Strasburgo, 15 dicembre 2009. I media hanno sempre il diritto di non rivelare le proprie fonti: lo ha ribaditoo oggi la Corte europea dei diritti dell'uomo, pronunciandosi su un ricorso dei britannici Financial Times, Independent, Guardian, Times e agenzia Reuters. I quattro media avevano fatto ricorso dopo che nel 2001 la giustizia britannica aveva chiesto loro di fornire alla Interbrew, un'azienda belga produttrice di birra, dei documenti che contenevano la notizia di un'offerta di acquisto da parte della South African Breweries (Sab). Ma da tali documenti era possibile risalire alla fonte delle notizia. Per i giudici di Strasburgo, tale richiesta ha violato la libertà di espressione (art. 10 della Convenzione Corte europea dei diritti dell'uomo) dei media in questione. Per la Corte non è tuttavia necessario alcun risarcimento. (fonte: Ansa)
CORTE STRASBURGO: i GIORNALISTI HANNO il DIRITTO DI PROTEGGERE le FONTI ANONIME.
Strasburgo, 15 dicembre 2009. I giornalisti hanno il diritto di proteggere le loro fonti anonime. Lo ha stabilito la Corte Europea per i Diritti Umani di Strasburgo, accogliendo il ricorso di quattro quotidiani britannici (Financial Times, Independent, Guardian e Times) e dell'agenzia di stampa Reuters ai quali un tribunale britannico aveva imposto di consegnare dei documenti alla
compagnia belga produttrice di birra Interbrew, con i quali avrebbe potuto identificare le fonti che avevano diffuso la notizia di un piano della societa' per l'acquisizione della South African Breweries (SAB). I giudici di Strasburgo hannostabilito all'unanimita' che l'ordinanza rappresenta una violazione al diritto e alla liberta' di espressione delle imprese editoriali, in base all'articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti Umani. (ASCA-AFP)
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Il Sole 24 Ore 17/12/2009
Financial Times v. Regno Unito.
Strasburgo:“Per i giornalisti
il segreto sulle fonti è sacro”
“La libertà di stampa e il segreto professionale vanno privilegiati rispetto all'eventuale turbativa dei mercati”.
di Marina Castellaneta e Giovanni Negri
I giornalisti hanno il diritto di tutelare la segretezza delle fonti perché la libertà di stampa prevale su tutto. E non possono neanche essere costretti a divulgare documenti riservati che possono compromettere la fiducia delle fonti. Lo ha deciso la Corte europea dei diritti dell'uomo che, nella sentenza depositata il 15 dicembre (Financial Times e altri contro Regno Unito), ha rafforzato la tutela della libertà di espressione.
Strasburgo si è pronunciata sul ricorso presentato da quattro giornali inglesi e da un'agenzia di stampa contro una decisione dell'High Court inglese che aveva ordinato ai giornalisti di diverse testate di divulgare un documento su una fusione societaria e consentire di individuare, in questo modo, la fonte che lo aveva trasmesso. I reporter, infatti, avevano pubblicato alcuni articoli su una società belga, riportando notizie tratte da un documento riservato, trasmesso da una fonte anonima, su un'offerta pubblica di acquisto di azioni di una società sudafricana. Temendo ulteriori fughe di notizie, l'azienda si era rivolta ai giudici inglesi. Obiettivo principale: identificare la fonte che aveva trasmesso ai giornalisti i piani aziendali riservati.
I tribunali inglesi, sia in primo che in secondo grado, avevano dato ragione alla società e avevano ordinato ai giornali di consegnare il documento originale. Tra l'interesse alla protezione delle fonti funzionale all'esercizio della libertà di stampa e la tutela dei mercati azionari e degli interessi economici della società, i giudici inglesi hanno fatto pendere l'ago della bilancia a favore dei primi, anche per prevenire la commissione di reati. Una conclusione del tutto ribaltata da Strasburgo che ha dato ragione su tutta la linea ai giornali inglesi.
La protezione delle fonti - ha precisato Strasburgo - è indispensabile per i giornalisti e per la tutela della libertà di espressione che consiste anche nel diritto della collettività a ricevere notizie "esplosive" e informazioni non ufficiali. È vero, riconoscono i giudici, che la società belga aveva un interesse a evitare danni per l'attività economica, ma questo passa in secondo piano rispetto alla tutela della libertà di espressione. Che va salvaguardata anche in presenza del sospetto che la fonte avesse l'intenzione di danneggiare l'azienda, proprio perché i limiti alla tutela delle fonti possono essere ammessi in circostanze eccezionali. Il segreto sulle fonti confidenziali è infatti essenziale per la libertà di stampa: se venisse violato questo principio, non sarebbe compromessa solo la fonte che aveva chiesto l'anonimato, ma anche la reputazione del giornalista «agli occhi di future potenziali fonti». In questa vicenda, poi, secondo la Corte, i giornalisti hanno agito nel rispetto delle regole deontologiche, perché prima di pubblicare gli articoli sulla scalata hanno contattato l'azienda. Né è stato dimostrato che il documento fosse falso.
Tutto da verificare l'impatto sulla disciplina italiana anche se la sentenza sembra avere assunto una posizione più favorevole ai giornalisti di quanto stabilito dall'articolo 200 del nostro Codice di procedura penale (che si occupa dei soli professionisti iscritti all'Albo). Quest'ultimo infatti prevede un caso di portata generale e non eccezionale nel quale il giudice, ma non il Pm, può imporre al giornalista di svelare le sue fonti facendo cadere l'ostacolo del segreto professionale: quando le notizie sono indispensabili per provare il reato per cui si procede e la loro veridicità può essere attestata solo attraverso l'identificazione della foto della notizia.
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Testo in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=2356
Ricerca di Franco Abruzzo aggiornata
con le sentenze 348 e 349/2007 nonché
39/2008 della Corte costituzionale.
SEGRETO PROFESSIONALE E PERQUISIZIONI.
Con le sentenze Goodwin, Roemen
e Tillack, la Corte di Strasburgo
ha imposto l’alt alle perquisizioni
nelle redazioni a tutela delle fonti
dei giornalisti. “Gli Stati contraenti
sono vincolati ad uniformarsi
alle interpretazioni che la Corte di
Strasburgo dà delle norme della Cedu”:
le sentenze 348-349/2007 e 39/2008
della Corte costituzionale sono
una svolta ineludibile ed epocale!
Pm e giudici obbligati ad adeguarsi
Immediatamente e senza indugi.
Sentenza 39/2008 della Corte costituzionale: “Questa Corte, con le recenti sentenze n. 348 e n. 349 del 2007, ha affermato, tra l'altro, che, con riguardo all'art. 117, primo comma, Cost., le norme della CEDU devono essere considerate come interposte e che la loro peculiarità, nell'ambito di siffatta categoria, consiste nella soggezione all'interpretazione della Corte di Strasburgo, alla quale gli Stati contraenti, salvo l'eventuale scrutinio di costituzionalità, sono vincolati ad uniformarsi”.