Roma, 9 settembre 2008. A seguito dell’audizione informale avvenuta lo scorso 30 luglio, in cui la Commissione Giustizia ha ascoltato il parere dei vertici del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti sulle proposte di integrazione e modifica alla vigente disciplina in materia di intercettazioni telefoniche, il Consiglio, su invito del Presidente della Commissione Giustizia, avv. Giulia Bongiorno, ha presentato oggi una nota contenente osservazioni critiche ai progetti di legge, predisposta con la collaborazione di giuristi ed esperti. La nota ha come prima finalità la salvaguardia della libertà di informazione e del diritto dei cittadini ad essere informati su fatti di interesse pubblico.
Sono state, quindi, valutate con particolare attenzione le proposte di modifiche al segreto processuale, sulla limitazione alla pubblicazione, sugli effettivi spazi della cronaca giudiziaria, sull’esercizio della libertà di informare e di informarsi, nonché sul ruolo dell’Ordine professionale.
Riguardo al segreto processuale è stato messo in evidenza come qualsiasi norma che implichi limitazioni all’informazione nelle sue varie forme, risulta sempre una norma derogatoria e limitativa di un diritto costituzionalmente radicato, principio più volte ribadito da importanti sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo.
La cronaca giudiziaria in materia penale – è scritto nella nota – svolge un servizio pubblico in relazione a diverse finalità sociali, pertanto i limiti legislativi alla libertà di cronaca giudiziaria devono considerarsi eccezionali, mentre la norma è la possibilità di pubblicazione di tutti gli atti di un procedimento. Al contrario, le modifiche previste dai lavori parlamentari impongono una drastica riduzione degli spazi della cronaca giudiziaria con l’evidente intenzione di tenere il più lontano possibile lo svolgimento delle indagini penali dalla informazione.
Riguardo al segreto processuale vengono evidenziate diverse problematiche a partire da quali siano gli atti coperti dal segreto. Si prospetta la distinzione tra atti ed attività. Come è evidente, se si pensa di sottoporre al segreto anche le attività di indagine, qualsiasi comportamento, qualsiasi azione, qualsiasi spostamento del P.M. o della polizia giudiziaria rientrerà in questo campo. Pertanto l’inclusione delle attività nell’ambito del segreto di cui all’art. 329 c.p.p. non potrebbe non implicare il totale silenzio informativo su qualsiasi attività del P.M. o di P.G.
La nota prosegue analizzando le modifiche introdotte nell’art. 114 c.p.p. che appaiono le più negative rispetto al diritto di cronaca e che riguardano il divieto di divulgazione anche degli atti non coperti dal segreto.
Se si potesse – prosegue la nota – operare un contemperamento fra le esigenze del segreto (effettive e doverose) e quelle dei diritto di cronaca (altrettanto effettive e doverose) si potrebbe pensare di presidiare meglio e in maniera più credibile la frontiera del divieto di pubblicazione. L’inasprimento delle pene unito all’allargamento inusitato della zona coperta dal divieto di pubblicazione delinea, invece, un evidente intento di repressione del diritto di cronaca, unilateralmente volto a comprimere questa necessaria funzione del sistema costituzionale dello Stato democratico di diritto.
Infine, nella nota si evidenzia il ruolo dell’Ordine dei giornalisti, in quanto le ipotesi di riforma dell’art. 115 c.p.p. sembrano ignorare l’esistenza di una ricca normazione disciplinare legata alla funzione deontologica degli Ordini professionali, interferendo pesantemente sull’autonomia degli Ordini nel predefinire la sospensione dalla professione di tre mesi.
Per completezza di informazione si riporta, in allegato, l’intero capitolo dedicato alle conclusioni e proposte formulate dal Consiglio nazionale alla Commissione Giustizia della Camera.
