Roma, 23 settembre 2015. L'aula della Camera ha approvato il ddl di riforma del processo penale, che contiene anche la delega al governo sulle intercettazioni, con 314 sì, 129 no e 51 astenuti. A favore hanno votato Pd, Scelta civica, Area popolare, Psi, Pi-Cd. Contrari M5s, Lega nord, Fdi, Sel, Alternativa Libera. Forza italia si è astenuta. Il provvedimento passa ora all'esame del Senato.
Le novità - Due le principali innovazioni rispetto al testo originario del disegno di legge di delega. Innanzitutto, salta l’udienza dedicata alla selezione del «materiale intercettativo»: viene sostituita da una più generica previsione di una scansione procedimentale «per la selezione di materiale intercettativo nel rispetto del contraddittorio delle parti, e fatte salve le esigenze di indagine». La delega dovrà poi prevedere disposizioni per garantire la riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni telefoniche e telematiche oggetto di intercettazione.
Registrazioni e riprese - Le registrazioni o le riprese effettuate in maniera fraudolenta potranno essere utilizzate dal cronista, purché ciò serva ad esercitare il diritto di cronaca. In base al nuovo testo della delega sarà invece punibile con la reclusione fino a quattro anni, «la diffusione, al solo fine di recare danno alla reputazione o all’immagine altrui, di riprese audiovisive o registrazioni di conversazioni, anche telefoniche, svolte in sua presenza ed effettuate fraudolentemente». La punibilità sarà invece esclusa «quando le registrazioni o le riprese sono utilizzate nell’ambito di un procedimento amministrativo o giudiziario o per l’esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca».
Praticamente, d'ora in poi, l'esecutivo ha in mano la delega che permette di fare anche un decreto grazie alla quale il governo può scrivere prescrizioni sull'uso che i giudici possono fare delle registrazioni, elimina l'udienza filtro, durante la quale magistrati e avvocati decidevano quali conversazioni registrate utilizzare, ed esclude la pubblicazione delle intercettazioni di persone occasionalmente coinvolte nelle indagini. A discutere sull'uso e la pubblicazione delle registrazioni sarà un tavolo di esperti, giuristi e magistrati, che si riunirà al ministero della Giustizia. Il gruppo di esperti, ha detto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, "mira a tutelare le persone che non sono coinvolte nei procedimenti e a impedire una diffusione di informazioni che non abbiano una rilevanza penale, con tutti gli accorgimenti tecnici necessari". Il responsabile del dicastero di via Arenula ha spiegato che "sarà un tavolo che naturalmente vedrà coinvolti gli operatori che più utilizzano questi strumenti. Dopodiché proprio questa composizione, plasticamente, dimostrerà" che "non c'è nessuno mandato e non abbiamo chiesto nessun mandato al Parlamento per limitare le intercettazioni come forma di indagine".
LA BOCCIATURA DEI MAGISTRATI. La riforma del processo penale non piace ai magistrati: "È molto deludente", è stato il commento dell'Associazione nazionale magistrati che boccia il provvedimento e che parla di un intervento "disorganico" e "senza coerenza". "Chi si attende effetti risolutivi sui tempi della giustizia penale avrà una grossa delusione", ha detto il presidente della Anm, Rodolfo Sabelli. "Ancora una volta - rileva il leader del sindacato delle toghe - ci si illude di risolvere i mali della giustizia attraverso forme di pressione sulla magistratura che è al limite e in alcuni casi oltre il limite, delle proprie possibilità". Il ddl contiene, secondo Sabelli, "molte ombre, accanto a qualche luce: si tratta di interventi disorganici, senza una linea coerente di carattere strutturale sui nodi critici del processo penale".
IL NO DEL SINDACATO CRONISTI ROMANI - Il diritto/dovere dei giornalisti di informare è di nuovo minacciato. Cambiano i governi, ma dal centrodestra al centrosinistra non cambia la volontà di liquidare con un bavaglio il tema delle intercettazioni. L’errore di sempre è quello di credere che sia necessaria la strada della censura per impedire gli abusi, e non piuttosto quella di ragionevoli sanzioni. Non c’è da parte del mondo politico la serenità necessaria per coniugare il diritto di cronaca e gli strumenti corretti d’indagine dell’attività giudiziaria con il diritto dei cittadini alla riservatezza. Un punto d’equilibrio è possibile, e si tratta di diritti fra loro meno conflittuali di quanto si voglia far credere.
Il delegare al governo questa complessa e delicata normativa dimostra l’inadeguatezza nell’affrontare un tema di centrale importanza per la vita democratica. Ma l'approvazione alla Camera del ddl per la riforma del processo penale ha dato il via libera definitivo alla delega al governo sulla disciplina delle intercettazioni. Il voto della Camera ha la data del 23 settembre, una data che per i cronisti riporta alla memoria un doloroso anniversario. Trent’anni fa moriva Giancarlo Siani, un eroe civile, il cronista senza contratto ucciso dalla camorra.
La legge delega sulle intercettazioni è una strada sbagliata e pericolosa. Il Sindacato cronisti romani non ha mai chiesto l’impunibilità dei giornalisti, e ritiene il diritto alla riservatezza dei cittadini estranei ai procedimenti penali una tutela corretta. Ma la riservatezza ha una sua gradualità di tutele: se l’estraneo ai procedimenti penali è un amministratore, quindi una personalità pubblica, è evidente che non si possano invocare gli stessi diritti di uno sconosciuto. Eppure con la nuova legge che si sta profilando le intercettazioni di chi è “occasionalmente coinvolto” non saranno più pubblicabili. Abusi sono possibili e si sono verificati in passato, anche se non nella misura che denunciano i sostenitori di una stretta sulla normativa. Ma ci sono già gli strumenti di legge e disciplinari per punire i cronisti che male interpretano il loro diritto/dovere. Ci sono comportamenti e dichiarazioni di esponenti della politica che, diffusi dai mezzi d’informazione anche se privi di rilevanza penale, hanno descritto con efficacia il costume e il malcostume del Paese. C ‘è un interesse collettivo che va tutelato. Il cronista è al servizio del cittadino, e questo suo ruolo è già regolamentato; porre nuovi paletti e censure è pericoloso e inadeguato anche per lo scopo che si dichiara di voler perseguire, e cioè la difesa della riservatezza. E le costanti rassicurazioni sulla libertà di stampa e il diritto di cronaca non sono sufficienti a tranquillizzare chi, come il Sindacato cronisti, deve vigilare sulle costanti tentazioni di un’informazione addomesticata. I Cronisti romani sono allarmati, perché la delega al governo è una delega per un bavaglio possibile. Una delega potente, proprio quando c’è necessità di maggiori tutele all’informazione.
Il Sindacato cronisti romani
SCHEDA - Come cambierà il processo penale
Fonti: corriere.it e repubblica.it