Ancora carcere per diffamazione. Giornalista condannato a un anno. Il Tribunale di Trapani subordina la sospensione della pena al pagamento di 5mila euro di risarcimento. Ossigeno chiede: la prigione non si doveva abolire 3 anni fa?
OSSIGENO, 21 gennaio 2016 - Il giudice monocratico del Tribunale di Trapani ha condannato Nicola Rinaudo, direttore ed editore della rivista a diffusione locale Extra, a un anno di reclusione, trecento euro di multa e cinquemila euro di risarcimento danni per diffamazione a mezzo stampa nei confronti di Girolamo Fazio, deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana ed ex sindaco di Trapani. La pena detentiva è sospesa ma questo beneficio è subordinato al pagamento dei danni. Ne dà notizia Prima pagina Marsala. Ossigeno commenta: ecco cosa accade mentre il Parlamento continua a rinviare l’abolizione del carcere per questo reato. Da allora venti giornalisti sono stati condannati a oltre 32 anni di carcere. Il politico aveva presentato querela contro il giornalista perché, in un articolo pubblicato sulla sua rivista nel mese di maggio 2013, aveva affermato: “Fazio, che nel frattempo è stato promosso … politicamente, gironzola – a spese dei cittadini contribuenti – a bordo di un’auto blu assegnatagli dalla Regione siciliana”. “Il Rinaudo diffondeva una notizia falsa, poiché – è scritto nella sentenza – nella realtà il Fazio non è risultato essere assegnatario o far solo uso di auto blu”. Fazio aveva querelato il giornalista, si era costituito parte civile e aveva chiesto un risarcimento danni di diecimila euro. “Questa sentenza – ha commentato Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno – ci ricorda che in Italia la pena detentiva per i colpevoli di diffamazione a mezzo stampa non è stata ancora abolita. Da almeno tre anni il Parlamento discute senza approvarla una proposta di legge per sostituire la reclusione con una multa. Intanto la pena della reclusione continua a essere comminata ai giornalisti. Da quando si discute di abolirla la pena della reclusione è stata comminata ad almeno 32 giornalisti ai qual sono stati inflitti complessivamente oltre venti anni di carcere. Cosa si aspetta? Da tempo tutte le istituzioni internazionali hanno spiegato che il carcere è una punizione sproporzionata e ha un effetto raggelante sull’intero mondo dell’informazione. Noi, lo abbiamo detto e lo ripetiamo, non mettiamo in discussione il fatto che chi è colpevole di diffamazione debba essere punito. Ma siamo fieri avversari della pena detentiva e della qualificazione penale di questi comportamenti lesivi. La reclusione e il ricorso al codice penale sono punizioni eccessive e sproporzionate per i giornalisti che non hanno esercitato correttamente la professione: certamente devono sanzionati, ma la punizione deve essere giusta e proporzionata e tale da non determinare gravi danni collaterali. Il codice penale e la reclusione, anche se la esecuzione della pena viene sospesa condizionalmente, spinge anche i giornalisti corretti e perbene a non occuparsi delle notizie delicate e controverse, cioè di quelle più importanti per i cittadini”.
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