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Durissima ordinanza si abbatte sulla Rai. Il giudice del lavoro del Tribunale di Milano ha accertato e dichiarato la natura discriminatoria e, conseguentemente, la nullità del licenziamento intimato al giornalista professionista Vincenzo CRETI il 1°/5/2014 e, per l’effetto, ha ordinato alla Rai l’immediata reintegrazione del lavoratore nel posto e nelle mansioni di cui in precedenza, o altre equivalenti. Ha condannato la Rai a risarcire a Vincenzo CRETI il danno determinato nelle retribuzioni globali di fatto maturate dalla data del licenziamento a quella di effettiva reintegrazione– e, comunque, in misura non inferiore a cinque mensilità, oltre interessi e rivalutazione. Creti aveva chiesto di rimanere in servizio fino al compimento dei 70 anni. Qui sotto il testo integrale dell’ordinanza.


N. 13103/14 R.G.L.- TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE LAVORO - ORDINANZA EX ART. 1, CO. 49, LEGGE 92/2012 - Il Giudice del Lavoro, dott.ssa Chiara COLOSIMO, nel procedimento ex art. 1, co. 47ss., Legge 92/2012 promosso Da CRETI Vincenzo, con l’Avv. M. Simionato, l’Avv. A. Simionato contro RADIOTELEVISIONE ITALIANA s.p.a., con l’Avv. Persiani e l’Avv. Capello.


letti gli atti, esaminati i documenti, a scioglimento della riserva assunta il 10 febbraio 2015, osserva,


IN FATTO - con ricorso depositato il 24 novembre 2014 ex art. 1, co. 47ss., Legge 92/2012, Vincenzo CRETI ha convenuto in giudizio RADIOTELEVISIONE ITALIANA s.p.a., impugnando il licenziamento intimatogli dalla convenuta all’esito di un procedimento per licenziamento collettivo. Deducendo la nullità della risoluzione del rapporto per la ritenuta natura discriminatoria e ritorsiva della stessa, e comunque in quanto intimata in frode alla legge, ha chiesto la condanna della società convenuta alle conseguenze di cui all’art. 18, co. 1-3, Legge 300/1970. In subordine, dolendosi della violazione delle disposizioni di cui agli artt. 4, 5 e 24 Legge 223/1991, ha insistito per la condanna della società ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 18, co. 4-7, Legge 300/1970. In via di ulteriore subordine, ha rassegnato conclusioni ex art. 18, co. 5 o 6, Legge 300/1970. Il tutto oltre interessi e rivalutazione e, in ogni caso, con vittoria delle spese di lite. Si è costituita ritualmente in giudizio RADIOTELEVISIONE ITALIANA s.p.a. (infra RAI s.p.a.) eccependo l’infondatezza in fatto e in diritto delle domande di cui al ricorso e chiedendo il rigetto delle avversarie pretese. Con vittoria delle spese di lite. Esperito inutilmente il tentativo di conciliazione e assunte le prove ritenute indispensabili ai fini del decidere, il Giudice ha invitato i procuratori alla discussione orale e, all’esito, si è riservato.



IN DIRITTO - Parte ricorrente agisce in giudizio al fine di ottenere l’accertamento della nullità del licenziamento intimatogli l’1/5/2014 all’esito di una procedura di licenziamento collettivo avviata il 31/3/2014 e conclusasi con accordo del 2 aprile 2014. A fondamento della domanda svolta in via principale, deduce la natura discriminatoria e ritorsiva del provvedimento datoriale, e si duole del fatto che lo stesso sarebbe stato in ogni caso adottato in frode alla legge. In particolare, Vincenzo CRETI sostiene che la procedura di licenziamento collettivo per cui è causa avrebbe avuto il solo scopo di individuare il personale da licenziare in ragione dell’età anagrafica, anche al fine di coinvolgere nel licenziamento quegli stessi lavoratori già in precedenza licenziati per la maturazione del diritto alla pensione autonoma di vecchiaia: lavoratori che avevano in parte impugnato con esito favorevole la risoluzione del rapporto, e avevano ottenuto dal Tribunale la condanna dell’azienda alla reintegrazione nel posto di lavoro. Lo stesso ricorrente, in effetti, come pacifico in giudizio, è stato destinatario di un primo licenziamento comunicato il 24/3/2012 in ragione del conseguimento dei “requisiti assicurativi e contributivi fissati per la maturazione del diritto ad una pensione autonoma di vecchiaia” (doc. 8, fascicolo ricorrente). Questo, nonostante il 27/12/2011 avesse formalmente comunicato al datore di lavoro l’intenzione di rimanere in servizio sino al compimento del settantesimo anno di età (doc. 7, fascicolo ricorrente). Detto licenziamento è stato impugnato giudizialmente il 14/5/2012 ed è stato dichiarato illegittimo con ordinanza 17/12/2012 (doc. 13, fascicolo ricorrente), confermata in sede di opposizione con sentenza n. 1569/2013 (doc. 14, fascicolo 3 ricorrente), poi confermata in sede di reclamo dalla Corte d’Appello di Milano con sentenza 29 ottobre 2013 (doc. 15, fascicolo ricorrente).


