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Quale è il vero dilemma italiano? Rinnovare o no il Contributo di Solidarietà di cui alla Legge n. 147/2013 riservato - in spregio all’articolo 3 della Costituzione - alla sola categoria dei pensionati. Questo contributo di solidarietà - che sarà oggetto di esame da parte della Consulta a fine giugno2016 - rilanciato dal governo Letta a fine 2013, prevede che i pensionati siano soggetti ad un’aliquota fiscale del: - 49% (43+6) sullo scaglione fra 91.343,98€ e 130.491,40€; - 55% (43+12) sullo scaglione fra 130.491,41€ e 195.737,10€: - 61% (43+18) sullo scaglione oltre 195.737,11€. Oltre a queste aliquote gli interessati naturalmente pagano le addizionali comunali e regionali (2,5-3%) e, se appartengono ad un fondo speciale INPS (Trasporti, Elettrici, Telefonici, Dirigenti d’Azienda, Volo), versano un ulteriore contributo di solidarietà dell’1%. Eppure uno dei principali mali dell’Italia non è la spesa per le pensioni ma l’evasione fiscale, contributiva e dell’IVA. E' l'Italia dei "furbi" e dei "professori".

di GUGLIELMO GANDINO

Torino, 11 aprile 2016 -  L’Italia dei “furbi” e dei “professori” Che strano Paese è il nostro! Abbiamo il record dell’evasione fiscale e dei falsi invalidi, una parte di immobili (soprattutto situati al Sud Italia) è del tutto sconosciuta all’Agenzia del Territorio e non paga l’IMU, c’è corruzione dilagante ovunque (anche ai livelli più infimi), gli operai hanno spesso redditi imponibili superiori ai loro stessi datori di lavoro (soprattutto nel caso di esercenti e di imprese individuali), i redditi da lavoro dipendente e da pensione superano l’82% del reddito complessivo dichiarato ai fini IRPEF, le pensioni medie e medio-alte anche grazie al blocco della perequazione - a fronte di una rivalutazione monetaria del 32% - hanno perso in quindici anni il 25% del loro potere di acquisto, molti parlamentari si fanno tuttora pagare dalla comunità dei contribuenti i 3/4 dei contributi che daranno loro diritto ad un’immeritata seconda/terza pensione (che andrà a cumularsi al “vitalizio” da parlamentari), ci sono sindaci di grandi città che  cumulano lauti emolumenti da sindaco con uno o più “vitalizi” ai quali hanno contribuito, nei casi più fortunati, per  neanche 1/6, le addizionali comunali e regionali si sono raddoppiate/triplicate dal 2000 in poi, abbiamo perso negli ultimi anni oltre 1 milione di posti di lavoro, quasi un giovane su due non trova lavoro mentre gli attivi devono rimanere al lavoro fino a 66 anni grazie alla Legge Fornero, eppure quale è il vero dilemma italiano: rinnovare o no il  Contributo di Solidarietà di cui alla Legge n. 147/2013 riservato - in spregio all’articolo 3 della Costituzione - alla sola categoria dei pensionati. Questo contributo di solidarietà - che sarà oggetto di esame da parte della Consulta a fine giugno2016 - rilanciato dal governo Letta a fine 2013, prevede che i pensionati siano soggetti ad un’aliquota fiscale del:


- 49% (43+6) sullo scaglione fra 91.343,98€ e 130.491,40€


- 55% (43+12) sullo scaglione fra 130.491,41€ e 195.737,10€


- 61% (43+18) sullo scaglione oltre 195.737,11€.


Oltre a queste aliquote gli interessati naturalmente pagano le addizionali comunali e regionali (2,5-3%) e, se appartengono ad un fondo speciale INPS (Trasporti, Elettrici, Telefonici, Dirigenti d’Azienda, Volo), versano un ulteriore contributo di solidarietà dell’1%.Il contributo Letta, in vigore dal 2014, scadrà a fine 2016, mentre questo secondo contributo (sancito dal governo Monti) in vigore dal 2012, scadrà a fine 2017. L’effetto distorcente del contributo Letta è che un pensionato con 250.000€ lordi di pensione paga complessivamente 120.620€ di irpef (48,3%) mentre un attivo con lo stesso reddito lordo paga 100.670€ (40,3%), oltre naturalmente alle addizionali. Alla faccia dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e del tanto sbandierato principio di equità! E qui ci si riferisce a pensioni supportate da lauti contributi versati in 40 anni e più di carriera, non a pensioni truffaldine riservate a categorie di “raccomandati” (di certi enti pubblici, dei politici, di ex-sindacalisti, ecc.) che hanno beneficiato di vere e proprie regalie a fronte di leggi speciali (Legge Mosca n. 252/1974, D.Lgs. Treu n. 564/1996, ecc.).


