PREVIDENZA IN TRINCEA. Tre sentenze (testi in coda) della sezione Lavoro della Cassazione bocciano inesorabilmente il contributo di solidarietà varato dopo il 2007 dalla Cassa dei dottori commercialisti e che il CdA dell'Inpgi "fattosi Parlamento" vuole introdurre illegalmente sugli assegni di 6.554 giornalisti in quiescenza con redditi superiori ai 38mila euro all'anno. L'Istituto prevede così di risparmiare complessivamente circa 19 milioni di euro nel prossimo triennio. Anche i Ministeri dell'Economia e del Lavoro hanno bocciato il prelievo introdotto dall'Inpgi nella riforma varata il 27 luglio 2015. Pesa anche la mancanza di un quadro normativo ad hoc. L'ultima parola, comunque, spetta a Padoan e Poletti. (Franco Abruzzo/presidente dell'Unpit: "E' l'ora di cacciare Fnsi e Fieg dal Cda dell'ente. I giornalisti pensionati devono confluire nell'Unpit o in Puntoeacapo. Basta con la Fnsi, che non li tutela!").
di Pierluigi Franz
25.9.2016 - Nell'ultima bozza della riforma delle pensioni INPGI, che doveva restare “segreta”, ma che è scaricabile sia dal sito della FNSI http://www.fnsi.it/inpgi-il-documento-aggiornato-delle-ipotesi-per-rimettere-in-equilibrio-i-conti, sia da quello dell'UNGP http://www.ungp.it/Documenti/ipotesi%20riforma_2.pdf, si prevede che dal 1° gennaio 2017 vengano tagliate per la durata di 3 anni ben 6.554 pensioni di giornalisti a partire da un importo annuo lordo da 38 mila euro in su. Grazie a questo "contributo di solidarietà" l'INPGI, sostituendosi al Parlamento, prevede così di risparmiare complessivamente circa 19 milioni di euro nel prossimo triennio. Ma lo può fare davvero? Per la Cassazione assolutamente no. Si riportano qui appresso in versione integrale le tre recenti sentenze della Suprema Corte (la n. 53 del 2015 e la n. 12338 del 2016) che hanno bocciato inesorabilmente il “contributo di solidarietà” sulle pensioni in corso di pagamento, introdotto dopo il 2007 da una Cassa previdenziale privatizzata. Ma se mercoledì prossimo il CdA INPGI decidesse ugualmente di tagliare le pensioni, ignorando i princìpi fissati nei 2 verdetti dei supremi giudici, i Ministeri vigilanti del Lavoro e delle Politiche Sociali e dell'Economia e delle Finanze non avrebbero poi nulla da dire? Perché allora l'ente insiste a voler percorrere a tutti i costi una strada senza uscita?
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1.Sentenza della Sezione Lavoro della Cassazione n. 53/2015 depositata l'8 gennaio 2015, cliccare su: http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20150109/snciv@sL0@a2015@n00053@tS.clean.pdf
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2.Sentenza della Sezione Lavoro della Cassazione n. 12338/2016 depositata il 15/6/2016 in http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20160616/snciv@sL0@a2016@n12338@tS.clean.pdf
3. sentenza n. 6702 del 6 aprile 2016 della Sezione Lavoro della Cassazione. La si può leggere all'indirizzo http://www.italgiure. giustizia.it/xway/application/ nif/clean/hc.dll?verbo=attach& db=snciv&id=./20160407/snciv@ sL0@a2016@n06702@tS.clean.pdf In totale sono quindi 3 le decisioni della Cassazione che respingono sostanzialmente le tesi sostenute dall'INPGI: la n. 53 del 2015, la 6702 del 2016 e la 12338/2016.
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