Milano, 27 luglio 2009. Ricevo e volentieri pubblico questa lettera di Enzo Iacopino, consigliere segretario dell’Ordine nazionale dei Giornalisti.
Caro Franco, scrivo a te, sperando di raggiungere anche XW. Ma scrivo soprattutto a te perché, credimi, le cose che vai trasmettendo sulle scuole fanno torto alle scuole. E fanno torto a te, alla tua storia personale. Non sono interessato a fare una classifica di qualità dei vertici dell’Ordine. Né di quelli nazionali né di quelli regionali. Rispondo di me e per me. Le classifiche possono formarle i colleghi quando ogni tre anni vengono chiamati a votare. In quella occasione occorrono due sole cose. La prima: recarsi alle urne. La seconda: non rispondere alla logica di setta (se c’è), di componente (se c’è), di cordata (se c’è). Basta scegliere le persone alle quali, poi, si ha pieno diritto di chiedere conto del loro operato.
Saremo tutti, o quasi, sottoposti a questo giudizio nel 2010, dalle Alpi alla punta più estrema del nostro Sud: i colleghi facciano con il loro voto la selezione che riterranno necessaria e imprimano un indirizzo alla gestione dell’Ordine.
Ne parlo con calore perché ricevo ogni giorno, Franco, da decine e decine di neo professionisti (so che nei sei consapevole) messaggi di incoraggiamento a proseguire, con l’aiuto di altri, in una azione che – a loro dire – ha dato una dimensione diversa all’Ordine.
Nelle parole di questi colleghi, i più in cerca di una occupazione simil precaria, c’è la preoccupazione per le difficoltà, ma una sola volta (su alcune migliaia) c’era l’annuncio di una diserzione che spero non abbia avuto seguito.
Non credo che bastino parole per far cambiare la situazione. Ma sento il bisogno di chiedere, di chiederti le parole giuste per denunciare quel che non va.
Le scuole? Questa classifica sono interessato a farla. Non da solo perché sarebbe una responsabilità troppo grande. Ma con i membri dell’Esecutivo nazionale dell’Ordine e grazie agli elementi di conoscenza che ci vengono forniti dal Comitato tecnico scientifico. Mi ero illuso che l’intervento di Michele Partipilo fosse bastato per confinare nel cestino del qualunquismo l’attribuzione alle scuole della responsabilità di produrre “troppi praticanti”. Senza scadere, io, nel qualunquismo debbo dirti che, sia pure con i costi non da tutti sopportabili, le scuole sono lo strumento che più si avvicina al sogno di dare opportunità ai meritevoli.
Lo so che non tutti possono spendere le cifre necessarie. Ma so che quando in una occasione mi sono preso la libertà di affermare – e lo ribadisco – che c’era chi “rubava” i soldi delle famiglie, promettendo agli allievi insegnamenti e opportunità di crescita formativa che poi venivano negati (perché inesistenti nella struttura), mi arrivò da una scuola del Nord la lettera di un collega il quale condivideva le mie affermazioni. Tutte meno una. Scriveva: i soldi dei quali parli non sono della mia famiglia, sono miei, guadagnati la sera lavorando.
I “figli di nessuno” come scrive XW oggi non avrebbero mai la possibilità di diventare professionisti. Nessuno li farebbe entrare a far da schiavi in redazione, come molti della nostra età hanno fatto, senza ricevere neanche l’equivalente di 3 euro a pezzo, ma assorbendo come spugne qualcosa di più prezioso che veniva regalato dai grandi vecchi delle redazioni.
Ora questo nelle testate non avviene più. Non so se le scuole siano la sola risposta possibile. Ma provo orrore quando agli esami orali sento un praticante, uno di quelli riconosciuti d’ufficio da un Ordine regionale, affermare che Camilla Cederna era una velina. Un altro, non lo stesso, alla domanda su quanti fossero gli ebrei massacrati nei campi di concentramento risponde, pronto: “10.000”. E al commissario che mentre sta per strozzarsi gli chiede “Diecimila?”, lui replica, scusandosi: “No, no, cinquemila”. Praticanti d’ufficio, Franco. Con tanto di bollo. Vergogna per le scuole. Anzi, più correttamente, per la scuola italiana. Non per noi, perché non venivano dalle scuole di giornalismo e perché giornalisti non sono diventati.