La questione della proroga o meno del Contributo Letta in scadenza a fine 2016 sembra essere di tale vitale importanza da indurre perfino una Confederazione seria come la CGIA di Mestre ad improvvisarsi “professore in economia” e, anziché farsi come si suole dire i fatti suoi, invocare  nel DEF un’imposizione fiscale aggiuntiva sulle pensioni alte, che già c’è ed è sbagliata. Peccato che in quest’impeto di diligenza la CGIA di Mestre abbia omesso di dire che:


1) La spesa pensionistica è certamente - insieme al costo del debito - un capitolo importante della spesa statale ma, se si vuole essere corretti e trasparenti, non si possono dimenticare alcuni concetti fondamentali:


a) La spesa pensionistica è fatta di previdenza (circa 2/3) e assistenza (circa 1/3) che vanno distinte perché la prima è spesata dalle entrate contributive, mentre la seconda è finanziata dalla fiscalità generale;


b) La spesa previdenziale andrebbe considerata al netto del prelievo IRPEF che


ammonta a ben 43 €/miliardi. È una “partita di giro” perché lo Stato incassa subito, con prelievo alla fonte, la quota IRPEF e paga solo il netto ai pensionati;


c) La gestione “previdenziale pura” - al netto del prelievo IRPEF - presenta un saldo in sostanziale pareggio, che diventa un attivo di quasi 10 €/miliardi se si sottraggono le integrazioni al minimo, che di fatto sono “assistenza”;


d) Così riclassificata, la spesa previdenziale rappresenta il 10,7% del PIL nazionale,  in piena media UE, mentre la spesa pensionistica totale, non deducendo il prelievo IRPEF e includendo oltre 100 €/miliardi di assistenza, arriva al 19% del PIL.   


2) La fiscalità (in particolare per gli over-70) in Italia è fra le più alte d’Europa. Una pensione di 55.000€ lordi pari a 8,5 volte il minimo INPS, classificata dai nostri politici come “pensione d’oro”, con contributi versati per 40 anni, con coniuge a carico, e 2,5% di addizionali, a fronte di un lordo mensile di 4.230€ porta un netto di 2.830€ (-33%). Lo stesso pensionato in Francia incassa un netto di 3.890€, cioè 1.000€ al mese in più rispetto al collega italiano. Lo stesso pensionato in Germania incassa un netto mensile di 3.750€, cioè 900€ in più del suo omologo italiano. Quindi Italia: -33% Francia: -8% Germania: -11,4%. Ciò avviene principalmente per effetto dell’applicazione del “quoziente famigliare”, che in Italia sarebbe da introdurre per tutte le famiglie  ma almeno per gli over-70, in base al quale le aliquote fiscali in vigore si applicano solo dopo aver suddiviso il reddito imponibile totale della famiglia fra i suoi componenti. Nel caso di una coppia mono-reddito il vantaggio è evidente. A questo si aggiungono agevolazioni e abbattimenti riservati ai pensionati, soprattutto al di là di una certa soglia di età. Esattamente il contrario dell’Italia.


3) Uno dei principali mali dell’Italia non è la spesa per le pensioni ma l’evasione fiscale, contributiva e dell’IVA.


Quante volte ci è capitato di chiedere l’intervento di un artigiano per lavori domestici di piccola manutenzione, dall’idraulico, all’elettricista, al muratore, al falegname. Quante volte siamo andati dal meccanico per far effettuare piccoli interventi riparativi o di normale manutenzione alla nostra vettura. Quale è la cosa che tutte le famiglie italiane si sono sentite dire più e più volte nella loro vita? “L’intervento farebbe tanto, ma se vuole lo scontrino fiscale o la fattura le costa l’IVA in più”. All’italiano medio che gode a farsi fare lo sconto non sembra vero, in questi casi, di risparmiare il 22% di IVA. E così l’artigiano in questione incassa in nero e non paga le tasse. Pensare che ci sarebbe un modo per risolvere il problema, peraltro già contemplato nella Legge di delega fiscale. Si chiama “contrasto di interessi fra contribuenti”, utilizzato in tanti Paesi come ad esempio Francia e USA. Consiste nel consentire al cliente-contribuente (entro un certo plafond massimo) di dedurre gli scontrini fiscali degli artigiani dal suo reddito imponibile. In questo modo è vero che il cliente paga il 22% in più, ma risparmia non meno del 30% di imposta sul reddito (oltre 40% per i redditi più elevati), e quindi è incentivato a richiedere la fattura. E così si fa emergere il sommerso, costringendo tutti a pagare le imposte dovute. Inoltre si dovrebbe poter pagare elettronicamente con il bancomat, anche presso il proprio domicilio. Il problema è che la legge esiste (senza importo di pagamento minimo) ma, non avendo stabilito l’entità delle sanzioni, tutti al momento se ne fregano. È evidente che avere tutti i pagamenti tracciati costringerebbe gli operatori ad operare in maniera più corretta emettendo regolare scontrino/fattura. Conclusione: se il Governo dovesse mai decidere di confermare un Contributo di Solidarietà sulle pensioni alte, almeno ne faccia una misura fiscale applicabile a tutti - attivi e pensionati - con buona pace di tutte le categorie ad alto reddito. Così il Governo dovrà ammettere che, non riuscendo purtroppo a ridurre la spesa improduttiva e a recuperare l’evasione fiscale, l’unica via da percorrere è il famigerato aumento della pressione fiscale.


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10.4.2016 - DEF:  LA CGIA DI MESTRE CHIEDE AL GOVERNO  DI  TASSARE LE PENSIONI ALTE PER EVITARE L'AUMENTO DELL'IVA. FRANCO ABRUZZO (presidente UNPIT): "LA CGIA  dimentica che le pensioni 'alte' sono già tassate dal gennaio 2014 con prelievi del 6, 12 e 18 per cento, mentre il ricalcolo degli assegni è stato bocciato dall'Inps ('stante l'impossibilità di ricostruire i versamenti dei singoli pensionati'). La CGIA si comporta come la lobby degli artigiani e dimentica di chiedere una lotta senza quartiere agli evasori Irpef e Iva nonché del sommerso. Le pensioni  'alte' negli ultimi 15 anni hanno perso il 25% del potere d'acquisto anche per effetto della mancata perequazione". - TESTO IN   http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=20443






 


 


 




 





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