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GUIDA AL NUOVO CONTRATTO:
COSA CAMBIA NELLE REDAZIONI.

a cura di Daniela Stigliano
Vicesegretario nazionale Fnsi
per www.quartopotere.org

Le regole della multimedialità e la scomparsa dell’Allegato N). La nuova organizzazione del lavoro, i passaggi di testata, i trasferimenti e il distacco. Le disposizioni, i limiti e le deroghe sui contratti a termine, le nuove qualifiche per le carriere professionali e il cambio di status di vicedirettori e condirettori. L’aumento dei minimi, il raffreddamento degli scatti automatici di anzianità e la gestione degli stati di crisi. Proviamo a capire come intervengono nella vita pratica delle redazioni e dei singoli colleghi le novità dell’ipotesi di nuovo contratto nazionale di lavoro giornalistico siglata nella notte tra il 26 e il 27 marzo scorso. Quarto Potere ha preparato - a cura di Daniela Stigliano, vicesegretario nazionale della Fnsi - una guida minima al nuovo contratto, a capitoli per macroargomenti e necessariamente incompleta. In attesa delle note ufficiale di spiegazioni e di lettura che la Federazione nazionale della stampa sta preparando. E della stesura definitiva dell'intero articolato contrattuale, che potrebbe portare piccole correzioni e precisazioni maggiori rispetto ai testi già circolati, per esempio sui tempi di entrata in vigore di alcuni istituti anche economici. Di queste e di altre eventuali novità vi daremo ovviamente immediata informazione.


GUIDA AL NUOVO CONTRATTO NAZIONALE DI LAVORO FNSI-FIEG 2009-2013


a cura di Daniela Stigliano - Vicesegretario nazionale Fnsi


SOMMARIO


Articolo 1: giornalisti tutti uguali


Distacco e trasferimenti


Il pacchetto economico


Licenziabilità dei vertici


Giornalisti e multimedialità


Il superamento dell'allegato N)


Nuova organizzazione redazionale


Qualifiche professionali e carriera orizzontale


Il nuovo regime degli scatti


Stati di crisi e ammortizzatori sociali


Contratti a termine e part time



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I nuovi minimi contrattuali dell'ipotesi d'accordo Fieg-Fnsi  per il biennio 2009-2011.


Roma,   9 aprile 2009.  Pubblichiamo una tabella con riportati i nuovi minimi contrattuali per il biennio 2009-2011 contenuti nell'ipotesi d'accordo per il rinnovo del contratto 2009-20013 sottoscitta da Fieg e Fnsi.  La tabella è pubblicata in http://www.fnsi.it/ArchivioPdf/tabella_nuovi_minimi_cngl2009-2012.pdf


Cliccando qui sotto si possono leggere i nuovi minimi di stipendio con la contingenza incorporata nel minimo: http://www.quartopotere.org/news/images/stories//tabella_minimi_+_contingenza.pdf


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L'ipotesi d'accordo per il rinnovo del contratto Fieg-Fnsi e l'accordo sugli ammortizzatori sociali sottoscritti la notte del 27 febbraio 2009 sono pubblicati  in:


http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=3591


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IL TESTO


 


GUIDA DI QUARTO POTERE AL CONTRATTO FNSI-FIEG 2009-2013


(a cura di Daniela Stigliano)


 


ARTICOLO 1: GIORNALISTI TUTTI UGUALI


Niente più giornalisti di serie A e di serie B nel nuovo contratto Fnsi-Fieg. Perché non esistono giornalisti e giornalismi diversi. Perché la professione è unica anche e soprattutto in tempi di innovazione tecnologica tumultuosa e inarrestabile, unica nelle sua autonomia e indipendenza, unica nella ricerca della qualità dell’informazione, unica nella difesa delle garanzie e delle tutele contrattuali e sindacali


Parte dall’articolo 1 il nuovo profilo di giornalista disegnato dal contratto nazionale


2009-2013. Un giornalista capace di operare su ogni mezzo d’informazione, anche


attraverso piattaforme multimediali che integrino la carta stampata con le immagini, i


servizi audio con i video. E di farlo senza rinunciare a professionalità, deontologia e


libertà di informazione, garanzia di autonomia dalla pubblicità e dal marketing e


rispetto dell’identità e dell’integrità di un’intera categoria.


Un’impostazione che si integra perfettamente con il capitolo sulla multimedialità inserito nell’articolo 4, a completare il nuovo modello di organizzazione del lavoro di  cui l’operatività su differenti piattaforme tecnologiche è uno dei tasselli principali. Prova tangibile di questi principi, che altrimenti sarebbero rimasti solo belle parole sulla carta del contratto, è la cancellazione secca nel giro di due anni dell’Allegato N), che nel 2001 aveva immaginato un depotenziamento economico e normativo delle regole contrattuali per i colleghi impegnati nelle testate online.


Accanto, è costruito un coinvolgimento pieno di tutti i colleghi, ovunque e su


qualsiasi media operino. A partire dagli obblighi di formazione destinata all’insieme


delle redazioni nel caso di progetti multimediali. Perché nessuno si senta o finisca


escluso ed emarginato dalle trasformazioni tecnologiche. E pure le norme sulla nuova


organizzazione del lavoro, che sollevano a una loro prima lettura comprensibili


apprensioni e perplessità nella categoria, vanno nella medesima direzione di un


governo del nuovo sistema di produzione dell’informazione da parte dei giornalisti.


Restano infatti invariati i poteri dei direttori sull’organizzazione del lavoro nel suo complesso, comprese le proposte di assunzione e le decisione sulle mansioni, e quindi le carriere, dei colleghi.


Ma soprattutto non sono stati neppure sfiorati il ruolo e i compiti dei Comitati di


redazione. Anzi. Il nuovo contratto mette ancor più in primo piano l’attività dei Cdr,


chiamati a una gestione operativa, sul campo, dell’insieme delle nuove norme. Con


un’attenzione particolare e più vigile sull’organizzazione del lavoro, divenuta più


complessa. E però anche con la possibilità di intervento – e di contrattazione


all’interno di accordi integrativi aziendali - estesa a tutti i fronti: dai progetti di multimedialità ai cambi di testata, dalla creazione delle unità organizzative redazionali all’utilizzo di contratti a termine e part time, ai nuovi percorsi delle carriere professionali.


 


DISTACCO E TRASFERIMENTO


L’assegnazione temporanea ad una testata di altra azienda dello stesso gruppo


editoriale attraverso il distacco e il trasferimento di sede di un giornalista sono due


istituti profondamente differenti e applicabili in situazioni diverse. Eppure, nel corso


delle trattative per il rinnovo del contratto si sono intrecciati più volte, nella logica


comune di flessibilità di lavoro e mobilità territoriale dei giornalisti. E pure


nell’interpretazione dei colleghi vengono spesso confusi.


Proviamo allora a capire che cosa si intenda esattamente per distacco e per


trasferimento, quando possono essere applicati, e quali sono le norme che li regolano.


