11.3.2015 - Prepensionamento come atto volontario legato a uno stato di crisi aziendale e non come imposizione discriminante legata all'età anagrafica e contributiva. Ecco un breve manuale che potrà tornare utile a centinaia di giornalisti.
Pressoché in tutti i gruppi editoriali che hanno deciso di fruire della facoltà di prepensionamento prevista dalla legge che disciplina gli stati di crisi sono oramai ultimate le procedure per gli esodi volontari dei giornalisti in base ai rispettivi accordi sindacali.
E questi esodi sono davvero imminenti in quanto abbiamo notizia che il ministero del Lavoro emetterà presto i primi decreti che li renderanno operativi. Ricordiamo come i colleghi che hanno scelto di andare in prepensionamento dovranno essere collocati in Cassa integrazione straordinaria e come essi dovranno subito (e comunque entro sessanta giorni) fare domanda di prepensionamento (tecnicalità da cui deriva la durata solo simbolica del trattamento di Cigs).
Ma che cosa succede nelle aziende editoriali in cui non vi è stato un accordo con incentivazione volontaria e in quelle in cui il numero di prepensionati volontari è inferiore all’esubero dichiarato nell’accordo preso ai sensi dell’articolo 1 bis della legge 114/2014?
E che cosa deve fare in questo caso un giornalista che abbia i requisiti di anzianità per chiedere il trattamento di prepensionamento ma non gli sia stato proposto alcun incentivo o comunque ritenga non soddisfacente quello previsto dall’accordo collettivo ed intenda o rinegoziarlo oppure proseguire la propria attività?
Cerchiamo di rispondere a queste domande, che potrebbero interessare nei prossimi mesi 200 giornalisti in tutta Italia:
1.Il giornalista deve innanzitutto chiedere all’azienda di conoscere l’esatta graduatoria dei lavoratori con i requisiti per il prepensionamento a fine di verificare se esso è inserito tra gli esuberi e se non è stato illegittimamente “scavalcato” da altro collega con maggiore anzianità. Al riguardo vi ricordiamo come, pur nulla prevedendo espressamente la legge al riguardo, la giurisprudenza (anche prima delle procedure introdotte dalla legge 223 del 1991 per gli esuberi collettivi) ha sempre ritenuto preciso obbligo aziendale quello di redigere e produrre su richiesta del lavoratore tali complete liste. E infatti la Suprema Corte (si veda Cassazione civile, sezione lavoro, 10-07-2000, n. 9169) ha sancito che “in relazione... al rispetto dei criteri di scelta... l'obbligo di motivazione (con quanto ne segue in termini di prova) delle scelte unilaterali dell'impresa discende già in astratto dal rispetto delle clausole di correttezza e buona fede nei rapporti obbligatori e... il datore di lavoro... ha l'onere di fornire la prova dell'osservanza di tali criteri… occorrendo la comparativa valutazione della posizione di tutti i dipendenti coinvolti nella soppressione” (si veda anche Cassazione civile, sezione lavoro, 21-11-2001, n. 14663 e Cassazione civile, sezione lavoro, 13-07-1998, n. 6858).
2.Una volta verificato di rientrare tra i potenziali esuberi e di non esservi stato illegittimamente inserito il giornalista deve sapere (e ricordare all’azienda) che:
a) la Corte Costituzionale dapprima con la sentenza numero 256 del 2002 e poi con la sentenza numero 275 del 29 ottobre 2009 ha chiarito come sia gli uomini che le donne possono proseguire il rapporto sino al raggiungimento della pensione di vecchiaia e il datore di lavoro “dovrà considerare come normale la permanenza in servizio... oltre l’età pensionabile e come meramente eventuale la scelta del pensionamento anticipato”. E pertanto ogni provvedimento di licenziamento basato sul raggiungimento di requisiti anticipati di pensione di anzianità, e ogni eventuale norma di contratto o di legge su cui esso si potrebbe fondare, sono anticostituzionali e pertanto non unilateralmente praticabili dal datore;
b) ma non solo il datore non può licenziare i prepensionabili ma, ovviamente, non può effettuare egli al loro posto la scelta di accedere al prepensionamento che rimane libera ed incoartabile in capo al lavoratore;
c) chiarito come per l’azienda non sia possibile né licenziare né prepensionare a forza i dipendenti, va aggiunto come non possa neppure unilateralmente collocarli in Cigs e ciò per tre ordini di motivi:
- perché adottare quale criterio unico per la scelta dei dipendenti da collocare in Cigs l’età degli stessi è una discriminazione diretta vietata dal Trattato di funzionamento dell’Unione europea (Tfue) (articoli 10 e 19) e nell’articolo 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea;
- perché, qualora anche ciò non fosse (ed evidentemente invece è), in ogni caso la legge 223 del 1991 prevede sempre l’obbligo di rotazione dei dipendenti con mansioni fungibili (inclusi cioè coloro che hanno meno di 58 anni) con l’unica eccezione che sia possibile sospendere senza rotazione (è la cosiddetta Cigs a 0 ore) solo “per ragioni di ordine tecnico-organizzativo connesse al mantenimento dei normali livelli di efficienza”, cui ovviamente sfugge ogni valutazione relativa a caratteristiche soggettive del lavoratore quale ad esempio la sua anzianità contributiva;
- e in ogni caso in quanto il decreto ministeriale 31826 del 18 dicembre 2002 nel disciplinare i termini in cui può essere legittimamente concessa la Cassa Integrazione impone che debba “riscontrarsi, di norma, l'assenza di nuove assunzioni, con particolare riguardo a quelle assistite da agevolazioni contributive e/o finanziarie” circostanza non predicabile in base alle attuali procedure di prepensionamento in quanto gli esuberi vengono accompagnati, nel rapporto di 1 a 3, da nuove assunzioni agevolate.
Da ciò deriva che o l’azienda prosegue (o, per quelle che non l’hanno sin qui seguito, inizia) utilizzando il criterio della volontarietà e quindi convoca singolarmente tutti i lavoratori con più elevata anzianità che risultano necessari a raggiungere il numero di esuberi dichiarati (e le parti con trattativa individuale raggiungono il relativo accordo) oppure dovrà limitare il numero degli esuberi per pensionamento limitandosi a quelli che hanno aderito, non potendo essere la cassa integrazione uno strumento di minaccia e coercizione per costringere gli interessati a prepensionarsi.
Ovviamente sappiamo bene che le aziende tenteranno, invece, di fare proprio ciò, e per questo Puntoeacapo sta osservando e osserverà con attenzione l'evoluzione di questa partita, pronto a supportare in sede sindacale e istituzionale i giornalisti interessati per la tutela del proprio diritto alla autodeterminazione e al lavoro, nonché contro ogni discriminazione.
* Carlo Chianura, portavoce di Puntoeaapo, è nel Cda dell'Inpgi. Carlo Guglielmi è avvocato del lavoro - In http://www.puntoeacapo.org/index.php?option=com_content&view=article&id=984:stati-di-crisi-breve-manuale-pratico-di-autodifesa-giuridica-e-sindacale-dei-prepensionandi-coatti&catid=50:sindacato&Itemid=53