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FONDI AI GIORNALI. Ok di Montecitorio al reintegro di 70 milioni di euro per il Fondo dell’editoria.
Elisa Grande: sì a riforma del sistema condivisa. Mmassimo sostegno al settore, stati generali dopo la legge finanziaria
Roma, 25 giugno 2009. Il governo è consapevole della necessità di “assicurare al mondo dell’editoria, in grave crisi, tutto il sostegno possibile” e di varare “una riforma strutturale di sistema condivisa” per il settore: è l’impegno preso da Elisa Grande, nuovo capo del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della presidenza del Consiglio, davanti alle associazioni del settore Mediacoop, Media non profit e Articolo 21, a un convegno a Roma sul pluralismo dell’informazione. “Il regolamento sull’editoria messo a punto dal Dipartimento - ha sottolineato Grande - non pregiudica il varo di una riforma strutturale di sistema, che non potrà che essere condivisa da tutti gli operatori del settore e svilupparsi nell’ambito di un approfondito confronto e in un quadro di risorse certe”. La “sede più opportuna” per l’elaborazione del nuovo testo saranno gli Stati generali dell’editoria, più volte annunciati dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega per il settore, Paolo Bonaiuti: “Speriamo di organizzarli - ha spiegato Grande - subito dopo la prossima Finanziaria, per aver risorse certe su cui lavorare”. Gli Stati generali offriranno anche l’occasione “per riflettere sul ruolo fondamentale della stampa, che non può continuare a vivere il complesso di inferiorità rispetto ai nuovi media, a Internet, alla tv. La tempistica delle notizie sta cambiando, e il ruolo di Twitter nelle vicende dell’Iran lo dimostra. Ma ci sarà sempre bisogno di un contenitore ragionato, di un approfondimento autorevole”. Nel frattempo il regolamento, “primo passo necessario per la razionalizzazione e per la semplificazione del sistema”, continua il suo percorso: è “al vaglio dei tecnici del ministero dell’Economia”, ha ricordato il capo del Die, e dovrà essere sottoposto “ai pareri di legittimità del Consiglio di Stato e di merito delle commissioni parlamentari”. Ma l’impegno del governo non finisce qui: “E’ in atto uno sforzo straordinario da parte della presidenza del Consiglio per rinvenire i fondi necessari per assicurare il pagamento dei contributi diretti per il 2009″, ha assicurato Grande, proprio nelle ore in cui l’Aula di Montecitorio approvava il reintegro di 70 milioni per il fondo per l’editoria, misura contenuta nell’articolo 56 del ddl sviluppo. Il presidente di Mediacoop, Mario Salani, ha chiesto che la nuova riforma “abbia tre capisaldi: il riconoscimento del diritto soggettivo al contributo; la definizione dei criteri di accesso e le quantificazioni del sostegno per legge, e non per regolamento; la certezza delle risorse, almeno su base triennale”. Il portavoce di Articolo 21, Giuseppe Giulietti, ha proposto che “una quota parte del fatturato dei grandi gruppi editoriali finisca in un fondo per l’innovazione nel settore dell’editoria” e che “il Dipartimento, prima degli Stati generali, predisponga un documento con i punti essenziali della riforma, da discutere con tutte le organizzazioni del settore”. Ad assicurare la sensibilità della maggioranza su questi temi, il senatore del Pdl Alessio Butti: “Siamo fiduciosi nell’impegno del sottosegretario Bonaiuti e del governo e nella competenza che c’é sul settore a livello parlamentare”. (Ansa)
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Il Manifesto del 25/6/2009
Giancarlo Aresta
Editoria, un primo passo in avanti
E’ di ieri il voto della Camera, che ripristina anche per il 2009 la certezza dei contributi alle testate politiche e non profit e rifinanzia il Fondo editoria, che aveva subito per le scelte di questo governo un taglio di un terzo negli ultimi sei mesi dello scorso anno. E’ passato giusto un anno dal 24 giugno 2008, quando il Decreto Tremonti non solo riduceva drasticamente le risorse disponibili per la scuola e la sanità (il cuore dello stato sociale italiano), ma assestava un duro colpo al pluralismo dell’informazione, togliendo ogni certezza dei contributi ai giornali cooperativi e di partito (cancellando il diritto soggettivo). Si apriva così uno scenario inquietante, che avrebbe significato la cencellazione di oltre trenta testate quotidiane (e decine di periodici), in un paese che già soffre di una profonda asfissia nell’informazione, per il conflitto di interessi del premier, per la concentrazione di risorse senza uguali al mondo nelle Tv, per il fatto che Mediaset da sola raccoglie 2172 milioni di euro di pubblicità, rispetto ai 1366 di tutti i quotidiani italiani. Questa misura era ancora più iniqua e paradossale, dal momento che si tagliavano i ’contributi diretti’ all’editoria di idee, ma si lasciavano intatti i ’contributi indiretti’, di cui beneficiano in modo assai rilevante i grandi gruppi editoriali quotati in Borsa.
