Riforma delle professioni entro il 2012, Questo è l'obiettivo dichiarato dall'onorevole Maria Grazia Siliquini (Pdl) al Fonua sulla riforma del sistema ordinistico organizzato dal Cogepapi (Coordinamento geometri, periti agrari e periti industriali) lo scorso 22 luglio a Palazzo San Mancuso. Ora il prossimo appuntamento è a settembre perché da lì, dopo due anni di lavori e un anno di audizioni «si ripartirà con le idee chiare e con un clima in Commissione Giustizia della Camera sereno, positivo e costruttivo per approdare ad una buona riforma» così l'Onorevole Siliquini ha affermato alla platea dei professionisti, Nessunn contraddizione inoltre, ma sintonia per la visione comune di intenti, rispetto al documento condiviso e presentato dai rappresentanti di tutte le professioni al Ministro Alfano lo scorso 21 luglio. I due documenti dunque finiranno o per confluire in un testo unico, oppure il governo porterà a termine un disegno di legge di principi, garantendo poi dci decreti attuativi cui demandare le specificità di ogni professione. Sostegno al testo di riforma e ai professionisti riuniti anche da parte dall'onorevole Pierluigi Mnntini (Ude) che ha affermato «il clima è cambiato, la politica mi sembra pronta ad accogliere le istanza dei professionisti, solo che ora sono proprio loro che devono scendere in campo superando i particolarismi». Tutti i relatori, compreso l'onorevole Ignazio Messina (Idv), si sono espressi favorevolmente sull'unificazione delle tre professioni tecniche organizzatrici del Forum e sull'abolizione della sezione B degli albi. Conclude il presidente del Consiglio nazionale Geometri Fausto Savoldi «il clima è cambiato, è finalmente diverso. Ora dobbiamo andare avanti. Noi non chiediamo di fare tutto, ma vogliamo difendere quello che sappiamo fare con preparazione, formazione e qualità, quello che serve al cittadino comune». In proposito abbiamo intervistato Maria Grazia Siliquini intervenire sulle competenze. Una dei punti di partenza è l'aver definito cosa si intende per professione intellettuale, quella cioè che sussiste salo in presenza di laurea, tirocinio, esame di stato, iscrizione all'albo professionale, distinguendo l'attività professionale da quella dell'impresa. Il tutto in linea con gli artt. 33 e 35 della carta costituzionale, Gli altri punti qualificanti sono strumenti di sostegno economico per i professionisti, come un modello di società ad bue, tirocinio serio effettivo e retribuito, principio uniformante del valore indicativo delle tariffe, prevedendo comunque dei minimi, e l'obbligo dell'assicurazione per tutti gli iscritti.
Quali sono i punti fondamentali del Suo Ddl?
La proposta è costituita da 18 articoli e vuole essere una legge-quadro di principi “unitari” -senza mai intervenire sulle competenze- per tutte le 27 categorie professionali, costituite in ordini e collegi (che verranno parificati): trattasi di circa 2.400.000 professionisti, tenuto conto anche delle professioni sanitarie non mediche (infermieri, fisioterapisti, etc, già dotate di laurea e riconosciute in ordini con la legge n. 43/2006, da me redatta e sostenuta quando ero sottosegretario al MIUR). Credo che tutti gli ordini professionali possano condividere una impostazione che ha, come sua filosofia di fondo, il “riconoscimento” –finalmente- della categoria socio-economica rappresentata dalle professioni intellettuali, spesso “snobbate” dalla politica. Quest’ultima, forse, solo oggi si rende conto non solo della entità e rilevanza dei numeri, ma anche del fatto che i professionisti sono una ”colonna portante” dell’economia