INDICE
1. Premessa. Il “quadro di indirizzi “ 13 dicembre 2007 frutto di un illegittimo e illegale potere “parlamentare” del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti (Cnog). La protesta di Marco Politi. Le pressioni fortissime del sindacato con un documento che sfiora il ricatto. L’Inpgi si è accollato il costo della riutilizzazione dei giornalisti privi di lavoro assunti dalle aziende editoriali (sulle quali non graveranno per 24 mesi i costi previdenziali), mentre la legge 247/2007 sul welfare promuove la stabilizzazione dei giornalisti cococo. La contraddizione è netta. Come possono i praticanti delle scuole “rubare” l’impiego a giornalisti, che sono favoriti nel riassorbimento da una duplice normativa ad hoc?
2. Il conflitto Cnog-Ordini regionali-Università. I poteri contra legem del Consiglio nazionale.
3. “Gli stage non possono svolgersi nel periodo 1 luglio-31 agosto”. Un divieto che sospende diritti costituzionali e un articolo della “Carta europea dei diritti fondamentali”.
4. La regola della incompatibilità che punisce i consiglieri regionali e nazionali, che possono insegnare senza retribuzione.
5. Una minaccia assurda rivolta ai direttori e ai tutor.
6. Nella “riforma universitaria Mussi” le “attività formative indispensabili” per l’accesso alla professione di giornalista.
7. Il rapporto tra Ordine nazionale e Ordine regionale (entrambi persone giuridiche di diritto pubblico, differenziati dalle funzioni) va rinegoziato sulla base della normativa in vigore, rispettando il ruolo dell’Ordine regionale chiamato dalla legge a una opera di vigilanza deontologica sugli iscritti e configurato, come detto, dalla legge stessa come giudice delle iscrizioni negli elenchi dell’Albo e del Registro dei praticanti giornalisti.
In coda tre documenti (1. Politi: "Illegale lo stop agli stage estivi degli studenti delle scuole di giornalismo" ; 2. Associazioni stampa: stop stage in periodo ferie; 3. Mario Tedeschini Lalli: “Divieto di stage estivi: incostituzionalità e illogicità politica”).
1. Premessa. Il “quadro di indirizzi “ 13 dicembre 2007 frutto di un illegittimo e illegale potere “parlamentare” del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti (Cnog). La protesta di Marco Politi. Le pressioni fortissime del sindacato con un documento che sfiora il ricatto. L’Inpgi si è accollato il costo della riutilizzazione dei giornalisti privi di lavoro assunti dalle aziende editoriali (sulle quali non graveranno per 24 mesi i costi previdenziali), mentre la legge 247/2007 sul welfare promuove la stabilizzazione dei giornalisti cococo. La contraddizione è netta. Come possono i praticanti delle scuole “rubare” l’impiego a giornalisti, che sono favoriti nel riassorbimento da una duplice normativa ad hoc?
Il 14 dicembre 2007 sul sito della Fnsi (www.fnsi.it) si poteva leggere questo bollettino: “Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti il 13 dicembre ha approvato – con un solo voto contrario e otto astensioni – il nuovo Quadro di indirizzi in base al quale saranno stipulate le convenzioni con le scuole di formazione per i praticanti. Tutte le convenzioni fin qui stipulate sono state disdettate e le scuole fin qui riconosciute potranno completare i corsi in atto nel rispetto della precedente normativa. I nuovi riconoscimenti saranno accordati solo a quelle strutture, vecchie o nuove, che avranno i requisiti previsti dalla normativa approvata dal Consiglio dell’Ordine il 13 dicembre. Il nuovo Quadro di indirizzi prevede molte innovazioni rispetto al precedente. Due – tra le tante – vengono considerate particolarmente importanti dal comitato esecutivo, presieduto da Lorenzo Del Boca: la norma che detta rigorose incompatibilità e quella che vieta gli stage degli studenti nel periodo 1 luglio-31 agosto”. Le due innovazioni (incompatibilità e stage ridotti), come verrà dimostrato, configurano, però, violazioni costituzionali e di legge, che conferiscono al “quadro di indirizzi” una portata velleitaria e, quindi, inefficace sul piano concreto. Il Consiglio nazionale dell’Ordine, in sintesi, si è appropriato di un potere “parlamentare” che non ha, il potere cioè di dettare norme vincolanti per soggetti e istituzioni anche esterni allo stesso Consiglio nazionale.
Un solo consigliere nazionale di indubbia statura professionale, Marco Politi, ha dichiarato il 14 dicembre (via Ansa) che è “illegale e anticostituzionale vietare agli studenti delle scuole di giornalismo la possibilità di praticare stage nelle redazioni a luglio e agosto. Da oggi – ha sottolineato Politi in una nota - centinaia di giovani delle scuole di giornalismo non potranno più lavorare a luglio e agosto come stagisti nei giornali, nelle radio, nelle televisioni. La decisione negativa, propugnata dalla dirigenza nazionale dell'Ordine dei giornalisti, non contribuirà a contrastare realmente la disoccupazione, ma toglierà a tantissimi giovani seri e preparati l'unica possibilità di farsi conoscere senza raccomandazioni nelle redazioni e di farsi valere in vista di un primo, vitale contratto a termine. ''Arrogarsi il diritto di vietare a cittadini italiani di esercitare un'attività di studio e lavoro in due mesi dell'anno - conclude - è peraltro illegale e anticostituzionale''.
