Roma, 24 giugno 2015. Mai più carcere per i giornalisti in caso di diffamazione ma solo pene pecuniarie. In compenso, obbligo di rettifica senza commento. L’aula della Camera ha approvato oggi la proposta di legge sulla diffamazione arrivata al terzo passaggio parlamentare (il resoconto stenografico del dibattito è pubblicato in http://www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0449&tipo=alfabetico_stenografico#). Il testo, modificato rispetto a quello trasmesso dal Senato, tornera’ a Palazzo Madama. Sono state soppresse la norma in base alla quale e’ il direttore a rispondere degli articoli non firmati e quella sul cosiddetto diritto all’oblio, il diritto cioe’ a eliminare dai siti e dai motori di ricerca le informazioni diffamatorie. Ecco, in sintesi, i punti principali che riguardano anche le testate online.
STOP AL CARCERE. Niente piu’ carcere per chi diffama a mezzo stampa ma esclusivamente una multa che va dai 5mila ai 10mila euro. Se il fatto attribuito e’ pero’ consapevolmente falso, si applica la multa da 10mila a 50mila euro. Alla condanna e’ associata la pena della pubblicazione della sentenza. In caso di recidiva, vi sara’ anche l’interdizione da uno a sei mesi dalla professione. La rettifica tempestiva sara’ valutata dal giudice come causa di non punibilita’.
RETTIFICA SENZA COMMENTO. Rettifiche o smentite, purché non inequivocabilmente false o suscettibili di incriminazione penale, devono essere pubblicate senza commento e risposta menzionando espressamente il titolo, la data e l’autore dell’articolo ritenuto diffamatorio. Il direttore dovra’ informare della richiesta l’autore del servizio. Tempi e modalita’ della pubblicazione in rettifica variano a seconda dei diversi media. Se pero’ vi e’ inerzia, l’interessato puo’ chiedere al giudice un ordine di pubblicazione (per il cui mancato rispetto scatta una sanzione amministrativa da 8mila a 16mila euro).
RISARCIMENTO DANNO. Nella diffamazione a mezzo stampa il danno sara’ quantificato sulla base della diffusione e rilevanza della testata, della gravita’ dell’offesa e dell’effetto riparatorio della rettifica. L’azione civile dovra’ essere esercitata entro due anni dalla pubblicazione.
RESPONSABILITA’ DEL DIRETTORE. Fuori dei casi di concorso con l’autore del servizio, il direttore o il suo vice rispondono a titolo di colpa se vi e’ un nesso di causalita’ tra omesso controllo e diffamazione, la pena e’ in ogni caso ridotta di un terzo. E’ comunque esclusa per il direttore al quale sia addebitabile l’omessa vigilanza l’interdizione dalla professione di giornalista. Le funzioni di vigilanza possono essere delegate, ma in forma scritta, a un giornalista professionista idoneo a svolgere tali funzioni.
LITI TEMERARIE. In caso di querela temeraria, il querelante puo’ essere condannato anche al pagamento di una somma da mille a 10mila euro in favore della cassa delle ammende. Chi invece attiva in malafede o colpa grave un giudizio civile a fini risarcitori rischiera’, oltre al rimborso delle spese e al risarcimento, di dover pagare a favore del convenuto un’ulteriore somma determinata in via equitativa dal giudice che dovra’ tenere conto dell’entita’ della domanda risarcitoria.
NORMA SALVA-GIORNALISTI. A meno che non si tratti di diffamazione dolosa, quanto pagato dal direttore o dall’autore della pubblicazione a titolo di risarcimento del danneggiato avra’ natura di credito privilegiato nell’azione di rivalsa nei confronti del proprietario o editore della testata. La norma cosiddetta salva-giornalisti e’ stata estesa durante l’esame in aula a tutti gli autori di pubblicazioni.
SEGRETO PROFESSIONALE. Non solo il giornalista professionista ma ora anche il pubblicista potra’ opporre al giudice il segreto sulle proprie fonti.
INGIURIA/DIFFAMAZIONE. Anche per l’ingiuria e la diffamazione tra privati viene eliminato il carcere ma aumenta la multa (fino a 5mila euro per l’ingiuria e 10mila per la diffamazione) che si applica anche alle offese arrecate in via telematica. La pena pecuniaria e’ aggravata se vi e’ attribuzione di un fatto determinato. Risulta abrogata l’ipotesi aggravata dell’offesa a un corpo politico, amministrativo o giudiziario. (askanews)
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Diffamazione, sparisce il carcere ma il rischio bavaglio resta. Va in aula a Montecitorio il testo finale della legge che modifica le norme sulla diffamazione, a mezzo stampa, radio e tv, libri e Internet. Ecco cosa è cambiato. - di ARTURO DI CORINTO -www.repubblica.it - 23.6.2015 - NIENTE CARCERE ma multe salate fino a 50 mila euro per il giornalista colpevole di aver diffamato. Il testo finale della legge che modifica le norme sulla diffamazione, a mezzo stampa, radio e tv, libri e Internet, arriva al voto nell'aula di Montecitorio con una serie di aggiustamenti che mettono solo in parte d'accordo il governo e le associazioni dei giornalisti. Rimane quell'obbligo di rettifica "gratuitamente e senza commento, senza risposta e senza titolo", entro 48 ore per le testate online e per libri e riviste entro 15 giorni dalla richiesta, che ha fatto innervosire sia Enzo Iacopino, presidente dell'Ordine dei giornalisti, che Raffaele Lorusso neoeletto segretario del sindacato FNSI. Quest'ultimo aveva anche contestato l'assegnazione dei processi per diffamazione contro i siti internet al giudice della città del querelante: "Costringere una piccola testata a difendersi in cento tribunali diversi diventa una forma indiretta di intimidazione".
