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La Fnsi fa il punto sulla
trattativa per il rinnovo
del contratto di lavoro

COSA C' E' NEL PIATTO?
Multimedialità, qualifiche,
contratti a termine, lavoro
autonomo, parte economica.

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IN CODA
Contratto in dirittura d’arrivo.
Il 5/11 seduta decisiva del Cn della Fnsi.

«Una piattaforma al ribasso,
stampellata dagli editori,
non aiuta a includere, sacrifica
i diritti dei giovani e apre
la porta a un prepensionamento
di massa dei colleghi più maturi».
ANALISI DI ANDREA MONTANARI
(Cdr della Repubblica e consigliere dell’Alg)
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Roma, 31 ottobre 2008. La Fnsi fa il punto sullo stato delle trattative al 31 ottobre 2008.  Il 5 novembre riprenderà il dialogo tra le parti contrattuali. Il sindacato nazionale mette a disposizione delle Associazioni stampa, dei Cdr e di tutti i giornalisti il lavoro svolto dal Dipartimento Comunicazione, Formazione e Servizi sindacali in collaborazione con i dirigenti e i tecnici della Fnsi e altri dipartimenti (Sindacale, Lavoro autonomo, Mercato del Lavoro), che fanno capo alla Segreteria.  Ecco il testo:


 


Dipartimento Comunicazione Formazione e Servizi sindacali


FEDERAZIONE NAZIONALE DELLA STAMPA ITALIANA


Il CONTRATTO DEL PATTO GENERAZIONALE


La situazione al 31-10-08. Il contratto, che include e non esclude


Il contratto, cosa c’è, come ci si muove, la situazione al 31-10-08


Il contratto, non un contratto qualsiasi,che include e non esclude


La piazza, gli scioperi, le manifestazioni, il confronto e la trattativa. Tutto in trasparenza, nelle assemblee che si stanno facendo, nelle informative della Fnsi, sul sito federale, delle associazioni regionali di stampa. I riassunti (spesso parziali e fuorvianti) che compaiono in rete generano spesso non dibattito reale, ma attenzioni fuorvianti. La rete e cosa distribuisce a volte può anche essere una trappola e diventare una tonnara sindacale: a chi giova? Alla categoria e alla necessità di un contratto? No.


Dopo tre anni e mezzo nei quali gli editori si sono rifiutati di aprire il confronto, finalmente c’è una trattativa in corso.


Il contratto serve ai giornalismi e ai giornalisti, oggi e per il futuro, per dare futuro ai colleghi più giovani (di età e di contratto), per dare sicurezza a chi un lavoro lo ha, per costruirla per chi non ha un contratto, per chi fa lavoro autonomo, per difendere la solidità degli istituti di categoria (Inpgi, Casagit, Fondo di pensione complementare) e la loro tenuta.


Non serve alla vigilia della possibile stretta e del confronto su tesi, articoli, contenuti e definizione della parte economica, dividere, lacerare, con informazioni false, parziali o utilizzate in modo coscientemente fuorviante: informare in modo distorto, mentendo sapendo di mentire (cosa diversa dall’esprimere legittime critiche, proposte, contributi) è la cosa peggiore che si possa fare. Ed è il “peccato” mortale che ogni giornalista può commettere. Non ci sono bozze, preaccordi segreti, c’è soltanto un confronto che va avanti.


 


DI COSA SI E’ PARLATO, DI COSA SI STA PARLANDO, COSA C’E’…


•          Il fondamento del contratto e della trattativa è “il patto generazionale” e la presenza regolata dei giornalisti nell’industria dell’informazione che cambia, in modo da garantire tutti e il nostro futuro. In sostanza non dobbiamo avere paura né commettere errori del passato quando il timore del nuovo ci ha messo in difficoltà oppure ci ha fatto affrontare con ritardo i cambiamenti in atto. Il contratto nazionale serve a tutti e soprattutto a chi nelle realtà che non sono i grandi gruppi, non ha integrativi o regole forti ulteriori a tutela dei colleghi e delle redazioni.


