OSSIGENO, 9 Giugno 2016 - La Rappresentante dell’OSCE per la libertà dei media, Dunja Mijatovic, ha accolto con favore la decisione del Senato di non inserire alcun riferimento alla diffamazione a mezzo stampa nel disegno di legge contro le intimidazioni ad amministratori pubblici, politici e magistrati. “La decisione di non aumentare la durata massima della prigione è un passo nella giusta direzione – ha detto Mijatovic in una dichiarazione diffusa oggi. E ha poi aggiunto: “La detenzione è una sanzione sproporzionata e crea un effetto raggelante sulla libertà di stampa”. La Rappresentante dell’OSCE ha anche invitato gli Stati membri a depenalizzare il reato di diffamazione.Sul disegno di legge che avrebbe aggravato le pene detentive per i giornalisti, Dunja Mijatovic era già intervenuta il 27 maggio. - Per informazioni segreteria@ossigenoinformazione.it
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Ritirata la norma sulla diffamazione di politici, amministratori pubblici e magistrati. La Fnsi: «Bene, ora via il carcere per i giornalisti». - di articolo21 - 8.6.2016 - Il senatore Giuseppe Cucca, relatore del provvedimento, ha annunciato che non ci sarà più alcun riferimento al reato della diffamazione nella norma contenuta nel ddl contro le intimidazioni agli amministratori pubblici. Soddisfatta la Fnsi, che ha da subito contestato l' inasprimento delle sanzioni a carico dei giornalisti: «Bene, ora il Parlamento approvi la nuova normativa sulla diffamazione che, oltre ad abrogare la pena del carcere, possa finalmente prevedere norme che scoraggino l' uso e l' abuso delle cosiddette querele. Non ci sarà più alcun riferimento al reato della diffamazione nella norma contenuta nel disegno di legge contro le intimidazioni agli amministratori pubblici. Ad annunciarlo è stato il relatore del provvedimento, senatore Giuseppe Cucca, intervenendo in Aula nel corso della discussione sul testo. Una notizia positiva, più volte auspicata dal sindacato dei giornalisti: «Non possiamo che prendere atto con soddisfazione - è il commento del presidente Giulietti e del segretario generale Lorusso - della decisione di stralciare dalla legge a tutela degli amministratori "sotto tiro" la parte relativa all' inasprimento ulteriore delle sanzioni penali, leggi carcere, relative alla diffamazione». Del resto, come hanno fanno più volte notare i vertici della Federazione nazionale della stampa italiana, è da tempo in discussione un' altra legge, giunta alla quarta lettura, che prevede l' abrogazione del carcere, come richiesto dalle istituzioni comunitarie. «La Fnsi - proseguono Lorusso e Giulietti - ringrazia quanti, dentro e fuori il Parlamento, hanno condiviso l' impegno e le iniziative di questi giorni e si augura che finalmente possa essere approvata la nuova normativa sulla diffamazione che, oltre ad abrogare la pena del carcere, possa finalmente prevedere norme che scoraggino l' uso e l' abuso delle cosiddette "querele temerarie", divenute un vero e proprio strumento di intimidazione nei confronti dei cronisti». La norma, che prevedeva la possibilità per i giornalisti di essere condannati fino a 9 anni di carcere se accusati di aver diffamato un politico, un amministratore pubblico o un magistrato, aveva sollevato nei giorni scorsi molte polemiche e innescato la decisa reazione, tra gli altri, anche di Fnsi, Ordine dei giornalisti e Ossigeno per l' informazione. «Per evitare altre strumentalizzazioni e polemiche infondate - ha spiegato il Aula il senatore Cucca - abbiamo deciso di levare dal testo dell' articolo 3 anche il riferimento all' articolo 595 del codice penale e non vi sarà più alcun legame con il reato della diffamazione». L' impegno della Federazione nazionale della stampa italiana al fianco dei colleghi e degli amministratori presi di mira dalla criminalità, però, non si ferma. La Fnsi ha infatti deciso di aderire alla marcia, promossa dall' associazione "Avviso pubblico", che si svolgerà il prossimo 24 giugno a Polistena, Reggio Calabria. «Ci auguriamo - anticipano Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti - che tutti i media, a partire dal servizio pubblico, vogliano seguire e dare voce a quanti, a partire dagli amministratori e dai cronisti "sotto tiro", hanno scelto di contrastare, ogni giorno, mafie, corruzione, malaffare». Un appello alla partecipazione rilanciato anche da Carlo Parisi, segretario generale aggiunto della Fnsi e segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria: «Se vogliamo davvero difendere il nostro lavoro, la nostra dignità e la qualità dell' informazione, dobbiamo essere uniti. Le battaglie non si vincono da soli, specie in realtà difficili come la Calabria dove ogni volta che si manifesta contro il malaffare occorre partecipare in massa».
