PESCARA, 5 gennaio 2015. Stamani è stata depositata la sentenza del giudice del Lavoro (Carmine Maffei) del Tribunale di Pescara sull'abolizione del divieto di cumulo pensione-lavoro, secondo lo schema della “legge Tremonti” (n, 133/2008). Il giudice Maffei, responsabile della sezione Lavoro del Tribunale, si è uniformato alla sentenza (1098/2012), unica sul punto, della sezione lavoro della Corte di Cassazione, giudicando fondato il ricorso presentato per conto del giornalista Antonio del Giudice (già direttore del “Centro”) dagli avvocati Riccardo e Margherita Di Pasquale (con studio in Roma). Naturalmente si tratta del primo caso in Abruzzo. Il giudice del lavoro ha “fatto proprio il principio” affermato dalla sentenza della Cassazione “in forza della quale risultano acclarate: la incontestabile natura di ente privatizzato dell’Inpgi, ai sensi del Dlgs n. 509/1994; la funzione sostitutiva (rispetto alle altre forme di previdenza obbligatoria) dell’assicurazione gestita dal medesimo ente; l’applicabilità a quest’ultimo delle disposizioni legislative in successione temporale sopraggiunte in tema di cumulo tra pensione e reddito da lavoro (art. 72, comma 1, legge n. 388/2000; art. 44, comma 1, legge n. 289/2002; art. 19 legge n. 133/2008); da ultimo, la estensibilità di tali disposizioni (e del principio di cumulabilità da esse attingibili) anche agli iscritti alla Fondazione Inpgi”. L’Inpgi quasi sicuramente presenterà il ricorso alla Corte d'appello dell'Aquila. Ed ecco il testo della sentenza:
N. 1054 Sentenza Fasc. n. 299/2014
REPUBBLICA ITALIANA - IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI PESCARA. Il Giudice del Lavoro - dott. CARMINE MAFFEI ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A
nel procedimento CIVILE riservato all'udienza del 2.12.2014
P R O M O S S O DA DEL GIUDICE ANTONIO
con domicilio eletto in Pescara presso lo studio dell’Avv.to M. Grilli, Viale G. D’Annunzio, n. 23, rappresentato e difeso dagli Avv.ti R. e M. Di Pasquale con procura a margine del ricorso C O N T R O I.N.P.G.I. – Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Professionisti “Giovanni Amendola” elettivamente domiciliato in Pescara presso lo studio dell’Avv.to E. Bolini, Via Monte Pagano, n. 1, rappresentato e difeso dall’Avv.to Elisabetta Angelini in virtù di procura a margine della memoria di costituzione.
OGGETTO: RIPETIZIONE RATEI PENSIONE DI ANZIANITA’.
CONCLUSIONI: I procuratori delle parti concludono come da verbale del 2.12.2014.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO - Con ricorso depositato il 5.2.2014 Del Giudice Antonio, giornalista, esponeva che, in esito alla maturazione dei prescritti requisiti anagrafico e contributivo, con effetto dal 1° aprile 2007 aveva conseguito la pensione di vecchiaia, con attribuzione del relativo integrale trattamento previdenziale. Esponeva altresì che nella titolarità di siffatto trattamento egli aveva continuato a svolgere la sua attività di giornalista freelance in forma autonoma. Sennonché, in ragione dei redditi derivati da quest’ultima attività, relativamente agli anni 2008 e 2009 l’INPGI, in applicazione dell’art. 15 del Regolamento, aveva proceduto alla decurtazione dei ratei di pensione in suo godimento, per il complessivo importo di € 00.377,79. Deduceva la erroneità e la illegittimità di siffatta determinazione, giacché assunta: in spregio alla funzione previdenziale sostitutiva (di quella di pertinenza dell’assicurazione generale obbligatoria) istituzionalmente riservata al predetto ente; in violazione del principio di cumulabilità del reddito pensionistico con quello da lavoro, come peraltro attingibile da alcune disposizioni di legge, e segnatamente dagli artt. 72, comma 1; l. n. 388/2000, 44, comma 1; l. n. 289/2002 e 19 l. n. 133/2008. Tanto premesso, chiedeva che l’adito Tribunale, previe disapplicazione dell’art. 15 del Regolamento INPGI e declaratoria di illegittimità delle dedotte trattenute, condannasse l’Istituto evocato in giudizio alla restituzione della somma di 00.377,79 o di quella ritenuta di giustizia, oltre agli accessori di legge. Il tutto con vittoria di spese, diritti ed onorari.