 


•          E’ sbagliato dire teniamoci cosa abbiamo. E’ sbagliato arretrare o pensare di tornare al contratto erga omnes del 1959 sul quale è bene dire e spiegare anche qualcosa sul “cosa” comporterebbe il suo ritorno. Non dipingiamo una situazione rosa, ma su uno sfondo di crisi generale e di crisi del settore dell’editoria alcuni elementi tendenti al rosa possono (e devono) esserci. Non vogliamo fare un contratto qualsiasi, ma il contratto. E non è certo un caso se ci sono voluti oltre 1339 giorni, 18 di sciopero, di piazza, di manifestazioni per arrivare al confronto preliminare alla trattativa definitiva, finale e vera che concretizzi un’ipotesi di intesa. I tempi sono essenziali e andare oltre la metà di dicembre per la definizione di una (possibile o eventuale) ipotesi di intesa sarebbe un  problema.


 


•          Il pomeriggio del prossimo 5 novembre, in coda alla manifestazione Stand up è stato convocato il Consiglio Nazionale della Fnsi. Le numerose assemblee tenutesi nelle varie regioni, hanno messo in luce consensi e criticità sui nodi della vertenza contrattuale.


 


•          La Fieg ha ora iniziato l’esame di quanto il tavolo tecnico ha prodotto. Ciò renderà meno problematica la comunicazione sull’avanzamento del confronto. Proviamo a sintetizzare.


 


•          Multimedialità. Testata di riferimento, flessibilità contrattata e regolata: si può lavorare nell’arco dell’orario stabilito dal contratto per più testate che diffondono notizie su piattaforme diverse (quelle che già troviamo nelle redazioni sulle work-stations di ultima generazione). Ma si risponde ad un direttore e non si esce dal solco del rispetto dell’autonomia e dignità professionale: no ai trasferimenti selvaggi, no alla licenziabilità dei capi-redattori, difesa delle normative dell’articolo 42 sui processi tecnologici e dell’art.43 sulle sinergie; introduzione di “pool” in grado di produrre contenuti “specialistici” per più testate dello stesso gruppo  nel rispetto  dell’autonomia dei giornalisti e delle specifiche legislative e del contratto (divieto di demansionamento).


Nei prossimi giorni sarà possibile definire con minore approssimazione le determinazioni della Fieg. E’ evidente che sulla multimedialità quanto messo sul piatto è sufficiente a gestire il nuovo senza uscire dal seminato delle regole e delle tutele. Altro non è consentibile. Non è permesso, cioè, utilizzare la multimedialità come un grimaldello per scardinare la parte normativa del contratto. Ci sono avanzamenti interessanti anche sotto il profilo dell’articolo 11: abbiamo chiesto l’introduzione di nuove figure professionali (redattore esperto, speciale e senior) che affianchino la tradizionale “carriera” gerarchica sviluppata attraverso il lavoro di “cucina” e gli editori si sono dichiarati disponibili a discuterne.


 


•          Parte economica: vale il principio che abbiamo bisogno di un patto generazionale che sia utile sia in termini di equità che di consolidamento degli istituti di categoria. Detta volgarmente: se continuiamo a picchiare in testa ai neo-assunti e a non limitare i contratti a termine non avremo modo di mantenere il regime pensionistico in atto. Stesso discorso sugli scatti: si devono difendere (la Fnsi respinge l’ipotesi Fieg che vuole ridurre a 7 il numero degli scatti), vanno rimodulati in modo da non penalizzare chi inizia la carriera.  Stesso discorso per la dinamica salariale: la parametrazione deve premiare verso il basso.


 


•          Sui contratti a termine vale la stessa impostazione: se ci riusciamo bisogna che i contratti a tempo determinato costino di più rispetto a quelli a tempo indeterminato (il principio è che la flessibilità si paga) e che comunque non costino meno, come avviene oggi. Gli incentivi (decontribuzione) devono scattare solo in presenza di un impegno contrattato a livello aziendale o di gruppo a stabilizzare i Contratti a tempo determinato (bacini).


 


•          Lavoro autonomo: A livello generale bisogna sbloccare l’intesa sul welfare raggiunta con il ministero del Lavoro e passare all’innalzamento della contribuzione previdenziale a carico degli editori, che dovranno anche provvedere ai versamenti contributivi all’Inpgi. Il nodo è poi quello dei tempi di pagamento. Dobbiamo ottenere che il pagamento degli articoli richiesti avvenga non oltre 30 giorni dalla lettera di incarico o dalla pubblicazione dell’articolo (in assenza di lettera di incarico).


 


•          Editoria. Lo scenario in cui si cala la vertenza non è comunque neutro: non ripetiamo cose note. Tutti sanno bene quale sia lo stato di salute del settore e di alcune singole aziende o gruppi. Il rischio che la crisi si avviti e investa la tenuta dei livelli occupazionali, la qualità del nostro lavoro, l’autonomia delle testate dai “poteri forti” e dall’invasività del marketing è reale.