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LA MARCIA INDITETRO - 9.6.2016. Alla fine è arrivata la tanto attesa marcia indietro . Ufficialmente "per evitare altre strumentalizzazioni e polemiche infondate che nuocerebbero all' intero impianto del disegno di legge" che contiene misure di contrasto alle intimidazioni verso gli amministratori pubblici. E così, dall' articolo 3 del provvedimento di cui è prima firmataria la senatrice del Partito democratico Doris Lo Moro , approvato in prima lettura da Palazzo Madama, è sparito qualsiasi riferimento all' inasprimento delle pene - da un terzo alla metà - previsto anche per l' articolo 595 del codice penale relativo alla diffamazione . Compresa quella a mezzo stampa. Una misura su cui sia le opposizioni, che pure in commissione Giustizia al Senato avevano votato a favore del testo (con l' eccezione dell' ex ministro Carlo Giovanardi ), sia l' Ordine dei giornalisti e la Federazione nazionale della stampa italiana avevano alzato la voce parlando dell' ennesimo "tentativo di intimidire i giornalisti". Circostanze che hanno costretto la compagine dem a tornare sui propri passi. NIENTE DI STRUMENTALE - Il motivo? "L' articolo 3 del ddl", ha spiegato nel corso del suo intervento il relatore del provvedimento, Giuseppe Cucca (Pd), "introduce l' articolo 339-bis del codice penale con cui si prevede un' aggravante qualora un certo tipo di reati sia commesso contro un amministratore locale a causa dell' adempimento del mandato, delle funzioni o del servizio". Ma "a seguito della sua formulazione - ha aggiunto il senatore dem - sono sorte ricostruzioni fuorvianti e strumentali , inesattezze e discussioni che, a mio parere, traggono origine da una lettura forse frettolosa e poco attenta del testo stesso". Infatti, ha tenuto ancora a precisare Cucca, "l' aggravante deve avere una natura ritorsiva nei confronti dell' amministratore locale e quindi non ha nulla a che vedere con la comune diffamazione a mezzo stampa , che non viene contemplata assolutamente e resta regolata dalla normativa vigente". Insomma, "per evitare altre strumentalizzazioni e polemiche infondate abbiamo deciso di togliere dal testo dell' articolo 3 anche il riferimento all' articolo 595 del codice penale e non vi sarà più alcun legame con il reato della diffamazione". Anche perché "in commissione Giustizia è all' esame un testo che rivede l' intero istituto dalla diffamazione" stessa. GRAN BEL PASTICCIO - Ma le cose stanno davvero così, come sostiene il senatore del Pd? Veramente le ricostruzioni sono state "fuorvianti e strumentali" al punto da costringere ad un così significativo cambio di rotta? Non proprio. A ilfattoquotidiano.it , nei giorni in cui le polemiche sull' argomento si facevano sempre più accese, l' avvocato Caterina Malavenda aveva spiegato che, così com' era scritta, la norma "non specifica, se non nel titolo del tutto ininfluente , che l' aumento di pena si applica solo se questi reati (fra i quali, appunto, la diffamazione, ndr ) sono stati commessi per ritorsione nei confronti delle vittime". Ecco perché il provvedimento in questione sembrava "punire con sanzioni più pesanti le diffamazioni commesse nei confronti degli amministratori locali e non solo, per ragioni connesse all' adempimento del loro mandato, funzioni o servizio". Il "non solo" evocato dalla legale fa riferimento ai componenti di un corpo politico (compresi deputati e senatori), amministrativo o giudiziario , ovvero i magistrati, contemplati nella norma. Insomma, al di là delle "strumentalizzazioni" tirate in ballo da Cucca, si trattava di una norma pasticciata , su cui è stato necessario intervenire. VITTORIA A METÀ - Ecco perché l' articolo, riscritto da un emendamento dello stesso relatore, dice ora che "le pene stabilite per i delitti previsti dagli articoli 582, 610, 612 e 635", cioè violenza, minaccia, danneggiamento e lesione personale, "sono aumentate da un terzo alla metà se la condotta ha natura ritorsiva ed è commessa ai danni di un componente di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario a causa del compimento di un atto nell' adempimento del mandato, delle funzioni o del servizio". Esulta, inutile dirlo, Giovanardi : "Non ho ancora capito cosa volesse dire 'diffamazione ritorsiva' , ma l' importante è che dal testo sia stato eliminato qualsiasi riferimento ad una norma totalmente incomprensibile". Ma la sua, a ben vedere, è una soddisfazione parziale . "Infatti l' Aula ha bocciato quegli emendamenti che escludono i parlamentari dall' aggravante prevista per chi compie violenze e minacce - dice l' ex ministro -. Continuo a domandarmi il motivo per il quale deputati e senatori, che sono già tutelati dal privilegio dell' insindacabilità delle opinioni espresse, debbano godere di questa ulteriore guarentigia rispetto ai normali cittadini". TUTELA INCOMPRENSIBILE - Critiche anche dai 5 Stelle , che in Aula hanno presentato proprio uno degli emendamenti per escludere deputati, senatori, prefetti e magistrati dall' articolo 3. "Pur condividendo l' impianto del ddl ed essendo riusciti a convincere i relatori ad eliminare le aggravanti per la diffamazione, abbiamo deciso di astenerci in sede di votazione finale", spiega il senatore pentastellato Maurizio Buccarella . "Nel testo, che ci auguriamo possa essere modificato alla Camera, rimane l' incomprensibile estensione delle tutele per i parlamentari - aggiunge -. Non ne vediamo la necessità, anche perché se da una parte è vero che gli amministratori locali sono quotidianamente soggetti ad atti intimidatori , dall' altro non sono mai state segnalate le stesse circostanze ai danni di un parlamentare". (Fattoquotidiano)