L’attacco (infondato giuridicamente) di sei deputati radicali.
Roma, 12 novembre 2008. «L'Ordine dei giornalisti infrange la legge sull'ordinamento della professione giornalistica, consentendo l'ammissione all'esame d'abilitazione professionale a coloro che non ne hanno diritto, vale a dire agli allievi delle scuole e dei corsi universitari di giornalismo, spuntati come funghi in tutta Italia negli ultimi anni». È quanto sostiene la parlamentare radicale, eletta nelle liste del Pd, Rita Bernardini. Con un'interrogazione, i sei deputati radicali del gruppo democratico alla Camera, chiedono al ministro della Giustizia Angelino Alfano di fare chiarezza su quella che a loro appare «una vera e propria violazione della legge sulla stampa». Per la Bernardini, «a infrangere le norme è proprio l'organismo che ne dovrebbe curare l'osservanza da parte di tutti, vale a dire l'Ordine dei giornalisti, per il quale chiediamo il commissariamento, finalizzato alla revoca delle convenzioni con ben 21 istituti di formazione al giornalismo. È evidente che l'Ordine dei giornalisti sta tentando di affermare surrettiziamente una modalità d'accesso alla professione non conforme alla legge, rendendosi responsabile di una grave violazione di legge». Nell'interrogazione, si ricorda che «i corsi di giornalismo riconosciuti dall'Ordine sono in grado di consentire l'ammissione all'esame di Stato di 600 praticanti ogni biennio e la formula dello stage non retribuito, previsto per gli allievi delle scuole nei mesi estivi, vanifica strumenti per il riassorbimento dei giornalisti rimasti senza lavoro, come i contratti di sostituzione che, per contratto, devono riguardare prioritariamente i giornalisti disoccupati, configurando così una sorta di concorrenza sleale tra lavoratori: i disoccupati sono poco desiderabili perchè devono essere retribuiti, gli stagisti no». (Adnkronos)
La risposta di Franco Abruzzo
1. Premessa. Fu stabilito nel 1929 che i 18 mesi di una scuola di giornalismo equivalgono ai 18 mesi della pratica presso una redazione. Recita il Regio Decreto 21 novembre 1929 n. 2291 (Modificazione all’articolo 4 del Regio Decreto 26 febbraio 1928 n. 384 sull’Albo professionale dei giornalisti):
Articolo unico
Agli effetti della iscrizione nell’elenco dei professionisti dell’Albo dei giornalisti, il diploma rilasciato da una scuola professionale per giornalisti, debitamente riconosciuta, costituisce titolo equivalente a quello della pratica professionale per la durata di mesi diciotto, richiesta dall’articolo 4 del regolamento per la istituzione dell’Albo professionale dei giornalisti, approvato con Regio Decreto 26 febbraio 1928 n. 384 (1; 2; 3).
……………….
(1) - L’articolo 74 della legge professionale dei giornalisti n. 69/1963 recita: “Sono abrogati il regio decreto 26 febbraio 1928 n. 384, il decreto legislativo luogotenenziale 23 ottobre 1944 n. 302, e ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge”.
(2) L’articolo 4 del rd 384/1928 dice: “L’albo dei giornalisti è composto di tre elenchi, uno di professionisti, l’altro di praticanti, il terzo di pubblicisti. Nell’elenco dei professionisti possono essere iscritti soltanto coloro che, da almeno 18 mesi, esercitano esclusivamente la professione di giornalista”.
3). L’articolo 29 della legge 69/1963 dice: “Per l'iscrizione nell'elenco dei professionisti sono richiesti: l'età non inferiore agli anni 21, l'iscrizione nel registro dei praticanti, l'esercizio continuativo della pratica giornalistica per almeno 18 mesi, il possesso dei requisiti di cui all'articolo 31, e l'esito favorevole della prova di idoneità professionale di cui all'art. 32”.