 


LA BUFALA DEL CONTRATTO DEL 1959…


C’è chi con dotte dissertazioni e sintesi di dibattiti redazionali riassunti con visioni di parte, distorsioni e dimenticanze varie


 


SOSTIENE CHE SE LA FIEG DISDETTASSE IL CONTRATTO E SI TORNASSE A QUELLO DEL 1959 PER I GIORNALISTI SAREBBE CONVENIENTE. NON E’ VERO!


Il contratto del 1959 è stato esteso erga omnes dal legislatore e rappresenta una rete di protezione, divenuta nel tempo, però, molto esigua e soprattutto inadeguata rispetto all’evoluzione contrattuale degli anni successivi.


Il contratto del ‘59 esclude che i comitati di redazione abbiano poteri di intervento sull’organizzazione del lavoro (orari, trasferimenti, licenziamenti, mutamenti e assegnazioni di mansioni e qualifiche, ecc.) e che possano intervenire sui programmi, le iniziative, le ristrutturazioni e la vita aziendale.


Il contratto del ’59 non regolamenta né le tecnologie, né le sinergie, né i services e di conseguenza cadrebbero automaticamente tutte le procedure e le garanzie introdotte nei contratti successivi.


Il contratto del ‘59 non prevede i limiti dell’orario di lavoro. La sua applicazione consentirebbe, perciò, agli editori di imporre in azienda l’orario legale (40 ore a settimana).


Il contratto del ‘59 discrimina i pubblicisti a tempo pieno che non possono avere lo stesso trattamento economico dei professionisti.


Il contratto del ‘59 prevede un’applicazione limitata e ridotta ai giornalisti che lavorano nei periodici.


Il contratto del ‘59 prevede le “gabbie salariali”, ovvero la differenza dei trattamenti economici da città a città.


E’ questa la proposta da portare ai colleghi?


 


•          COSA C’ERA NEL PIATTO E COSA C’ E’


•          Vale la pena di ricordare che nel corso dei confronti sono stati eliminati obiettivi che la Fieg intendeva raggiungere quali la trasformazione dei vertici redazionali in dirigenti fuori dal contratto giornalistico, l’abolizione degli articoli 42 e 43 del Cnlg, la revisione e la riduzione dei poteri e del ruolo dei Cdr. La Fieg puntava ad un modello d’ impresa dove il giornalista dipendesse solo dall’azienda e non rispondesse al direttore. Cose di poco conto? Crediamo proprio di no. Ed è bene ricordare che quanto sinora fatto va nella direzione delle indicazioni congressuali di Castellaneta e della maggioranza espressa dal congresso e ulteriormente allargatasi dopo lo stesso congresso.


•          IL METODO


•          Il confronto a delegazioni ristrette e gruppi di lavoro tecnici è servito a questo e ad altro. E lascia ovviamente il campo aperto (ma era scontato, non era stato certo cancellato) ai passaggi statutari della commissione contratto, alla conferenza dei Cdr, al Consiglio Nazionale e al referendum finale. Nulla è stato messo sotto il tappeto. A esprimersi su quella che sarà, quando ci si arriverà, l’ipotesi finale, il punto di caduta complessivo, saranno i passaggi interni alla Fnsi e alle associazioni regionali e il referendum. Chi teme cose diverse ha letto male questi mesi e il lavoro svolto con trasparenza nella difficoltà oggettiva di costruire cose concrete.


 


