IL SOLE 24 ORE del 23 febbraio 2009. Diritti dell'uomo. Strasburgo condanna la Finlandia.
La libertà di stampa vince sulla privacy.
Compito del giornalista: Corte europea e giudici nazionali non possono verificare se è necessario o meno pubblicare una foto o una notizia di MARINA CASTELLANETA
La libertà di stampa prima di tutto, perché non è solo in gioco la libertà di espressione del giornalista, ma anche quella della collettività di ricevere informazioni. Con la sentenza del 10 febbraio 2009, la Corte europea dei diritti dell'uomo aggiunge un altro tassello a tutela dei giornalisti, attribuendo ai reporter ampi poteri di valutazione sulle modalità di pubblicazione di una notizia accompagnata da una fotografia. Anche se si tratta della divulgazione del nome dell'imputato prima dell'udienza e dei capi d'imputazione su un processo penale ancora pendente.
La vicenda, costata una condanna alla Finlandia, è arrivata a Strasburgo su ricorso di due giornalisti e un editore, condannati dai tribunali nazionali a risarcire un'imprenditrice. Quest'ultima, indagata per frode fiscale, aveva chiesto un indennizzo ritenendo che la pubblicazione di un articolo su indagini a suo carico, prima della conclusione del processo, e la pubblicazione di una sua fotografia, avessero violato il suo diritto alla privacy. La Corte suprema finlandese aveva confermato l'obbligo per i giornalisti di risarcire con 20mila euro la donna, soprattutto per la pubblicazione della foto. Di qui il ricorso alla Corte europea che ha invece dato ragione ai giornalisti e ha condannato la Finlandia.
Prima di tutto – osserva Strasburgo – le ingerenze nel diritto alla libertà di espressione da parte delle autorità statali devono essere motivate da un bisogno sociale imperativo e proporzionate a un fine legittimo. Nel valutare se tali esigenze sussistano, le autorità nazionali hanno un margine di discrezionalità, che però non solo non è illimitato, ma deve tener conto delle posizioni della stessa Corte europea il cui compito è quello di stabilire in via definitiva «se una restrizione è conciliabile con il diritto alla libertà di espressione protetto dall'articolo 10 della Convenzione».
Nella valutazione degli interessi in gioco – diritto alla privacy e diritto a informare – la Corte fa pendere l'ago della bilancia a vantaggio di quest'ultimo. A patto che il giornalista fornisca informazioni, agendo in buona fede e con la dovuta attenzione, su notizie di interesse pubblico e che le fotografie non forniscano dettagli sulla vita privata.
Spetta poi al giornalista e non alla Corte europea né ai tribunali nazionali verificare se la riproduzione di un vecchio articolo riguardante la persona indagata e una sua fotografia siano necessarie, perché è il giornalista che deve decidere sulle modalità di diffusione di una notizia. La pubblicazione dell'informazione sul l'indagine a carico dell'imputata contribuisce – precisa la Corte – alla pubblica discussione su problemi di carattere generale. Così come è giustificata la divulgazione del nome. Questo perché, anche se non si tratta di una figura pubblica o di un politico, la notizia serve ad attirare l'attenzione su un problema generale come quello degli abusi sull'utilizzo di fondi pubblici.
Ingiustificata poi la condanna al risarcimento dei danni a carico dei giornalisti che si sono limitati a fornire notizie di interesse pubblico, specificando che le indagini erano ancora in corso. Un aspetto che i giudici interni non hanno considerato e che invece avrebbero dovuto valutare per non infrangere l'articolo 10 della Convenzione. Di qui non solo la condanna per violazione del diritto alla libertà di espressione, ma anche l'obbligo dello Stato di risarcire i danni morali ai giornalisti e all'editore.
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