2. Osservazioni. I poteri di autonomia normativa o di autodichia dell’Ordine. Oggi gli enti pubblici (e gli Ordini professionali sono tali) hanno particolari e peculiari poteri di autonomia normativa o di autodichia. L’Ordine, pubblica amministrazione, ha un potere di autogoverno e di autoregolamentazione (Cass. civ. Sez. unite, 10/6/2003 n. 9296; Cass. civ. Sez. unite, 10/7/2003 n. 10842; Cass. civ. Sez. unite, 11/11/2003 n. 16943; Cass. Civ. Sez. unite, 23/1/2002 n. 762; Cass. civ. Sez. unite, 6/6/2002 n. 8225; Cass. civ. Sez. III, 6/4/2001 n. 5156; Cass. civ. Sez. Unite, 22/6/1990 n. 6312); potere riconosciuto anche dal Ragioniere generale dello Stato (Ispettorato generale dello Stato per gli ordinamenti del personale; Divisione IV, prot. 177755/14 ottobre 1997) in tema di fissazione delle indennità spettanti ai consiglieri; indennità poi fissate dal Consiglio nazionale.
L’Ordine di Milano si avvale da decenni del potere di autodichia, autogoverno e autoregolamentazione (delibera sul praticantato d’ufficio; delibera istituiva di una Scuola di giornalismo con il praticantato alternativo a quello tradizionale; delibere (ripetute negli anni) di sostegno economico della Scuola di giornalismo; delibera sull’assistenza legale/amministrativa/fiscale a favore degli iscritti economicamente deboli; delibera istitutiva di un contributo una tantum di 10 euro a carico degli iscritti per sostenere la Scuola di giornalismo; delibera con la quale ha liberato il direttore di Tabloid dal pagamento di spese legali e di risarcimenti a terzi a seguito di condanna; delibera di pagamento delle spese legali a favore di giornalisti disoccupati; delibera di acquisto di mezzi tecnici di stampa del giornalino dei detenuti di San Vittore; delibera per la premiazione delle migliore tesi di laurea sul giornalismo e per il sostegno di premi giornalistici organizzati da enti della categoria; delibera per la concessione di medaglia d’oro agli iscritti con 50 anni di Albo; delibere con impegni finanziari in occasione di ricorrenze particolari con stampa anche di volumi dedicati agli eventi; delibera di sostegno dell’assistenza svolta dalla Fnsi e dall’Alg a favore di giornalisti senza lavoro; delibera con stanziamenti economici a favore del Circolo della stampa, etc).
3. La professione italiana di giornalista riconosciuta espressamente dalla Ue. Soltanto nel 2003, con il dlgs 277, la Repubblica italiana ha compiuto un atto di riparazione sostanziale, modificando la tabella delle professioni (allegato C) inclusa nel dlgs 319/1994 (che ingloba la direttiva 92/51/CEE). Pertanto la professione di giornalista rientra tra quelle riconosciute come tali dal dlgs 2 maggio 1994 n. 319, il quale ha dato “attuazione alla direttiva 92/51/CEE relativa ad un secondo sistema generale di riconoscimento della formazione professionale che integra la direttiva 89/48/CEE”. Il dlgs 8 luglio 2003 n. 277 ha dato, invece, attuazione alla direttiva 2001/19/CE, la quale modifica le direttive del Consiglio relative al sistema generale di riconoscimento delle qualifiche professionali. L’allegato II (di cui all'art. 2, comma 1, lettera l) del dlgs 277/2003 cita espressamente la professione di giornalista come vigilata dal Ministero della Giustizia. L’allegato II del dlgs 277/2003 ha anche sostituito l’allegato C del dlgs 319/1994. I dlgs 277/2003 e 319/1994 in sostanza dicono, con l’allegato II (ex allegato C), che la professione giornalistica (italiana), organizzata (ex legge 69/1963) con l’Ordine e l’Albo (in base all’art. 2229 Cc) e costituzionalmente legittima (sentenze 11 e 98/1968, 2/1971, 71/1991, 505/1995 e 38/1997 della Consulta), ha oggi il riconoscimento dell’Unione europea. La direttiva 89/48/CEE ha introdotto la definizione di professione "regolamentata", cioè di quell'attività il cui accesso o l'esercizio sono subordinati "direttamente o indirettamente mediante disposizioni legislative, regolamentari o amministrative" al possesso di un titolo che sancisce il completamento di un ciclo di studi di livello universitario di una durata minima di tre anni. Tra le professioni regolamentate rientra quella di giornalista alla quale si accede tramite esame di Stato al pari delle altre.
