Quello che sta accadendo sulla restituzione degli adeguamenti pensionistici congelati dal governo Monti è la prova evidente che il tema previdenziale dominerà i prossimi anni. Il peso politico dei pensionati sarà determinante. Se ora alcune scelte vengono tirate in lungo, in presenza di consultazioni locali e di possibili reazioni dell’elettorato, possiamo già immaginare quale sarà la sensibilità nell’Italia investita a pieno dallo squilibrio demografico.
Il venti per cento della popolazione ha più di 65 anni: il gran lavoro di decenni ha permesso la casa di proprietà, i risparmi consentono investimenti e l’aiuto ai figli. In virtù di un percorso lavorativo più lineare e trattamenti, in moltissimi casi, rafforzati dal sistema di calcolo retributivo.
Su oltre 14 milioni di pensioni previdenziali, 12,4 milioni sono calcolate con il sistema retributivo, quindi collegate alla retribuzione percepita in un arco di tempo, 403 mila con il sistema contributivo (sulla base del versato) e 1,2 milioni con il sistema misto.
L’allungamento delle attese di vita (nel 2013 la media delle donne era di 84,6 anni e quella dell’uomo sfiorava gli 80 anni), la previdenza complementare e le tante opzioni assicurative-sanitarie rafforzeranno la rilevanza (sociale, commerciale e politica) di una fascia crescente di italiani. Che, sempre come dato medio, non potranno più essere descritti solo come “i poveri pensionati”.
Le proiezioni fissano a oltre 61 milioni gli italiani residenti nel 2065 (stima Istat) con un’età media di poco meno di 50 anni rispetto ai 43 attuali. La previsione include l’inserimento di circa 12 milioni di nuovi italiani, frutto dell’attività migratoria.
Gli ultra65enni, vedremo a quella data quanti saranno già pensionati, dovrebbero rappresentare nel 2043 circa il 32% della popolazione. Un terzo degli italiani, ex lavoratori attentissimi che saranno in grado di informarsi tempestivamente con Internet, sapranno confrontare i trattamenti, le capacità di gestione e tanto altro. Sapranno far valere i propri diritti.
L’invidiabile primato di longevità (dietro al Giappone e pochi altri) potrà essere gestito senza strappi, e senza eccessive penalizzazioni per le prossime generazioni, tanto più saranno chiare e definite le regole del gioco. Servirà un’economia in salute.
«Negli ultimi 20 anni -ha detto il presidente dell’Inps, Tito Boeri - abbiamo avuto un atteggiamento d’ignavia di Stato, per cui i decisori politici non hanno voluto informare i cittadini sul significato e le implicazioni del cambiamento da retributivo a contributivo. I contribuenti per anni hanno continuato a sovrastimare le pensioni future».
Vale la pena di valutare i trattamenti attesi sul portale dell’Inps su “La mia pensione” (si è partiti per scaglioni di età, serve il Pin) che è parte importante di una campagna di educazione finanziaria.