Il distacco


Il distacco è una norma introdotta in Italia dalla Legge 30, la cosiddetta legge Biagi, e


precisata nel decreto attuativo legislativo 276 del 2003, all’articolo 30. E prevede la


possibilità per un imprenditore di “prestare” uno o più lavoratori a un altro soggetto,


restando responsabile della retribuzione e degli aspetti normativi del rapporto di


lavoro. Non è in alcun modo previsto il consenso del lavoratore, a meno che non ci


sia un mutamento di mansioni. Nella comunicazione dev’essere prevista la durata


temporanea del distacco, pena la decadenza della disposizione, ma non è previsto


alcun termine massimo: come dire che basta indicare che il lavoratore rientrerà in


sede dopo dieci o vent’anni, e la comunicazione risulta regolare. Ed è necessario


motivare il distacco con “comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o


sostitutive” esclusivamente quando il trasferimento sia a oltre 50 chilometri di


distanza dalla propria sede di lavoro.


Tutte previsioni che, volendo e nel rispetto delle regole contrattuali, gli editori


avrebbero potuto applicare anche ai giornalisti. Ma la legge 30 prevede pure


espressamente che esiste la possibilità di normare alcuni istituti, tra cui appunto il


distacco, in maniera specifica per singole categorie attraverso la contrattazione


nazionale tra le parti. Ed è quello che è stato fatto con il nuovo rinnovo contrattuale.


Il distacco per i giornalisti può dunque ora avvenire solo ed esclusivamente in un


caso: l’utilizzo del suo lavoro per una testata edita da un’altra azienda appartenente


allo stesso gruppo editoriale (“controllata dalla stessa proprietà”). E deve rispettare


alcune condizioni precise:


• devono esistere sempre “comprovate esigenze produttive, organizzative o


sostitutive”, mentre sono scomparse quelle “tecniche” previste dalla legge;


• dovrà avvenire “su richiesta del direttore della testata interessata”;


• non potrà avere durata superiore ai 24 mesi;


• dovrà avere un preavviso di almeno un mese;


• potrà essere prorogato solo con il consenso del giornalista interessato;


• non potrà esserci nuovo distacco prima di otto mesi se il primo sia stato pari o


superiore a 12 mesi;


• quando comporti il trasferimento a oltre 40 chilometri dalla propria sede di


lavoro, il periodo di preavviso sale a due mesi, mentre il giornalista avrà diritto


ad un’indennità pari a due mesi di stipendio, a due giorni di permesso retribuito


e ad un’ulteriore indennità – definitiva a livello aziendale - per tutta la durata


del distacco che copra le “maggiori spese emergenti.


Il trasferimento


Il trasferimento di sede è invece utilizzabile all’interno della stessa testata o della


stessa azienda e continua ad essere regolato dall’articolo 22 come nel vecchio


contratto.


La novità rispetto al passato è l’ambito geografico in cui il giornalista, di norma e


salvo patti contrari, presta la sua attività: prima era il comune in cui lavorava, da ora è


un territorio compreso nei 40 chilometri di distanza dalla sede di lavoro. E nuova è


anche l’introduzione di un preavviso obbligatorio di un mese che dev’essere


rispettato nella comunicazione del trasferimento.


Restano invece inalterate tutte le altre norme già previste dal vecchio contratto:


• se il giornalista non è d’accordo, ha il diritto di dimettersi per causa


dell’editore (con il pagamento dell’indennità di mancato preavviso);


• senza consenso dell’interessato, è obbligatorio il parere del Cdr;


• in caso di trasferimento oltre i 40 chilometri, il giornalista ha diritto a


un’indennità di un mese e mezzo di stipendio, quattro giorni di permesso


retribuito e un rimborso delle spese per lo spostamento suo, della famiglia, di


mobili e bagagli.


 


IL PACCHETTO ECONOMICO PER PUNTI PRINCIPALI


(primo biennio 2009-2011)


La parte economica del rinnovo contrattuale ha una durata biennale: ha quindi validità


dall’1 aprile 2009 al 30 marzo 2011. Questo significa che tra due anni si apriranno


nuovamente le trattative con gli editori, esclusivamente per il secondo biennio


economico del contratto. Ovvero in primo luogo per contrattare i nuovi aumenti dei


minimi di stipendio.


Vediamo quali sono i punti principali del pacchetto economico in vigore dall’1 aprile.


Aumento dei minimi: 265 euro lordi per i redattori ordinari (comprensivo dell’Ivc


2006-2008, pari a 77,88 euro) in due tranche. Ad aprile 2009: 140 euro (62,12


euro effettivi, oltre all’Ivc). Gli aumenti saranno parametrati in base alla qualifica


di appartenenza. Per i redattori di prima nomina (con meno di 30 mesi di anzianità


professionale, verrà applicato il parametro 81 (e non l’attuale 71,71) all’aumento


del redattore ordinario


Scatti: primi 3 biennali al 6% + altri 12 triennali al 6%, tutti non rivalutabili. È


prevista una moratoria di 9 mesi (dal primo giugno 2009 al 28 febbraio 2010)


esclusivamente per chi è ancora nel regime biennale degli scatti (nel corso dei


nove mesi viene sospeso il calcolo dell’anzianità aziendale ai soli fini del computo


degli scatti biennali)


Fondo cigs presso l’Inpgi: verrà alimentato dallo 0,6% delle retribuzioni, di cui lo


0,5% da parte degli editori e lo 0,1% da parte dei giornalisti


Fondo prepensionamenti: verrà alimentato esclusivamente dagli editori con il 30%


del costo (la cosiddetta riserva tecnica matematica) di ogni pensionamento


anticipato. Andrà a integrare il Fondo a cui lo Stato destina da quest’anno 20


milioni di euro l’anno


Fondo perequazione pensionati: sarà costituito da gennaio 2010 e alimentato con 5


euro per ogni giornalista contrattualizzato


Una nuova filosofia delle retribuzioni: scatti rallentati, minimi più vivaci


Il rinnovo del 2001, arrivato con 18 mesi di ritardo, avveniva in un contesto


economico di boom, in particolare della Borsa, in piena era “new economy”: gli utili


delle aziende, anche e soprattutto quelle editoriali, erano alle stelle; i media erano


valutati a multipli pari a numerose volte gli utili futuri, ovvero attesi; l’inflazione era


doppia se non addirittura tripla rispetto a ora. Eppure, l’aumento dei minimi per il


redattore ordinario fu di 154,9 euro, comprensivo dell’Ivc del 1999-2000),


corrisposto in due tranche. Per la cronaca, il secondo biennio economico portò ai


giornalisti 93 euro a regime, in tre tranche. Eppure nessuno, neppure i più critici,


puntarono il dito in maniera severa e formale verso un aumento decisamente risibile


delle retribuzioni.


Di fatto, si accettavano aumenti dei minimi bassi perché tutto il sistema retributivo


ruotava e faceva conto sugli scatti. Di fatto mortificando e limitando il ruolo centrale


della contrattazione del sindacato.


L’intervento economico attuato con questo rinnovo contrattuale ribalta la vecchia


filosofia della struttura retributiva e del ruolo contrattuale del sindacato.


