita, predisposto dallo stesso legislatore, in attuazione degli artt. 36  e  38  della  Costituzione,  con  violazione  dei   principi   di sufficienza ed adeguatezza cui devono essere informati i  trattamenti pensionistici secondo il dettato dei citati  articoli,  e  frustrando irragionevolmente, con riguardo a situazioni sostanziali  fondate  su leggi precedenti, anche l'affidamento nella sicurezza  giuridica,  da intendersi quale elemento fondamentale dello  Stato  di  diritto  che trova copertura costituzionale nell'art. 3 (sentenze n. 166 del 2012, n. 302 del 2010, n. 236 e n. 206 del 2009).



    4.3 Ma vi e' di piu'. La  modifica  in  senso  sfavorevole  della disciplina dei rapporti di durata  per  essere  conforme  al  dettato costituzionale deve rispettare il canone della  ragionevolezza  delle misure adottate dal legislatore, la quale puo' ritenersi  sussistente solo  se  le  decurtazioni  previste  siano   imposte   da   esigenze straordinarie di contenimento della spesa e  presentino  un'efficacia temporale  limitata,  strettamente  preordinata  a  coprire  un  arco temporale pari a  quello  al  quale  sono  riferite  le  esigenze  di bilancio che hanno determinato (e giustificato)  l'intervento,  senza modificare a  regime  i  diritti  incisi.  Nel  caso  di  specie,  il rimettente dubita che la norma censurata rispetti i suddetti  limiti, non solo perche' il blocco del meccanismo perequativo si estende  per un lungo arco temporale, ma anche perche' gli effetti sul  patrimonio dei destinatari delle mancate rivalutazioni per gli anni 2012 e  2013 non rimangono circoscritti ai due anni in questione, ma hanno  durata pari a quella del trattamento stesso,  cumulandosi  con  le  analoghe riduzioni imposte per  gli  anni  precedenti  e  intaccando  in  modo definitivo l'ammontare della pensione. I mancati  aumenti  non  sono, infatti, recuperabili  in  un  momento  successivo  e  sono,  quindi, perduti per sempre, anche ai fini dell'incremento della base  su  cui calcolare i futuri adeguamenti, con effetti sostanziali  parificabili a quelli di una imposta annuale di importo uguale all'ammontare degli aumenti non corrisposti.    La disposizione censurata modifica, pertanto, in peius e a regime - e non con efficacia temporanea  e  strumentale  al  soddisfacimento delle  straordinarie  esigenze  finanziarie   addotte   quale   causa giustificatrice dell'intervento - diritti  patrimoniali  attinenti  a rapporti  di  durata.  In  quanto   tale   si   appalesa   disciplina irrazionale, sproporzionata e non  consentanea  rispetto  allo  scopo prefisso  individuato   nella   norma   stessa   (far   fronte   alla "contingente" situazione finanziaria), facendo  dubitare,  anche  per detti motivi, della conformita' della stessa ai  richiamati  principi costituzionali.



    5.  Il  rimettente  dubita,  inoltre,  anche  della  legittimita' costituzionale dell'impugnata norma per contrasto  della  stessa  con gli artt. 3, 23 e 53  della  Costituzione,  sollevando  d'ufficio  la relativa questione.



    5.1 I sacrifici non possono,  infatti,  essere  irragionevolmente imposti ad una sola categoria di cittadini (Corte Cost., n. 116/2013, 223/2012),  senza  incorrere  nella  violazione  del   principio   di eguaglianza a causa della disparita' di trattamento che  puo'  essere ravvisata nella differente previsione di prestazioni  patrimoniali  a carico di soggetti titolari di redditi analoghi.



    5.2 Il rispetto sostanziale  del  principio  di  uguaglianza  dei cittadini dinanzi a prelievi coattivi  di  ricchezza  (art.  3  e  23 Cost.) e del concorso di ciascuno alle  spese  pubbliche  secondo  la propria capacita' contributiva (art. 53  Cost.)  impone  un  rigoroso controllo  sulle  modalita'  utilizzate  dal   legislatore   per   il reperimento delle risorse da destinare ai bisogni collettivi, al fine di scongiurare forme di "elusione" dei principi costituzionali e di "tassazione occulta".



    5.3 La Corte ha gia'  riconosciuto  il  vizio  di  disparita'  di trattamento  con  riferimento  a  disposizioni  che,  prevedendo   un contributo a carico di dipendenti pubblici  che  superano  una  certa soglia di reddito, devono essere qualificate come  norme  dispositive di una prestazione patrimoniale imposta e,  quindi,  di  un  prelievo fiscale, incostituzionalmente applicato  ad  una  sola  categoria  di contribuenti, in violazione degli artt. 3 e 53 Cost. (Corte Cost. nn. 223/2012, 116/2013).



    5.4 Nel caso di specie, il blocco della rivalutazione  automatica delle pensioni che superano di tre  volte  il  minimo  INPS  disposto dalla censurata norma, si risolve in una disposizione sostanzialmente impositiva di un "contributo" (id est prelievo fiscale) a carico solo dei  titolari  delle  stesse,  in   violazione   del   principio   di eguaglianza, che esige il pari trattamento, a parita' di reddito, tra le diverse categorie di contribuenti.



    5.5 A tal proposito la Corte costituzionale (sentenza n. 116  del 2013) ha gia' "precisato che  i  redditi  derivanti  dai  trattamenti pensionistici non hanno, per questa loro origine, una natura  diversa e minoris generis rispetto agli altri redditi presi a riferimento, ai fini dell'osservanza  dell'art.  53  Cost.,  il  quale  non  consente trattamenti in pejus di determinate categorie di redditi  da  lavoro.