Un debolissimo Consiglio nazionale, attaccato nella sua autonomia amministrativa, ha in sostanza ceduto alle pressioni fortissime del sindacato, manifestate in una riunione tenuta a Bologna l’8 dicembre precedente dal Coordinamento delle Associazioni di stampa “per un sindacato di servizio”, che ha "apprezzato e sostiene l'orientamento dell'esecutivo dell'Ordine nazionale dei giornalisti di sospendere l'effettuazione di stage di formazione da parte di iscritti alle scuole di giornalismo durante i mesi di luglio e agosto". Sono parole di una nota (diffusa dall’Ansa) firmata dalle Associazioni regionali di stampa di Abruzzo, Basilicata, Emilia- Romagna, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Trentino Alto Adige, Umbria, Valle d'Aosta, Veneto. "Tale indicazione contenuta nel documento relativo al 'Quadro di indirizzi' sulle scuole di giornalismo - afferma il Coordinamento con toni che rasentano il ricatto - è già frutto di una mediazione rispetto ad una proposta iniziale che prevedeva una finestra più ampia di sospensione degli stage: dal primo giugno al 30 settembre. La proposta limitata ai mesi di luglio e agosto soddisfa solo parzialmente la richiesta approvata all'unanimità dall'assemblea dei Comitati di redazione che chiedeva uno stop durante l'intero arco delle ferie. E' tuttavia positivo che l'Ordine si disponga a tutelare i giornalisti disoccupati sottoposti ad un'illecita e irregolare concorrenza da parte di giovani in formazione mandati nelle redazioni per sostituire giornalisti in ferie e quindi 'usati' come un vero e proprio 'esercito salariale di riserva', peraltro gratuitamente impiegato. Il Coordinamento - prosegue la nota - riterrebbe grave ed errato un 'depotenziamento' del pronunciamento riducendo la sospensione al solo mese di agosto. Ovvero ad un mero 'atto simbolico' che i giornalisti e i comitati di redazione non potrebbero non interpretare come una difesa della rendita dei master pagata a caro prezzo dai colleghi precari e disoccupati". Da qui "un pressante invito ai consiglieri nazionali dell'Ordine affinché il testo sia approvato mantenendo lo stop durante l'intero arco delle ferie o, in subordine, così come previsto dalla mediazione intervenuta in seno all'Esecutivo che blocca gli stage a luglio ed agosto". Per quanto riguarda gli altri stagisti, "provenienti da università e addirittura enti pubblici", il Coordinamento "invita i Cdr a vigilare e a segnalare agli Uffici del Lavoro competenti qualsiasi loro utilizzo che non sia previsto dalle norme in vigore". Sono parole pesanti: una rappresentanza sindacale si attribuisce il potere di sospendere l’efficacia della legge “Treu” (n. 196/1997) sugli stage e rovescia sui praticanti giornalisti delle scuole e dei master la responsabilità del mancato assorbimento dei giornalisti senza lavoro, dimenticando che, con una recente delibera ratificata a livello ministeriale, l’Inpgi si è accollato il costo della riutilizzazione dei giornalisti privi di lavoro assunti dalle aziende editoriali (sulle quali non graveranno per 24 mesi i costi previdenziali), mentre la legge n. 247/2007 sul welfare promuove la trasformazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, mediante la stipula di contratti di lavoro subordinato (non inferiori a 24 mesi). Per questa ultima “operazione”, l’Inpgi ha messo a disposizione ben 32 milioni di euro. La contraddizione del documento sindacale è netta. Come possono i praticanti delle scuole “rubare” l’impiego a giornalisti, che sono favoriti nel riassorbimento da una duplice normativa ad hoc? Un sindacato (sconfitto dagli editori) fa pagare ai praticanti delle scuole e dei master la propria insufficienza, le proprie debolezze e una crisi profonda che rischia di emarginarlo. Dall’altra parte il Consiglio nazionale dell’Ordine ha dovuto, abdicando al suo ruolo, inghiottire il rospo della riduzione dei periodi di stage, condannando in pratica la capacità delle scuole di garantire agli allievi-praticanti una formazione completa sul campo.
2. Il conflitto Cnog-Ordini regionali-Università. I poteri contra legem del Consiglio nazionale.
Rimane, pertanto, in piedi la crisi potenziale nei rapporti tra diversi Ordini regionali e Ordine nazionale dei Giornalisti sul nuovo testo (varato il 15 novembre e approvato il 13 dicembre 2007) del “Quadro di indirizzi per il riconoscimento, la regolamentazione e il controllo delle scuole di formazione al giornalismo”. Ne avevano discusso animatamente i presidenti degli Ordini regionali nella riunione del 18 ottobre svoltasi nella sede romana del Consiglio nazionale e successivamente, presenti i direttori delle 21 scuole, in una riunione (8-9 novembre) a Torino. Le critiche hanno bombardato il vertice del Consiglio nazionale (Cnog), animato da una visione autoritaria dei rapporti tra centro e periferia. Tira aria di crisi anche nei rapporti tra Ordine nazionale e Università, che hanno promosso i master biennali in giornalismo e che oggi hanno il diritto di istituire corsi biennali di laurea magistrale in giornalismo. Le Università hanno comunicato informalmente al Consiglio nazionale (Cnog) che non accetteranno giammai le condizioni-capestro del “Quadro di indirizzi”. Il che potrebbe determinare la chiusura di alcuni master “riconosciuti”.