Rallenta sì gli effetti degli scatti, come gli editori ponevano da quattro anni come


condizione per sedersi al tavolo e come era stato accettato formalmente dal


Congresso di Castellaneta con la mozione conclusiva. Ma mantiene gli scatti in


percentuale al 6%, garantendo quindi ancora una dinamica automatica della


progressione dei guadagni. E soprattutto scommette sulla capacità del sindacato di


dare vita a una dinamica più vivace dell’aumento dei minimi. Che porta benefici a


tutti, contrattualizzati e precari, colleghi costretti nelle qualifiche più basse tutta la


carriera professionale e chi riesce a salire i gradini della gerarchia redazionale, giovani


e meno giovani. In quell’equilibrio nel nome del patto generazionale che ha guidato la


delegazione della Fnsi in tutti i mesi della trattativa.


Aumentare i minimi significa tutelare tutti


Precari - Minimi più elevati significa tutelare in primo luogo i meno garantiti,


ovvero i precari: i colleghi con contratti a termine non maturano per


definizione gli scatti automatici di anzianità e le loro retribuzioni sono legate


esclusivamente ai minimi.


L’aumento si integra inoltre con l’eliminazione della norma di depotenziamento


dei contratti a termine, introdotta come beneficio per gli editori con l’obiettivo


- non raggiunto - di spingere le assunzioni a termine dei disoccupati, che


permetteva però di applicare i minimi della categoria del redattore con meno di


30 mesi di anzianità professionale anche a chi era già redattore ordinario. A


conti fatti, questo significherà per i redattori con oltre 30 mesi di anzianità


professionale con contratto a termine di guadagnare circa il 20% in più.


Anche per i praticanti cade la possibilità di assunzione a termine sempre con il


minimo da praticante con meno di 12 mesi, e questo significherà anche per


loro un piccolo guadagno in più.


Contrattualizzati - Per tutti, l’aumento dei minimi ha riflessi ed effetti


immediati su indennità, compensi straordinari, lavoro domenicale, tredicesima,


etc. oltre ovviamente ad aumentare il valore degli scatti futuri.


Welfare - Inoltre, l'aumento dei minimi garantisce la tenuta del sistema del


welfare dei giornalisti, ovvero Inpgi, Casagit e Fondo. In particolare, per


quanto riguarda le pensioni, il presidente dell’Inpgi spiega da sempre che solo


con gli scatti i conti dell’Istituto non tengono. Per assicurare flussi di contributi


previdenziali sufficienti è necessario rimettere in moto una dinamica vera delle


retribuzioni per tutti e - superata la crisi- una ripresa, basata su assunzioni


stabili, del mercato del lavoro.


Una spinta in più alle retribuzioni dei redattori di prima nomina


Il parametro per il calcolo dell’aumento del minimo contrattuale dei redattori di prima


nomina viene portato con il nuovo contratto dal livello 71,71 fino a quota 81 (il livello


del redattore ordinario, che è il riferimento per gli aumenti contrattuali, è pari a 100).


Questo significa che le retribuzioni di questi colleghi aumenteranno con la prima


tranche di aprile 2009 di 57,5 euro invece dei 44,5 euro previsti, che si sommano ai


55,85 euro già ottenuti per l’indennità di vacanza contrattuale degli ultimi tre anni. E


che a giugno 2010 riceveranno altri 101,25 euro in busta paga invece degli 89,6 cui


avrebbero avuto diritto con il vecchio metodo, per un totale complessivo di 214,6


invece di 190 euro.


Il ritocco alla percentuale di aumento dei minimi ha inoltre un ulteriore effetto


trainante per le retribuzioni dei redattori di prima nomina: rifacendo i calcoli,


sommando i vecchi minimi con gli aumenti ricevuti a regime, il parametro finale -


che varrà per il futuro - sarà salito fino a quota 78: oltre sei punti in più rispetto a


prima anche se ancora sotto di due punti rispetto alla situazione pre-1995.


 


LICENZIABILITA’ DEI VERTICI


Figura apicali inserite nell’area direzionale, ma comunque tenuti in primo luogo al


rispetto delle norme professionali e deontologiche della legge 69 del 1963 istitutiva


dell’Ordine dei giornalisti. Direttori, condirettori e vicedirettori modificano sì il loro


status di dipendenti, diventando in primo luogo licenziabili anche senza giusta causa


o giustificato motivo. Ma senza perdere la loro “appartenenza” alla redazione e i


vincoli propri della categoria giornalistica.


A differenza dei dirigenti, insomma, a cui gli editori avrebbero voluto equipararli in


tutto e per tutto, direttori, condirettori e vicedirettori continueranno a dover


rispondere – come ogni giornalista – prima di tutto alla deontologica professionale e


solo in second’ordine alle disposizioni dell’azienda.


Vediamo nel dettaglio le nuove norme che li riguardano.


• All’articolo 6, quello sui poteri del direttore, è stato aggiunto un comma finale


in cui direttori, condirettori e vicedirettori vengono definiti “figure apicali


appartenenti alla categoria massima dei dipendenti prevista dal codice civile”,


le cui facoltà e competenze “si esplicano nell’area direzionale”, con “elevato


grado di professionalità, autonomia e potere decisionale”, ma in ogni caso nel


rispetto delle norme della legge ordinistica.


• Come diretta conseguenza di quanto stabilito all’articolo 6, nell’articolo 27 è


prevista la possibilità che il rapporto di lavoro con direttori, condirettori e


vicedirettori possa “essere risolto dall’azienda anche in assenza di giusta causa


e di giustificato motivo”. È quindi stabilita la misura dell’indennizzo nel caso


di licenziamento: fino a un massimo di 12 mesi di retribuzione, che si


aggiungono ai 13 mesi di stipendio di indennità sostitutiva del preavviso.


• Tra le norme transitorie dell’articolo 11 è stata però inserita una sorta di


“clausola di salvaguardia” per i colleghi che svolgono la funzione a termine di


condirettore e vicedirettore, in base alle norme del vecchio contratto 2001-


2005. Entro tre mesi, ovvero entro il 30 giugno, dovranno decidere se acquisire


definitivamente la qualifica di condirettore e vicedirettore, accettando quindi le


nuove disposizioni, oppure tornare alla qualifica di provenienza, che in genere


è quella di caporedattore.


• Nelle norme sui contratti a termine (articolo 3) è stato infine stabilito che i


rapporti di lavoro a tempo determinato per direttori, condirettore e vicedirettori


– già previsti dal vecchio contratto – potranno ora avere una durata massima di


cinque anni.


 


GIORNALISTI E MULTIMEDIALITA’


Niente giornalisti di serie A e di serie B all’interno del nuovo contratto Fnsi-Fieg. E,


soprattutto, cancellazione secca nel giro di due anni dell’Allegato N), che nel 2001


aveva immaginato un depotenziamento economico e normativo delle regole


contrattuali per i colleghi impegnati nelle testate online. Senza intuire, ma anzi


sottovalutandolo ampiamente, lo sviluppo delle tecnologie già avviato otto anni fa e


che da allora a oggi è esploso e ha spesso superato i limiti dell’immaginazione.


