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7 MARZO 2015/Jobs Act, da oggi addio all'articolo 18: il contratto a tutele crescenti è in vigore. I primi decreti attuativi sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale, saranno efficaci immediatamente. Fiat promette 1.500 assunzioni a Melfi, Telecom 4mila nuovi contratti in due anni. Preoccupati i sindacati che temono licenziamenti a catena. IL TESTO DEL JOB ACT È SCARICABILE.

di GIULIANO BALESTRERI - Repubblica-7.3.2015


MILANO - Sabato 7 marzo 2015: il contratto a tutele crescenti entra in vigore, così come la riforma degli ammortizzatori sociali e la rottamazione definitiva dell'articolo 18. Un anno dopo la presentazione del Jobs Act al Consiglio dei ministri del 12 marzo 2014, i primi due decreti attuativi sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale e sono entrati in vigore: dal 7 marzo tutti i nuovi assunti - anche chi passerà da un'azienda a un'altra - non avranno diritto alle tutele dell'articolo 18, che resta, invece, per tutti gli altri. Sull'effettiva efficacia della riforma il governo Renzi si gioca molta della sua credibilità. Il premier ha promesso il rilancio dell'occupazione e a cascata dei consumi, incassando i pareri positivi dell'Unione europea e le promesse di assunzione da parte delle grandi imprese. Renzi, però, si muove lungo un crinale pericoloso: il contratto a tutele crescenti cancella il diritto al reintegro in caso di licenziamento per motivi economici, anche quando sono illegittimi. Per i sindacati il rischio di licenziamenti a catena è dietro l'angolo, ma per il governo il paracadute dei sussidi alla disoccupazione estesi a tutti è più che sufficiente.
Tutti gli imprenditori in queste ore premettono che "la scelta di assumere o licenziare dipende innanzitutto dal mercato e dalle commesse. Nessuno aumenta l'organico perché c'è una nuova legge", ma le aziende di grandi dimensioni hanno già annunciato che intendono approfittare della nuova legge. A fine 2014 era stata Telecom a fare da apripista: "Con il Jobs Act assumeremo quattromila persone in due anni", aveva detto l'ad della società, Marco Patuano. Pietro Salini, ceo di Salini-Impregilo, ha parlato di "2.500 assunzioni in Italia nei prossimi 12 mesi". E Sergio Marchionne, al Salone di Detroit, aveva annunciato "1.000 nuove assunzioni a Melfi". Anche le piccole aziende promettono di fare la loro parte: "Se io so che non sono vincolato a tenere a vita i miei dipendenti in azienda, posso rischiare anche un investimento che nella condizione precedente avrei giudicato imprudente " dice Marco Gay, presidente dei giovani di Confindustria.  .
Anche perché come segnala uno studio della
Uil del dicembre scorso, conterà soprattutto quello che i giuristi chiamano il "combinato disposto ", tra l'abolizione dei contributi a carico delle imprese per i primi tre anni di assunzione e l'abolizione dell'articolo 18 sostituito con gli indennizzi previsti dal contratto a tutele crescenti. La simulazione dalla Uil spiega che gli sgravi fiscali previsti dalla legge di stabilità sono molto superiori agli indennizzi che le aziende sono obbligate a pagare in caso di licenziamento di un dipendente assunto con il contratto a tutele crescenti. Un vantaggio per le aziende che, nel caso di licenziamento senza giusta causa dopo tre anni, varia da 5 a 14 mila euro a seconda dell'inquadramento. Per la Cgia di Mestre in tre mesi è ipotizzabile che arrivino 8mila nuove assunzioni.
La scheda. Domande e risposte sul nuovo contratto.
Oltre al contratto a tutele crescenti, dal 6 marzo, sono in vigore anche i nuovi ammortizzatori sociali con la nuova Aspi che avrà una durata di due anni al termine dei quali è possibile avere una proroga al sostegno: entrerà in vigore dal primo maggio, non potrà superare i 1.300 euro al mese e verrà ridotta del 3% al mese dopo i primi quattro. Per quest'anno viene introdotta anche l'Asdi, l'assegno di disoccupazione che verrà riconosciuto a chi, scaduta la Naspi, non ha trovato impiego e si trovi in condizioni di particolare necessità. La durata dell'assegno, che sarà pari al 75% dell'indennità Naspi, è di 6 mesi e verrà erogato fino ad esaurimento dei 300 milioni del fondo specificamente costituito.
Contratti. Entra in vigore anche il riordino delle tipologie contrattuali. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti ha spiegato che per il contratto a tempo determinato resterà il limite attuale di 36 mesi: esclusa la riduzione a due anni e quella del numero possibile di proroghe (resteranno cinque). Stop, invece, ai vecchi contratti di collaborazione co.co.pro: dal 2016, su quelli ancora in essere, verranno effettuati dei controlli: "Nei casi previsti dalla legge diventeranno lavoratori dipendenti - dice Poletti -. La nostra scommessa è che l'assunzione a tempo indeterminato diventi la regola". Per il governo si intende lavoro dipendente quello ripetitivo all'interno di un'azienda coordinato direttamente dal committente. Giro di vite, dunque, anche sulla partite Iva fasulle. Restano salve le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi, all'interno, però, della nuova normativa.

