Ve la giro come me l’hanno raccontata alla Camera, con parole pressoché uguali, due deputati della maggioranza, ma di partiti diversi. Non posso farvene i nomi, ma ne ho verificato l’attendibilità già in altre circostanze.
Matteo Renzi è furente per i problemi politici che, volente o nolente, gli sta procurando il presidente dell’Inps Tito Boeri, da lui peraltro fortemente voluto a quel posto pur essendogli capitato di dissentire più volte dalle sue analisi economiche e persino previdenziali pubblicate precedentemente su Repubblica. Un dissenso del quale peraltro il presidente del Consiglio, e segretario del Pd, si vantò pubblicamente polemizzando con quanti lo accusavano già allora di privilegiare nelle nomine fedelissimi, toscanissimi, specie se di Firenze, e giovanissimi, pronti più a ubbidire che ad eccepire.
La stima per Boeri come economista, condivisa con l’editore di Repubblica Carlo De Benedetti, che gli vuole anche bene per il buon lavoro svolto ad una Fondazione carissima perché intestata al padre Rodolfo, è rimasta immutata in Renzi. Che però si aspettava da lui una maggiore, o semplicemente una normale sensibilità politica, e non solo sociale, almeno come la intende una certa sinistra con la quale Renzi non vuole confondersi, anche a costo di perderne pezzi per strada.
Di terrorismo armato, secondo il presidente del Consiglio, ce n’è già abbastanza in giro nel mondo per permetterci il lusso di aggiungerne in Italia uno di carattere sociale, vista l’eco mediatica e politica delle proposte, esplicite o implicite, di Boeri sul ricalcolo contributivo delle pensioni liquidate legittimamente col sistema retributivo, sui tagli alle pensioni non solo di presunto oro, ma anche d’argento, rame, zinco e via metallizzando.
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Rischiano di entrare nel calderone del terrorismo sociale anche gli ultimi annunci del presidente dell’Inps sul destino praticamente da fame che attende i giovani se arriveranno a maturare attorno ai 75 anni di età il diritto alla pensione. Uno scenario, questo dipinto da Boeri, in cui viene alimentata nei giovani l’impressione, se non la convinzione, che i loro guai previdenziali derivino dalla sopravvivenza di troppi pensionati, e troppo ben trattati rispetto ai contributi versati. Contributi dei quali peraltro nessuno vuole esaminare l’uso che si è fatto nei vari, troppi istituti previdenziali, e casse autonome, spesso gestiti dai sindacati, o con la loro complicità, in modo a dir poco avventato. Istituti e casse imbottiti di personale dipendente, dirigenti e patrimoni immobiliari amministrati come peggio non si poteva.
Anche sulle cosiddette pensioni d’oro, intese ormai come quelle superiori ai 90 mila euro lordi annui, e non ai 90 mila euro lordi al mese, come il caso –unico – che si scoprì una volta con giusta disapprovazione, Renzi sarebbe furente per l’omissione che generalmente si fa, anche all’Inps, dei contributi di solidarietà in corso di prelievo. Contributi dichiarati illegittimi dalla Corte Costituzionale, restituiti agli interessati ma rimessi nella Legge finanziaria del 2014 dall’allora governo di Enrico Letta per un’impuntatura proprio di Renzi, in via di elezione a segretario del Pd.
In effetti, proprio a causa del pronunciamento contrario della Corte Costituzionale, e delle preoccupazioni espresse in via riservata dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulla legittimità di un nuovo intervento, il governo Letta aveva rinunciato alla tentazione di riprovarci. Furono i renziani appunto a fargli cambiare idea, imponendo non solo il ripristino, per tre anni, ma in misura superiore a quella abolita dalla Corte: superiore di un più di un terzo per via di una diversa gradualità nell’applicazione del prelievo sopra i 90 mila, i 120 mila e i 150 mila euro. Cosa, questa, che ha in qualche modo complicato il contenzioso con i giudici del Palazzo della Consulta, dove il problema è tornato per via di altri ricorsi (che saranno discussi il 26/6/2016, ndr).
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Le sortite di Boeri, che rivendica il merito di volere usare le forbici sulle pensioni “non per cassa ma per equità”, impensieriscono il presidente del Consiglio anche per gli effetti, che sembrano avere già prodotto nei sondaggi degli specialisti, sul mercato. Effetti negativi, in particolare, sulla propensione ai consumi di categorie che, impaurite dalle difficoltà in arrivo con la decurtazione delle pensioni, sono portate ora più a risparmiare, se vi riescono, che a spendere. E Renzi sa bene, con il ridimensionamento delle stime di crescita del prodotto interno lordo, quanto comodo farebbe all’economia nazionale, un aumento, non una contrazione, dei consumi.
Ossessionato da tempo, a torto o a ragione, dai gufi, gufini e gufini che avverte attorno al governo, il presidente del Consiglio non vorrebbe che a dargli il colpo di grazia fosse proprio Boeri, al quale vorrebbe chiedere una moratoria, come quella reclamata per altri versi alla periferia del partito in ebollizione per le elezioni amministrative del 2016.
Una indiscrezione riguarda infine non Renzi ma il suo entourage, dove non si vorrebbe che, come con Mario Monti quando si contarono suicidi fra gli imprenditori, arrivasse ora una serie di suicidi fra i pensionati.
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3.12.2015 PREVIDENZA. Perché il professor Tito Boeri continua a tollerare la diffusione di informazioni colpevolmente false e tendenziose, quali quella che la spesa previdenziale del 2013 sul PIL nazionale sarebbe stata del 15,7%. Ma cosa ci stanno a fare i burocrati dell'OCSE se non sanno neppure (o non vogliono) interpretare i dati correttamente? La spesa previdenziale nel 2013 è stata del 10,7% del PIL, quindi assolutamente in media con i Paesi UE. Se si sottraggono all'esborso pensionistico lordo totale di 247,86 miliardi le imposte trattenute direttamente alla fonte, per 43 miliardi, e i 33,4 miliardi della GIAS (assistenza), si ottiene una spesa previdenziale netta effettiva di 171,46 miliardi che rappresenta appunto il 10,7% del PIL. di Guglielmo Gandino - TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=19345
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