4. Scuole e master in giornalismo. I praticanti delle scuole (e dei master universitari) sono tali in quanto redattori delle testate giornalistiche edite dalle scuole stesse e regolarmente registrate in tribunale (L'Ifg De Martino di Milano ha 5 testate, tra le quali un quotidiano e un'agenzia di stampa). Spetta al Consiglio dell'Ordine decidere sulle iscrizioni al Registro. Le delibere di iscrizione possono essere impugnate dalla Procura generale della Repubblica (art. 60 l. 69/1963). Il rd 2291/1929 è perfettamente in vigore, perché non è incompatibile con la “presente legge” (cioè con la legge professionale dei giornalisti n. 69/1963). Il rd 2291/1929 vale ancora oggi per il principio generale che ha introdotto: le scuole professionali come luogo di formazione dei giornalisti. Non è soltanto la frequenza della scuola o del master che dà il praticantato, ma soprattutto il lavoro sistematico quotidiano per le testate giornalistiche. La frequenza serve per prepararsi in vista dell'esame di stato, approfondendo le materie di cui all'articolo 45 del Dpr 115/1965. Gli allievi sono praticanti delle testate giornalistiche edite dalle Scuole e come tali vengono iscritti nel Registro. L’articolo 4 del rd 2291/1929 è equivalente all’articolo 29 della legge professionale dei giornalisti n. 69/1963. La differenza è una sola: l’accesso all’elenco professionisti, dopo 18 mesi di praticantato, è subordinato al superamento dell’esame di Stato previsto dall’articolo 33 (V comma) della Costituzione.
5. Praticanti d’ufficio. Anche i praticanti d'ufficio non sono previsti dalla legge, ma in questo caso i Consigli si avvalgono dei poteri istruttori (art. 6 della legge 241/1990) che hanno come enti pubblici: “Il giornalista di fatto può essere validamente iscritto d’ufficio dal Consiglio dell’Ordine, con effetto retroattivo, nel Registro dei praticanti ai fini dell’ammissione all’esame di idoneità professionale. Nelle situazioni di svolgimento «di fatto» del tirocinio giornalistico – senza cioè che il direttore abbia comunicato all’Ordine l’inizio della pratica – il praticantato può ritenersi utilmente e validamente svolto ai fini previsti dalla legge (e, segnatamente, ai fini dell’ammissione all’esame di abilitazione all’esercizio della professione) anche in assenza della previa iscrizione formale del praticante nel relativo Registro, ove l’avvenuto svolgimento della pratica sia stato accertato a posteriori da parte degli organi dell’Ordine in sede di esercizio dei suoi poteri sostitutivi» (sentenza n. 5936 del 10 maggio 2000 della prima sezione civile della Cassazione, pres. Senofonte, rel. Di Palma). L’articolo 46 del Dpr 115/1965 dice: “L'iscrizione nel Registro dei praticanti decorre dalla data di effettivo inizio del tirocinio dichiarata dal direttore o accertata dal competente Consiglio regionale o in seconda istanza dal Consiglio nazionale”.
6. Strutture di formazione al Giornalismo nella riforma universitaria. Il Dm 4 agosto 2000 sulla determinazione delle classi delle lauree universitarie (Registrato alla Corte dei Conti il 18 settembre 2000, registro n. 1, foglio n. 157- Pubblicato in S.O. n.170 G.U. del 19/10/2000 n.245) comprende la “14/a classe delle lauree in scienze della comunicazione”. Il dm stabilisce espressamente che i curricula dei corsi di laurea di questa classe “possono prevedere attività di tirocinio in strutture di formazione al giornalismo convenzionate con l’Ordine nazionale dei giornalisti”. Le scuole e master in giornalismo, riconosciuti dal Consiglio nazionale, quindi, hanno un ruolo giuridico nel contesto della riforma universitaria “Berlinguer-Zecchino”.