Con lettera del 24/4/2014, RAI s.p.a. ha comunicato a Vincenzo CRETI quanto segue: “le comunichiamo che, in base all’accordo del 2 aprile 2014, stipulato ai sensi degli effetti degli articoli 4, 5 e 24 della legge 223/91 e successive modifiche ed integrazioni, tra la Rai e l’Usigrai… Lei risulta rientrare nell’elenco dei lavoratori eccedentari, soddisfacendo in particolare i criteri stabiliti alle lettere a) e b) del punto 5, elaborati dalle parti per la scelta dei lavoratori da licenziare, in quanto funzionali all’esigenza di riorganizzazione aziendale. Pertanto, in applicazione degli indici di priorità concordate in sede collettiva al punto 6 delle più volte richiamate intese e ferma restando la comunicazione finale effettuata ex art. 4 l. n. 223/91, Le comunichiamo che il rapporto di lavoro con l’azienda cesserà per riduzione di personale il giorno 1 maggio 2014. Con la presente comunicazione non si intende revocare licenziamento disposto in data 24 marzo 2012…” (doc. 1, fascicolo ricorrente).


La procedura, avviata con comunicazione del 31 marzo 2014, si è conclusa con verbale congiunto di accordo del 2 aprile 2014 nel quale RAI s.p.a. e Usigrai hanno convenuto “sulla necessità di fissare i criteri di scelta come stabiliti in via ordinaria dall’art. 5 della legge n. 223/1991 e successive modifiche… prevedendo – al fine di mitigare le conseguenze sul piano sociale – l’applicazione dei seguenti criteri, funzionali al perseguimento delle esigenze indicate in premessa, da intendersi, pertanto, integralmente sostitutivi di quelli legali: a) data di nascita fino al 31 dicembre 1949; b) possesso, alla data di sottoscrizione del presente accordo, dei requisiti per l’accesso al trattamento di pensione a carico dell’INPGI, Istituto Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Giornalisti Italiani (trattamento di vecchiaia o di anzianità) ovvero maturazione del diritto all’accesso ai predetti trattamenti pensionistici nel corso di vigenza della procedura, come definita al successivo punto 8. Resta inteso che, stante il condiviso obiettivo di una piena e completa attuazione del principio delle pari opportunità tra uomini e donne, tale criterio troverà applicazione indipendentemente dalla diversa età prevista per l’accesso al trattamento di vecchiaia per i diversi generi. Resta altresì inteso che, per i soggetti come sopra individuati, la cessazione del rapporto di lavoro non potrà avvenire in una data antecedente a quella di effettiva maturazione del diritto ad un trattamento pensionistico a carico dell’INPGI” (doc. 4, fascicolo ricorrente).


Nel medesimo accordo si è altresì stabilito che “i requisiti di cui alle lettere a) e b) si intendono congiunti ai fini dell’applicazione delle previsioni di quel presente accordo. Pertanto, la graduatoria dei giornalisti interessati sarà stilata – nell’ambito di coloro che abbiano una data di nascita non successiva al 31 dicembre 1949 – secondo un ordine di precedenza costituito dalla data più prossima di maturazione del requisito di accesso ad uno qualunque dei trattamenti pensionistici di cui al precedente punto 5, lettera b), in virtù delle informazioni risultanti dagli estratti contributivi rilasciati… dagli interessati in base a quanto concordato con l’accordo del 28 giugno 2013. In mancanza, l’azienda procederà all’applicazione del presente accordo sulla base delle informazioni in suo possesso…” (doc. 4, fascicolo ricorrente).