La legge aveva destato una forte opposizione già due anni fa quando era stata concepita per rimediare al mostro giuridico del carcere per i giornalisti previsto dal nostro ordinamento e che l'Europa ci chiedeva di rimuovere. Un'opposizione non solo dei giornalisti e delle loro categorie professionali, ma di semplici cittadini, associazioni, esponenti del mondo della cultura, perché rischiava, e rischia, di trasformare i giornali nei dazebao dei rettificatori di professione, sia per l'enormità di sanzioni pecuniarie a fronte di una categoria adesso composta in maggioranza da giornalisti autonomi, precari e malpagati. Consapevoli tutti della tendenza a utilizzare lo strumento della querela per diffamazione come strumento di censura e di condizionamento per zittire i giornalisti scomodi, querele che secondo l'osservatorio di Ossigeno per l'informazione sono pretestuose, cioè temerarie, 40 volte su 100. Adesso, però, invece del carcere da sei mesi a sei anni, i giornalisti condannati per diffamazione se la potranno cavare con una multa che, pagata, non metterà direttore ed editori al riparo da eventuali e successive di richieste di risarcimento. Col possibile risultato di voler chiedere ai propri giornalisti di limitare inchieste e approfondimenti su fatti controversi. A dispetto di quello che il presidente del Senato Pietro Grasso qualche giorno fa ha detto: "il giornalismo precede la giustizia e per questo la mafia lo teme".
Le buone notizie. Scomparsa la norma che prevedeva la rivendicazione della cancellazione da Internet per articoli considerati diffamatori (il diritto all'oblio), e scomparso l'obbligo di rettifica per i blog e i siti indipendenti come Wikipedia, Valter Verini, il relatore, in un colloquio con Repubblica.it, si è detto soddisfatto: "Abbiamo fatto un buon lavoro in commissione. Adesso in aula c'è la possibilità di presentare emendamenti migliorativi. Ovviamente il testo licenziato dalla commissione Giustizia non preclude la possibilità che l'aula, sovrana, possa chiedere cambiamenti ulteriori". E se fossero peggiorativi? "Il parere del relatore è conforme a quello del governo. Perciò io sono cauto ma anche fiducioso".
Spiega Verini: "Abbiamo tolto il carcere, mi pare un risultato importante. Ricordo che su tre quarti del regolamento non si poteva intervenire, per il principio della doppia lettura conforme di Camera e Senato. Ma abbiamo eliminato le parti più controverse". Si riferisce all'articolo 3, quello che riguardava la rete e i blog? "Sì, è stato tolto con il consenso di tutti. La diffamazione in rete è un problema reale, lo sappiamo, ma nelle molte discussioni avute si è compreso che affrontare un tema tanto delicato con un emendamento era assai difficile, tanto più perché è in corso il lavoro della commissione per i diritti di Internet presieduta da Stefano Rodotà che bisogna discutere in relazione a normative europee".
Tuttavia la Cassazione ha appena depositato una sentenza di condanna per diffamazione attraverso Facebook che integra il reato di diffamazione a mezzo stampa. (sentenza 24431/15, depositata l'8 giugno 2015). "Certo che la cancellazione dell'articolo 3 non vuol dire che i blog saranno liberi di diffamare. Si può sempre denunciare per diffamazione. L'istituto giuridico non viene cancellato. Anche i blog e i siti non registrati ai sensi dell'articolo 5 della legge sulla stampa, possono essere querelati. Ci vuole maggiore approfondimento e ci aspettiamo spunti significativi dalla commissione Rodotà".