Il contratto nazionale così com’è stato rinnovato disegna al contrario, già nella


riscrittura dell’articolo 1, un giornalista capace di operare su ogni mezzo


d’informazione, anche attraverso piattaforme multimediali che integrino la carta


stampata con le immagini, i servizi audio con i video. E di farlo senza rinunciare a


professionalità e deontologia, libertà di informazione e tutele sindacali, garanzia di


autonomia dalla pubblicità e dal marketing e rispetto dell’identità e dell’integrità di


un’intera categoria.


Nessun modello prestabilito, tre principi inderogabili


Tutto è concentrato in poche ma importanti righe, un capitolo inserito nell’articolo 4


in cui si integra perfettamente e con il quale va letto in maniera coordinata. Poche


righe perché l’idea di partenza non poteva che essere una: non è possibile tracciare un


solo modello di multimedialità, né è possibile pensare di poterli censire e regolare


tutti. Quelli che ci sono e, ancor più, quelli che ci saranno.


La strada non poteva dunque che essere la fissazione di regole concise e chiare, che


indicassero la strada del confronto sindacale aziendale da seguire per qualsiasi


programma di multimedialità, nel rispetto di alcuni principi fondamentali


inderogabili:


1. tutti i giornalisti di una testata o di un gruppo che intende percorrere lo sviluppo


multimediale dovranno essere coinvolti nel progetto. Nessuno insomma deve o


può essere lasciato indietro, per non rischiare di ritrovarsi presto ai margini della


professione nuova e subito dopo di fatto fuori dall’organizzazione del lavoro e, in


definitiva, dalla professione. Un principio ispirato al patto generazionale, con


attenzione alle generazioni meno giovani e più a rischio di una mancata


integrazione nei nuovi media;


2. coinvolgere tutti significa integrare le redazioni, quelle della carta stampata e


quelle internettiane, quelle delle web tv e quelle delle radio digitali, con i modi e i


tempi che saranno propri di ogni piano multimediale e ovviamente nel pieno


rispetto dell’autonomia e delle prerogative dei singoli direttori interessati;


3. terzo elemento imprescindibile è la formazione e l‘aggiornamento professionale,


che l’azienda deve indicare e predisporre e che deve ovviamente riguardare tutti i


giornalisti coinvolti.


La procedura


Le aziende che hanno progetti di sviluppo multimediale devono prima di tutto


presentare al Cdr o ai Cdr delle redazioni interessate il Programma editoriale


integrato, ovvero un progetto elaborato con i direttori delle testate coinvolte, che


specifici: l’organizzazione del lavoro; le modalità di integrazione fra estate; l’utilizzo


degli strumenti multimediali.


Lo stesso programma dovrà garantire il rispetto dell’autonomia professionale dei


colleghi, e in ogni caso non potranno verificarsi commistioni tra informazione


giornalistica e pubblicità o comunicazione commerciale. Mentre dovrà essere indicato


il piano di formazione, addestramento e aggiornamento professionale necessario


perché tutti siano messi nelle condizioni di partecipare al nuovo processo produttivo


dell’informazione multimediale.


Illustrazione ed esame del programma dovrà concludersi entro 40 giorni dalla


presentazione.


Il ruolo dei Cdr


Il Comitato o i Comitati delle redazioni interessate al programma editoriale integrato


rivestono un ruolo chiave in tutta la procedura. E, coordinando i compiti


espressamente indicati da capitolo sulla multimedialità con quelli pienamente


attribuiti loro dall’articolo 34, possono intervenire su ogni fronte per comprendere a


fondo in che termini si svilupperà la multimediali, quale sarà l’impatto


sull’organizzazione del lavoro, quali esigenze di organico si evidenzieranno, quanta


formazione, di che genere e in che tempi sarà necessaria, e molto altro ancora.


Senza considerare, ovviamente, che un programma editoriale integrato può sfruttare


tecnologie e sistemi informativi già esistenti, ma non sostituisce le procedure


dell’articolo 42 nel caso di introduzione di un nuovo sistema informativo.


Nessuno e niente esclude espressamente, peraltro, che la multimedialità entri a far


parte di una contrattazione di secondo livello propriamente detta, e diventi essa stessa


un elemento di integrativo aziendale.


Un programma editoriale integrato che coinvolga più testate, inoltre, ha l’effetto


indiretto di rilanciare di fatto la funzione e l’esistenza stessa dei coordinamenti di


Cdr, che fino in tante realtà hanno avuto difficoltà persino ad essere riconosciuti


SUPERAMENTO DELL’ALLEGATO N): MODI E TEMPI


Ultimo atto riparatore di un errore di valutazione del passato, il nuovo contratto fissa i modi e i tempi per il passaggio graduale e definitivo dei colleghi che si sono finora visti applicare le regole dell’Allegato N) alle norme piene di tutti i colleghi con contratto Fnsi-Fieg.


Tutti gli istituti normativi ed economici diventano – come regola generale - pienamente e immediatamente operativi dall’entrata in vigore del nuovo contratto, ovvero dal primo aprile 2009, compresi quelli su settimana corta, straordinari, lavoro notturno e diritti dei Cdr. Alcuni, invece, avranno una gradualità temporale differente. Ecco quali sono e che tempi e modi seguiranno.


Qualifiche e minimi di stipendio


Le due qualifiche finora esistenti (redattori e coordinatori) rientrano in quelle previste


dall’articolo 11, e si esplicitano da aprile 2009 in redattore di prima nomina, redattore


con oltre 30 mesi di anzianità professionale e caposervizio. Alla stessa data vengono


uniformati pure i relativi minimi di stipendio (con relativa indennità di contingenza).


Scatti


Tutti ripartono da zero con gli scatti periodici d’anzianità, che erano espressamente


esclusi per i giornalisti dell’online. Redattori di prima nomina, redattori ordinari e


capiservizio (ex coordinatori) inizieranno a maturare dunque il primo dei tre scatti


biennali prima di passare come gli altri al regime di triennali.


Festivi e domeniche


Le festività infrasettimanali e le domeniche lavorate venivano finora pagate con la


maggiorazione del 30% della retribuzione giornaliera. Dall’aprile 2009 la


maggiorazione per le festività infrasettimanali diventa del 30% di quella pari prevista


dal contratto pieno Fnsi-Fieg: (80% più un ventiseiesimo della retribuzione mensile),


per diventare il 60% nel 2010 e il 100% nel 2011. Per le domeniche e le ex festività,


invece, il trattamento sarà pieno dall’aprile 2009.


Indennità redazionale


In base all’Allegato N), i giornalisti dell’online non percepivano la redazionale e la


relativa aggiunta. Con il nuovo contratto, anche questi importi prendono a essere


conteggiati e inseriti in busta paga. A giugno 2009, i colleghi percepiranno 3/12 dei


massimali previsti per i giornalisti Fnsi-Fieg, ovvero i ratei di redazionale relativi al


periodo aprile-giugno 2009. Dal primo luglio, i giornalisti dell’online rientrano nella


piena disciplina generale.


