OSSIGENO 12 Marzo 2016 - In futuro sarà più rischioso approfittare delle cause civili per mettere in difficoltà qualcuno con richieste di danni basate su motivazioni e presupposti infondati o temerari. La novità, che riguarda anche le richieste di indennizzo rivolte ai giornalisti accusati di diffamazione a mezzo stampa, è uno degli elementi che caratterizzano il progetto di legge delega sulla riforma del processo civile, approvata il 10 marzo 2016 dall'Aula della Camera e ora trasmessa al Senato. Dopo che il testo sarà stato approvato anche da Palazzo Madama, il Governo procederà a modificare la legge attuale secondo le indicazioni del Parlamento.
Le novità riguardano le liti temerarie, cioè quelle cause civili talmente prive di fondamento giuridico e di fatto da essere censurate dai giudici, sia le altre che anche se non vengono formalmente ritenute tali fanno girare a vuoto la macchina giudiziaria e costringono gli accusati innocenti a sostenere costi di giudizio e sofferenza personale. In queste categorie rientrano molte cause per diffamazione promosse nei confronti dei giornalisti con forzature strumentali per intimidirli e ostacolare così la pubblicazione di notizie non gradite, determinando così quell'ostacolo alla libera informazione che gli inglesi chiamano chilling effect, effetto raggelamento.
Il testo approvato contiene alcuni emendamenti introdotti dalla Commissione Giustizia e ratificati dall'Aula della Camera nell'articolo uno. Se il giudice riconoscerà che un soggetto abbia agito o resistito in giudizio in malafede, dicono gli emendamenti h-bis e h-ter, potrà condannarlo contestualmente a versare alla controparte una somma determinata "tra il doppio e il quintuplo delle spese legali liquidate". Questa novità, attesa da tempo, viene introdotta nell'articolo 96 del codice di procedura penale (che si occupa appunto delle liti temerarie), le cui sanzioni attualmente sono difficilmente applicabili e raramente applicate perché mancano questi parametri di commisurazione. Questa determinazione dovrebbe rendere sistematica l'applicazione dell'art. 96 e di conseguenza dovrebbe agire come un deterrente contro chi promuove cause civili in modo pretestuoso e intimidatorio. Gli effetti sono attesi in molti campi, oltre che nelle cause per diffamazione. Oggi, infatti, chi fa causa a un giornalista senza fondato motivo, tranne casi eccezionali, corre soltanto il rischio di pagare le spese legali dell'accusato.
Domani non dovrebbe essere più così, anche per effetto di un'ulteriore forma di deterrenza approvata dalla Camera con l'emendamento h-ter. Il nuovo codice di procedura civile infatti prevederà che il giudice, quando si pronuncia sulle spese processuali, "condanni d'ufficio" la parte soccombente, "che ha agito con mala fede o colpa grave" al pagamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, "di importo determinato, tenendo conto del valore della controversia, in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato per l'introduzione del giudizio". Il contributo unificato dipende dal valore della causa. Per esempio, in primo grado varia da un minimo di 43 euro a un massimo di 1686 euro. Questi valori salgono con il progredire dei gradi di giudizio.
Anche queste sanzioni pecuniarie a favore della Cassa delle ammende (i cui proventi vengono impiegati per il funzionamento della giustizia) contribuiranno a raffreddare il ricorso alle liti pretestuose e temerarie. Nel complesso, l'articolo 96 del codice di procedura penale sarà più funzionale alla punizione di chi ricorre alla giustizia civile in in mala fede, come auspicato da vari anni da Ossigeno per l'Informazione. LEGGI
L'introduzione di queste nuove norma è stata salutata con favore dai vertici della FNSI (Federazione Nazionale della Stampa italiana). Il presidente Giuseppe Giulietti e il segretario Raffaele Lorusso parlano di un "rilevante primo passo". "L’aver previsto che nel sanzionare chi promuove un’azione giudiziaria in evidente malafede si tenga conto del valore della controversia – si legge nella nota diramata dalla Fnsi – introduce un elemento nuovo che, così come auspicato dalla Fnsi, dovrà portare all’affermazione che la sanzione pecuniaria da applicare a chi si rende colpevole di un’azione civile temeraria deve essere proporzionale all’entità del risarcimento richiesto al giornalista con chiaro intento intimidatorio”. - GFM