Un primo vero passo avanti
Questo voto della Camera è ancora una misura parziale e interlocutoria, ma insieme un primo vero passo avanti. A contribuire alla tutela del pluralismo – partecipando al rifinanziamento del Fondo editoria – sono stati chiamati dall’articolo 56 della Legge 1441 ter i produttori e i commercianti di energia con una tassa aggiuntiva dell’1% sui loro utili (che il ministro Scajola ha definito – intervenendo il 10 giugno all’assemblea dei petrolieri italiani – una misura ispirata a «una logica di solidarietà e di coesione sociale») e Poste italiane Spa, che riceveva dallo Stato, per la spedizione dei prodotti editoriali, una integrazione di prezzo nettamente superiore alle tariffe praticate da questa azienda pubblica ai migliori clienti privati. Ci aspettiamo che queste norme di legge vengano confermate al Senato, dove il 1441 ter dovrà tornare in quarta lettura.
Sull’informazione, decida il Parlamento
Del resto, è stata l’assemblea del Senato a volere questa scelta positiva, sostenendo con il voto di tutti i gruppi di opposizione e di maggioranza un emendamento dell’on. Vincenzo Vita (sottoscritto dai senatori Butti, Lusi e Mura). Come sono stati gli organi parlamentari della Camera (Commissioni attività produttive e bilancio e assemblea) a tutelarla, fino all’ultimo voto. A dimostrazione che il pluralismo dell’informazione non può essere affidato nelle mani di questo governo (e di nessun governo), ma investe questioni così delicate per la democrazia italiana, che devono trovare il loro luogo di confronto nel Parlamento.
Anche per questo siamo assolutamente contrari all’ipotesi dello stesso decreto Tremonti, di affidare ad un Regolamento il compito di dettare le nuove norme, che definiscano criteri e valori nuovi nell’erogazione dei contributi diretti. E’ grave che un settore come quello dell’informazione sia subordinato in modo diretto a scelte fatte dall’esecutivo, che potrebbe così decidere anno per anno quanto dare e a chi dare, mettendo in una condizione di insostenibile subordinazione decine di testate quotidiane e periodiche: questo orientamento legislativo rappresenta anche una ferita alla nostra Costituzione.
Necessaria una vera riforma
Negli ultimi quattro anni, il costo dei contributi diretti si è ridotto notevolmente, dai 224 milioni di quattro anni fa ai 170 del 2008. Questi valori potrebbero contrarsi ancora in misura consistente, colpendo le posizioni di abuso (cioè imponendo che tutte le cooperative ammesse ai contributi debbano essere cooperative di giornalisti: fatte da chi ci lavora), stabilendo un rapporto serio tra i contributi che si erogano e la consistenza delle testate (a partire dall’occupazione), imponendo obblighi significativi di diffusione in edicola ai giornali finanziati, accertando i loro costi effettivi. Solo così si potrà impedire che ricevano contributi testate che millantano il loro far parte di gruppi editoriali privati (è il caso di Libero e il Riformista, innanzitutto); che ricevano più di due milioni di euro giornali che non hanno mai visto un’edicola o che hanno una consistenza e uno spessore informativo ridicoli; che si mantenga, o si allarghi, uno squilibrio insopportabile tra giornali di partito e testate cooperative e non profit.
Nel Parlamento si è trovata una posizione unitaria, nel correggere una scelta del governo. E’ ad esso che spetta la definizione di nuove regole.
Noi del manifesto
Si è arrivati a questo risultato parziale, ma importante, grazie all’impegno generoso di parlamentari di diverse parti politiche, al lavoro intenso e serio di Mediacoop; ma anche per la battaglia a viso aperto che il manifesto ha fatto in questi dodici mesi, in difesa del pluralismo. Era in gioco, certo, anche la nostra sopravvivenza: e sono stati i nostri lettori, con il loro sostegno generoso, a permetterci di far sentire la nostra voce, fino a questo primo risultato. Ma i nostri problemi restano aperti, anche dopo questa lunga battaglia, e non dipendono solo dagli esiti di una legge. Solo ridando voce a una sinistra, che è molto più ampia ed estesa di quanto viene evidenziato dalle divisioni delle sue formazioni politiche attuali e dalla conseguente geografia del voto (uno specchio della loro impotenza), sarà possibile assicurare, ancora con il vostro sostegno, continuità alla nostra impresa comune.
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