 


NUOVA ORGANIZZAZIONE REDAZIONALE


L’articolo 4 è il cuore della flessibilità governata che trova spazio e regole nelle


redazioni e che risponde alla figura di un giornalista a tutto tondo, capace di


esercitare la propria attività su diversi media, senza perdere identità professionale,


autonomia e appartenenza a una specifica redazione e ad un’organizzazione del


lavoro affidata in ogni caso al direttore. Non a caso è qui che è inserito il capitolo


dedicato ai progetti multimediali (vedere scheda specifica).


Una flessibilità che in taluni casi esplicita possibilità offerte anche dai precedenti


contratti nazionali, mentre in altri fissa procedure e metodi per comportamenti già


diventati prassi in tante redazioni, spesso sulla base delle vecchie norme, e che senza


limiti e paletti correvano il rischio di trasformarsi - soprattutto nelle mani degli editori


più disinvolti - in una deregulation e in una destrutturazione totale delle redazioni.


Cambio di testata


Il giornalista, come da sempre stabilisce l’articolo 1, ha un rapporto di lavoro, ovvero


viene assunto, da un’azienda. Quindi, viene assegnato ad una testata. E questo deve


risultare dalla lettera di assunzione, accanto a qualifica e retribuzione. Esattamente


com’era previsto nel vecchio contratto. Che non vietava in alcun modo il passaggio


successivo da una testata all’altra, cioè un’assegnazione diversa da quella originaria,


anche senza l’accordo del giornalista, a patto ovviamente di non intaccare


professionalità, qualifica e mansione, ovvero di rispettare le norme in materia previste


dal codice civile.


Ecco perché alcuni Comitati di redazione, in anni più o meno lontani, hanno sentito la


necessità di inserire negli accordi con il proprio editore la cosiddetta “clausola del


consenso”, ovvero l’obbligatorietà di assenso del giornalista al passaggio di testata (in


alcune aziende è previsto il consenso anche per il passaggio da un servizio all’altro


dello stesso giornale).


Le nuove norme contrattuali mettono ora nero su bianco la possibilità di variazione di


testata, ma aggiungono condizioni specifiche e verificabili. In modo da consentire il


potere di controllo e di intervento su ogni richiesta di passaggio di testata non solo al


giornalista direttamente coinvolto ma soprattutto al Comitato di redazione, sulla base


dei compiti sanciti dall’articolo 34.


Prima di tutto, ci dev’essere un direttore che richiede espressamente il singolo


collega, per sottolineare la specificità del lavoro e dell’organizzazione giornalistica


che non può in nessun caso essere affidata e gestita direttamente dagli uffici del


personale delle aziende. Inoltre, sono necessarie comprovate esigenze organizzative e


produttive, come richiesto dal codice civile, ma omettendo le troppo generiche


ragioni tecniche.


Infine, viene richiamato direttamente l’articolo 2103 del codice civile, che vieta la


dequalificazione professionale e il demansionamento: il lavoratore – dice la legge –


“deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle


corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a


mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione


della retribuzione”.


A questo proposito, se il passaggio di testata avviene all’interno della stessa azienda,


il giornalista ha ovviamente diritto all’integrativo di miglior favore: mantiene quello


precedente, se offriva condizioni migliori; viceversa, acquisisce quello nuovo.


Se invece il passaggio è ad una testata di un’altra azienda dello stesso gruppo


editoriale, si fa ricorso alle norme di legge già esistenti. La cessione di contratto, che


prevede in ogni caso il consenso delle due parti e i cui termini sono quindi frutto della


contrattazione. Oppure il distacco, non nella formulazione molto ampia – e


penalizzante per i lavoratori – stabilita dalla Legge 30, ma in base alle regole riportate


nel nuovo contratto (vedere scheda specifica).


Lavoro multitestata


Le prestazioni multitestata, ovvero la possibilità di utilizzare l’attività del giornalista


anche per altre testate dell’azienda e del gruppo durante il normale orario di lavoro,


erano già previste nel vecchio contratto. Che parlava di “prevalenza di prestazione


per la testata di assegnazione” e di “rispetto delle competenze professionali del


giornalista”.


Nel nuovo contratto le prestazioni multitestata vengono riprese e meglio specificate,


richiamando in primo luogo i poteri dei direttori sull’autonomia delle testate e


inquadrando l’attività del giornalista comunque all’interno dell’articolo 7 sugli orari


di lavoro. Si precisa inoltre che questo genere di prestazioni multitestata non prevede


il compenso aggiuntivo previsto dall’articolo 14 (30% dello stipendio mensile), che


resta però pienamente in vigore per le altre tipologie di cessione di servizio da parte


del giornalista ad altre testate o aziende del gruppo.


Novità importante è però non tanto il richiamo all’articolo 2103 del codice civile sul


rispetto delle mansioni del giornalista, ma piuttosto l’affermazione che anche le


prestazioni multitestata devono avvenire nel rispetto “delle dipendenze gerarchiche


del giornalista all’interno della singola testata in cui è chiamato a operare”. Come dire


che si può sì prestare la propria opera per altre testate, ma rimanendo ben inserito e


ancorato all’organizzazione del lavoro della propria testata di assegnazione.


Unità organizzative redazionali


Subito ribattezzate “pool”, le unità organizzative redazionali sono vere e proprie


redazioni capaci di fornire contenuti informativi giornalistici ad altre testate


dell’azienda o del gruppo editoriale. Nel disegno del nuovo contratto, dovrebbero


funzionare come una sorta di agenzia interna super-specializzata.


Sono inoltre equiparate in tutto e per tutto a una testata: questo significa che ogni


unità organizzativa redazionale dovrà avere un proprio direttore, responsabile


dell’organizzazione del lavoro e garante dell’autonomia e della professionalità dei


giornalisti; e, soprattutto, un proprio Comitato di redazione, che dovrà vigilare perché


i “pool” siano creati nelle aziende per gli obiettivi e in base alle regole previsti e non


per scopi altri.


Prodotto editoriale giornalistico


È una nuova definizione inserita nel contratto di lavoro che indica tutti quei prodotti


editi dall’azienda o dal gruppo diversi dalle testate (di qualsiasi settore


dell’informazione) per le quali la legge preveda una regolare registrazione in


Tribunale, e diversi anche dalle unità organizzative redazionali.


Il caso più tipico è quello di un sito o di un portale online di informazione non


registrato come testata giornalistica, ma che ha comunque un proprio direttore, una


redazione e una rappresentanza sindacale. O ancora quello di uno speciale o di un


allegato, sempre con contenuti di informazione giornalistica, diffuso insieme alla


testata madre.


Sono invece esclusi per definizione tutti quei prodotti editoriali ma non giornalistici,


che forniscono contenuti legati al marketing e alla pubblicità.


L’armonizzazione degli integrativi


In una nota a verbale dell’articolo 4 si prevede l’armonizzazione con le nuove norme


in tema di organizzazione del lavoro di “eventuali intese aziendali che riguardino la


medesima materia”. Una formulazione ben diversa dalle richieste iniziali degli


editori, che chiedevano la cancellazione di tutti gli integrativi esistenti,


sufficientemente generica e certamente non vincolante nei termini e nei tempi


dell’armonizzazione.