MULTIMEDIALITÀ


MULTIMEDIALITÀ. Con la Fieg è stata svolta una serie di approfondimenti e di stesure, in itinere quindi non definitive e vincolanti, su un tema che non è più il futuro, ma il presente. Perché è impensabile che si possa concepire una materia del genere come volontaria: abbiamo mai visto un contratto, luogo di lavoro, attività in cui una persona è assunta e sceglie cosa fare e cosa no? Certo c’è chi in situazioni forti ha concordato, in assenza di un quadro di riferimento contrattuale e normativo, a livello aziendale ipotesi varie. Il contratto deve regolare la materia che è e offre la possibilità per il futuro di creare posti di lavoro e di salvarne, l’opportunità di dare una prospettiva ai “giovani” e ai “vecchi”, vincolando la formazione e il potenziamento professionale, le possibilità di investimento e di sviluppo. La multimedialità può consentire, se gestita correttamente, di salvare, potenziare e rilanciare il media-giornale tradizionale. Chiuderlo in un fortino significherebbe solo accettare e attuare una sorta di eutanasia della professione, il suo invecchiamento, il miope rifiuto del nuovo e della realtà che va gestita al meglio, non demonizzata per età, convenienza, interessi di parte, senza per questo smantellare diritti e doveri della nostra professione al cui interno le disparità economiche sono tali da mettere, di fatto, sempre più in contrapposizione i “giovani” rispetto ai “vecchi” e gli stessi garantiti di vecchia data e contratti. Nello specifico le ipotesi tecniche sinora svolte (in tutti i confronti contrattuali si evolve la stesura di possibili testi e temi prima di arrivare al confronto allargato delle delegazioni) peraltro non oggetto di “firme” o di ipotesi o bozze definitive, prevedono :


• l’unicità della professione nell’articolo 1 con la scomparsa dell’allegato N che era figlio di una ipotesi incerta di sviluppo del settore multimediale;


•   il vincolo della testata di riferimento;


•   il ruolo del direttore di testata;


• il no a mansioni non giornalistiche rispetto a temi-contenuti-servizi pubblicitari, di inserimento di redazionali non giornalistici pubblicitari, gossippari ecc.;


• il rispetto dei limiti di orario, ordinario e straordinario, e dell’arco di impegno previsti dall’art.7;


•  l’obbligatorietà da parte dell’azienda di presentare al Cdr, oppure al Coordinamento dei Cdr, o all’Organismo unico aziendale, nel caso dei periodici, il piano multimediale prima della sua applicazione.


 


QUALIFICHE, CONTRATTI A TERMINE, LAVORO AUTONOMO


•          QUALIFICHE. La rigidità che oggi si riscontra nell’organizzazione del lavoro e delle carriere con ampi settori che, di fatto, non si muovono e non si muoveranno mai da RO impone una diversa lettura e revisione di questa scala. Alla gerarchia classica delle qualifiche (e ci sono ipotesi in corso) può essere affiancata una scala di mansioni, come quella del redattore esperto (equivalente al Cs), redattore speciale (vicecr) e redattore senior (Cr)  di eguale valore economico con criteri ancora da definire. La Fieg vorrebbe solo due nuove figure (redattore esperto e/o senior o speciale). La temporalità di altre figure (condirettore, vicedirettori) vede posizioni ancora differenziate.  Alla richiesta degli editori di poter risolvere il rapporto di lavoro con direttori, condirettori e vicedirettori senza giusta causa o giustificato motivo, noi abbiamo risposto che l’indennizzo deve essere, in questo caso, molto più elevato dell’attuale indennità di mancato preavviso.


•          CONTRATTI A TERMINE.  L’intera normativa della contrattazione a termine è stata più volte rivisitata in questi ultimi mesi dal legislatore. Non possiamo perciò sottrarci all’applicazione delle norme di legge.


I contratti a termine sono possibili per motivi organizzativi, produttivi, tecnici o sostitutivi. Fattispecie, come si vede, molto ampie, e che superano le limitate possibilità previste nel contratto scaduto e non più applicabili. La legge prevede che un datore di lavoro non possa stipulare con lo stesso lavoratore contratti a termine che superino complessivamente, anche se intervallati, un periodo di 36 mesi. Nel contratto possiamo prevedere il limite percentuale massimo dei contratti a termine che un’azienda può stipulare, e le eccezioni al limite dei predetti 36 mesi. Siamo disponibili a prevedere la possibilità di sforamento di questo limite in presenza di contratti a termine per sostituzione (maternità, congedi parentali, aspettativa, ecc.) e qualora siano realizzati in sede aziendale accordi per favorire la stabilizzazione dei precari, aprendo in questo modo una fase di ricognizione tra azienda e comitato di redazione tesa a favorire il passaggio al contratto a tempo indeterminato per tutti coloro che vivono nell’azienda da molto tempo con contratti a termine. Abbiamo, inoltre, chiesto che sia abolita la disposizione contrattuale attuale che prevede per il giornalista disoccupato assunto con contratto a termine una retribuzione più bassa.