In breve, come si potrà verificare leggendo il nuovo quadro di indirizzi, il Cnog tenta di espropriare le Università dei loro legittimi poteri di gestire in piena autonomia i master biennali in giornalismo e i futuri corsi biennali di laurea magistrale in giornalismo. L’autonomia degli Atenei è fissata nell’articolo 33 (ultimo comma) della Costituzione. Va detto che il regolamento (“quadro di indirizzi”) dell’Ordine nazionale non ha alcun retroterra giuridico. E’ una ambiziosa esercitazione di “potere” fondata sul nulla. Si legge nell’articolo 1 del “Quadro di indirizzi”: “Il Consiglio nazionale dell’Ordine può riconoscere le scuole finalizzate all’accesso professionale e, stipulando apposite convenzioni, le dichiara sedi idonee allo svolgimento del praticantato previsto dalla legge 3/2/1963 n. 69”. Nell’articolo 2 si legge: “Nel quadro degli attuali ordinamenti possono essere riconosciuti, quali scuole abilitate allo svolgimento del praticantato giornalistico, i seguenti corsi per il cui accesso è richiesto il titolo di laurea in una qualsiasi disciplina o classe: a) master universitari biennali in giornalismo; b) istituti biennali per la formazione al giornalismo; c) lauree magistrali in giornalismo”. Non risulta che l’Ordine dei medici dia l’ok alla nascita di corsi di laurea in medicina o che l’Ordine dei biologi dia disco verde al varo di corso di laurea in biologia. Decidono le Università in piena libertà.
Il Consiglio nazionale espropria anche l’autonomia giuridica degli Ordini regionali, quando nell’articolo 1, come riferito, afferma: “Il Consiglio nazionale dell’Ordine può riconoscere le scuole finalizzate all’accesso professionale e, stipulando apposite convenzioni, le dichiara sedi idonee allo svolgimento del praticantato previsto dalla legge 3/2/1963 n. 69…. Il Consiglio regionale competente per territorio può proporre la nascita delle scuole”. Il riconoscimento da parte del Consiglio nazionale avviene attraverso una deliberazione dopo aver acquisito anche “il consenso del Consiglio regionale competente, espresso con la maggioranza dei componenti”. Nessuna legge autorizza il Cnog ad emanare regolamenti di tale natura e ad arrogarsi il diritto di vita e di morte. Soltanto i Consigli regionali hanno il potere esclusivo di iscrivere nel Registro dei praticanti gli allievi di una scuola, che svolgano un effettivo tirocinio sostitutivo di quello che avviene tradizionalmente, dal 1928, nelle redazioni dei giornali.
Va affermato il principio che agli effetti della iscrizione nel Registro dei praticanti, la frequenza a tempo pieno di una scuola biennale o di un master universitario biennale in giornalismo (debitamente riconosciuti da un Ordine regionale, da una Università o da una Regione ex art. 117 Cost.) costituisce titolo equivalente a quello della pratica professionale, richiesta dall'articolo 34 della legge 69/1963, per l’accesso all’esame di Stato di cui agli articoli 33 (V comma) della Costituzione e 32 della legge professionale 69/1963.
L’onnipotenza del Cnog, affiora dall’articolo 5: “Le scuole sono a numero programmato. Non possono essere ammessi più di 30 allievi per ciascun biennio, eccetto le situazioni già formalmente riconosciute. Il numero degli allievi può essere rivisto al rinnovo di ciascuna Convenzione, acquisito il parere favorevole del Consiglio regionale competente e purché non eccedente il limite di 30 per ciascun biennio. Spetta al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti valutare e determinare il numero degli allievi da assegnare a ciascuna scuola. Ogni allievo è tenuto a versare una tassa di iscrizione il cui importo può essere variato al rinnovo della convenzione, acquisito il parere favorevole del Consiglio regionale competente. In ogni caso di tale importo non potrà essere superiore all’importo massimo della tassazione prevista per i corsi post lauream degli atenei della regione in cui ha sede la scuola. Ciascuna scuola garantisce che almeno il 20 per cento delle tasse sia coperto da borse di studio”. Chi ha scritto questo articolo peraltro è digiuno di conti e bilanci, soprattutto quando ritiene che le borse di studio piovano dall’alto del cielo. Un altro gianiaccio vorrebbe obbligare (con l’art. 16) le scuole ad editare notiziari e periodici diffusi sul territorio (attraverso le edicole!) senza porsi il problema dei costi, proprio mentre – nell’America del Nord e nell’Europa del Nord - è iniziata la migrazione dei giornali verso il web e se ne annuncia la scomparsa dalle edicole nel 2043. Nei “giornali Usa, la lotta è online” (così titola “Il Sole 24 Ore” del 2 gennaio 2007, parlando di “strategie editoriali”).
Il Cnog è assurdamente dominante anche nella determinazione del numero degli allievi dei singoli corsi. Pretesa arrogante. Il Consiglio nazionale decide il numero degli allievi per ciascun master, ma le Università hanno il diritto di dire la loro? Le tasse universitarie variano da ateneo ad ateneo, mentre le tasse di iscrizione ai master sono sganciate dalle tasse relative ai corsi di laurea. Ogni Università ha il potere di fissare le tasse. Qualora il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti dovesse imporre davvero paletti e vincoli alle scelte delle Università e delle Scuole di giornalismo, subordinando il numero dei corsi e il numero degli allievi dei singoli corsi a sue decisioni (illegittime sotto il profilo normativo come emerge dall’articolo 20 della legge n. 69/1963), lo stesso Consiglio nazionale si verrebbe a trovare in palese e grave conflitto con la legislazione comunitaria e le delibere dell’Antitrust italiano. I paletti e i vincoli potrebbero essere equiparati a restrizioni della libera concorrenza e del libero mercato. Il Cnog in sostanza non può predeterminare il numero dei corsi e il numero degli allievi dei corsi, mentre non può non favorire l'accesso di tutti i soggetti in possesso dei prescritti requisiti alla libera professione. I trattati della Ue vogliono che l’accesso alle professioni rispetti le regole della libera concorrenza e del libero mercato.