Non esiste insomma alcun automatismo. Saranno i Comitati di redazione, quando


avvieranno il rinnovo degli accordi integrativi, a contrattare in piena autonomia con


l’azienda le condizioni perché le regole dell’articolo 4 – anche e soprattutto quelle


che hanno una ricaduta economica – vengano recepite all’interno delle singole intese


aziendali. E fino a quel momento, le condizioni di miglior favore esistenti restano


pienamente valide e applicabili.


Quali sono le aziende controllate dalla stessa proprietà


Nell’articolo 4 si fa spesso riferimento all’articolo 2359 del codice civile per definire


le “imprese controllate dalla stessa proprietà” e individuare con chiarezza il perimetro


entro il quale si può svolgere l’attività del giornalista. Si tratta, com’è evidente, di


norme del diritto societario, che fanno riferimento al possesso di quote del capitale


azionario o alla capacità di esercitare diritti in assemblea o influenza nella gestione


dell’impresa. Concetti non semplici, ma che vale la pena ricordare e tenere presenti.


Le società possono essere definite “controllate” in tre differenti situazioni.


• Un’altra società “dispone della maggioranza dei voti esercitabili


nell’assemblea ordinaria”: è la situazione più facilmente individuabile, perché


esiste il dato oggettivo del controllo di oltre il 50% del capitale, che determina


la possibilità di esprimere la maggioranza degli organi di gestione e quindi di


guidare l’azienda controllata.


• Un’altra società “dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza


dominante nell’assemblea ordinaria”: la quota azionaria controllata può essere


inferiore al 50%, ma comunque tale da determinare la possibilità di esprimere


la maggioranza degli organi di gestione e quindi di guidare di fatto l’azienda


controllata. È il caso di molte società quotate in Borsa, in cui la maggioranza


del capitale è diffusa tra molti soci e chi ha il pacchetto azionario più grande,


pur inferiore al 50%, ha il controllo della società. Il pacchetto non può però in


nessun caso essere inferiore a un decimo dei voti da esprimere in assemblea


(un quinto se la società non è quotata), altrimenti si può parlare solo di società


“collegata”.


• Sono infine “controllate” anche quelle imprese “che sono sotto influenza


dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali”: per


esempio, se esiste un accordo scritto che affida espressamente il potere di


nomina di organi sociali e/o management. È una situazione sicuramente meno


evidente, anche se i vincoli contrattuali devono essere riportati nei documenti


ufficiali e sono quindi reperibili anche dal pubblico.


 


QUALIFICHE PROFESSIONALI E CARRIERA ORIZZONTALE


È una delle richieste più decise avanzate dalla delegazione della Fnsi al tavolo delle


trattative con gli editori. E il risultato è solo un primo passo, che andrà ampliato e


meglio definito nei prossimi rinnovi contrattuali. Ma l’introduzione di mansioni


professionali all’interno dell’articolo 11, riconosciute come tali e con una definizione


propria, che non siano insomma una semplicistica equiparazione economica e


normativa a qualifiche disegnate per il desk, traccia un percorso seppur timido sulla


strada di una vera carriera orizzontale nelle redazioni. Una carriera destinata ai


cosiddetti “scriventi” così come ai colleghi grafici, alternativa a quella verticale al


desk, che però ad essa si affianca e con essa si intreccia, in un possibile scambio di


incarichi e mansioni.


Le nuove qualifiche sono due. Vediamo quali e in base a quali condizioni possono


essere riconosciute.


Redattore esperto: già abbozzato con il contratto del 1995-1999, era finora previsto


sotto la forma dell’”equiparazione con il trattamento normativo e economico” del


vice caposervizio. Ora è una mansione a tutti gli effetti, di pari grado con la qualifica


di vice caposervizio, che può essere attribuita dal direttore ai redattori ordinari con


almeno 8 anni di anzianità di servizio.


Redattore senior: secondo livello nella carriera professionale, è una mansione tutta


nuova, di pari grado con la qualifica di caposervizio, che può essere attribuita dal


direttore ai redattori esperti con almeno 5 anni di anzianità di servizio nella qualifica.


I periodi di tempo per ottenere le due qualifiche non sono oggettivamente brevi.


Epperò sono anche un elemento “oggettivo” che lascia un po’ meno ai direttori


l’arbitrio totale sull’assegnazione di tali qualifiche. Ricordiamolo: tutte le qualifiche e


le mansioni - verticali e orizzontali - dipendono e vengono assegnate dal direttore,


nessuna è automatica. Avere un vincolo temporale permette però ai colleghi e ai Cdr


di presentare la richiesta di promozione con più forza.


Non solo. I Cdr – se riterranno - potranno utilizzare i nuovi strumenti anche in sede di


rinnovo di accordi integrativi, ipotizzando percorsi di carriera orizzontale sulla base


di un impegno, da parte del direttore e dell’editore, alla crescita professionale di una


percentuale determinata di colleghi. Una crescita che sarebbe inevitabilmente legata


all’anzianità aziendale, quindi in qualche modo un po’ più simile a uno scatto


automatico di carriera e un po’ meno lasciata al solo arbitrio del direttore.


Sono state inoltre confermate e anzi ampliate le vecchie regole di attribuzione da


parte del direttore dei trattamenti economici e normativi dei vice capiservizio e dei


vice capiredattore. In particolare, si potrà continuare ad ottenere l’equiparazione a


entrambe le qualifiche senza vincoli temporali, persino al momento dell’assunzione, e


- diversamente rispetto al vecchio contratto - senza neppure essere diventato redattore


ordinario. Mentre non sarà più possibile l’attribuzione ad personam della qualifica del


caporedattore al giornalista non inserito nella struttura di desk, a meno che non si


provenga dalla stessa qualifica e mansione e il direttore decida di assegnare “il


compito di redigere servizi di informazione giornalistica di rilevanza”. E questo vale


anche per il giornalista proveniente dalla qualifica di caposervizio.


Totalmente confermate sono infine le norme sugli inviati, che restano a termine, su


incarico scritto del direttore, con diritto all’indennità temporanea di funzione pari


almeno al trattamento economico del caposervizio, oltre all’indennità mensile


compensativa del 15% dello stipendio prevista dall’articolo 7.


 


IL NUOVO REGIME DEGLI SCATTI


Il regime degli aumenti periodici di anzianità è stato rivisto con il rinnovo


contrattuale, rallentando il peso degli automatismi sulla dinamica retributiva ma


compensando tale perdita attraverso un maggiore aumento dei minimi contrattuali, la


revisione all’insù del parametro del redattore con meno di 30 mesi di anzianità


professionale e la cancellazione della possibilità per gli editori di assunzioni a termine


con stipendi della qualifica inferiore.


Ecco come funziona il nuovo regime degli scatti.


Da biennali a misti


Il regime degli automatismi retributivi finora in vigore prevedeva 15 scatti biennali.


Con il nuovo contratto, i primi 3 scatti saranno ancora biennali mentre i successivi 12


diventano triennali.


Chi prende gli scatti biennali


 Il regime dei tre scatti iniziali biennali è pensato come una garanzia in particolare


per i giovani che iniziano a lavorare e riescono a ottenere un contratto a tempo


indeterminato. Dal momento in cui ottengono la qualifica di redattore con oltre 30


mesi di anzianità professionale, parte il computo dei 24 per ottenere il primo


scatto, che sarà appunto biennale come i due successivi.