Ricollocazione. Arriva che il "il contratto di ricollocazione: un voucher da 7mila euro con quale ci si rivolge all'agenzia per trovare un nuovo posto di lavoro". Cambia anche l'apprendistato: quando si fa formazione il costo a carico dell'aziende scende al 10% "perché si fa formazione".
Part time per malattia. Aumenta la flessibilità sul part-time: "In caso di grave patologia - ha spiegato il ministro Poletti - , in aggiunta a quelle oncologiche già previste, si potrà trasformare il lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale. Basta quindi con 'o stai a lavorare o vai a casa'. Lo stesso sarà possibile anche per i periodi di maternità o congedo parentale". Resta il contratto a chiamata se il tempo parziale avrà una maggior decontribuzione fiscale.
Maternità e congedo parentale. Due le novità previste dal decreto: viene esteso dai tre ai sei anni del bambino il diritto ad usufruire del congedo parentale retribuito al 30%, mentre i permessi non pagati potranno essere richiesti fino ai 12 anni (oggi la norma prevede un limite a otto anni). In questo contesto vengono equiparati figli adottivi a quelli naturali. Sarà inoltre possibile optare per il part-time al posto del congedo di maternità.




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articolo 18    jobs act   contratto tutele crescenti    cocopro



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Da marzo i primi contratti a tutele crescenti senza reintegro