italiana: essi danno vita ad un PIL del 12,8%, con un indotto stimato non inferiore a 5 milioni tra dipendenti e collaboratori. Perciò ho previsto (art.16) il “consiglio nazionale delle professioni”, che esprime la rappresentanza istituzionale e coordina gli indirizzi espressi dai congressi nazionali, al fine di valorizzare la rilevanza sociale ed economica delle professioni: in particolare, questo consiglio dovrà essere convocato quando il governo e il parlamento consultano le parti sociali, cosa mai avvenuta sino ad ora. Ritengo che professionisti attenti e lungimiranti non possano che accogliere con favore la corretta definizione della professione intellettuale (art.1), che sussiste solo in presenza di questi requisiti: laurea, tirocinio, superamento dell’esame di stato, iscrizione all’albo professionale, vincolo del rispetto della deontologia, formazione obbligatoria permanente. Il tutto in linea con gli artt. 33 e 35 della carta costituzionale. Sono convinta, altresì, che professionisti accorti non possano che condividere il principio (art.2) che l’attività professionale -caratterizzata da personalità, indipendenza e responsabilità- sia distinta da quella dell’impresa e che solo la legge può determinare le professioni, definendone gli ordinamenti, che a loro volta stabiliscono le competenze professionali delle singole categorie, non oggetto di questa legge. Penso che professionisti preparati possano essere favorevoli (art.5) all’accesso alle professioni pienamente “libero” e senza vincoli numerici (ad eccezione dei notai, pubblici ufficiali), fondato solo sulla meritocrazia, attraverso il superamento dell’esame di stato, dopo la laurea e il tirocinio, serio ed effettivo, ma anche equamente retribuito, che dovrà portare il tirocinante a conoscere la professione sul campo. Con le premesse esposte, è giusto prevedere che il compenso del professionista possa essere concordato con il cliente, con riguardo però alle tariffe minime e massime che dovranno essere però stabilite con decreto del Ministro della Giustizia, proprio per la tutela dei cittadini; queste dovranno essere vincolanti e non derogabili, quando il committente è un ente pubblico, per evitare esagerati e non credibili casi di ribassi dei costi tali da far dubitare in merito alla qualità della prestazione e alla sicurezza delle opere realizzate, soprattutto nel campo degli appalti e in tutti i casi in cui l’attività ha evidente carattere di terzietà. Ricordando i problemi economici del nostro paese, che riguardano anche le categorie professionali, sono necessari strumenti idonei anche nel campo del welfare; ritengo, pertanto, importante la norma (art.9) che prevede “l’estensione delle agevolazioni e incentivi per la ricerca, lo sviluppo dell’occupazione e gli investimenti” ai professionisti, singoli o associati, disponendo –altresì- la completa detrazione fiscale dei costi sostenuti per la formazione continua. Inoltre, il moderno professionista, per lavorare meglio, soprattutto nell’interesse dei cittadini, cioè dei “clienti” (e non consumatori), ha bisogno non solo di nuove regole, ma anche di nuovi strumenti e strutture organizzative, quali l’esercizio in forma associata, societaria e multidisciplinare: perciò sono state individuate (art.18) società “ad hoc”, con delega al governo basata su vincoli precisi, stringenti e dettagliati.
Il Suo testo di riforma prevede la soppressione delle sezioni B a fronte di un Albo unico delle categorie tecniche. Cosa risponde a coloro i quali ribadiscono la pericolosità e la preoccupazione dell’abolizione delle sezioni B?