7. “Quadro di indirizzi” del Cnog e poteri delle Università. Le Università, ex art. 6 (punto 2/a) della legge 341/1990, possono attivare master-corso di preparazione all’esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di giornalista, rispettando il “quadro di indirizzi”, approvato dal Consiglio nazionale dell’Ordine, che definisce le condizioni perché un master universitario o una scuola di giornalismo possa essere riconosciutu (si veda il testo in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=1649). Il “quadro di indirizzi” riflette un potere del Consiglio nazionale stabilito nell’articolo 41 del Dpr n. 115/1965: “Le modalità di svolgimento del praticantato, concordate ai fini della migliore formazione professionale degli aspiranti giornalistici fra gli organismi professionali e quelli editoriali, sono fissate dal Consiglio nazionale“. L’Ordine esercita la vigilanza sulle Scuole di giornalismo, sui corsi e master universitari in giornalismo al fine di verificare anche il rispetto del “quadro di indirizzi”.
8. La svolta attesa da decenni: la laurea magistrale in giornalismo (preordinata all’accesso alla professione giornalistica) è nella riforma universitaria “Mussi”.
Fra il 6 e il 9 luglio 2007 la Gazzetta Ufficiale (n. 155 e n. 157) ha pubblicato due decreti (datati entrambi 16 marzo 2007) fondamentali del Ministero dell’Università che ridisegnano, a partire dall’anno accademico 2008/2009, i corsi degli Atenei italiani (in: http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=1017):
a) il primo decreto ministeriale fissa la “determinazione delle classi delle lauree universitarie” (con un percorso triennale e con un massimo di 20 esami). Le classi sono 43 tra le quali figura al punto L-20 quella definita “SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE”. La laurea si consegue con 180 crediti;
b) il secondo decreto ministeriale fissa la “determinazione delle classi di laurea magistrale” (con un percorso biennale e con un massimo di 12 esami) tra le quali – le lauree magistrali sono 94 - spicca al punto LM-19 la “Classe delle lauree magistrali in INFORMAZIONE E SISTEMI EDITORIALI”. La laurea magistrale si consegue con 120 crediti.
La “Classe delle lauree magistrali in INFORMAZIONE E SISTEMI EDITORIALI” contiene una “NOTA PER L'ATTIVAZIONE DI CORSI PREORDINATI ALL'ACCESSO ALLA PROFESSIONE GIORNALISTICA”. Questa nota dice: “In riferimento a quanto stabilisce l'art. 10, comma 4 del DM 270/2004, i corsi della classe magistrale preordinati all'accesso alle professioni giornalistiche sono istituiti nel rispetto di quanto stabilito dalle disposizioni vigenti per l'accesso alle predette professioni, devono essere a numero programmato e devono prevedere una selezione iniziale per titoli ed esami”.
Le Università italiane, quindi, sono libere di istituire, al posto degli attuali master, “corsi preordinati all’accesso alla professione giornalistica a numero programmato e con una selezione iniziale per titoli ed esami”. Il riferimento alle “disposizioni vigenti” significa che le Università dovranno camminare d’intesa con l’Ordine nazionale dei giornalisti. Il decreto ministeriale non abolisce l’attuale praticantato come ipotizza il comma 18 della legge 4/1999 in sede di revisione del Dpr 328/2001: significa che la via universitaria, come accade oggi, coesisterà con quella tradizionale (praticantato in redazione previa assunzione aziendale). Questo doppio percorso salva l’Istituto “Carlo de Martino” per la Formazione al Giornalismo, la scuola di Milano (priva per ora di cappello universitario) creata nel 1977 dall’Ordine della Lombardia e dalla Regione Lombardia.
I master universitari di primo e di secondo livello hanno, comunque, piena cittadinanza (art. 3, punto 9, del Dm 270/2004) nell’ordinamento universitario, ma non danno alcun titolo. E’ probabile, quindi, che le 20 università, che ospitano Master biennali in giornalismo, imbocchino la via della laurea magistrale, che conferisce il massimo titolo (nel caso specifico “Laurea magistrale in Giornalismo”) previsto dall’ordinamento, dopo la discussione ovvia di una tesi; il titolo avrà valore legale anche ai fini di concorsi pubblici. Il conseguimento del titolo di giornalista professionista presuppone, invece, il superamento dell’esame di Stato previsto dall’articolo 33 (V comma) della Costituzione.
Potranno iscriversi al corso di laurea magistrale non solo i laureati triennali in “Scienze della Comunicazione”. L’articolo 6 del decreto sulle laurea magistrale sul punto specifica:
“1. I regolamenti didattici dei corsi di laurea magistrale determinano i requisiti curricolari che devono essere posseduti per l'ammissione a ciascun corso di laurea magistrale, ai sensi dell'art. 6, comma 2 del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270. Eventuali integrazioni curricolari in termini di crediti formativi universitari devono essere acquisite prima della verifica della preparazione individuale di cui al comma 2.