 I colleghi con qualsiasi qualifica assunti con contratto a tempo indeterminato da


meno di sei anni rientrano ugualmente nel regime degli scatti biennali, fino alla


maturazione del terzo scatto.


 Quando si cambia azienda, infine, qualsiasi sia la propria qualifica, il meccanismo


degli scatti riparte da zero: i primi tre scatti maturati nella nuova azienda saranno


dunque biennali, per poi passare ai successivi 12 triennali.


La moratoria per gli scatti biennali


Esclusivamente per chi è nel regime degli scatti biennali è stata prevista una


moratoria di 9 mesi, dall’1 giugno 2009 al 28 febbraio 2010: in questo periodo non


decorre l’anzianità ai fini del calcolo dei 24 mesi utili per la maturazione dello scatto.


Chi entra nel regime triennale


Tutti i giornalisti da redattore ordinario in su, assunti a tempo indeterminato e con


almeno tre scatti in busta paga, passano automaticamente al regime degli scatti


triennali. La data del prossimo scatto riportata nell’ultima busta paga sarà dunque


posticipata esattamente di 12 mesi.


Per questi colleghi non ha effetti la moratoria di 9 mesi prevista invece per chi rientra


nel regime iniziale biennale.


Chi non prende gli scatti


 I redattori con meno di 30 mesi di anzianità aziendale non sono mai entrati –


nemmeno con il vecchio contratto - nel meccanismo degli scatti se non al


momento del passaggio alla qualifica di redattore ordinario: da quel giorno anche


adesso dovranno attendere 24 mesi prima di maturare il loro primo scatto.


 I praticanti non maturano per definizione e da sempre gli scatti, anche con i vecchi


contratti di lavoro. Devono prima passare l’esame professionale, quindi attendere


30 mesi per diventare redattori ordinari e infine, dopo 24 mesi, conquisteranno il


loro primo aumento automatico di anzianità. Un percorso che, pur senza


considerare eventuali periodi - più o meno lunghi - di precariato, ha una durata


mai inferiore a sei anni.


 Anche i colleghi assunti con contratto a termine non hanno mai avuto diritto agli


scatti di anzianità, a meno che - ma questa è una rivendicazione della Fnsi - il loro


contratto non sia superiore ai 24 mesi. Il loro stipendio è basato quindi


esclusivamente sui minimi contrattuali della qualifica di appartenenza, senza alcun


automatismo retributivo.


Come si calcolano gli scatti


Gli scatti restano tutti in percentuale del 6% sul minimo di stipendio della qualifica di


appartenenza aumentato dell’indennità di contingenza (che varia sempre in base alla


qualifica). Gli scatti già in busta paga non saranno però rivalutati nel tempo ma, una


volta percepiti, resteranno fissi.


Il meccanismo della rivalutazione prevedeva invece che, ad ogni variazione del


proprio minimo di stipendio, quindi per effetto degli aumenti legati alla


contrattazione nazionale oppure per un passaggio a una qualifica superiore, venissero


ricalcolati tutti gli scatti già in busta paga in base al nuovo minimo. Se per esempio


un collega con nove anni di anzianità aziendale come redattore ordinario diventava


caposervizio i suoi quattro scatti già maturati venivano ricalcolati sul nuovo minimo


(sempre aumentato dalla nuova contingenza). E se dopo altri quindici anni diventava


caporedattore, tutti i suoi 12 scatti già maturati venivano allineati ai nuovi minimi.


Un meccanismo che premiava la stabilità nella stessa azienda e soprattutto chi faceva


carriera.


 


STATI DI CRISI E AMMORTIZZATORI SOCIALI


La legge 416 del 1981 sugli stati di crisi non è stata variata. E neppure le norme su


cassa integrazione e prepensionamenti, in particolare quella sulla volontarietà del


prepensionamento. Né del resto un contratto di lavoro potrebbe modificare previsioni


di legge.


Le revisioni combinate dell’articolo 33, dell’allegato D) e soprattutto il protocollo


sulla gestione della crisi siglato accanto al rinnovo contrattuale hanno però introdotto


alcuni elementi nuovi, in particolare di recepimento delle regole post-riforma


previdenziale dell’Inpgi e di orientamenti ministeriali, oltre a regolare le modalità di


contribuzione, da parte degli editori e in piccola parte dei giornalisti, ai fondi per la


cassa integrazione e per i prepensionamenti.


Elementi nuovi che devono essere “letti” tutti insieme per comprendere i loro effetti


sulle future crisi aziendali. E a cui affiancare la maggiore attenzione del ministero del


Lavoro sugli stati di crisi nell’editoria che dovrebbe derivare dal nuovo finanziamento


statale di 20 milioni di euro l’anno e ancor di più dall’orientamento molto esplicito del


ministro Maurizio Sacconi, che ai prepensionamenti preferisce ammortizzatori sociali


o soluzioni che evitino la perdita di posti di lavoro e la riduzione degli organici.


Quando si dice crisi


La legge 416/81 ha riconosciuto uno status speciale al settore dell’editoria e ha


escluso da subito l’applicazione dei criteri economico-finanziari previsti per tutti gli


altri comparti industriali per determinare oggettivamente uno stato di crisi che porti


alla concessione della cassa integrazione straordinaria. Negli anni le note esplicative


del ministero del Lavoro hanno ribadito questa condizione di unicità.


In particolare, per stabilire se un’azienda editrice sia in stato di crisi non sono


necessari i due bilanci consecutivi in rosso previsti per gli altri settori, mentre - è


l’indirizzo espresso dal Ministero - sono da tener presente anche situazioni e fattori


esterni “che possono pregiudicare il buon andamento aziendale”. La Fnsi e le


Associazioni di stampa hanno però sempre preteso, al tavolo delle vertenze per stati


di crisi, di ricevere ed esaminare con attenzione i conti dell’azienda, pur in presenza


di bilanci in attivo, e di conoscere le previsioni e le prospettive di business futuro


dell’impresa.


Nell’accordo sulla gestione della crisi raggiunto a latere del rinnovo contrattuale si


prende sì atto delle interpretazioni ministeriali, ma precisandole e rendendole più


stringenti. Si dice infatti come una crisi aziendale “non sia rilevabile unicamente dai


bilanci aziendali ma anche da riscontrabili indicatori oggettivi, presenti e prospettici


esterni che abbiano incidenza su una critica situazione dell’impresa e possano


pregiudicarne il buon andamento operativo”. Quindi si aggiunge che “tali indicatori in


particolare dovrebbero registrare un andamento involutivo tale da rendere necessari


interventi per il ripristino dei corretti equilibri economico-finanziari e gestionali”.


Per stabilire se un’azienda ha davvero una situazione che possa giustificare il


riconoscimento dello stato di crisi, insomma, la richiesta dovrà contenere prima di


tutto i bilanci aziendali, prima fonte di informazione sulle condizioni economiche


dell’azienda, quindi una serie di altri indicatori economici e di mercato che siano però


pienamente riscontrabili e oggettivi e soprattutto vadano a incidere su un’impresa che


è già in una situazione di criticità. Inoltre, questi stessi indicatori devono aver


registrato un peggioramento così importante da imporre interventi per rimettere


l’andamento dell’azienda e dei suoi conti in carreggiata. Compresi tutti quegli


investimenti di carattere produttivo-finanziario e gestionale necessari per la


ristrutturazione e la riorganizzazione dell’impresa.