Orbene, in relazione ai due criteri individuati nell’accordo appena richiamato al fine di selezionare i lavoratori, deve evidenziarsi quanto segue.


Questo Tribunale ha già avuto modo di osservare che, sotto un profilo di ordine generale, l’adozione della maturazione dei requisiti pensionistici quale criterio utile nell’ambito di procedure di licenziamento non può, di per sé considerato, essere ritenuto a priori discriminatorio o comunque illegittimo in quanto destinato a trovare applicazione, non in ragione dell’età dei lavoratori, ma in conseguenza dell’anzianità contributiva maturata.


Se è vero che l’anzianità contributiva è generalmente attributo proprio dei soggetti in possesso di una certa anzianità anagrafica, le due condizioni non sono inscindibilmente correlate, atteso che la prima dipende – più che dall’età anagrafica – dal momento in cui un determinato individuo ha iniziato a prestare attività lavorativa.


Con particolare riferimento alle procedure di licenziamento collettivo, il Supremo Collegio ha chiarito che, “è lecito il criterio concordato tra azienda e sindacati per il licenziamento collettivo basato sul possesso dei requisiti per andare in pensione. In primo luogo, infatti, non si ravvisa una discriminazione in base al fattore età, in quanto il criterio adottato non si fonda esclusivamente sul dato anagrafico, bensì sul possesso dei requisiti pensionistici: si possono avere casi di lavoratori più anziani di età che, in virtù di una particolare storia lavorativa, non presentano i suddetti requisiti. In secondo luogo, accertata la necessità di licenziamento di parte del personale, appare ragionevole la scelta di privilegiare i lavoratori che, se licenziati, sarebbero passati alla disoccupazione, rimanendo così privi di reddito, e di licenziare, invece, quelli che avevano i requisiti per accedere alla pensione, in modo da ridurre l’impatto sociale dei licenziamenti” (Cass. Civ., Sez. Lav., 26 aprile 2011, n. 9348).


In tal caso, “…ove, in sede di accordo sindacale, le parti sociali abbiano concordato la sostituzione dei criteri legali con quelli della prossimità alla pensione tenendo conto delle esigenze tecnico produttive ed organizzative dell’azienda, i nuovi criteri debbono ritenersi alternativi e di integrale applicazione, dovendosi ritenere arbitraria la qualificazione delle esigenze tecnico produttive ed organizzative solo come mera riconduzione alla previsione di cui alla prima parte dell’art. 5, comma 1, legge n. 223 del 1991” (Cass. Civ., Sez. Lav., 27 gennaio 2011, n. 1938).


Peraltro, “in tema di verifica del rispetto delle regole procedurali dettate per i licenziamenti collettivi per riduzione di personale dettate dalla l. 223/1991, la sufficienza dei contenuti della comunicazione preventiva deve essere valutata in relazione ai motivi della riduzione di personale, sottratti al controllo giurisdizionale, cosicché, nel caso di progetto imprenditoriale diretto a ridimensionare l’organico dell’intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, l’imprenditore può limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti, in presenza della conclusione di un accordo con i sindacati all’esito della procedura, che, nell’ambito delle misure idonee a ridurre l’impatto sociale dei licenziamenti, adotti il criterio di scelta del possesso dei requisiti per l’accesso alla pensione o, comunque, incentrato sulla maggiore prossimità del diritto a pensione” (Cass. Civ., Sez. Lav., 13 gennaio 2012, n. 391).


Posta questa necessaria premessa, deve tuttavia considerarsi il fatto che l’accordo del 2 aprile 2014 contempla due criteri, destinati a operare congiuntamente, dei quali il primo è quello rappresentato dalla limitazione della procedura di licenziamento ai lavoratori con una “data di nascita fino al 31 dicembre 1949”.


L’effetto di tale specifico criterio è, di fatto, quello di circoscrivere la platea dei soggetti licenziabili ai soli lavoratori che abbiano compiuto il 65º anno di età e, quindi, a quei lavoratori per i quali INPGI consente il pensionamento di vecchiaia (65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne).


Sicché, a dispetto dell’ambito di applicazione del secondo criterio, utile a far ricomprendere nella procedura di licenziamento collettivo tutti i lavoratori in possesso dei requisiti per l’accesso al trattamento di pensione a carico dell’INPGI (sia esso di anzianità ovvero di vecchiaia), il filtro del primo criterio è destinato a individuare in via diretta e primaria i lavoratori in possesso dei requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia, e solo in via incidentale quelli in possesso dei requisiti per l’accesso al trattamento di pensione di anzianità.