“2. Il regolamento didattico di ateneo fissa le modalità di verifica della adeguatezza della personale preparazione ai fini dell'ammissione al corso di laurea magistrale, ai sensi dell'art. 6, comma 2 e dell'art. 11, comma 7, lettera f), del predetto decreto ministeriale.
“3. L'ordinamento didattico di ciascun corso di laurea magistrale può prevedere una pluralità di curricula al fine di favorire l'iscrizione di studenti in possesso di lauree differenti, anche appartenenti a classi diverse, garantendo comunque il raggiungimento degli obiettivi formativi del corso di laurea magistrale”.
OBIETTIVI FORMATIVI QUALIFICANTI. I laureati nei corsi di laurea magistrale della classe delle lauree magistrali in “INFORMAZIONE E SISTEMI EDITORIALI (nonché GIORNALISMO) devono:
“* possedere conoscenze approfondite delle tecniche e delle metodologie del sistema dell'informazione nazionale e internazionale;
* possedere le competenze necessarie all'uso delle nuove tecnologie della comunicazione in funzione delle necessità gestionali ed organizzative delle imprese giornalistiche e editoriali (cartacee, audiovisive, on line) e dell'editoria periodica specializzata e non specializzata;
* possedere abilità di scrittura e competenze idonee al lavoro di gestione dei contenuti, anche attraverso l'uso di nuove tecnologie informatiche, soprattutto nell'ambito delle attività redazionali;
* possedere le abilità di scrittura e le competenze idonee alle attività degli uffici stampa e degli uffici comunicazione, con riferimento sia ai pubblici interni che agli utenti esterni;
* possedere le competenze manageriali, organizzative e gestionali necessarie allo svolgimento di funzioni di elevata responsabilità nelle organizzazioni giornalistiche e editoriali;
* possedere abilità di progettazione di contenuti, anche di tipo multimediale e ipertestuale, e servizi per ambienti multipiattaforma (web, tv digitale, telefonia, ecc.);
* possedere competenze gestionali e di redazione dei contenuti per le attività di comunicazione interna di enti, istituzioni, imprese;
* possedere competenze per la progettazione e la realizzazione di prodotti per l'informazione specializzata e periodica sia di tipo tradizionale che innovativo;
* essere in grado di utilizzare fluentemente, in forma scritta e orale, almeno una lingua dell'Unione Europea oltre l'italiano, con riferimento anche ai lessici disciplinari.
Sbocchi occupazionali e attività professionali previsti dai corsi di laurea sono nei diversi comparti delle imprese giornalistiche ed editoriali, con particolare riferimento alle professionalità emergenti nel settore dell'informazione e della progettazione di contenuti multimediali.
Ai fini indicati, i curricula dei corsi di laurea magistrale della classe:
- comprendono attività dedicate all'approfondimento delle conoscenze fondamentali nei vari campi delle scienze della comunicazione, nonché l'applicazione di metodi propri del lavoro di gestione dei contenuti, con particolare riferimento alla progettazione dei servizi e allo svolgimento dei processi operativi di stampo manageriale e redazionale;
- possono prevedere attività laboratoriali e/o di tirocinio e stage presso aziende pubbliche e private dell'Unione Europea, testate giornalistiche, uffici stampa e uffici comunicazione,
- organizzazioni pubbliche e private che gestiscono contenuti e servizi multimediali, imprese televisive, anche sotto la guida di qualificati esponenti del mondo professionale, oltre a soggiorni di studio presso università italiane e straniere”.
A coloro che hanno conseguito, in base agli ordinamenti didattici, la laurea, la laurea magistrale o specialistica e il dottorato di ricerca, competono, rispettivamente, le qualifiche accademiche di dottore, dottore magistrale e dottore di ricerca. La qualifica di dottore magistrale compete, altresì, a coloro i quali hanno conseguito la laurea secondo gli ordinamenti didattici previgenti al decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509.