•          LAVORO AUTONOMO.  Su questo terreno, come abbiamo già detto, abbiamo chiesto  la realizzazione della, sia pure graduale, armonizzazione della gestione separata Inpgi alla gestione separata Inps. Ovvero l’elevazione della contribuzione per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, la previsione che i due terzi del contributo siano a carico dell’azienda e un terzo a carico del lavoratore, l’obbligo per l’azienda di provvedere all’apertura della posizione previdenziale presso l’Inpgi e al versamento periodico dei contributi.


 


ASPETTO ECONOMICO, STRUTTURA DEL SALARIO E BUSTA PAGA


Nel confronto con gli editori non si è ancora parlato dell’aumento dei minimi, né si è affrontatala questione degli scatti per i quali la Fieg ha chiesto la riduzione da 15 a 7 e la trasformazione da percentuale in cifra fissa, bloccandoli al valore attuale.


Inutile nascondersi che al nostro interno, come categoria e su sollecitazione dei colleghi che hanno valori economici e qualifiche basse ci sono ragionamenti e riflessioni diverse. Nella logica dei possibili punti di caduta c’è chi propone una revisione della temporizzazione dello scatto (tre anni?), chi propone la difesa totale e non accetta alcun tipo di ragionamento, chi propone una revisione del meccanismo di indicizzazione, chi propone di riflettere sul sistema degli automatismi, nel senso di garantirli, rivedendoli secondo il principio del patto generazionale.


Una cosa è certa. La richiesta degli editori non può essere presa in considerazione, ma non possiamo neanche rifiutarci di affrontare la questione della percentualizzazione degli aumenti periodici di anzianità.


Resta, infine, il problema dell’aumento dei minimi. Anche se non se ne è mai parlato in sede di trattativa, resta pur sempre una questione centrale. La mancanza di aumento dei minimi per quasi 4 anni sta, infatti, provocando conseguenze gravissime, non solo sulle retribuzioni di tutti i colleghi, ma anche sulla tenuta del welfare di categoria.


• L’andamento della retribuzione media procapite del settore nel corso di questo quadriennio dimostra che le retribuzioni sono rimaste ferme, nonostante gli scatti di anzianità. E’ evidente, quindi, che l’applicazione del turn-over e il ricorso ai contratti a termine (che non hanno scatti) sono stati sufficienti per le aziende del settore ad assorbire l’aumento dei costi derivante dagli scatti di anzianità. Questo significa anche che, se per 4 anni sono rimaste ferme le retribuzioni, non è aumentata neanche la contribuzione all’Inpgi né quella alla Casagit, mentre contestualmente è aumentato il numero dei colleghi con pensioni alte e il livello delle prestazioni integrative sanitarie della Cassa.


• Anche da questa considerazione emerge con chiara evidenza l’urgenza di aumentare i minimi contrattuali, perché soltanto questo aumento può garantire, parallelamente alla crescita salariale della categoria del settore, la indispensabile crescita contributiva dell’Inpgi e della Casagit.


 


LA CRISI DELL’EDITORIA


•          LA CRISI DELL’EDITORIA. Fnsi e Fieg hanno mosso i loro passi anche comuni nei confronti del governo che non può sottrarsi alla necessità di trovare soluzioni alla crisi del settore.  Noi abbiamo il problema dell’Inpgi e della insostenibilità dei costi derivanti dai prepensionamenti a totale carico della categoria, con emergenze e spinte (piccola editoria, periodici, casi Uspi e Fipeg, Mediacoop che vuole un contratto differenziato, la questione dei contributi ai giornali di partito e alle coop che impone una pulizia del settore per eliminare distorsioni, anomalie, contributi a chi non ha diritto, ecc.). Gli editori hanno il problema del calo della pubblicità, del calo delle vendite, della contrazione delle possibilità di ricorso al credito.


•          La crisi del settore va affrontata con scelte anche coraggiose per rilanciarlo e possibilmente consolidarlo con una diversa gestione e prodotto (a questo fine è di tutta rilevanza la previsione contrattuale del lavoro multimediale) sul piano qualitativo. C’è la tendenza delle aziende a espellere i colleghi non appena hanno raggiunto i parametri minimi per i loro pensionamenti.


E’ possibile ragionare sui contributi all’editoria? Ci sono milioni di euro erogati per le spese postali dei giornali (la stessa Fieg avrebbe individuato un sistema di consegna alternativo alle poste italiane, esose, con riduzione di almeno il 50% dei costi con aziende e corrieri ad hoc nelle aree metropolitane) che possono essere dirottati su un fondo che fronteggi la crisi di settore e gli interventi ad esso collegati per alleggerire o evitare che il peso economico ricada integralmente sull’Inpgi.