Di fatto, per come previsto nell’accordo del 2 aprile 2014, il criterio dell’età anagrafica è destinato a operare in via prevalentemente autonoma, atteso che il compimento del 65º anno di età determina il diritto al conseguimento della pensione di vecchiaia.


Per contro, a dispetto di quanto parrebbe sotteso al criterio di cui alla lettera b), il criterio di cui alla lettera a) fa salvi tutti i lavoratori che, nati dopo il 31 dicembre 1949, abbiano già maturato il diritto al conseguimento della pensione di anzianità.


L’effetto del criterio di cui alla lettera a) si prospetta, dunque, quale irragionevole e ingiustificata limitazione della platea dei potenziali destinatari del licenziamento collettivo atteso che – anche, e soprattutto, in considerazione dei presupposti dichiarati dall’azienda a sostegno della procedura de qua – non si ravvisa alcuna motivazione obiettiva atta a giustificare la salvaguardia di quanti, pur nati in epoca successiva al 31 dicembre 1949, abbiano comunque raggiunto i requisiti per il trattamento pensionistico di anzianità. Invero, se l’intento delle parti era effettivamente quello di “mitigare le conseguenze sul piano sociale”, sarebbe stato più coerente (e, comunque, oltremodo più ragionevole) ricomprendere coloro che, per aver raggiunto i requisiti utili alla pensione di anzianità, avrebbero potuto senz’altro beneficiare di un trattamento pensionistico più satisfattivo del trattamento pensionistico di vecchiaia. Ancora, se come ribadito in memoria, l’intenzione dell’azienda non era solo quella di razionalizzare le risorse economiche, ma di garantirsi un “cambio mix delle professionalità al fine di adeguare le competenze professionali ai nuovi scenari di sviluppo produttivo ed organizzativo…” e di procedere altresì “ad un riassetto del personale giornalistico con profili professionali provvisti di adeguate competenza in linea con l’innovazione tecnologica ed il rilancio dell’azienda…”, sarebbe stato oltremodo coerente includere quanti, in virtù della lunga carriera professionale, avessero maturato i requisiti per il trattamento pensionistico di anzianità.


Vi è da rilevare, peraltro, come l’individuazione della data del 31 dicembre 1949 non risulti funzionale alle affermate esigenze della società. Quest’ultima aveva dichiarato nella lettera di apertura della procedura di avere la necessità di procedere al licenziamento collettivo di 80 dipendenti: un numero rideterminato nell’accordo del 2 aprile 2014 in 29 unità, e che all’esito della procedura medesima si è ridotto a 13.


Ciò detto, ai fini del decidere, risulta altresì necessario evidenziare quanto segue. La data del 31 dicembre 1949 era astrattamente destinata a lasciare uno spazio di sette mesi (ricompreso tra l’1 aprile 2014 e il 31 dicembre 2014) nel corso del quale avrebbero potuto essere coinvolti nel licenziamento collettivo giornalisti che non avessero ancora compiuto il 65º anno di età. Dallo schema riassuntivo prodotto da parte convenuta in giudizio e dal LUL, tuttavia, si evince quanto segue. Una parte dei lavoratori licenziati all’esito della procedura in esame avevano, all’epoca del licenziamento, compiuto il 65º anno di età: Raffaella Brustia in quanto nata nel marzo 1947, Vincenzo CRETI in quanto nato nel marzo 1947, Piergiorgio Marras in quanto nato nel febbraio 1948, Luciano Fraschetti in quanto nato nel febbraio 1948. Per quel che attiene agli altri, si osserva che Maulucci è stato licenziato il giorno del compimento del 65º anno di età (29/4/2014), Enrico Biribicchi è stato licenziato il 28/5/2014 quando aveva da poco compiuto il 65º anno di età, Raffale Luise è stato licenziato il giorno del compimento del 65º anno di età (31/7/2014), Orlando Alessandro Perera è stato licenziato il giorno del compimento del 65º anno di età (5/9/2014), Claudio Mantovani è stato licenziato il giorno del compimento del 65º anno di età (24/9/2014), Giorgio Cirillo è stato licenziato il giorno del compimento del 65º anno di età (1/10/2014), Franco Trifoni è stato licenziato il giorno del compimento del 65º anno di età (4/10/2014), Franco De Felice è stato licenziato il giorno del compimento del 65º anno di età (28/10/2014).