Il Cnog promuove…. il turismo con l’articolo 7 e afferma il potere assoluto dello stesso Cnog: “Il Comitato tecnico scientifico compie verifiche delle quali almeno una prima della conclusione del biennio. Alle verifiche possono partecipare i componenti del Comitato esecutivo. L’attività di controllo può essere svolta con la collaborazione dell’Ordine regionale competente, che segnala al Consiglio nazionale eventuali irregolarità o violazioni del “Quadro di indirizzi”. L’attività di controllo (sì, di controllo, come recita il titolo della delibera sul “Quadro di indirizzi”) può essere svolta con la collaborazione degli Ordini regionali: in sostanza gli Ordini regionali vengono privati del loro potere esclusivo di vigilanza, fissato per legge, sugli iscritti negli elenchi dell’Albo e nel Registro. E’, questa, una norma nulla perché in chiaro contrasto con la legge professionale. Se dovesse essere operativa, le scuole verrebbero ispezionate da un plotone di 40 persone (tutte a spese del Cnog). Evviva!
Che dire poi della selva di regole e regolette, cavilli, lacci e laccioli (delegati nazionali e regionali presso le singole scuole con compiti di “controllo”, verifiche asfissianti). Nell’articolo 4 si legge una norma assurdamente romacentrica: “Durante il ciclo formativo, le scuole effettuano verifiche periodiche sul rendimento e sulla formazione acquisita dagli allievi. La documentazione di tali verifiche va trasmessa entro 30 giorni al Comitato tecnico scientifico e al Consiglio regionale competente”.
Le tentazioni romanocentriche emergono prepotenti anche da quanto scriviamo qui di seguito. Le scuole (art. 16) sono tenute ad editare anche
- una rubrica radiofonica, almeno quindicinale, disponibile sul sito della scuola e possibilmente ospitata da una stazione locale, previa autorizzazione da parte del Comitato esecutivo. La realizzazione è integrata da corsi di dizione, speakeraggio e conduzione;
- rubriche e servizi giornalistici televisivi, disponibili sul sito della scuola e possibilmente diffusi attraverso emittenti locali, previa autorizzazione del Comitato esecutivo.
Il Comitato esecutivo è la struttura di vertice dell’Ordine nazionale. I “controlli” romani riguardano, quindi, anche…. le stazioni locali radiofonie e le emittente tv locali che ospitano il materiale prodotto dagli allievi/praticanti. E’ il Cnog che dirà se le stazioni locali radiofoniche e le emittente tv locali possono essere utilizzate o meno. Si crea così un meccanismo burocratico elefantiaco, asfissiante e lentissimo.
3. “Gli stage non possono svolgersi nel periodo 1 luglio-31 agosto”. Un divieto che sospende diritti costituzionalmente garantiti e un articolo della “Carta europea dei diritti fondamentali”.
“Lo stage - si legge in qualsiasi sito universitario - è un tirocinio formativo e di orientamento, cioè un periodo di formazione sul posto di lavoro in un azienda che offre al tirocinante la possibilità di avere un primo approccio con il mondo del lavoro in vista di future scelte occupazionali. E’ oggi uno strumento sempre più utilizzato dalle aziende e dagli enti, tanto che spesso diventa una vera e propria preassunzione dello stagista. Questo periodo di formazione, può diventare un'occasione importante per acquisire professionalità e conoscenza diretta della quotidianità lavorativa. Attraverso questa esperienza i tirocinanti possono verificare l'applicazione pratica delle nozioni teoriche acquisite nel proprio percorso formativo ed hanno modo di conoscere un contesto organizzativo aziendale dove sperimentare una specifica attività lavorativa”. (www.bachecauniversitaria.it/link/master_specializzazioni.htm).
