Roma, 24 settembre 2016. La Fieg oggi è tentata (a parole) dall'uscita dall'Inpgi perchè i contributi pagati per i giornalisti (23,81%) sono pari a quelli pagati per i dipendenti non giornalisti all'Inps. I giornalisti, invece, versano il 9,19% (8,69% fino al 31 dicembre 2015) più uno 0,10% come "contributo per gli ammortizzatori sociali"; lo 0,10 rischia ora di salire, con la riforma, allo 0,30. Gli editori, comunque, pagano un altro 3 per cento per Cig, disoccupazione, Tfr e mobilità (rispetto all'Inps, tuttavia, risparmiano un 7,50%; leggi in http://www.inpgi.it/?q=node/46 , ma il sito dell'Istituto non è aggiornato). Questi argomenti sono affiorati in una recente discussione nel contesto dei lavori di una Commissione dell'Inpgi nella quale sono presenti due rappresentanti degli editori, i quali hanno ammesso candidamente di aver lanciato "una provocazione". I numeri, invece, dicono che l'Inpgi conviene alla Fieg, perché l'Inps costerebbe di più e di molto.
Si deve al ministro del Lavoro dc, Leopoldo Rubinacci - si legge nel sito dell'Inpgi - l'iniziativa legislativa che, - preso atto della peculiarità dell'attività professionale dei giornalisti, che li vede esposti oltre che ai normali rischi inerenti il rapporto di lavoro anche all'alea delle vicende politiche, - si conclude con l'emanazione della legge 20 dicembre 1951 n. 1564 (testo in coda), con la quale viene riconosciuto all'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani "Giovanni Amendola" il carattere sostitutivo di tutte le forme di previdenza e assistenza obbligatorie nei confronti dei giornalisti professionisti ad esso iscritti ed acquista natura giuridica di ente di diritto pubblico con personalità giuridica ed autonomia gestionale. La legge Rubinacci stabilisce, comunque, che la misura dei contributi dovuti dai datori di lavoro e le prestazioni erogate dall'Ente non possono essere inferiori a quelle stabilite per le corrispondenti forme di assicurazione obbligatorie. Le esperienze del primo quadriennio di attività fanno nascere l'esigenza di ulteriori disposizioni regolatrici dell'Ente tendenti al consolidamento tecnico-amministrativo della previdenza dei giornalisti. A tale esigenza viene data risposta con la legge 9 novembre 1955 n. 1122, legge Vigorelli, contenente "Disposizioni varie per la previdenza e assistenza sociale attuate dall'Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani "Giovanni Amendola". Le iniziative di sviluppo perseguite dopo le due leggi fondamentali (Rubinacci e Vigorelli) e dei conseguenti atti - statuto e regolamento -, sia sotto il profilo istituzionale che della tutela, con sensibile ampliamento delle competenze e perfezionamento delle normative hanno portato gradatamente l'ente su posizioni di avanguardia, o almeno di anticipazione, nelle aree di sua competenza, facendone uno strumento indispensabile alla tutela della professione di giornalista e conseguentemente della libertà di stampa. (TESTO IN http://www.inpgi.it/?q=node/3 ). E' assodato che gli editori hanno violato la legge Rubinacci con la complicità dei dirigenti Fnsi e Inpgi, ma anche dei ministeri vigilanti (Tesoro e Lavoro) e della Corte dei Conti. L'Inpgi ora non dovrebbe essere risarcita dallo Stato? Si calcola che in 65 anni (dal 1951 a tutt'oggi) l'Inpgi sia stato depauperato di almeno un miliardo di euro per il minore incasso di contributi.
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La «legge Rubinacci». Previdenza ed assistenza dei giornalisti. Legge 20 dicembre 1951 n. 1564 (1). (1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 16 gennaio 1952, n. 13.
1. La previdenza e l'assistenza attuate dall'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola» riconosciuto con regio decreto 25 marzo 1926, n. 838, nelle forme e nelle misure disposte dal suo statuto (2) e dal regolamento a favore dei giornalisti iscritti all'Istituto stesso, sostituiscono a tutti gli effetti, nei confronti dei giornalisti ad esso iscritti, le corrispondenti forme di previdenza e di assistenza obbligatorie. (2) Lo statuto è stato approvato con Dpr 24 agosto 1963 n. 1331,.Il nuovo statuto è stato approvato con Dm 24 luglio 1995.
2. Le misure dei contributi dovuti all'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola» dai datori di lavoro per i giornalisti da essi dipendenti e le prestazioni che l'Istituto è tenuto ad erogare a favore dei propri iscritti non possono essere inferiori a quelle stabilite per le corrispondenti forme di previdenza e di assistenza obbligatorie. Il regolamento previsto dallo Statuto dell'Istituto dovrà essere uniformato alle disposizioni della presente legge entro il termine di sei mesi dall'entrata in vigore della legge stessa.