Questo è al 31 ottobre il quadro della situazione e del confronto con la Fieg.


Segreteria FNSI


Dipartimento Comunicazione Formazione e Servizi sindacali


(ha collaborato l’Associazione Ligure dei Giornalisti)


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Contratto in dirittura d’arrivo.


Il 5/11 seduta decisiva del Cn della Fnsi.


 


«Una piattaforma al ribasso,


stampellata dagli editori,


non aiuta a includere, sacrifica


i diritti dei giovani e apre


la porta a un prepensionamento


di massa dei colleghi più maturi».


 


Analisi di Andrea Montanari


Cdr della Repubblica e  consigliere dell’Alg


 


Finalmente sta emergendo con chiarezza lo scenario delle ricadute possibili dell’attuale  trattativa per il rinnovo del nostro contratto, scaduto ormai da quasi quattro anni. Dopo la diffusione venerdì scorso del documento ufficiale della Fnsi sullo stato dell’arte, nessuno potrà accusare chicchessia di commentare indiscrezioni su bozze, presunti preaccordi o altro. Peccato che in quel documento o sul sito della Federazione  non si dica nulla sull’accoglienza riservata a questa piattaforma  dalle tante assemblee che si sono svolte in queste settimane.  Dove  va dato atto al segretario Franco Siddi di avere finalmente confermato anche i passaggi più scomodi che alcuni membri della segreteria avevano precedentemente sempre negato.


Il documento, purtroppo, conferma sostanzialmente quanto era stato anticipato dalle bozze pubblicate anche dal sito dell’Ordine nazionale. E questo spiega il disagio e l’inquietudine crescente della nostra categoria, che pur consapevole della crisi che stiamo attraversando, non accetta di svendere diritti fondamentali che garantiscono proprio la parte più debole dei nostri colleghi, in cambio di non si capisce cosa, dato che la segreteria ammette che  tutta la parte economica non è nemmeno stata affrontata. Fa impressione, invece, notare come i dirigenti della Fieg, prima il capo delegazione Donati  e  poi il presidente degli editori Carlo Malinconico  siano stati gli unici a prodigarsi in questi giorni nel difendere con delle interviste la posizione della Federazione. Un politico di lungo corso diceva che a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. Se poi si considera che lo stesso Malinconico era sceso in campo dopo la sortita dell’Ordine per affermare che l’unico interlocutore degli editori era la Fnsi (che scoperta!) non ci vuole molto a capire il perché l’inquietudine della categoria continui a salire.  Anche  perché invece di convocare subito la consulta dei Cdr, si è preferito riunire (il 5 novembre) il Consiglio nazionale.  Nulla da eccepire, a patto che non si pensi di riunire i cdr quando i giochi della trattativa si saranno chiusi con un prendere o  lasciare.


Apprezzo la buona volontà di informare finalmente i colleghi con un documento. Meglio tardi che mai. Ma una brutta piattaforma non diventa bella solo perché la  si presenta con uno slogan che include e non esclude. Quando mai un sindacato di qualsiasi categoria  ha  mai puntato sull’esclusione? Semmai il compito principale di un contratto  dovrebbe essere quello di garantire al salario il maggior recupero possibile del costo della vita. Dire questo  mi sembra perfino banale. Non «un peccato mortale», né   «coscientemente fuorviante» e tantomeno «informare in modo distorto, mentendo sapendo di mentire» come sostiene la premessa del documento della Federazione. Faccio notare, inoltre, che il confronto con gli editori è aperto ormai da un anno dal congresso di Castellaneta. Non mi aspettavo certo il contratto in due settimane che Siddi aveva promesso dopo la sua elezione, ma nemmeno che la montagna partorisse un topolino. Con buona pace della maggioranza unitaria,  che personalmente non ho mai auspicato.


Detto questo, entriamo nel merito.


Tanto per cominciare sarebbe utile ricordare che nessuno ha mai detto che sarebbe meglio non firmare un contratto. Cosa assai diversa è, invece, sostenere che non piace alla categoria l’idea di firmare con la pistola alla tempia «un contratto di sopravvivenza» come lo definisce lo stesso Siddi, perentoriamente entro il 15 dicembre.