L’articolo 17 stabilisce che “gli stage non possono svolgersi nel periodo 1 luglio-31 agosto”. Questo principio è in contrasto con quello che è avvenuto finora sul presupposto che in detto periodo le redazioni sono svuotate dalle assenze per ferie e le stazioni di lavoro sono conseguentemente libere. Si richiamano tutte le considerazioni già svolte nei punti 1 e 2 di questa analisi. Il Cnog si avventa come un treno impazzito anche contro l’articolo 41 della Costituzione, che proclama la libertà delle imprese. L’argomento “stage” dovrebbe essere discusso con la Fieg (Federazione degli editori). Non si possono imporre presenze di estranei nelle singole redazioni con un “decreto” velleitario dell’Ordine nazionale. Nell’articolo 17 si legge una affermazione almeno assurda se non ridicola: “Le scuole e i Delegati del Cnog e del Consiglio regionale vigilano affinché sia evitata una utilizzazione impropria degli stagisti. A tal fine denunciano eventuali violazioni al Consiglio regionale competente affinché eserciti il potere disciplinare nei confronti del tutor e del direttore della testata”. Provate a immaginare le redazioni dei grandi e piccoli giornali invase dai delegati dell’Ordine. Pretese lunari. Gli stage, poi, sono regolati dalla “legge Treu “ (196/1997). Nell’articolo 18 di questa legge vengono fissati i criteri regolanti i “tirocini formativi e di orientamento” (altrimenti definiti “stages”):
1. Al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso iniziative di tirocini pratici e stages a favore di soggetti che hanno già assolto l'obbligo scolastico ….sono emanate, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri generali:
a) possibilità di promozione delle iniziative, nei limiti delle risorse rese disponibili dalla vigente legislazione, anche su proposta degli enti bilaterali e delle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, da parte di soggetti pubblici o a partecipazione pubblica e di soggetti privati non aventi scopo di lucro, in possesso degli specifici requisiti preventivamente determinati in funzione di idonee garanzie all'espletamento delle iniziative medesime e in particolare: agenzie regionali per l'impiego e uffici periferici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale; università; provveditorati agli studi; istituzioni scolastiche non statali che rilascino titoli di studio con valore legale; centri pubblici di formazione e/o orientamento, ovvero a partecipazione pubblica o operanti in regime di convenzione; comunità terapeutiche enti ausiliari e cooperative sociali, purché iscritti negli specifici albi regionali, ove esistenti; servizi di inserimento lavorativo per disabili gestiti da enti pubblici delegati dalla regione;
b) attuazione delle iniziative nell'ambito di progetti di orientamento e di formazione, con priorità per quelli definiti all'interno di programmi operativi quadro predisposti dalle regioni, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale;
c) svolgimento dei tirocini sulla base di apposite convenzioni intervenute tra i soggetti di cui alla lettera a) e i datori di lavoro pubblici e privati;
d) previsione della durata dei rapporti non costituenti rapporti di lavoro, in misura non superiore a dodici mesi, ovvero a ventiquattro mesi in caso di soggetti portatori di handicap, da modulare in funzione della specificità dei diversi tipi di utenti;
e) obbligo da parte dei soggetti promotori di assicurare i tirocinanti mediante specifica convenzione con l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e per la responsabilità civile e di garantire la presenza di un tutore come responsabile didattico-organizzativo delle attività; nel caso in cui i soggetti promotori siano le agenzie regionali per l'impiego e gli uffici periferici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, il datore di lavoro ospitante può stipulare la predetta convenzione con l'INAIL direttamente e a proprio carico;
f) attribuzione del valore di crediti formativi alle attività svolte nel corso degli stages e delle iniziative di tirocinio pratico di cui al comma 1 da utilizzare, ove debitamente certificati, per l'accensione di un rapporto di lavoro.
Queste sono le regole degli stage da far rispettare da scuole e master, praticanti giornalisti e giornali. Le pretese del Cnog non trovano nell’ordinamento giuridico attuale alcun supporto. I regolamenti sganciati dalle leggi sono privi di validità sul piano concreto della operatività, soprattutto quando ledono e sospendono diritti fondamentali della persona (all’istruzione, alla formazione, al lavoro, all’uguaglianza, alla tutela della dignità della persona, alla solidarietà sociale, allo svolgimento di una attività o di una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società). “La Repubblica cura la formazione dei lavoratori” dice l’articolo 35 della Costituzione, mentre l’articolo 14 della “Carta europea dei diritti fondamentali” (varata il 12 dicembre 2007 dal Parlamento europeo e allegata al nuovo Trattato sull’Union europea firmato il giorno successivo a Lisbona) proclama che “Ogni individuo ha diritto all'istruzione e all'accesso alla formazione professionale e continua”. C’è su scala continentale un diritto del cittadino europeo alla formazione che evidentemente non può essere sospeso da un organismo amministrativo.
4. La regola della incompatibilità che punisce i consiglieri regionali e nazionali, che possono insegnare, ma senza retribuzione.
Nell’articolo 9 del QI si legge: “Per la durata del mandato, i Consiglieri nazionali dell’Ordine e i Consiglieri degli Ordini regionali non possono avere incarichi di insegnamento retribuiti in alcuna delle scuole riconosciute di cui all’art. 1 del presente “Quadro di indirizzi”. L’estensore dell’articolo confonde il potere dei Consigli con quello dei singoli consiglieri. Vietare ai consiglieri nazionali e regionali di poter insegnare (con la dignità della retribuzione) solo per questa loro qualifica non ha senso. In alcune materie, - la deontologia, il diritto dell’informazione, le istituzioni della professione o la storia del giornalismo -, sono probabilmente tra i più preparati. Anche la preparazione, maturata in lunghi anni di lavoro, ha un valore economico, che va riconosciuto. Questa norma è in stridente contrasto con l’articolo 36 della Costituzione (“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro”). Come si può impedire alle Università di retribuire i docenti a contratto senza violare l’autonomia costituzionale delle Università stesse?
5. Una minaccia assurda rivolta ai direttori e ai tutor.
Sui direttori dei giornali che accolgono nei quotidiani e nei periodici gli allievi-praticanti grava la minaccia di subire un’azione disciplinare. Si legge nel “quadro di indirizzi”: “Le scuole e i Delegati del Cnog e del Consiglio regionale vigilano affinché sia evitata una utilizzazione impropria degli stagisti. A tal fine denunciano eventuali violazioni al Consiglio regionale competente affinché eserciti il potere disciplinare nei confronti del tutor e del direttore della testata”. La minaccia rischia di chiudere, comunque, le porte dei giornali e dei periodici agli allievi-praticanti delle scuole e dei master. Non si comprende come i dirigenti delle scuole e i delegati degli Ordini possano vigilare, non avendo il diritto dell’accesso nelle sedi dei giornali..
