Con una lucida ed esauriente motivazione, la sesta Sezione penale della Cassazione, con sentenza n. 24617/2015 depositata il 10 giugno 2015, ha stabilito che l'acquisizione della copia di dati informatici, duplicati su supporto, è un vero e proprio sequestro che da conseguente diritto al riesame, nel contempo ribadendo la intangibilità delle fonti del giornalista, anche ove il Pm intenda scoprirle con la perquisizione del pc personale e la stampa di dati in esso contenuti. Pur confermando il provvedimento del Tribunale del riesame, i giudici hanno ritenuto, diversamente da quanto in esso sostenuto, che l'estrazione a stampa della copia di un documento informatico, anche se rimane nella disponibilità del perquisito, costituisca un sequestro vero e proprio, assoggettabile al riesame. La Corte ha confermato che l'indiscriminato sequestro del computer o anche solo di copia del suo intero contenuto, salvo casi eccezionali viola il principio di proporzionalità, al pari del sequestro di un intero archivio cartaceo, ciò specie ove lo strumento appartenga a un giornalista e il sequestro sia il mezzo per effettuare un'indebita attività esplorativa sui suoi segreti. Il Codice di procedura penale, dopo la riforma della legge 48/2008, infatti, è esplicito nell'escludere il sequestro di interi sistemi informatici, a meno che ciò non avvenga in presenza di determinate e giustificate condizioni, escluse le quali l'acquisizione integrale di un intero archivio elettronico, perché di facile accessibilità con la duplicazione, non è consentita L'estrazione di copia di dati informatici, dunque, equivale al mantenimento del sequestro sul bene, poiché la stessa circolazione dell'informazione, fuori dell'archivio informatico di provenienza, costituisce una perdurante perdita del diritto di disporne liberamente e in via esclusiva. Poiché quei dati non possono che essere allocati su supporto fisico, costituisce sequestro del dato anche il semplice trattenimento di tale supporto, sebbene il dato sia rimasto nella disponibilità del titolare. Ciò accade quando il documento non ha valore in sé, racchiuso nel suo originale - come accade per banconote o assegni - ma è esso stesso il bene originale, ad esempio, un progetto o un dato segreto quale è, per il giornalista, il nome di una fonte, il cui valore sta nella riservatezza delle sue generalità, sicché la sua circolazione in più copie può costituire una privazione del bene, rispetto al quale sussiste il diritto al riesame. Il diritto-dovere al segreto del giornalista e il limitato ambito in cui può essere escluso, per concludere, costituiscono un limite alla ricerca dei dati identificativi della fonte della notizia attraverso il sequestro, come la giurisprudenza della Cassazione e della Cedu, in particolare con la sentenza del 14 settembre 2010, Sanoma Uitgevers B.V. contro l'Olanda, da tempo hanno stabilito. La Corte ritiene, perciò, illegittimo il provvedimento che dispone la ricerca e l'eventuale sequestro di documenti per individuare la fonte del giornalista, senza che sia contestualmente esplicitata la situazione particolare che - a determinate condizioni- consente di superare il diritto del giornalistaallasegretezza della fonte.
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LA GRANDE CAMERA DELLA CEDU CENSURA L’OLANDA (RICORSO N. 38224/03, SANOMA). SI RAFFORZANO LE TUTELE PER LE FONTI DEI GIORNALISTI. IL SEQUESTRO DI DOCUMENTI IN UN GIORNALE, ANCHE SENZA CHE VENGA RICHIESTO A UN GIORNALISTA DI SVELARE LA FONTE, HA UNA DIRETTA CONSEGUENZA NEGATIVA PER LA LIBERTÀ DI STAMPA E RISCHIA DI PARALIZZARE L'INTERA ATTIVITÀ DI UN GIORNALE.
La tutela delle fonti dei giornalisti prima di tutto. Anche se la consegna di un documento può servire all'autorità giudiziaria a individuare l'autore di un crimine. Questo perché, se la stampa fosse costretta a consegnare in blocco documenti e file all'autorità giudiziaria perderebbe la possibilità, anche in futuro, di ottenere informazioni perché le fonti non avrebbero più fiducia nei reporter. Lo ha detto il massimo organo giurisdizionale della Corte europea dei diritti dell'uomo, la Grande Camera che, in una sentenza depositata nei giorni scorsi, con la quale ha condannato i Paesi Bassi (ricorso n. 38224/03, Sanoma) per violazione dell'articolo 10 della Convenzione europea che garantisce il diritto alla libertà di espressione, ha rafforzato la tutela della libertà di stampa in tutta Europa.
Per la Grande Camera, che ha ribaltato il giudizio della Camera, costringere il giornalista a consegnare all'autorità giudiziaria un cd-rom che contiene fotografie infrange il diritto alla libertà di espressione e pregiudica il diritto della collettività a essere informata. Questa la vicenda: l'editore di un giornale olandese, che aveva incaricato un reporter di fare un'inchiesta sulle corse illegali di automobili, era stato costretto dall'autorità giudiziaria a consegnare un cd-rom di fotografie utile per identificare gli autori di alcuni reati. Il giornalista, che aveva avuto il permesso di seguire l'evento a patto di non svelare l'identità dei partecipanti, si era rifiutato di eseguire l'ordine del procuratore. Il redattore capo era stato arrestato é poi rilasciato, ma era stato costretto a consegnare il cd. Per il giudice nazionale, infatti, le indagini prevalevano sul privilegio del giornalista a non divulgare la fonte. Anche la Camera della Corte europea aveva dato ragione alle autorità olandesi, ma la Grande Camera, con un verdetto all'unanimità, ha ribaltato il giudizio considerando di vitale importanza la tutela, anche indiretta, delle fonti. L'acquisizione di documenti che conduce a individuare le fonti di un giornalista - ha chiarito Strasburgo - non ha soltanto un effetto negativo su chi ha fornito notizie dietro garanzia di anonimato o sul singolo giornalista, ma sul giornale «la cui reputazione potrebbe essere colpita negativamente agli occhi delle future potenziali fonti e della collettività, che ha un interesse a ricevere informazioni attraverso fonti anonime». Il sequestro di documenti in un giornale, anche senza che venga richiesto a un giornalista di svelare la fonte, ha una diretta conseguenza negativa per la libertà di stampa e rischia di paralizzare l'intera attività di un giornale. Misure nei confronti della stampa, poi, possono essere prese solo dopo un attento esame di un giudice terzo rispetto agli inquirenti, con l'obiettivo di verificare l'applicabilità di provvedimenti meno invasivi. (Marina Castellaneta in Il Sole 24 Ore 16/9/2010)