Le scuole fanno, quelle che alla fine di questo percorso di verifica resteranno in attività, quella formazione che nelle redazioni non è più possibile. E colmano insopportabili lacune culturali del nostro sistema scolastico. Non so, Franco, chi ha mai promesso il posto al sole a quanti escono dalle scuole. Ti ho già chiesto di fornirci questi elementi, se li hai o se li ha qualcuno dei tanti colleghi che ti leggono.
Le parole giuste, Franco. Non sono le scuole ad aver determinato la crisi occupazionale, ma in una situazione di crisi, qual è quella che attraversiamo, il dovere che abbiamo è di fare in modo che quanti escono dalle scuole garantiscano una qualità che possa loro offrire una opportunità di inserimento.
Non sono innamorato di una ricetta – che peraltro non è la mia – e sono pronto a confrontarmi con proposte che puntino a costruire.
A XW, senza alcuna illusione di dargli consolazione, posso dire che tanti vivono condizioni difficili. C’è, ad esempio, c’è chi paga i pezzi euro 1,03 (un euro e tre centesimi) l’uno. Ma non è colpa delle scuole, che molti non hanno frequentato, e non è storia legata alla crisi. E’ vergogna antica.
Le parole giuste, Franco, ti prego.
Enzo Iacopino
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Lettera a Franco Abruzzo di un ex-allievo del XV biennio dell'IFG De Martino
Gentile Franco, sono XW, allievo del XV biennio dell'IFG, ultimo gestito dal "suo" Ordine. Senza volermi addentrare in polemiche su quello che (non) sta facendo il "nuovo" ordine rispetto al suo lavoro, volevo comunicarle per la sua indagine conoscitiva che la maggior parte di noi, complice la crisi, è destinata a non esercitare la professione o quasi. Io sono disoccupato senza nessuna speranza di vedere neppure collaborazioni (retribuite, si intende) nei prossimi 12-24 mesi, lavoro in nero a 3 euro l'ora per campare avanti. Come me ce n'è un'altra decina, senza contare tutti quelli che non vedranno rinnovati i loro contratti a termine quando scadranno. Mi sono sentito abbandonato dalla scuola, e credo che questo "abbandono" sia dovuto anche al passaggio di consegne tra lei e la dott.sa Gonzales all'Ogd lombardo. Io sono figlio di nessuno: quelli più bravi, quelli più fortunati, quelli con un cognome importante magari ce l'hanno fatta. Ma quelli come me, no. Non sappiamo come muoverci, non sappiamo cosa fare: le idee di creare una rete di ex studenti non è mai stata presa in considerazione, così come quella di avere diritto a corsi di aggiornamento gratuiti su tutto quello che per motivi economici e gestionali non ci è stato insegnato a scuola. La ringrazio, mi scusi per lo sfogo
(lettera firmata, x email)
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RISPOSTA di FRANCO ABRUZZO
Franco Abruzzo a Enzo Iacopino. “D’accordo, ma le istanze di praticantato d’ufficio sono anche denunce di evasione fiscale e previdenziale. Perché non vengono trasmesse all’Ispettorato del Lavoro, all’Ispettorato Inpgi e alle Procure della Repubblica?. Solo così si può bloccare il malcostume delle delibere compiacenti di praticantato d’ufficio. Gli Ordini regionali sono enti pubblici non economici e i dirigenti sono pubblici ufficiali tenuti, ex art. 331 Cpp, a denunciare alla Procura i fatti-reato. Il Consiglio nazionale deve richiamare i presidenti regionali ai loro doveri e chiedere alle Procure generali di vigilare sulle delibere di praticantato d’ufficio. Durante la mia presidenza, le delibere (dell’Ordine di Milano) di praticantato d’ufficio venivano contestualmente trasmesse: a) all’Ordine nazionale; b) alla Procura generale; c) all’Ispettorato provinciale del Lavoro; d) all’Ispettorato Inpgi. In una riunione al Cnog mi fu rimproverato di far spendere in raccomandate troppi soldi all’Ordine di Milano. Io denunciavo i fatti ex post, ma nulla vieta che si agisca ex ante”.