6. Nella “riforma universitaria Mussi” le “attività formative indispensabili” per l’accesso alla professione di giornalista.
Oggi la concorrenza riguarda anche le singole Università, che ricorrono sempre più spesso alla pubblicità per attrarre iscritti. L’Ordine professionale non può entrare nella partita-competizione tra Atenei e concedere “licenze” a una Università e negare la stessa licenza (di corsi in giornalismo con il praticantato incorporato) a un’altra Università. Il metro, che deve guidare gli Ordini (nazionale e regionali), sono gli affidamenti circa il rispetto sostanziale della normativa professionale (legge 69/1963 e dpr 115/1965). Si deve pretendere dalle Università di avviare corsi di giornalismo, ricorrendo al numero programmato dei posti messi in palio. Consiglio nazionale e Consigli regionali devono preoccuparsi della compatibilità economica delle singole iniziative, studiando le esigenze dei singoli mercati. Il Consiglio nazionale, quindi, non può andare al di là della elaborazione puramente indicativa dei programmi e degli esami (articolo 20-bis, punto b, del Dpr n. 115/1965), mentre poteva dare vita a una Scuola nazionale di giornalismo (articolo 20-bis, punto a, del Dpr n. 115/1965), possibilità, quest’ultima, alla quale ha rinunciato e che oggi appare obsoleta (il Dlgs n. 300/1999 e l’articolo 1, comma 18, della legge 4/1999 hanno assegnato alle Università la missione di formare i professionisti, abrogando tacitamente l’articolo 20-bis del Dpr 115/1965, che è, comunque, norma secondaria rispetto alle leggi 300/1999 e 4/1999). La Gazzetta Ufficiale del 9 luglio 2007 ha pubblicato il dm 16 marzo 2007 ossia la “riforma universitaria Mussi”, che ha finalmente dato vita ai corsi biennali di laurea magistrale in giornalismo. La “Classe delle lauree magistrali in “Informazione e sistemi editoriali” contiene una “Nota per l'attivazione di corsi preordinati all'accesso alla professione giornalistica”. Questa nota dice: “In riferimento a quanto stabilisce l'art. 10, comma 4 del Dm 270/2004, i corsi della classe magistrale preordinati all'accesso alle professioni giornalistiche sono istituiti nel rispetto di quanto stabilito dalle disposizioni vigenti per l'accesso alle predette professioni, devono essere a numero programmato e devono prevedere una selezione iniziale per titoli ed esami”. Il dm prevede le “attività formative indispensabili” (Discipline metodologiche, informatiche e dei linguaggi; Discipline tecniche dell'informazione e della comunicazione; Discipline storico‐sociali, giuridicoeconomiche, politologiche e delle relazioni internazionali). Le materie insegnate nei master, nelle scuole o negli Istituti biennale per la Formazione al giornalismo sono fondamentalmente quelle previste nell’articolo 44 del Dpr 115/1965 o nei piani didattici delle Università. Diciamo che questi ultimi assorbono e superano ampiamente le indicazioni contenute nel vecchio Dpr 115 del 1965.
La facoltà di stipulare convenzioni con le Università e con le Regioni (che governano, con lo Stato, la formazione professionale e le professioni intellettuali), spetta, invece, soltanto agli Ordini regionali sul presupposto che gli stessi Ordini regionali hanno il potere esclusivo d’iscrizione dei praticanti giornalisti nel Registro, mentre le delibere di iscrizione possono essere impugnate dagli interessati e dalle Procure generali della Repubblica di fronte al Consiglio nazionale (giudice di II grado). Paradossalmente i Consigli regionali possono certificare, motivando, il praticantato svolto anche in Scuole non riconosciute dal Consiglio nazionale, perché il riconoscimento da parte del Consiglio nazionale non figura in alcuna legge. Il Consiglio nazionale si attribuisce un potere che non ha.
Ai Consigli regionali, come giudici (di I grado) delle iscrizioni negli elenchi dell’Albo e nel Registro, va riconosciuto conseguentemente il potere di nominare le commissioni di selezione di concerto con le Università e gli Istituti di Formazione al Giornalismo e quello di vigilare sul rispetto delle norme relative alla formazione professionale. I Consigli regionali, attraverso la nomina delle Commissioni di selezione, devono garantire i valori costituzionali dell’imparzialità e della trasparenza (articolo 97 della Costituzione in relazione alle legge n. 241/1990). Non ci possono e non ci devono essere Commissioni di selezione “domestiche”. Il presupposto di tale “dottrina” trova fondamento in una circostanza precisa e insuperabile: il titolo di giornalista professionista viene conferito dall’Ordine regionale, quando i praticanti giornalisti comunicano e documentano di aver superato l’esame di Stato e chiedono (con domanda) l’iscrizione nell’elenco professionisti dell’Albo.
7. Il rapporto tra Ordine nazionale e Ordini regionali (l’uno e gli altri persone giuridiche di diritto pubblico, differenziati dalle funzioni) va rinegoziato sulla base della normativa in vigore, rispettando il ruolo degli Ordini regionali chiamati dalla legge a una opera di vigilanza deontologica sugli iscritti e configurati dalla legge stessa come giudici delle iscrizioni negli elenchi dell’Albo e nel Registro dei praticanti giornalisti.