- QUALE CONTRATTO -  Cominciamo  col dire che nessuno evoca l’applicazione del contratto di legge del 1959. Questa norma, infatti, scatterebbe solo se gli editori disdettassero il contratto in vigore. Quindi perché scaricare la responsabilità su chi tra i colleghi vuole legittimamente difendere solo gli interessi della categoria?  Perché tanta fretta, chiedo sommessamente alla segreteria, dopo aver aspettato tanto tempo? C’è qualcosa che non sappiamo?  Cosa  deve succedere dopo il 15 dicembre? Forse gli editori vogliono iniziare ad attuare i 700 prepensionamenti di cui ha iniziato pericolosamente a parlare anche il nostro sindacato? E’ per questo che in un’intervista Donati auspica la riforma degli ammortizzatori sociali per mettere tutto sul conto della fiscalità generale?  Lo si dica una buona volta, allora. Gli editori vogliono portare a casa un contratto per pagare meno i giovani e indebolire i loro diritti. Per poi iniziare a svecchiare le redazioni mandando a casa gli anziani. Così tutti potranno riflettere prima di esprimere il loro giudizio. Sarebbe questo il tanto evocato “patto generazionale”?   A nessuno verrebbe in mente di accelerare proprio nel momento più sfavorevole dopo tutto questo tempo. Con le borse sulle montagne russe, il settore in crisi. Come  quel marito che decide di separarsi dalla moglie nel periodo in qui risulta nullatenente per non pagarle gli alimenti.


- GLI SCATTI DI ANZIANITA’ - Finalmente, dopo averlo negato per mesi, la segreteria ammette che ha accettato di ridiscutere  gli scatti di anzianità. Si dice: tanto i giovani entrano sempre più tardi nella professione e non li maturano tutti. Se  fosse veramente così gli editori non li pagherebbero nemmeno senza modificarli. Quindi, per la seconda volta, faccio notare un particolare che sfugge alla categoria. Perché  bisogna modificare l’unico automatismo che continua a garantire l’autonomia e l’indipendenza della nostra delicata professione? Tutti sanno che non sono certo i nostri scatti ad influire sull’inflazione. Li percepiscono anche i magistrati, che fanno una professione altrettanto delicata. Mi si dirà: sono pagati dallo Stato. Certo, ma è quello stesso Stato che garantisce agli editori finanziamenti per sostenere il settore.     Quello che non si dice, invece, è che senza gli scatti le  nostre buste paga sarebbero destinate a restare ferme, mentre il costo della vita aumenta. Non possiamo sostenere tesi diverse ogni  giorno quando scriviamo sui nostri giornali e poi improvvisamente cambiare opinione quando si parla di noi? In questo modo non si rafforza la contrattazione, la si indebolisce.


- LA PARTE ECONOMICA - Ci avete mai fatto caso al fatto che la nostra categoria nelle ultime tornate ha firmato i contratti ottenendo aumenti che erano la metà o meno di tutte le altre categorie, metalmeccanici e autoferrotranvieri  in testa? Non so se mi spiego. E ora si arriva alla vigilia della presunta stretta finale, accettando di cedere sulla parte normativa e ipotizzare la rimodulazione degli scatti senza sapere quale sarà la contropartita economica? Visto i tempi che corrono non credo sarà una  grande offerta. Nel documento della Federazione si scopre che in tutti questi anni i nostri salari sono rimasti fermi nonostante gli scatti? Che bella scoperta. È vero anche il contrario. Cioè che le nostre buste paga sono aumentate solo grazie agli scatti. Tutti sanno che il contratto del 2001 in fondo non è altro che una sorta di proroga del precedente.  Non siamo più ai contratti dell’epoca di Giorgio Santerini.  E  ci si stupisce che qualcuno preferisca restare con l’attuale normativa? Cosa siamo diventati improvvisamente:  una categoria di masochisti?                                


- LA MULTIMEDIALITA’ - Chi scrive ha sottoscritto come membro del Cdr di Repubblica un accordo che, nel pieno rispetto dell’attuale contratto nazionale, prevede una prima regolamentazione della multimedialità. Non è stato facile, ma ha dimostrato che non è vero che esista un pregiudizio nell’affrontare un tema che non può più essere rinviato. Nel nostro accordo, è stata prevista un’adesione volontaria, ma questo non ha impedito a oltre il novanta per cento dei colleghi di Repubblica di aderire. A ulteriore riprova che non c’è un rifiuto preconcetto. Faccio, però, notare che nel documento diffuso dalla Federazione sullo stato dell’arte sono elencati solo dei principi generici. In pratica si tratta di un testo unico, che poi ogni editore potrà interpretare come meglio crede o gli conviene. È questo il modo di proteggere  «le situazioni meno forti» che non saranno mai in grado di strappare un buon accordo a livello aziendale?