Nel resistere in giudizio l’INPGI contestava la fondatezza della domanda ex adverso azionata, sull’assunto della propria appartenenza al novero degli enti previdenziali privatizzati ai sensi del D. Lgs. n. 509/1994, al tempo stesso dotato di autonomia gestionale, organizzativa e contabile, sia pure con il limite dell’assoggettamento al controllo statale in ragione della natura latamente pubblica delle funzioni ad esso conferite. Conseguentemente dovendosi derivare, dalla peculiarità della così delineata fisionomia, la differenziazione dell’INPGI sia dall’INPS (e comunque dagli enti facenti parte del comparto pubblico), sia dagli altri enti e casse libero-professionali: quanto alla prima differenziazione, nella considerazione che l’Istituto resistente è “l’unica istituzione, nel sistema previdenziale del Paese, che gestisce unitariamente, in regime sostitutivo e con regolamentazione autonoma, tutte le forme assicurative obbligatorie di previdenza ed assistenza in favore dei giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti e dei familiari aventi diritto”; quanto alla seconda, in ragione della maggiore ampiezza della tutela da esso offerta ai propri assicurati. Con l’ulteriore effetto della piena legittimità (in capo all’INPGI) della autonomia normativa in tema di interventi sia sui contributi che sulle prestazioni; il tutto in funzione di salvaguardia dell’equilibrio di bilancio e, con esso, della compatibilità del regime prestazionale con quello contributivo, sia pure con l’unico vincolo di mantenere il livello del primo, nel suo complesso, non inferiore all’AGO. Concludeva pertanto per la reiezione della domanda, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese e competenze processuali. Così radicatosi il contraddittorio, all’odierna udienza, preceduta da deposito di memorie illustrative autorizzate, la controversia era decisa come da separato dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE - Come è dato apprendere dalla premessa espositiva dei fatti di causa, il tema del contendere nel presente giudizio investe il quesito avente ad oggetto la natura giuridica dell’INPGI nel quadro del vigente ordinamento previdenziale. In particolare, occorre stabilire se detto ente, per quanto privatizzato ai sensi del D. Lgs. n. 509/94, è tuttavia preordinato al conferimento di una forma di assistenza previdenziale sostitutiva rispetto a quella di pertinenza dell’assicurazione generale obbligatoria INPS (con conseguente obbligo di assicurare prestazioni non differenziate, anche in tema di cumulo di redditi da pensione con quelli da lavoro); ovvero se, pur nella peculiarità di funzioni come richiamate dalla difesa di parte resistente, il medesimo ente debba essere inquadrato nel novero degli enti privatizzati in generale, con conseguente legittimità delle determinazioni normative da esso assumibili (anche sul versante contributivo e prestazionale) in ragione della propria autonomia gestionale, organizzativa e contabile.
Orbene, alla risposta al così delineato quesito soccorre in senso favorevole alla prospettazione difensiva di parte ricorrente la Suprema Corte con sentenza n. 1098/2012, in forza della quale risultano acclarate: la incontestabile natura di ente privatizzato dell’INPGI, ai sensi del D. Lgs. n. 509/1994; la funzione sostitutiva (rispetto alle altre forme di previdenza obbligatoria) dell’assicurazione gestita dal medesimo ente; l’applicabilità a quest’ultimo delle disposizioni legislative in successione temporale sopraggiunte in tema di cumulo tra pensione e reddito da lavoro (art. 72, comma 1, l. n. 388/2000; art. 44, comma 1, l. n. 289/2002; art. 19 l. n. 133/2008); da ultimo, la estensibilità di tali disposizioni (e del principio di cumulabilità da esse attingibili) anche agli iscritti alla Fondazione INPGI.
Il giudicante condivide e fa proprio il principio testé richiamato.
Il ricorso va pertanto accolto, con le conseguenze meglio specificate in dispositivo.
Le spese del giudizio, pure liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P. Q. M. Così provvede:
In accoglimento della domanda condanna l’ente convenuto al pagamento in favore del ricorrente della somma di € 00.377,79, oltre agli accessori di legge.
Condanna altresì il convenuto a rifondere al ricorrente le competenze professionali del giudizio, che si liquidano in € 4.000,00, oltre rimborso spese forfettario (nella misura del 15% del compenso professionale così determinato), I.V.A. e C.A.P. come per legge.
Così deciso in Pescara in data 2.12.2014.
IL GIUDICE (Dott. Carmine MAFFEI)
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SENTENZE E ARTICOLI SULLA LIBERTÀ DI CUMULO
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