di LUISA GRION-Repubblica 7.3.2015



A quali lavoratori sarà applicato il Jobs Act?
A tutti i nuovi assunti, ovvero ai lavoratori che saranno assunti a tempo indeterminato con un contratto a tutele crescenti (che non si applica ai dipendenti pubblici). Per tutti gli altri varranno le vecchie regole, articolo 18 compreso.
Cos'è un contratto a tutele crescenti?
È un contratto a tempo indeterminato che si distingue da quello attuale nella parte relativa ai licenziamenti. Solo in pochissimi casi è previsto il reintegro nel posto di lavoro mentre in tutti gli altri si ricorrerà al risarcimento economico che cresce (da qui la formula "a tutele crescenti") in base all'anzianità di servizio. A crescere, dunque, è l'importo del risarcimento.
Quando scatteranno i nuovi contratti senza articolo 18?
A partire dal primo marzo.
Con l'entrata in vigore del Jobs Act cosa succede in caso di licenziamento ingiustificato?
A differenza del passato, se il dipendente sarà licenziato per un motivo economico che non esiste (non c'è ristrutturazione o crisi dell'azienda in corso, il lavoratore poteva essere impegnato in altre mansioni) non ci sarà reintegro nel posto di lavoro, come prevedeva l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, ma solo risarcimento. Il datore di lavoro dovrà pagare una indennità pari a due mensilità dell'ultima retribuzione per ogni anno di servizio, fino ad un massimo di 24 buste paga. Per evitare licenziamenti facili a pochi mesi dall'assunzione è stata introdotta un'indennità minima di 4 mensilità. È prevista anche una conciliazione standard.
Cos'è la conciliazione standard?
Senza passare dal giudice, l'imprenditore offre al lavoratore un importo che non sarà considerato reddito imponibile ai fini Irpef (quindi esentasse) pari a un mese di stipendio per ogni anno di lavoro, fino ad un massimo di 18 stipendi. Il versamento sarà effettuato tramite assegno circolare. Accentando l'assegno il lavoratore rinuncia a fare causa e il rapporto di lavoro si considera chiuso.
Cosa succede in caso di licenziamento collettivo?
Non cambia nulla rispetto a quello individuale. Nel caso in cui il licenziamento riguardi più di 5 persone la legge prevede che per scegliere chi mandare a casa debbano essere rispettati determinati criteri. D'ora in poi se ciò non avverrà - e se quindi il licenziamento collettivo sarà considerato illegittimo - l'azienda non avrà più obbligo di reintegro dei lavoratori, ma solo d'indennizzarli. In teoria, sia per il licenziamento collettivo che per quello individuale c'è una sola possibilità di reintegro: quando il licenziamento è comunicato a voce e non esista forma scritta.
Se il licenziamento avviene per motivi disciplinare considerati poi illegittimi cosa succede?
Il reintegro sul luogo di lavoro sarà garantito solo nel caso in cui sia stata accertata "l'insussistenza del fatto materiale contestato". Quindi, rispetto alla precedente formula Fornero, non c'è più la discrezionalità del giudice nel valutare se il motivo disciplinare sia così grave da richiedere il licenziamento o meno. Per al- cuni esperti la norma è troppo aleatoria e necessita di sentenze giudiziali che ne specifichino la portata.
E se il licenziamento avviene per motivi discriminatori?
In questo caso anche i nuovi assunti hanno diritto al reintegro sul luogo di lavoro e ad un risarcimento (per un minimo di 5 stipendi). L'unica novità consiste nel fatto che il lavoratore, entro un mese dalla sentenza del giudice, potrà scegliere se tornare al lavoro o essere indennizzato con 15 mensilità.
Le indennità da versare sono uguali sia per le piccole che le grandi aziende?
No, per le piccole aziende le indennità in caso di licenziamento ingiustificato riguardano una mensilità per ogni anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 6.
Il decredo riordina gli ammortizzatori sociali e introduce la Naspi. Di cosa si tratta?
La Naspi (nuova assicurazione sociale per l'impiego) vale per chi resterà disoccupato dal primo maggio 2015 e per tutti i lavoratori dipendenti che abbiano perso l'impiego, cumulando almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni di lavoro ed almeno 18 giornate effettive di lavoro negli ultimi 12 mesi. La durata della prestazione è pari ad un numero di settimane corrispondente alla metà delle settimane contributive degli ultimi 4 anni di lavoro. L'ammontare dell'assegno è commisurato alla retribuzione e non può eccedere i 1.300 euro. Dopo i primi 4 mesi di pagamento, la Naspi viene ridotta del 3 per cento al mese. Per averne diritto il disoccupato dovrà partecipare ad iniziative "di attivazione lavorativa" o di riqualificazione professionale.
Asdi e Dis-Col. Cosa sono?
L'Asdi, introdotta in via sperimentale, è prevista per chi, scaduta la Nasdi, non ha ancora trovato lavoro. Vale il 75 per cento della Nasdi e dura sei mesi (fino ad esaurimento di un fondo costituito ad hoc per 300 milioni). La Dis-col è un ammortizzatore previsto per i co. co. co (iscritti alla gestione separata Inps) che perdono il lavoro. Non può durare per più di sei mesi e dopo il quarto mese l'importo (rapportato al reddito) diminuisce del 3 per cento.
Cosa cambia per i contratti precari?
Il Consiglio dei ministri in via preliminare (Jobs act e ammortizzatori sono invece definitivi) ha approvato un riordino delle tipologie contrattuali che dovrà ora passare al vaglio delle Commissioni lavoro. Sono stato aboliti i contratti di associazione in partecipazione e job sharing. Quando il decreto entrerà in vigore saranno aboliti anche i co. co. pro: non se ne potranno fare di nuovi. Quelli in essere, a partire dal 2016, saranno sottoposti a verifica: ai rapporti di collaborazione "con contenuto ripetitivo ed etero-organizzati dal datore di lavoro saranno applicate le norme del lavoro subordinato". Restano salve le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi che prevedono discipline specifiche per particolari esigenze produttive.
Il Jobs Act si applica al pubblica impiego?
No. Il Parlamento sta esaminando la proposta Madia per la riforma della pubblica amministrazione e una eventuale estensione potrebbe essere decisa proprio in quella sede. I partiti di centrodestra della maggioranza spingono per farlo.



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