«Transnazionalità», confini stretti. Interposizione fittizia. La Cassazione ha annullato il sequestro preventivo di 52 milioni della Cassa ragionieri
di Alessandro Galimberti-Il Sole 24 Ore
MILANO, 7 maggio 2015. Parametri stretti per la contestazione dell’aggravante della transnazionalità nei delitti di interposizione fittizia. Non basta che una parte del reato sia stata commessa fuori dai confini, o da personaggi comunque residenti e attivi all’estero, ma è necessario anche individuare una struttura unitaria identificabile come gruppo criminale. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione (Quinta penale, sentenza 18781/15, depositata ieri) decidendo sul ricorso di un imputato coinvolto nella presunta quanto ingente appropriazione indebita ai danni della Cassa previdenziale dei ragionieri e dei periti commerciali. La questione ruota attorno al sequestro preventivo ai fini di confisca adottato dal Gip di Milano, e confermato dal Riesame, per l’ammontare di 52 milioni di euro. La Quinta ha annullato il sequestro per questioni strettamente giuridiche, rinviando il provvedimento al Riesame del capoluogo lombardo.
Secondo la ricostruzione della Procura di Milano, che aveva chiesto e ottenuto il congelamento dell’ingente somma, i fondi della Cassa previdenziale affidati in gestione a una sicav lussemburghese (Adenium) sarebbero stati oggetto di distrazione e successivo occultamento
Nello specifico, l’indagato era amministratore di una delle società beneficiarie delle somme di denaro. La difesa dell’indagato nel ricorso per Cassazione sosteneva che per contestare la transnazionalità (articoli 4 e 11 della legge 146/2006) è necessario che alla commissione del reato abbia contribuito «una realtà plurisoggettiva del tutto autonoma e distinta sia dall’associazione attiva sul territorio nazionale sia dai singoli concorrenti nel reato di trasferimento fraudolento di valori» (articolo 12-quinquies della legge 356/1992), realtà plurisoggettiva di cui i giudici di merito non avrebbero dato esaustiva prova. I difensori dell’indagato, inoltre, eccepivano anche la stessa configurabilità dell’intestazione fraudolenta - poichè le società utilizzate «non sono caratterizzate da funzioni di prestanome» - oltre alla intera tracciabilità del flusso di denaro.
Secondo la Quinta penale, il provvedimento del Gip milanese è affetto da un vizio originario, poichè il sequestro è stato legittimato proprio dalla contestazione dell’aggravante della transnazionalità, circostanza non adeguatamente supportata da indizi. Manca la spiegazione della asserita «struttura unitaria» estera, spiega la Corte, non essendo sufficiente rilevare che gli autori del reato si siano serviti di persone o strutture operanti in più Stati per commetterlo. Non solo. Per la Quinta penale una volta provata l’esistenza della struttura unitaria estera «perchè sia configurabile l’aggravante contestata è poi necessario che il gruppo criminale abbia contribuito alla consumazione del reato che si pretende transnazionale», un contributo che deve essere «consapevole» e orientato a finalizzare il trasferimento fraudolento dei 52 milioni all’estero.
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