 


Pienamente d’accordo per ciò che riguarda la parte su qualifiche, contratti a termine e lavoro autonomo. Ma mi piacerebbe sapere che fine hanno fatto i punti sulla licenziabilità dei “capi supremi” (dal direttore al caporedattore centrale), la possibilità di trasferire un collega senza consenso entro i 60 chilometri e la mobilità interna di cui ci hanno parlato i vice segretari aggiunti Daniela Stigliano e Guido Besana nel direttivo dell’Associazione lombarda giornalisti.   Nel documento non se fa cenno. Vale la stessa cosa per i conti dell’Inpgi.  


    


Non sono mai stato un disfattista, ma nessuno mi potrà rinfacciare di non essere stato coerente. Una piattaforma che parte già al ribasso non può che chiudersi in forte perdita. Lo dico a difesa del ruolo futuro del sindacato. Opporsi a quella che appare una svendita non è una battaglia di retroguardia, ma va fatta per la difesa di tutti. Giovani o vecchi che siano. Forse servirebbe un patto generazionale anche tra i nostri dirigenti sindacali. Stare ogni giorno in redazione,  tutti  i giorni a contatto con i colleghi e il lavoro quotidiano insegna molte cose.


Sono contento che finalmente si sia aperto un dibattito. Continuiamo a parlare e a discutere. Non serve accettare tutto a scatola chiusa solo perché spaventati da una campagna terroristica di cui non capisco il motivo. Quando  sarà veramente il momento si dia la parola al popolo con il referendum.   Votino le redazioni. Solo così la nostra categoria, ne sono certo,  saprà dimostrare, ancora una volta, la sua forza. 


Milano, 3 novembre 2008


 


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Nella home page di www.francoabruzzo.it il  documento Fnsi  che fa il punto sulla


trattativa per il rinnovo del contratto di lavoro. (http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=2831).


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GIORNALISTI. Contratto in dirittura d'arrivo. MALINCONICO (FIEG): “Veramente valido il lavoro svolto con la Fnsi sul nuovo contratto. Abbiamo trovato un linguaggio omogeneo. Ora serve tempo per scrivere le norme  con la dovuta precisione”. (http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=2827)


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Nel sito www.francoabruzzo.it  altre notizie  e altre analisi sul giornalismo, sulla previdenza, sullo stato delle trattative contrattuali.


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CONTRATTO. SIDDI:


“SFIDA DURA


MA DA AFFRONTARE”.


Cagliari, 3 novembre 2008.  «Il contratto è oggi una sfida molto dura che dobbiamo affrontare fino in fondo, prima e piuttosto di dichiararla pregiudizialmente inutile o superata». Così il segretario della Federazione nazionale della stampa, Franco Siddi, intervenendo a Sassari alle assemblee della Nuova Sardegna e della Rai sullo stato delle trattative con la Fieg per il rinnovo del contratto dei giornalisti. Nel richiamare editori e giornalisti ad assumersi le proprie responsabilità «con realismo e senza sotterfugi», Siddi avverte che decretare fin da ora la morte del contratto farebbe il gioco «solo di chi punta allo sfascio totale, alla deregolamentazione del lavoro giornalistico, di chi pensa di voler trarre un vantaggio individuale o di gruppo. Senza contratto - prosegue il segretario della Fnsi - i giornalisti sarebbero più poveri professionalmente e materialmente e sarebbe sensibilmente minata la tenuta e la stabilità degli istituti di categoria». «Questa è una stagione difficilissima e di cambiamento epocale. Occorre il massimo della responsabilità. Non è il tempo della propaganda. Il sindacato dei giornalisti - conclude Siddi - ha il dovere di percorrere fino in fondo la strada della verifica di un contratto sostenibile e dignitoso nell'epoca della convergenza multimediale, parlando - come fa - con chiarezza, senza negare la realtà e affrontando, dal suo punto di vista, ogni tema delle trasformazioni in corso. La concretezza di un contratto sostenibile vale molto di più di un applauso fuggente per qualche parola d'ordine di facile consumo. Per quanto mi riguarda non intendo vendere illusioni a nessuno». (ANSA).



 


 






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