Un emendamento anche per le querele temerarie. "Inoltre - aggiunge - abbiamo dato un segnale significativo rispetto al tema dolente delle querele temerarie (presentate per intimidire e minacciare giornali e giornalisti, ndr), soprattutto per le proprietà deboli e per certe zone del paese. L'idea è che il giudice possa decidere un risarcimento pari al 50% della somma richiesta da chi ha invocato il reato di diffamazione se si accerta la temerarietà della querela. Altra cosa importante è che si conferma il carattere colposo e non doloso del ruolo del direttore del giornale perché questi non può controllare tutto". Sì, ma le rettifiche? Non ha ragione Enzo Iacopino quando dice che i giornali si trasformeranno in una buca delle lettere per i rettificatori? Non le sembra eccessivo non poter rispondere alla rettifica pure pubblicata? "La norma come si sta configurando da un lato garantisce un bene prezioso, la libertà dell'informazione, dall'altro tiene conto dei diritti del cittadino che si sente diffamato e che ha pari diritto ad avere una rettifica. Se la rettifica viene pubblicata non sono punibili né i giornalisti né il direttore. Per noi questa norma rappresenta una garanzia di responsabilizzazione per i giornalisti e per avere maggiore accuratezza nelle fonti e nei fatti". IN http://www.repubblica.it/politica/2015/06/23/news/legge_diffamazione_montecitorio-117501601/?ref=HREC1-18
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5 GIUGNO 2015 - 5° CONVEGNO “GIUSTIZIA E INFORMAZIONE” A LIERNA (LECCO) SUL TEMA “PROPOSTE DI MODIFICA IN MATERIA DI DIFFAMAZIONE E DI INTERCETTAZIONI: RICERCA DI UN GIUSTO EQUILIBRIO O DI UN BAVAGLIO?”.
INDICE:
1.PREMESSA. INTERCETTAZIONI. SERVE UNA LEGGE DI UN SOLO ARTICOLO CHE ABOLISCA I SEGRETI ISTRUTTORI IN VIGORE E CHE VIETI DI PUBBLICARE SOLTANTO QUEGLI ATTI PROCESSUALI SUI QUALI IL GIUDICE ABBIA DECISO DI APPORRE IL VINCOLO TEMPORANEO DI SEGRETEZZA.
2. IL GIORNALISTA (COME L’AVVOCATO) DIVENTI PARTE NEL PROCEDIMENTO PENALE.
3. “PROPOSTE DI MODIFICA IN MATERIA DI DIFFAMAZIONE E DI INTERCETTAZIONI: RICERCA DI UN GIUSTO EQUILIBRIO, NON DI UN BAVAGLIO. IL DIBATTITO IN PARLAMENTO, CHE DECIDERÀ PRIMA DELLA PAUSA ESTIVA. VIA IL CARCERE PER I CRONISTI, MA NON BASTA. LA LEGGE NON ACCOGLIE NUMEROSE RICHIESTE, PRIME FRA TUTTE LO STOP ALL’USO INTIMIDATORIO DELLE QUERELE E DELLE CAUSE PER DIFFAMAZIONE E LA PARAMETRAZIONE DELLE MULTE E DEI RISARCIMENTI ALLE CAPACITÀ ECONOMICHE DEL CONDANNATO. EDITORI E CRONISTI SENZA COPERTURA ASSICURATIVA. ANCORA OGGI CHI DELIBERATAMENTE OSTACOLA L’ESERCIZIO DEL DIRITTO DI CRONACA NON INCORRE IN NESSUNA SANZIONE SPECIFICA. IN CODA ESAME ANALITICO DEL DDL DI RIFORMA.
4. INTERCETTAZIONI. I GIORNALISTI: “NO A SANZIONI PENALI. LA STRADA PIÙ CORRETTA DA SEGUIRE - E SEMMAI DA RAFFORZARE - È QUELLA DI UN MAGGIOR RIGORE SUL PIANO DELLA DEONTOLOGIA PROFESSIONALE E QUINDI DELLA RESPONSABILITÀ”. IL PARADOSSO DI GRATTERI: “SPIARE I CRONISTI”, MA STRASBURGO NON CI STA. NELL’ATTESA DELLA RIFORMA, SOCCORRE LA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DEI DIRITTI DELL’UOMO VINCOLANTE PER I TRIBUNALI ITALIANI. TRE SENTENZE ILLUMINANTI.
5. LA CONVENZIONE EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL’UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI INGLOBATA DAL 1° DICEMBRE 2009, CON L’ARTICOLO 6, NELLA COSTITUZIONE EUROPEA. IL GIUDICE NAZIONALE DEVE TENER CONTO DELLE SENTENZE DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO AI FINI DELLA DECISIONE, ANCHE IN CORSO DI CAUSA, CON EFFETTI IMMEDIATI E ASSIMILABILI AL GIUDICATO:COSÌ LA CASSAZIONE. - DI FRANCO ABRUZZO - TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=18001
.22.6.2015-.Diffamazione. La riforma torna a Montecitorio. Sì alla norma per i cronisti senza editore. Clausola di non punibilità, se il giornale pubblica la rettifica richiesta. Ma proprio sulle multe e sulla rettifica obbligatoria si concentrano le critiche: le sanzioni penali potranno arrivare fino a 50 mila euro, mentre le rettifiche potranno essere chieste al giornale da chiunque ritenga leso «il proprio onore o la propria reputazione» da un articolo, e dovranno essere pubblicate «gratuitamente, senza commento, senza risposta e senza titolo». - di SEBASTIANO MESSINA/Repubblica 22 giugno 2015 – TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=18154