Questa Corte ha, anzi, sottolineato (sentenze n. 30 del 2004, n.  409 del 1995, n. 96  del  1991)  la  particolare  tutela  che  il  nostro ordinamento   riconosce    ai    trattamenti    pensionistici,    che costituiscono, nei diversi sistemi che la legislazione contempla,  il perfezionamento  della  fattispecie  previdenziale   conseguente ai requisiti anagrafici e contributivi richiesti. Nel  caso  di  specie,peraltro, il giudizio di irragionevolezza dell'intervento  settoriale appare ancor piu' palese, laddove si consideri che la  giurisprudenza della Corte ha ritenuto che il trattamento pensionistico ordinario ha natura di retribuzione differita (fra le altre  sentenza  n.  30  del 2004, ordinanza  n.  166  del  2006);  sicche'  il  maggior  prelievo tributario rispetto ad altre  categorie  risulta  con  piu'  evidenza discriminatorio, venendo esso a gravare su redditi ormai  consolidati nel loro ammontare, collegati a prestazioni lavorative gia'  rese  da cittadini che hanno esaurito la loro  vita  lavorativa,  rispetto  ai quali non  risulta  piu'  possibile  neppure  ridisegnare  sul  piano sinallagmatico il rapporto di lavoro."



    5.6 Ora, nessun dubbio puo' sussistere sul fatto  che  il  blocco biennale della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici di ammontare superiore a tre volte il minimo INPS di cui all'art. 24, comma 25, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, imposto dal  legislatore, "in considerazione della contingente  situazione  finanziaria",  come espressamente prevede il tenore letterale della stessa norma,  (o  "a titolo di  concorso  al  conseguimento  degli  obiettivi  di  finanza pubblica", come piu' chiaramente si esprimeva l'art. 18, comma 3, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, abrogato e sostituito  dal  predetto  art. 24, comma 25),  rappresenti  un  sacrificio,  in  termini  economici, chiesto ai pensionati, costretti a rinunciare per un biennio, ai fini dell'interesse generale del riequilibrio dei conti pubblici,  ad  una quota del loro reddito, cui avrebbero avuto  automaticamente  diritto secondo il meccanismo previsto dall'art. 34, comma 1, della legge  23 dicembre 1998, n. 448.



    5.7   La   natura   sostanzialmente   fiscale    del    prelievo, indipendentemente dal  nomen  iuris  e  dalle  forme  con  cui  detto prelievo si realizza, e' resa  palese  dalla  considerazione  che  lo stesso risultato,  in  termini  finanziari,  il  legislatore  avrebbe potuto    teoricamente    conseguirlo    consentendo     l'erogazione dell'ammontare  corrispondente  alla   rivalutazione   automatica   e intervenendo sullo stesso con un prelievo fiscale pari al 100%.  Una tale soluzione, imposta solamente ai percettori di redditi da pensione  sarebbe  stata  sicuramente   non   conforme   al   dettato costituzionale, per violazione  dei  principi  di  uguaglianza  e  di capacita' contributiva di cui agli artt. 3 e 53  della  Costituzione. Non pare al remittente che  un  risultato  identico  nella  sostanza, ottenuto  in  maniera  formalmente  diversa  (attraverso  il   blocco dell'erogazione degli importi della rivalutazione dovuti che evita il successivo prelievo nella  misura  integrale),  resa  possibile  solo dalla circostanza che il  soggetto  impositore,  coincidendo  con  il soggetto che puo' incidere  sull'erogazione,  puo'  fare  a  meno  di


utilizzare lo strumento fiscale e "catturare alla fonte" l'importo di cui necessita, possa rimanere indenne da identiche censure.



    6. Per le ragioni che precedono,  in  applicazione  dell'art.  23 della legge costituzionale n. 87/1953, riservata ogni altra decisione all'esito del giudizio innanzi alla  Corte  costituzionale,  il  G.U. solleva la questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  24, comma  25,  del  D.L.  6  dicembre  2011,  n.  201,  convertito  con modificazioni nella legge 22 dicembre 2011 n.  214,  con  riferimento agli artt. 3, 36,comma 1, 38, comma 2, 23, 53, Cost., con  rimessione degli atti alla Corte costituzionale.



                                                        P.Q.M.





Visti gli artt. 134 e segg. della Costituzione e 23  della  legge 11 marzo 1953 n. 87, solleva in quanto rilevante per la decisione del ricorso e non manifestamente infondata la questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 25, del D.L. 6 dicembre  2011,  n. 201, convertito con modificazioni nella legge  22  dicembre  2011  n. 214, nella parte in cui limita la rivalutazione automatica secondo il meccanismo stabilito dall'art. 34, comma 1, della legge  23  dicembre 1998, n. 448, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il  trattamento minimo INPS, per contrasto con gli artt. 3, 36,comma 1, 38, comma  2, 23, 53 Cost., conseguentemente disponendo la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.



    Ordina che la presente ordinanza di rimessione sia notificata,  a cura della Segreteria della Sezione, a tutte le parti in causa ed  al Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  nonche'   comunicata   al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della  Camera dei Deputati.



       Cosi' provveduto in Genova nella camera  di  consiglio  del  16 giugno 2014.



                  Il giudice unico: Pietro Maltese



 Depositata in segreteria 25 luglio 2014



 Il direttore della segreteria: Carla Salamone



 






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