31 maggio 2015. Parte ufficialmente il tetto sulle pensioni d’oro introdotto dalla legge di stabilità a partire dall’1 gennaio di quest’anno. A rendere operativa la norma (di cui ai commi 707-709 della l. n. 190/2014) che prevede che l’importo complessivo del trattamento pensionistico “non può eccedere quello che sarebbe stato liquidato con l’applicazione delle regole di calcolo vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto legge n. 201/2011”, è la circolare n. 74/2015 emanata venerdì scorso dall’Inps.
La legge del 2011, la nota riforma Fornero ha esteso il sistema contributivo anche a coloro che al 31.12.1995 avevano maturato almeno 18 anni di contributi e che, sino ad allora, vedevano calcolata la propria pensione in base alle regole del vecchio sistema retributivo. Ciò ha consentito che i lavoratori rimasti in servizio anche dopo aver raggiunto l’età pensionabile abbiano potuto cumulare fino al 2011 i benefici del retributivo con i contributi maturati tra l’inizio del 2012 e la data dell’effettivo pensionamento (sistema misto).
Il risultato è stato pensioni ben più corpose (“d’oro” appunto) rispetto a quelle che sarebbero state calcolate in base alle regole precedenti, ma soprattutto per i percettori di stipendi e anzianità contributive alti (ovvero, in primis, magistrati, professori universitari, medici, funzionari, ecc.).
Per questo la legge di stabilità ha inserito il “tetto” che comporta il ricalcolo del trattamento pensionistico nel sistema misto in modo da non superare l’importo massimo complessivo previsto.
Ora, a 4 mesi dall’entrata in vigore della manovra, l’Inps ha emanato la circolare che traduce in pratica le norme, prevedendo il “doppio calcolo”, con le modalità nella stessa descritte, ovvero confrontando l’importo delle pensioni risultante dal confronto tra i due sistemi di calcolo pensionistico e mettendo in pagamento quello più basso.
Operazione che, secondo le stime, dovrebbe avere un effetto comunque contenuto sulla maggior parte dei pensionati, andando a colpire soprattutto gli assegni più “pesanti”: così, ad esempio, su una media di 50mila euro annui percepita da un docente universitario in pensione dal 2014 con 40 anni e 8 mesi di contributi, la decurtazione dovrebbe aggirarsi sui 500 euro, mentre su una pensione di 88mila annui goduta da un magistrato a riposo da fine 2014 con un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi, potrebbe arrivare a duemila euro circa (leggi l’articolo sul Fatto Quotidiano).
Ma non solo. L’Inps, come stabilito nella circolare, procederà “al recupero delle somme indebitamente corrisposte” a decorrere dall’1 gennaio 2015 (“indebitamente”, si intende, per via del ritardo con cui l’ente diretto da Tito Boeri ha emanato la circolare operativa).
In ogni caso, i risparmi così ottenuti, si legge, infine nella circolare, “affluiranno in un apposito fondo, istituito presso l'INPS, finalizzato a garantire l'adeguatezza delle prestazioni pensionistiche in favore di particolari categorie di soggetti, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze”.
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In allegato la circolare dell’Inps n. 74 del 2015. Cliccare su: http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fCircolari%2fCircolare%20numero%2074%20del%2010-04-2015.htm