Su autonomia e servizio pubblico della Rai tutti tacciono, o quasi. E pure sulle concentrazioni giornalistiche. Perché?
di Vittorio Emiliani/Articolo21
25.4.2016 - Si parla molto della Rai e però in termini di nomine, di sostituzioni di vertice, di candidature. Nessuno parla più della anomalia istituzionale della sola emittente radiotelevisiva pubblica d’Europa che non è difesa da un organismo sovraordinato di garanzia (Fondazione o Consiglio Superiore) e il cui vertice dipende direttamente dalla presidenza del Consiglio. Incredibile ma vero. Si parla molto della Rai e però non c’è alcun dibattito sul rinnovo del contratto di servizio fra lo Stato e la Rai in base al quale devono essere ridefiniti i compiti (tanto contestati, di recente da Pier Luigi Battista sul “Corriere della Sera”) di “servizio pubblico” già oggi pagato per il 60-65 % dal canone. Mi sono provato (donchisciottescamente ?) a sollevare il problema dicendo: finiamola di parlare del canone Rai-Tv – che esiste in tutta Europa e in proporzioni ben maggiori – e discutiamo invece di sostanza, cioè della reale autonomia della Rai e dei contenuti concreti del servizio pubblico che Viale Mazzini dovrebbe doverosamente dare agli utenti (proposte ve ne sono state non poche in passato). Dall’interno della Rai qualcuno mi ha mandato uno scettico sms “Ma qualcuno ti ascolterà?”. Per la verità speravo che anzitutto dalla Rai si levasse qualche voce criticamente propositiva. Dai giornali silenzio e nebbia fitta. In sostanza, zero reazioni. Il problema dunque non interessa nessuno dentro e fuori la Rai?
Un po’ come la fusione Stampa-Repubblica, seguita a quella Mondadori-Rizzoli (che se non altro ha provocato, grazie alla personalità di Umberto Eco, venuto purtroppo a mancare subito dopo, una reazione concreta, operativa con la creazione della “Nave di Teseo” diretta da Elisabetta Sgarbi e di altri usciti da Bompiani). Anzi, la maxi-fusione sull’asse Torino-Roma ha riscosso una certa dose di applausi. Anche inaspettati.
Ma vi tornerò sopra un’altra volta. Vorrei soltanto far notare come la stampa italiana sia al momento concentrata in quattro poli: Agnelli-De Benedetti (Stampa-Repubblica-Espresso, ecc.), Francesco Caltagirone (Messaggero-Mattino-Gazzettino-Corriere Adriatico,Leggo), gruppo Rieffeser (Carlino-Nazione-Giorno) e “Corriere della Sera”. Più, a parte, “Il Sole-24 Ore” (Confindustria) ovviamente. A mio modesto avviso, queste concentrazioni editoriali dovrebbero spingerci a riparlare della autonomia della Rai-Tv affossata dalla legge Giacomelli, o meglio Renzi-Giacomelli, peggiorativa della stessa “infame” Gasparri. Stiamo sempre più scivolando verso Eiar e Minculpop?
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