CONCLUSIONI E PROPOSTE
In conclusione l’Ordine dei giornalisti, nel raccogliere l’invito della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, a formulare il proprio avviso nel procedimento di formazione di questa novella legislativa, propone di:
1. mantenere l’attuale formulazione dell’art. 114 c.p.p. solo integrandolo, semmai, con il riferimento alle nuove disposizioni relative alla documentazione e agli atti concernenti conversazioni, anche telefoniche, o flussi di comunicazioni informatiche o telematiche, ovvero dati riguardanti il traffico telefonico o telematico, o anche le riprese visive di cui al “nuovo”art. 266 quater, che si vuole introdurre;
2. oppure, in alternativa più limpida e capace di tutelare insieme diritto di cronaca e diritto alla riservatezza, confermare il divieto di pubblicazione degli atti coperti da segreto ex art. 329 c.p.p., e liberalizzare l’informazione sugli atti che – sempre ai sensi e per gli effetti dell’art. 329 c.p.p. – non risultino più coperti da segreto;
3. mantenere l’attuale formulazione dell’art. 115 c.p.p., dal momento che la nuova formulazione del secondo comma, oltre a impingere nell’autonomia e nella specialità normativa degli Ordini professionali, contrasta con il sistema dei rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale;
4. per le ragioni espresse nelle pagine che precedono, nell’art. 329 c.p.p. espungere dal disegno di legge governativo l’estensione oggettiva del segreto operata attraverso l’inserimento dell’espressione “e le attività”, circoscrivendo l’apposizione del segreto stesso agli atti d’indagine (per le medesime ragioni é necessario espungere l’espressione “attività” dall’art. 379 bis proposto dal p.d.l. Tenaglia);
5. ridurre le pene previste nelle diverse formulazioni dell’art. 379 bis, primo comma, c.p. alla misura prevista nel testo attualmente vigente;
6. ridurre nel massimo a un anno la pena prevista nel primo comma del “nuovo” art. 617 septies c.p., eventualmente meglio precisando il concetto di “modalità o attività illecita”, dal momento che potrebbe facilmente ricadere in altre fattispecie di reato;
7. precisare meglio la formulazione dell’art. 617 octies c.p., dal momento che sembra gravemente e decisamente afflittivo prevedere una pena di reclusione fino a quattro anni per la mera detenzione (non comprendendosi il significato giuridico dell’espressione “illecitamente detiene”) di documenti che contengono dati illecitamente formati o acquisiti ovvero documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni (da parte di chi?);
8. sopprimere, o quanto meno ridurne decisamente la sanzione (altresì ad una ragionevole sanzione amministrativa), la previsione dell’art. 617 novies c.p., che riguarda una fattispecie la quale, in sé, può anche non prevedere alcun dolo;
9. mantenere nell’ambito dell’attuale quantificazione o, come massimo, della quantificazione prevista dal d.d.l. governativo, espungendo comunque la pena dell’arresto, la sanzione prevista dall’art. 684 c.p..
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12/09/2008 21:23:00 - Giurisprudenza di legittimità: intercettazioni a tutto campo contro la criminalità organizzata (Cassazione - Sentenza n. 35107 del 11.09.2008 in www.Cassazione.net).
La Cassazione amplia l’utilizzo delle intercettazioni per contrastare la criminalità organizzata. Possono essere usate quelle realizzate con impianti privati anche prima che i sospettati siano stati iscritti sul registro degli indagati. Nessun problema, inoltre, se le operazioni iniziano in ritardo.
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“Panorama” e Prodi.
INTERCETTAZIONI.
FNSI: “Ddl incompatibile
col diritto dei giornalisti
di informare i cittadini”.
Roma, 30 agosto 2008. «La pubblicazione su 'Panorama’ di intercettazioni riguardanti Romano Prodi, non cambia in nulla la sostanza delle questioni collegate al disegno di legge Alfano. Nessuno pensi, al governo o in parlamento, di sfruttare la vicenda per accelerare l'approvazione di un ddl che la Fnsi continua a giudicare incompatibile con il diritto-dovere dei giornalisti di informare e con il diritto dei cittadini a conoscere fatti di rilevanza pubblica». Lo afferma la Federazione Nazionale della Stampa. «Abbiamo chiesto alla Commissione Giustizia della Camera un profondo ripensamento sui punti-cardine del testo -spiega l'Fnsi- confermiamo di essere disponibili a discutere dell'eventuale miglioramento delle norme già esistenti a tutela della riservatezza, ma non potremmo accettare in alcun modo la secretazione per anni delle inchieste giudiziarie che l'attuale versione del ddl Alfano produrrebbe». «Vogliamo sperare che alla ripresa dell'attività parlamentare aggiunge l'Fnsi- le forze politiche sappiano affrontare il tema con senso di responsabilità. Altrimenti i giornalisti italiani continueranno a far sentire, con tutti i mezzi a disposizione, che sul tema del diritto a conoscere c'è una gran parte dei cittadini italiani indisponibile -conclude- ad accettare bavagli all'informazione». (Adnkronos)