di Steve Lohr
(“Publisher Tested the Waters Online”, New York Times, 5 maggio, 2008, traduzione di Andrea Fama>)
Sarà pure un’editore di nicchia, ma International Data Group (I.D.G.) ha elaborato la risposta ad alcune grandi domande del mainstream editoriale. La più grande: i media cartacei sopravviveranno alla transizione verso Internet?
Ultimamente, la domanda si è caricata di maggiore urgenza. Il vacillare dell’economia ha aumentato la pressione su quotidiani e riviste affinché elaborino un futuro sostenibile on-line, giacché la migrazione di lettori e inserzionisti verso il Web è in fase d’accelerazione.
Proprio la scorsa settimana, il Capital Times, quotidiano di Madison, nel Wisconsin, con 90 anni di storia alle spalle, ha messo fine alla sua versione cartacea ed ha iniziato a pubblicare solo on-line.
Il viaggio che attende la carta stampata è incerto e insidioso, ma l’esperienza di I.D.G., il maggior editore mondiale di pubblicazioni informatiche, fa ben sperare circa la sua fattibilità. Si tratta di una compagnia privata, le cui pubblicazioni includono Computerworld, InfoWorld, PC World, Macworld e CIO, che pare sia passata ad Internet in modo redditizio, con le entrate pubblicitarie on-line che adesso superano quelle su carta.
Gli inserzionisti ed i lettori di pubblicazioni high-tech si sono mossi verso l’on-line più rapidamente rispetto al resto del mercato, pertanto I.D.G. potrebbe consentire di gettare uno sguardo sul futuro dell’editoria. Tuttavia, la transizione di I.D.G. è avvenuta solo dopo anni di investimenti, mutazioni e cambiamenti nella propria pratica giornalistica.
“Per gli editori, la cosa fantastica, e la buona notizia, è che vi è una vita dopo la carta stampata – di fatto, una vita migliore”, ha dichiarato Patrick J. McGovern, fondatore e presidente di I.D.G (nella foto).
Il più grande passo verso la migrazione on-line la compagnia lo ha compiuto il 2 aprile 2007, data dell’ultima pubblicazione della versione stampata di InfoWorld, che da allora è pubblicato unicamente sul Web. Il settimanale InfoWorld è nato nel 1978 come Intelligent Machine Journal; l’anno successivo è stato acquistato da I.D.G. e da allora ha rappresentato una delle pubblicazioni di punta della compagnia.
Si sono susseguiti mesi difficili in seguito al passaggio sul Web, in attesa delle reazioni di inserzionisti e lettori, ma in breve tempo il pubblico on-line di InfoWorld era in crescita, così come il suo volume d’affari. Secondo I.D.G., oggigiorno il sito Web di InfoWorld genera entrate pubblicitarie pari a 1,6 milioni di dollari mensili, con margini di profitto del 37%. L’anno precedente, quando ancora conservava la versione cartacea oltre a quella on-line, InfoWorld ha registrato una leggera perdita su entrate mensili pari a 1,5 milioni di dollari.
All’interno della compagnia, le restanti pubblicazioni su carta giocano ancora un ruolo fondamentale, ma in misura minore – fisicamente più piccole e finanziariamente ridotte. Nel 2002, il cartaceo costituiva l’86% delle entrate di I.D.G. relativamente alle pubblicazioni, mentre l’on-line ricopriva il 14%. Oggi, il 52% delle entrate deriva dalle inserzioni on-line, mentre il 48% è attribuibile al cartaceo.
L’anno scorso, le pubblicazioni on-line e quelle cartacee hanno raggiunto il 70% delle entrate di I.D.G. (stimabili sui 3 milioni di dollari), mentre il resto proveniva dalla propria azienda di conference business e ricerca tecnologica, la I.D.C.
Secondo McGovern, il gigante dell’editoria informatica non ha solo stabilizzato il proprio business, ma sta crescendo circa del 10% all’anno – sebbene una dura recessione ridimensionerà le proprie prospettive di crescita per l’anno in corso.
All’interno della vasta rete di 300 pubblicazioni cartacee e 450 siti Web in 85 Paesi, I.D.G. ha spostato sul Web le riviste minori, ma anche InfoWorld, una delle principali. Ve ne saranno altre, assicurano i vertici della compagnia, dal momento in cui i conti delle riviste tradizionali sono in rosso e le stesse vengono lasciate indietro, sebbene sottolineino che le versioni cartacee di alcune pubblicazioni come CIO, una rivista patinata, saranno plausibilmente in giro ancora per molti anni.
CIO è distribuito gratuitamente ai manager nel campo della tecnologia. È redditizio e propone dettagliati articoli sull’uso della tecnologia nelle corporation e nelle istituzioni governative. Un numero recente includeva un articolo di nove pagine riguardante il tentativo di ricorrere al computer per migliorare il sistema medico nei penitenziari californiani, secondo un programma stabilito dal tribunale.
Eppure, anche CIO ha adottato un business model che, come indicato dai propri manager, dà la priorità all’on-line. Tre anni fa, solo tre elementi del personale editoriale erano occupati nel lavoro sul Web, mentre il resto si dedicava unicamente al cartaceo. Oggi, non vi sono barriere tra il Web e la carta stampata. Il totale del personale (23 persone) è cresciuto di un’unità rispetto al 2005, ma adesso la maggior parte dedica l’85% del proprio tempo al Web, mentre una manciata di giornalisti dedica l’80% del proprio tempo ai lunghi articoli centrali della versione stampata.