9. Una legge per gli stagisti. La “legge Treu” (196/1997), che viene prima di un Contratto nella gerarchia delle fonti giuridiche, consente alle scuole di giornalismo (e alle Università) di stipulare convenzioni con le aziende editoriali per collocare gli allievi/praticanti come “stagisti” nelle redazioni dei quotidiani e dei periodici. Molti, sbagliando, accusano l’Ordine (non solo quello di Lombardia) di inondare le redazioni di praticanti delle scuole riconosciute, falsi stagisti, ma redattori di fatto, che rubano il lavoro ai giornalisti disoccupati. Gli allievi delle scuole frequentano di massima le redazioni dal 1° giugno al 31 agosto di ogni anno (anche se oggi il Cnog ha riostretto tale periodo). Qualche volta lo stage viene ripetuto dal 15 dicembre al 15 gennaio. Questi periodi sono quelli contrassegnati dalle ferie dei redattori, quando a rotazione diverse “stazioni di lavoro” sono libere. E’ inconcepibile una formazione fatta senza l’uso del computer/internet. Le 4 scuole milanesi (Ifg, Cattolica, Iulm e Statale) hanno complessivamente 125 allievi-praticanti e ricevono richieste di stage per almeno 400/500 unità. In verità, dopo l’entrata in vigore della “Legge Treu” n. 196/1997 (Governo Prodi 1), le redazioni vengono invase da studenti universitari in base a convenzioni tra Atenei ed aziende editoriali stipulate con riferimento agli articoli 17 e 18 della predetta legge. Materia, questa, che andrebbe disciplinata da accordi tra Fnsi, Cnog e Fieg, anche se l’impresa appare difficile (si possono contenere e limitare gli effetti di una legge?). Prima di lanciare accuse occorre sempre documentarsi. Nelle redazioni dovrebbero entrare come stagisti soltanto gli allievi/praticanti delle Scuole e dei master riconosciuti dall’Ordine e non studenti “generici”. Qualcuno, sbagliando, dice che una legge (?quale?) prevede la riassunzione dei giornalisti disoccupati da parte delle aziende. Non è vero. Esiste una lista (gestita dal sindacato) dalla quale i direttori, se vogliono e se credono, possono attingere. Non si può imporre a nessuno (direttore o azienda) di assumere. La libertà di impresa non tollera vincoli di questo tipo. La riassunzione di professionisti disoccupati può essere, come è avvenuto in passato, incentivata con opportuni "sconti contributivi" da parte dell'Inpgi. Ed è augurabile che questa politica abbia una nuova stagione fruttuosa. Non bisogna commettere errori nel calcolare il numero dei disoccupati: tali possono dirsi soltanto i professionisti e i praticanti in base all’articolo 4 del Cnlg. Gli altri (i pubblicisti) possono definirsi disoccupati generici, ma non giornalisti disoccupati, in quanto svolgono attività giornalistica ma non la professione giornalistica. Il Cnlg li esclude dalle liste. Anche i praticanti delle Scuole dell’Ordine sono di fatto disoccupati.
10. La formazione tradita da Fnsi e Inpgi. Radicali patetici. I radicali oggi e il “Coordinamento giornalisti disoccupati” ieri, che si scagliano con miopia contro scuole e master in giornalismo, dovrebbero, invece, convincere Fnsi e Inpgi a investire in formazione i quattrini che l’Inpgi riceve dagli editori (in base alla legge 338/2000) con il fine appunto di fare formazione. Il “Fondo per la Formazione” (che dovrebbe nascere per legge con l’obiettivo di attuare l’articolo 45 del Cnlg) è rimasto sulla carta e nell’archivio elettronico del portale dell’Ordine di Milano (www.odg.mi.it), perché l’Inpgi preferisce tenersi i quattrini versati dagli editori, complice la Fnsi, mentre dovrebbe destinarli alla formazione come prevede la legge 388/2000. Soltanto la formazione oggi dà lavoro e occupazione. La nascita del “Fondo per la Formazione” presuppone un accordo tra le parti sociali (Fnsi e Fieg), mentre al ministero del Lavoro spetta la nomina del Collegio sindacale del Fondo stesso.
