Roma,3 febbraio 2016 C’è veramente poco da fare i trionfalisti sugli ultimi sviluppi della riforma previdenziale Inpgi. Le regole pensionistiche andranno in buona parte riscritte dal prossimo Cda ed è bene avvertire i giornalisti che le misure necessarie saranno più dolorose di quelle previste nella prima stesura.
Cerchiamo di capire le novità vere, almeno a leggere il comunicato ufficiale dell’istituto, unico documento che è dato conoscere anche al consigliere di amministrazione.
In sostanza il ministero del Lavoro e quello dell’Economia accolgono tutte le misure più severe, tranne una, decise il 27 luglio 2015. Parliamo dell’aumento della contribuzione per le aziende e per i lavoratori e della rivalutazione delle retribuzioni. Quella meno severa approvata dai ministeri riguarda il via libera al coefficiente di rendimento al 2,30 invece del 2, che pure era stato ipotizzato in una lettera indirizzata nello scorso dicembre dal Lavoro a via XX Settembre.
Il comunicato Inpgi minimizza su tutto il resto e si capisce perché. Lo fa sul prelievo forzoso sulle pensioni in essere, giocando un po’ sulle parole. Non si boccerebbe il prelievo, ma si consiglierebbe di non applicarlo perché – detto in due parole – sarebbero più i contenziosi giudiziari dei vantaggi per l’istituto. Siamo alle finezze lessicali: la sostanza è che il prelievo va in soffitta perché – come ha sempre sostenuto Inpgi Futuro che votò per questo contro la riforma – a un Cda non spetta tagliare le pensioni ma pagarle alle condizioni volta per volta maturate.
Altra finezza lessicale riguarda il calcolo dei vantaggi per l’istituto con le misure approvate e con quelle non diciamo bocciate ma congelate (contenti?). Si dice nel comunicato Inpgi: su 60 milioni annui di vantaggi a regime i ministeri ci consentono di raggiungerne 45. Ergo: autorizzato il 75 per cento della riforma.
Il problema è che il governo fa capire chiaramente che a non bastare sono i 60 milioni a regime, pena il decadimento complessivo e forse definitivo dei conti dell’istituto.
E che quindi quel 75 per cento è una percentuale diciamo così arbitraria. Vediamo perché. In sostanza i due ministeri concordano sul fatto che le misure sulle pensioni di vecchiaia e di anzianità non sono sufficienti. Non vanno bene i 66 anni per la vecchiaia non perché bisogna tornare a 65, sembra di capire, ma perché bisogna andare oltre i 66. Leggi riforma Fornero. E le clausole di salvaguardia vengono di fatto definite troppo garantiste e in grado di mettere in difficoltà nel breve e medio periodo i conti dell’istituto, con uscite a valanga. E sulle pensioni di anzianità verrebbe di fatto richiesto un maggiore rigore, leggi età e contribuzione più alte.
Solo intervenendo su questi nodi si può pensare a un riequilibrio effettivo dei conti, ritiene il governo, con risparmi che sempre a regime dovrebbero superare di molto i 60 milioni annui. Ecco perché quel 75 per cento sembra quasi una percentuale ad usum electionis.
Qualche parola finale per i colleghi che hanno pensato di affidarsi alle precedenti clausole di salvaguardia: seguano con attenzione gli sviluppi della nuova riforma che dovrà essere riapprovata con le modifiche richieste, risottoposta ai ministeri e approvata definitivamente.
Quanto a noi, non esultiamo per avere visto giusto su un aspetto nodale della riforma né per avere capito e fatto sapere per tempo con le nostre astensioni sul bilancio che l’istituto aveva imboccata una strada pericolosa. Non esultiamo ma lo ricordiamo, con la forza dei fatti e senza demagogia. - TESTO IN http://www.puntoeacapo.org/index.php?option=com_content&view=article&id=1184:inpgi-inutili-trionfalismi-e-conteggi-di-fantasia-sui-giornalisti-lombra-della-fornero&catid=65:inpgi-2016&Itemid=81