Il rapporto tra Ordine nazionale e Ordini regionali (l’uno e gli altri persone giuridiche di diritto pubblico, differenziati dalle funzioni) va rinegoziato sulla base della normativa in vigore (articolo 20-bis, punto b, del Dpr n. 115/1965), rispettando il ruolo degli Ordini regionali chiamati dalla legge a una opera di vigilanza deontologica sugli iscritti e configurati, come detto, dalla legge stessa come giudici delle iscrizioni negli elenchi dell’Albo e del Registro dei praticanti giornalisti. Dice l’articolo 20-bis, punto b. del Dpr n-. 115/1965: “Il Consiglio nazionale, in relazione alla attività di cui alla lettera b) dell’art. 20 della legge ….collabora, direttamente o di concerto con i Consigli regionali o interregionali, con università, facoltà o scuole nazionali universitarie e non universitarie di giornalismo ai fini della organizzazione dei programmi e degli esami per la migliore formazione e specializzazione professionale dei giornalisti”. Bisogna prendere atto, come riferito, che il Dlgs n. 300/1999 e la legge 4/1999 (articolo 1, comma 18) hanno assegnato alle Università la missione di formare i professionisti. Anche tali norme nulla dicono sul numero dei corsi in giornalismo e sul numero degli allievi dei singoli corsi. Questo potere, quindi, appartiene alle Università e agli Istituti di Formazione al giornalismo, che perseguono finalità pubbliche. Soltanto il “dm Mussi” dice che i corsi “devono essere a numero programmato e devono prevedere una selezione iniziale per titoli ed esami”.
Il Consiglio nazionale ha un potere di nomina delle Commissione per l’esame di Stato, ma la Commissione è autonoma, quando giudica le prove (scritte e orali) dei candidati e quando valuta sul piano formale i titoli dei candidati all’esame di Stato, dovendo peraltro prendere atto della certificazione rilasciata dagli Ordini regionali di concluso tirocinio, certificazione che può essere disattesa unicamente con contestuale denuncia per falso.
Un accordo Cnog-Ordini regionali è possibile ed auspicabile sulla base delle leggi nazionali e comunitarie vigenti alle seguenti condizioni:
a. il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti limita la sua attività alla stesura, di concerto con le Università, dei quadri di indirizzo delle Scuole di giornalismo, dei corsi di laurea e master universitari in giornalismo al fine del riconoscimento da parte dei Consigli regionali delle Scuole, dei corsi e dei master stessi come tirocinio valido per il praticantato sostitutivo di quello che si svolge nelle testate del mondo multimediale.
b. i Consigli regionali dell’Ordine hanno il potere, - valutando anche le capacità del mercato di assorbire i nuovi professionisti -, di riconoscere Istituti di Formazione al Giornalismo, corsi biennali di laurea magistrale in giornalismo e master universitari biennali in giornalismo a numero programmato; e il potere di nominare le Commissioni di selezione di concerto con le Università e gli Istituti di Formazione al Giornalismo.
c. i Consigli regionali dell’Ordine esercitano la vigilanza sugli Istituti di Formazione al giornalismo, sui corsi e master universitari in giornalismo al fine di verificare anche il rispetto dei quadri di indirizzo fissati dal Consiglio nazionale dell’Ordine di con certo con le Università.
d. la facoltà di stipulare convenzioni con le Università e le Regioni, che governano la formazione professionale, spetta soltanto agli Ordini regionali sul presupposto che gli stessi Ordini regionali hanno il potere esclusivo d’iscrizione dei praticanti giornalisti nel Registro.
Tutto ciò premesso e per le ragioni spiegate, il “Quadro di indirizzi” approvato dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti il 13 dicembre 2007 non ha alcun valore coercitivo, vincolante ed efficace.
Milano, 9 gennaio 2008
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DOCUMENTAZIONE.
1. Politi: "Illegale lo stop agli stage estivi degli studenti delle scuole di giornalismo"
Roma, 14 dicembre 2007. E' ''illegale'' e ''anticostituzionale'' vietare agli studenti delle scuole di giornalismo la possibilità di praticare stage nelle redazioni a luglio e agosto: è la protesta di Marco Politi, membro della commissione giuridica del Consiglio dell'Ordine dei giornalisti, contro l'orientamento espresso dall'esecutivo dello stesso Odg. ''Da oggi - sottolinea Politi in una nota - centinaia di giovani delle scuole di giornalismo non potranno più lavorare a luglio e agosto come stagisti nei giornali, nelle radio, nelle televisioni. La decisione negativa, propugnata dalla dirigenza nazionale dell'Ordine dei giornalisti, non contribuirà a contrastare realmente la disoccupazione, ma toglierà a tantissimi giovani seri e preparati l'unica possibilità di farsi conoscere senza raccomandazioni nelle redazioni e di farsi valere in vista di un primo, vitale contratto a termine''. ''Arrogarsi il diritto di vietare a cittadini italiani di esercitare un'attività di studio e lavoro in due mesi dell'anno - conclude - è peraltro illegale e anticostituzionale''. (ANSA)
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2. Associazioni stampa: stop agli stage in periodo di ferie.