Oggigiorno, però, tutti scrivono per il Web. “E’ semplicemente corretto nei confronti delle persone e della loro carriera”, afferma Michael Friedenberg, presidente di CIO. “Come si può dire a qualcuno, in questo ambiente, di scrivere unicamente su carta e non on-line?”.
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Il cambiamento più evidente, però, riguarda le pubblicazioni più orientate all’informazione come InfoWorld, ex settimanale, per via della capacità di Internet di fornire notizie al pubblico istantaneamente, e di fornire frange specifiche di pubblico agli inserzionisti.
Quando nel febbraio dell’anno scorso l’alto funzionario di I.D.G., Robert Cardigan, ha incontrato i manager di InfoWorld, l’unica cosa che restava da decidere era la data in cui avrebbero messo fine alla versione cartacea. Con una diffusione di 180.000 copie, la versione su carta era in perdita, mentre investimenti e risorse erano stati spostati sul sito Web di InfoWorld. “Eravamo ansiosi di far evolvere le nostre attività e di dimostrare ciò che sentivamo nel profondo, ovvero che saremmo potuti andare oltre la carta stampata”, ha affermato Cardigan.
Non è stata una sorpresa neanche a livello editoriale. Ad allora, lo staff era già calato al livello attuale di 17 persone, circa la metà rispetto al 2002, e di gran lunga inferiore rispetto ai picchi di 100 persone registrati durante il boom della tecnologia della fine degli anni novanta. La separazione tra lo staff on-line e quello tradizionale era già avvenuta molto tempo addietro.
Steve Fox, l’allora editore capo di InfoWorld, sostiene che la differenza principale tra il cartaceo e l’on-line è la capacità di quantificare precisamente quanti lettori visualizzano un determinato articolo sul Web – e come questi risultati influenzano le decisioni editoriali sugli argomenti da trattare.
Ciò influenza direttamente anche le finanze di un’azienda. Quando un utente visualizza una pagina Web, le inserzioni vengono automaticamente presentate su quella pagina e l’editore ne ricava un premio in denaro.
“Poter ottenere il riscontro che offre Internet è fantastico, ma è necessario anche che chi possiede l’azienda sia illuminato, in modo da non essere schiavi delle visualizzazioni on-line”, sostiene Fox, il quale lo scorso ottobre ha lasciato pacificamente la compagnia per dedicarsi all’avviamento di un social network.
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Nella redazione di InfoWorld il resoconto della visualizzazione delle pagine è importante, afferma Eric Knorr, attuale capo redattore, ma come guida piuttosto che come sostituto delle scelte editoriali. Plausibilmente, ha aggiunto, taluni argomenti che sollevano accese opinioni tra i lettori del settore tecnologico determinano dei picchi nel traffico on-line. “Se inseguissimo i resoconti del Web, tutto ciò di cui scriveremmo sarebbe la carta verde per i lavoratori nel campo dell’elettronica, Machintosh e i difetti di Microsoft”, sostiene Knorr.
Eppure, come pubblicazione unicamente destinata al Web, InfoWorld è molto diversa da quella che fu la versione stampata. Secondo Knorr, sono finiti i tempi dei lunghi articoli di più di 3.000 parole, aneddotici e narrativi, volti ad esaminare come la tecnologia avesse trasformato un’azienda piuttosto che un settore. Al contrario, sostiene, la chiave on-line consiste nell’impacchettare le informazioni in “bocconi digeribili”, generalmente non più lunghi di una cartella, e a volte sotto forma di lista delle “10 cose da fare” per risolvere determinati problemi tecnologici nelle aziende.
Secondo Knorr, inoltre, il Web apre le porte a soluzioni altrimenti impossibili su carta, come ad esempio delle brevi animazioni che spiegano complesse tecnologie, o una petizione on-line che ha raccolto 160.000 firme in cui si chiede a Microsoft di continuare a vendere il vecchio sistema operativo Windows XP prima del suo pensionamento a giugno.
Senza le limitazioni della carta stampata, continua Knorr, analizzare argomenti in modo più dettagliato diventa più facile. InfoWorld vanta una scuderia di blogger, tra cui 19 scrittori freelance, che sono delle autorità in nicchie come la protezione dei dati, la tecnologia “verde”, i software open source e il cloud computing (un modello in cui i servizi di software e hardware risiedono nei server Web e non nei singoli computer, N.d.T.).
Secondo Knorr, per quanto riguarda l’attività di giornalismo e di blog, lo scopo è quello di creare “scuole di pensiero” in diverse aree tematiche on-line, e far sì che InfoWorld avvii delle conferenze su tali argomenti.
A quanto pare, l’approccio sta avendo un’eco nell’industria pubblicitaria. “I marchi legati alla carta stampata sopravvivranno, ma i canali distributivi, così come i contenuti, stanno senza dubbio cambiando”, afferma Latha Sundaram, vice presidente di Starcom Worldwide, un’agenzia di comunicazione. “InfoWorld si è concentrata sull’approfondimento dell’informazione tecnologica, che si presta maggiormente ad un format on-line”.
Stewart Alsop, un giornalista divenuto poi uomo d’affari, è stato redattore capo di InfoWorld durante gli anni novanta, quando la rivista era colma di pubblicità e il personale era all’apice. “L’editoria tecnologica si trova proprio sul punto di questa trasformazione dei media”, sostiene Aslop. “Quanto sta accadendo alla I.D.G. rappresenta una guida sufficientemente accurata per le altre organizzazioni editoriali. Bisogna crederci, sta per accadere”.