Come dire: non solo tagli ai costi, pure nuove risorse per stimolare il business e far


ripartire l’azienda sul mercato.


I pensionamenti negli stati di crisi


La riscrittura dei due ultimi capoversi dell’articolo 33 (che in precedenza riguardava


le pensioni di vecchiaia anticipata) sono il recepimento delle nuove regole


pensionistiche fissate dall’Inpgi con l’ultima riforma sulle pensioni d'anzianità, quelle


che si possono avere con almeno 35 anni di contributi versati.


Nel primo si fissa un principio assoluto: l’azienda può mandare via un giornalista solo


al raggiungimento del suo 65° anno di età.


Il capoverso successivo regola invece, come in tutti i contratti successivi alla legge


sui prepensionamenti, l’unica deroga possibile a questa regola: nel solo caso di stato


di crisi, l’azienda può risolvere il rapporto di lavoro con il giornalista prima dei suoi


65 anni di età. Se ricorrono però precisi requisiti anagrafici e di anzianità


previdenziale, che sono stati aggiornati in base alle regole dell’Inpgi oggi in vigore. E


sono diventati più restrittivi rispetto a prima.


L’anzianità contributiva, prima di tutto, passa a 35 anni dai 30 anni del precedente


contratto. Mentre l’età anagrafica è fissata da una scala che parte dai 59 anni per il


2009 fino ai 62 dal 2012 in poi: nel precedente contratto era inizialmente pari a 57


anni, a inizio anni Novanta addirittura pari a 55 anni.


I due requisiti - di età anagrafica e di anzianità previdenziale - devono ovviamente


coesistere: solo così infatti i colleghi vanno in pensione con l’assegno pieno, ovvero


senza nessuna delle decurtazioni previste per i prepensionamenti. Se insomma non si


hanno i 35 anni di contribuzione, l’azienda non può mandare via nessuno prima dei


65 anni. Neppure con lo stato di crisi.


Quando i prepensionabili vanno in cassa integrazione


Per esercitare l’opzione del prepensionamento, che è e continua a essere un atto volontario del singolo giornalista, è necessario come in passato un passaggio in cassa integrazione.


Il nuovo punto 3) del Protocollo di consultazione sindacale (Allegato D) prevede


quindi espressamente che i giornalisti in possesso dei requisiti per il


prepensionamento transitino dalla Cigs. Questo significa sì che chi ha tali requisiti


può essere messo in cassa integrazione, ma vuol dire anche che questo non può


avvenire neppure un giorno prima del raggiungimento dei fatidici 58 anni di età e 18


di contributi. Un freno, insomma, a quegli editori che vorrebbero collocare in cigs


anche chi ha 56 anni, in attesa che maturino tutte le condizioni per poter scegliere di


andare in pensione anticipata.


Detto questo, resta in ogni caso confermato il confronto previsto al punto 2) per


definire organizzazione del lavoro e organici necessari: solo al termine di questo


esame possono infatti essere individuate eventuali eccedenze occupazionali e stabiliti


gli interventi necessari per superare la crisi e gli ammortizzatori sociali a cui ricorrere.


Gli editori pagano per ogni prepensionamento


I prepensionamenti diventano più costosi per gli editori. La riforma della 416/81


varata dal Governo a inizio anno ha infatti istituito un Fondo presso l’Inpgi finanziato


dallo Stato con 20 milioni di euro l’anno, ma ha pure lasciato aperta la possibilità di


ulteriore alimentazione da parte degli editori, con criteri stabiliti dalle parti. Quello che


Fnsi e Fieg hanno fatto nell’accordo sottoscritto a latere del rinnovo contrattuale.


In base a tale accordo, gli editori che ricorrono a prepensionamenti dovranno versare


un contributo straordinario pari al 30% del costo di ogni singolo pensionamento


anticipato come quantificato dall’Inpgi (la cosiddetta riserva tecnica matematica).


Una somma che ovviamente differisce da giornalista a giornalista, perché è


direttamente dipendente non solo dalla sua retribuzione, ma pure dall’età anagrafica e


dall’anzianità contributiva.


Il meccanismo individuato ha un doppio effetto. Prima di tutto, il costo dei


prepensionamenti non viene caricato sul costo del lavoro di tutte le aziende: chi non


fa prepensionamenti, non paga. Inoltre, le aziende che vogliono ricorrere ai


prepensionamenti faranno bene i loro calcoli per evitare di spendere troppo, e


probabilmente cercheranno di alzare l’età media dei colleghi da indurre al


prepensionamento. Un giornalista con 58 anni di età ha un costo superiore rispetto a


un collega di età maggiore.


I contributi versati dagli editori finiranno in un “Fondo contrattuale con finalità


sociale” istituito presso l’Inpgi dal primo aprile 2009, con contabilità separata e


gestione paritetica a tre (Fnsi, Fieg e Inpgi), da cui verranno attinte le somme solo


all’esaurimento dei 20 milioni di euro.


Contributi nuovi per la cigs


L’accordo tra Fnsi e Fieg ha istituto anche, da aprile 2009, un contributo


straordinario destinato a interventi di cassa integrazione, mobilità e contratti di


solidarietà, che finora erano a carico della contabilità generale dell’Inpgi. Il nuovo


afflusso servirà a coprire il maggior ricorso a tali ammortizzatori sociali, che è


possibile purtroppo prevedere in tempo di crisi, ma potrebbe essere utilizzato pure


per aumentare l’assegno percepito da chi andrà in cassa o sarà coinvolto da un


contratto di solidarietà.


Il contributo è pari allo 0,6% delle retribuzioni dei giornalisti, e sarà versato dagli


editori per lo 0,5% e dai colleghi per lo 0,1%. Gli importi complessivi finiranno


sempre nel “Fondo contrattuale con finalità sociale” presso l’Inpgi, ma con


un’evidenza separata rispetto alle risorse destinate ai prepensionamenti.


Chi gestisce il Fondo contrattuale


La gestione operativa del “Fondo contrattuale con finalità sociale” sarà affidato a un


comitato paritetico in cui siederanno due rappresentanti a testa per Fnsi, Fieg e Inpgi.


Il primo passo dovrà però essere la definizione, in tempi rapidi, di un apposito


Regolamento.


Ammortizzatori per i liberi professionisti


È una questione che la Fnsi ha già posto al Governo: anche i giornalisti che svolgono


la libera professione hanno diritto agli ammortizzatori sociali che l’Esecutivo sta


predisponendo per tutti gli altri lavoratori autonomi.


Questa esigenza ha inoltre trovato posto anche nell’accordo sottoscritto con la Fieg,


tra le richieste che sono state presentate congiuntamente al ministero del Lavoro.


Con una forza che, nelle intenzioni delle parti, dovrebbe essere quantomeno doppia.





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