Bologna, 8 dicembre 2007. Il Coordinamento delle Associazioni di stampa per un sindacato di servizio "apprezza e sostiene l'orientamento dell'esecutivo dell'Ordine nazionale dei giornalisti di sospendere l'effettuazione di stage di formazione da parte di iscritti alle scuole di giornalismo durante i mesi di luglio e agosto". Lo rileva una nota firmata dalle associazioni regionali di stampa di Abruzzo, Basilicata, Emilia- Romagna, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Trentino Alto Adige, Umbria, Valle d'Aosta, Veneto. "Tale indicazione contenuta nel documento relativo al 'Quadro di indirizzi' sulle scuole di giornalismo - afferma il Coordinamento - è già frutto di una mediazione rispetto ad una proposta iniziale che prevedeva una finestra più ampia di sospensione degli stage: dal primo giugno al 30 settembre. La proposta limitata ai mesi di luglio e agosto soddisfa solo parzialmente la richiesta approvata all'unanimità dall'assemblea dei Comitati di redazione che chiedeva uno stop durante l'intero arco delle ferie. E' tuttavia positivo che l'Ordine si disponga a tutelare i giornalisti disoccupati sottoposti ad un'illecita e irregolare concorrenza da parte di giovani in formazione mandati nelle redazioni per sostituire giornalisti in ferie e quindi 'usati' come un vero e proprio 'esercito salariale di riserva', peraltro gratuitamente impiegato". Il Coordinamento - prosegue la nota - "riterrebbe grave ed errato un 'depotenziamento' del pronunciamento riducendo la sospensione al solo mese di agosto. Ovvero ad un mero 'atto simbolico' che i giornalisti e i comitati di redazione non potrebbero non interpretare come una difesa della rendita dei master pagata a caro prezzo dai colleghi precari e disoccupati". Da qui "un pressante invito ai consiglieri nazionali dell'Ordine affinché il testo sia approvato mantenendo lo stop durante l'intero arco delle ferie o, in subordine, così come previsto dalla mediazione intervenuta in seno all'Esecutivo che blocca gli stage a luglio ed agosto". Per quanto riguarda gli altri stagisti, "provenienti da università e addirittura enti pubblici", il Coordinamento "invita i Cdr a vigilare e a segnalare agli Uffici del Lavoro competenti qualsiasi loro utilizzo che non sia previsto dalle norme in vigore". (ANSA).
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3. Mario Tedeschini Lalli: “Divieto di stage estivi: incostituzionalità e illogicità politica”.
Sul sito dell’ ordine il testo integrale ancora non c’ è, ma Franco Abruzzo sul suo sito cita estesamente e commenta negativamente il documento sottolineandone l’incostituzionalità in più punti. Nella stessa pagina di drammatica significatività un documento sottoscritto da una serie di associazioni territoriali del sindacato dei giornalisti (Abruzzo, Basilicata, Emilia- Romagna, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Trentino Alto Adige, Umbria, Valle d’ Aosta, Veneto), che avrebbero voluto una proibizione più vasta (dal 1 giugno al 30 settembre). C’ è anche un duro commento di Marco Politi (via Ansa - Roma, 14 dicembre 2007).
E’ ” illegale” e ” anticostituzionale” vietare agli studenti delle scuole di giornalismo la possibilità di praticare stage nelle redazioni a luglio e agosto: è la protesta di Marco Politi, membro della commissione giuridica del Consiglio dell’ Ordine dei giornalisti, contro l’orientamento espresso dall’ esecutivo dello stesso Odg ” Da oggi — sottolinea Politi in una nota — centinaia di giovani delle scuole di giornalismo non potranno più lavorare a luglio e agosto come stagisti nei giornali, nelle radio, nelle televisioni. La decisione negativa, propugnata dalla dirigenza nazionale dell’ Ordine dei giornalisti, non contribuirà a contrastare realmente la disoccupazione, ma toglierà a tantissimi giovani seri e preparati l’ unica possibilità di farsi conoscere senza raccomandazioni nelle redazioni e di farsi valere in vista di un primo, vitale contratto a termine” .
”Arrogarsi il diritto di vietare a cittadini italiani di esercitare un’attività di studio e lavoro in due mesi dell’ anno — conclude — è peraltro illegale e anticostituzionale” . (ANSA) Al di là delle pur dirimenti questioni giuridiche e di costituzionalità, non sta in piedi sul piano sostanziale l’apparente sillogismo “stagisti estivi al posto dei disoccupati, ergo per difendere l’ occupazione occorre stoppare gli stage” . Fermo restando l’impegno per aiutare i colleghi in difficoltà, la norma non funziona né praticamente né logicamente.
1) Praticamente: come si è detto, l’ Ordine può al massimo far pressione sulle Scuole che non si attengono alla norma minacciando di ritirare il suo “ riconoscimento” . Tuttavia, le aziende restano costituzionalmente libere di fare fare stage a studenti di altre scuole, università corsi ecc. Quindi per i disoccupati non cambierebbe nulla.
2) Logicamente: qualora l’ Ordine o chiunque altro potesse in effetti “ vietare” tutti gli stage nelle redazioni, si bloccherebbe — sia pur con eccellenti intenzioni — un accesso regolato e serio alla professione.
E’ umanamente, economicamente, professionalmente pensabile bloccare l’accesso di forze nuove in questo mestiere in nome della difesa dei disoccupati “ ufficiali” ? Il tutto mentre l’ età media delle redazioni italiane si innalza minacciosamente al livello di quella (altissima! ) dei lettori dei giornali? Questo è il nodo politico — e logico — da affrontare. La risposta mi sembra ovvia: è utile, anzi necessario al giornalismo italiano l’inserimento di forze nuove e le scuole (con i loro stage) sono oggi lo strumento migliore perché queste forze nuove vengano formate e siano concretamente in contatto con le redazioni. (Fonte 20.12.2007: mariotedeschini.blog.kataweb.it).