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INTERCETTAZIONI E PRIVACY. IL GARANTE ANTONELLO SORO chiede al premier Matteo Renzi misure legislative dirette a “evitare quella pesca a strascico nelle vite degli altri in cui degenera oggi l'utilizzo indiscriminato delle intercettazioni”. In un contesto in cui la privacy è "sempre più soccombente", è "necessario un riequilibrio nei rapporti tra esigenze investigative, informazione e riservatezza, che garantisca a quest'ultima una più adeguata tutela". Allarmante, - per il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino -, che il Garante parli "di un'adeguata selezione delle notizie da diffondere. No ai bavagli. I cittadini reclamano la verità sui fatti che sono di interesse pubblico".
ROMA, 2 aprile 2015. In un contesto in cui la privacy è "sempre più soccombente", è "necessario un riequilibrio nei rapporti tra esigenze investigative, informazione e riservatezza, che garantisca a quest'ultima una più adeguata tutela". È il senso della lettera che il Garante privacy, Antonello Soro, ha inviato oggi al premier Renzi sul tema intercettazioni. Nella lettera a Renzi, il Garante auspica che "Parlamento e Governo vogliano farsi carico di quest'esigenza, coniugando gli aspetti della correttezza e lealtà dell'informazione e della riservatezza nelle indagini, nel rispetto del principio di proporzionalità tra privacy e mezzi investigativi ribadito, anche recentemente, dalla Corte di giustizia, per evitare quella pesca a strascico nelle vite degli altri in cui degenera l'utilizzo indiscriminato delle intercettazioni. Va quindi garantita - eventualmente anche rimodulandone le scansioni temporali - una più puntuale selezione del materiale investigativo, assicurando, nel doveroso rispetto dei diritti della difesa, che negli atti processuali non siano riportati interi spaccati di vita privata (delle parti ma soprattutto dei terzi), del tutto estranei al tema di prova. Si tratta di un passaggio importante. È, infatti, anche sulla garanzia della privacy che si misura, oggi più di ieri, la qualità della nostra democrazia, tanto più in un ordinamento, quale il nostro, fondato sul primato della persona umana". In particolare, Soro sottolinea come oggi "il diritto alla riservatezza delle parti e dei terzi, a qualunque titolo coinvolti nel procedimento", sia "sempre più soccombente in un contesto di generale mediatizzazione dei processi, che altera profondamente tenuta e senso della disciplina vigente. È pertanto necessario un riequilibrio nei rapporti tra esigenze investigative, informazione e riservatezza, che garantisca a quest'ultima una più adeguata tutela". Di fronte al dilagare del "processo mediatico", avverte il Garante, "emerge con forza l'esigenza di un'adeguata selezione delle notizie da diffondere. La pubblicazione di atti di indagine dovrebbe rispondere a finalità di interesse pubblico e non a tensioni voyeuristiche, nella consapevolezza che non tutto ciò che è di interesse del pubblico è, necessariamente, anche di pubblico interesse. Ciò vale soprattutto per le intercettazioni: risorsa investigativa fondamentale, ma che - proprio in quanto fortemente invasiva - deve essere gestita con molta cautela. Sia da parte degli organi inquirenti (per evitare fughe di notizie che pregiudichino le indagini, oltre che la privacy degli interessati), sia da parte della stampa, che dovrebbe evitare quel 'giornalismo di trascrizione che finisce, oltretutto, per far scadere la qualità dell'informazione". (ANSA).
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Allarmante, - per il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino -, che il Garante parli "un'adeguata selezione delle notizie da diffondere. No ai bavagli. I cittadini reclamano la verità sui fatti che sono di interesse pubblico". - ROMA, 2 aprile 2015. È allarmante, per il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino, che il Garante per la privacy parli "un'adeguata selezione delle notizie da diffondere" nella lettera sul tema intercettazioni inviata oggi al premier Renzi. "La nota che il Garante della privacy ha inviato al presidente del Consiglio per alcuni aspetti sollecita una riflessione", sottolinea Iacopino. "L'Ordine dei giornalisti ha denunciato da tempo l'uso del dolore per fare audience, le sistematiche tentazioni voyeuristiche in particolare di alcune trasmissioni che oltraggiano la dignità dei morti e diventano strumenti di violenza sui vivi, estranei alle vicende giudiziarie, non di rado minori. L'Ordine è lieto che il Garante abbia interrotto questo suo lungo silenzio". "Quel che determina, invece, allarme - aggiunge il presidente dell'Ordine - è il passaggio della lettera nel quale il Garante, sollecitando una legge, scrive: 'Di fronte al fenomeno, sempre più diffuso, del processo mediatico, emerge con forza l'esigenza di un'adeguata selezione delle notizie da diffondere. È una frase che - certamente al di là delle stesse intenzioni del Garante - provoca ricordi non certo felici nella vita del nostro Paese". "Esistono già norme che consentono e perfino impongono ai magistrati di selezionare quanto delle intercettazioni, ad esempio, è utile e quanto, invece, riguarda estranei alle inchieste. Ma non è possibile nascondere - insiste Iacopino - che ci sono episodi che pur non costituendo reato sono di indiscutibile interesse pubblico. I cittadini hanno il diritto di conoscerli per la loro intrinseca valenza morale. Non si tratta di incoraggiare il guardonismo che imperversa in tante trasmissioni tv e su qualche testata della carta stampata né di tollerare la violenza su tanti diritti, anche dei minori, che quotidianamente avviene in certi salotti, nel silenzio di chi potrebbe e dovrebbe intervenire duramente e lo fa ora in singolare coincidenza con la pubblicazione di fatti che riguardano due esponenti politici". L'Ordine "non ha ritenuto di poter accogliere la proposta del garante di prevedere per la stampa, con un nuovo codice della privacy, quel bavaglio che per due volte aveva tentato di imporre il Parlamento, indotto a desistere dalla pressione dei cittadini che reclamano un diritto elementare: sapere la verità su fatti che sono di interesse pubblico, rappresentino o meno un reato", conclude. (ANSA).
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