Tale rilievo deve essere letto in uno con la previsione di cui al pt. 8 dell’accordo del 2 aprile 2014, con la quale le parti “avvalendosi della facoltà di deroga di cui all’art 8 della legge n. 236/93”, hanno concordato che “le n. 29 cessazioni dei rapporti di lavoro effettuate in attuazione della presente procedura interverranno in un arco temporale più ampio dei 120 giorni previsti in via ordinaria e fino alla data del 30 novembre 2014”.


Una deroga, questa, che non trova alcuna obiettiva ragion d’essere né nelle premesse dell’accordo medesimo né nella memoria difensiva dell’azienda e che, in virtù di quanto sopra osservato, risulta esclusivamente ricollegata al raggiungimento del 65º anno di età dei lavoratori sopra indicati.


Peraltro, sotto un profilo prettamente oggettivo, anche le date delle risoluzioni dei rapporti sopra richiamate si mostrano svincolate da qualsivoglia particolare esigenza organizzativa o produttiva aziendale, e ragionevolmente ricollegabili esclusivamente al raggiungimento di tale specifica età anagrafica.


In sostanza, con l’unica ininfluente eccezione di Gianni Gaspari, tutti lavoratori coinvolti nel licenziamento per cui è causa sono stati destinatari della lettera di risoluzione del rapporto di lavoro solo una volta compiuto il 65º anno di età, anche se potenzialmente licenziabili, con una coerente applicazione dei criteri stabiliti dall’accordo, sin dallo stesso 2 aprile 2014.


Alla luce di quanto sin qui osservato, deve ritenersi che l’effetto congiunto dei criteri individuati nell’accordo del 2 aprile 2014, nella concreta applicazione che ne è stata data dalla parte datoriale, sia discriminatorio. Come correttamente lamentato da parte ricorrente, infatti, l’unico effettivo criterio di selezione dei lavoratori da licenziare adottato dall’azienda risulta di fatto essere quello dell’età anagrafica. Per questi motivi, RAI s.p.a. deve essere condannata ex art. 18, co. 1-3, Legge 300/1970 all’immediata reintegrazione di Vincenzo CRETI nel posto di lavoro e nelle mansioni di cui in precedenza, o altre equivalenti. La convenuta, inoltre, deve essere condannata a risarcire al lavoratore il danno determinato nella retribuzione mensile globale di fatto (da calcolarsi tenuto conto di una retribuzione lorda mensile pari a € 7.736,36 – cfr. docc. 9, fascicolo convenuta) da corrispondersi dalla data del licenziamento a quella di effettiva reintegrazione – detratto l’aliunde perceptum – e, comunque, in misura non inferiore a cinque mensilità, oltre interessi e rivalutazione. RAI s.p.a. deve essere condannata, infine, a versare i contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell’effettiva reintegrazione. La condanna al pagamento delle spese di lite segue la soccombenza e, pertanto, la società convenuta deve essere condannata al pagamento delle stesse liquidate come in dispositivo.


Ordinanza immediatamente esecutiva ex art. 1, co. 49, Legge 92/2012.



P.Q.M.



accerta e dichiara la natura discriminatoria e, conseguentemente, la nullità del licenziamento intimato a Vincenzo CRETI il 1/5/2014 e, per l’effetto, ordina a RAI s.p.a. l’immediata reintegrazione del lavoratore nel posto e nelle mansioni di cui in precedenza, o altre equivalenti.


Condanna la convenuta a risarcire a Vincenzo CRETI il danno determinato nelle retribuzioni globali di fatto (da calcolarsi tenuto conto di una retribuzione lorda mensile pari a € 7.736,36) maturate dalla data del licenziamento a quella di effettiva reintegrazione – detratto l’aliunde perceptum – e, comunque, in misura non inferiore a cinque mensilità, oltre interessi e rivalutazione.


Condanna RAI s.p.a. a versare i contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell’effettiva reintegrazione.


Condanna la convenuta alla rifusione delle spese di lite che liquida in complessivi € 7.000,00 oltre accessori come per legge.


Ordinanza immediatamente esecutiva ex lege.



MANDA alla Cancelleria per la tempestiva comunicazione alle parti costituite.



Milano, 13 febbraio 2015



IL GIUDICE DEL LAVORO


dott.ssa Chiara COLOSIMO






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