Patetici, comunque, i radicali: hanno perso nel 1997 la battaglia referendaria che puntava all’abolizione dell’Ordine (la stessa sconfitta ha subito oggi il comico Grillo) e dimenticando le vecchie accuse all’Ordine di essere “corporativo e chiuso” attaccano l’Ordine edizione 2008, che ha aperto le porte della professione ai giovani capaci e meritevoli sulla base di selezioni che vengono gestite dalle Università della Repubblica. Quella dei radicali è una mossa nostalgica che va contro la riforma di una professione che è il perno basilare della vita democratica della Nazione e che l’ancoraggio agli Atenei rende moderna e adeguata ai bisogni della società italiana ed europea. La Ue vuole (vero on.le Bonino?) che tutti i professionisti abbiano almeno una laurea triennale. E’ tramontato per sempre il tempo dei giornalisti, che si formavano soltanto scarpinando. Ho vissuto quei tempi e mi auguro che non tornino più. La nostra Repubblica, con la legge 300/1999, chiede alle Università di formare tutti i professionisti (giornalisti compresi). Andiamo avanti.
FRANCO ABRUZZO
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In: http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=2850
Cassazione: firme
insufficienti per i tre
referendum di Grillo
Gasparri sfotte il comico.
I quesiti riguardano l'abolizione dell'Ordine dei giornalisti, i finanziamenti pubblici all'editoria e la legge Gasparri sulle frequenze tv.
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In: http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=2010
SAGGIO DI FRANCO ABRUZZO:
“PERCHÉ DIFENDO L’ORDINE DEI GIORNALISTI”
Senza Ordine rimarranno soltanto gli ordini degli editori. L’eventuale abrogazione della legge n. 69/1963 sull’ordinamento della professione giornalistica comporterà questi rischi: 1) quella dei giornalisti non sarà più una professione intellettuale riconosciuta e tutelata dalla legge; 2) risulterà abolita la deontologia professionale fissata negli articoli 2 e 48 della legge professionale n. 69/1963; 3) senza la legge n. 69/1963, cadrà per giornalisti (ed editori) la norma che impone il rispetto del "segreto professionale sulla fonte delle notizie". Nessuno in futuro darà una notizia ai giornalisti privati dello scudo del segreto professionale; 4) senza legge professionale, direttori e redattori saranno degli impiegati di redazione vincolati soltanto da un articolo (2105) del Codice civile che riguarda gli obblighi di fedeltà verso l’azienda. Il direttore non sarà giuridicamente nelle condizioni di garantire l’autonomia della sua redazione; 5) Il Contratto non avrà il sostegmo deontoloogioco della legge professionale vincolante anche per gli editori, che oggi non possono impartire al direttore e al collettivo redazionale disposizioni in contrasto con quella legge; 6) una volta abolito l’Ordine, scomparirà l’Inpgi. I giornalisti finiranno nel calderone dell’Inps, regalando all’Inps un patrimonio di 3mila miliardi di vecchie lire (immobili e riserve).
IN CODA LA SENTENZA 11/!968 DELLA CORTE COSTITUZIONALE: "L’Ordine dei Giornalisti è legittimo".
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In: http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=1649
In allegato il “Quadro di indirizzi”
approvato dal Consiglio nazionale
dell’Ordine dei Giornalisti (Cnog).
Scuole di giornalismo: approvato
un regolamento asfissiante,
burocratico e romanocentrico, che
viola l’autonomia delle Università
e i poteri (fissati per legge) degli
Ordini regionali nonché la libertà
delle imprese editoriali stabilita
dall’art. 41 della Costituzione.
Mortificati e stravolti i diritti
costituzionali dei praticanti delle
scuole e dei master alla formazione
con gli stage (ex “legge Treu”).
Il Cnog si è appropriato di un
potere “parlamentare” che non ha.
ANALISI DI FRANCO ABRUZZO
docente universitario a contratto di “Diritto dell’informazione”
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In: http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=1017
In coda i percorsi della laurea
triennale in “Scienze della
Comunicazione” e della laurea
magistrale in “Giornalismo”
Finalmente la svolta attesa
da decenni: la laurea magistrale
in giornalismo è nella riforma
universitaria “Mussi”.
Per ora rimane in piedi il
vecchio praticantato
redazionale con assunzione.
I nuovi provvedimenti
saranno operativi dall’anno
accademico 2008/2009.
NOTA TECNICA DI FRANCO ABRUZZO
docente universitario a contratto di “Diritto dell’Informazione”