Con l’art. 4, viene prevista, in linea generale per tutti gli ordini e collegi, la possibilità –su richiesta dei consigli nazionali interessati- di “accorpamento”, su proposta del Ministro della Giustizia. È una norma, a mio avviso, di buon senso e in linea con le attuali esigenze del nostro paese di semplificazione e riduzione dei costi. In passato, ho sostenuto dal MIUR l’unificazione realizzatasi tra dottori commercialisti e ragionieri (quindi tra un ordine e un collegio e non penso che nessuno di loro tornerebbe indietro) ed ho lavorato per l’innalzamento del titolo di studio dei consulenti del lavoro e degli infermieri, che oggi hanno l’obbligo della laurea triennale. Questo è esattamente quanto chiedono oggi geometri, periti agrari e periti industriali, che aspirano all’unificazione e chiedono, per la loro professione, l’obbligatorietà del titolo di laurea di primo livello. Come si può criticare questa richiesta di semplificazione e unificazione che comporta la riduzione da tre a uno dei consigli nazionali e di tutti quelli territoriali, delle presidenze, delle poltrone, dei gettoni, delle spese, etc?…(Tremonti docet!) Come si fa a sostenere che il mio testo “apre” ai diplomati, quando all’art. 1 dello stesso si prevede, espressamente, l’obbligo di laurea per tutti e queste categorie chiedono alla politica di prevedere per loro, con l’entrata in vigore della legge, l’obbligo della laurea triennale (fatti salvi i diritti di chi, per quella data, 2011 o 2012, sarà già iscritto al praticantato), guardando al futuro della loro professione? Chi può contestare l’obiettivo che essi hanno di dare “più qualità”, con la laurea alla categoria dei periti e dei geometri, un pezzo di eccellenza italiana? I nostri territori hanno, infatti, sicuramente necessità di ottimi ingegneri, architetti, geologi, etc., ma anche di competenti e preparati periti e geometri.. un po’ meno di aspiranti Fuksas! Ricordo, infatti, che l’Italia è costituita da 8100 comuni, di cui circa 5700 piccoli o piccolissimi, e che dall’ultima relazione di Confindustria del 28/01/2009 “mancano” 180.000 tecnici intermedi. Il Cnel, nel suo rapporto annuale, ha specificato che nei prossimi anni avremo bisogno, tra turn over e nuove richieste, di circa 2.500.000 nuovi tecnici. Quanto sopra, va realizzato senza alcuna variazione circa le attuali competenze, che rimangono quelle oggi esistenti, perché il mio testo non interviene mai in questo ambito. La verità è che dalla riforma universitaria del 3+2 (fallita), e dal DPR 328/2001 (vicemin. Zecchino) abbiamo ereditato un “nodo” tuttora irrisolto: trattasi della figura ibrida dello “iunior”, ovvero dei laureati triennali (per i quali è stato costituita la sezione “B” degli albi, nata dalla introduzione errata della possibilità di più percorsi diversi per il triennale, che ha portato ad una grande confusione). Per sciogliere questo nodo, avevo già lavorato con il Ministro Moratti al MIUR, per l’abolizione della sezione B a fronte delle “unitarie” richieste –avanzate anche da parte dei consigli degli ingegneri e degli architetti che ricorsero al TAR- redigendo uno schema di DPR nel 2005, inviato al Consiglio di Stato nel 2006 e non eseguito per il cambio di maggioranza politica. Il nodo oggi permane: infatti, l’85% dei triennali prosegue verso la laurea quinquennale, mentre solo il 15% si iscrive alla sezione “B”, sicché gli “iunior” in Italia sono solo 5000 laureati. Con questo pasticcio sono stati illusi, negli anni passati, molti giovani che oggi non hanno una collocazione professionale certa. Non credo siano questi i tempi, caratterizzati dalla forte precarietà, per confondere i nostri giovani, offrendo loro un titolo che non trova corrispondenza nel corpo sociale del paese, né tanto meno in Europa. Alle nuove generazioni dobbiamo offrire un percorso formativo triennale, che abbia uno sbocco professionale “certo ed univoco”, con una auspicabile, rapida collocazione sul mercato del lavoro: questo è l’obiettivo della mia proposta. Del resto, questa impostazione, è pienamente in linea con le direttive europee: in particolare con la 1989/48 CE che sancisce il principio della corrispondenza tra percorsi formativi e titoli professionali, e l’obbligo di un periodo di formazione universitaria di almeno 3 anni e con la 2005/36 CE (direttiva qualifiche) che, con riferimento alle professioni regolamentate (art.3), prevede che il percorso formativo debba essere finalizzato ad un'unica professione.
Con il Suo testo di riforma si pone fine al sistema duale. Perché questa scelta?
Il 23 giugno le Commissioni Giustizia ed Attività Produttive hanno votato, definitivamente, la separazione della riforma delle professioni da quella delle associazioni: si tratta di un importante passaggio parlamentare che sancisce definitivamente la fine dell'ipotesi di riforma “duale”, cioè di un'unica proposta di legge di riforma delle professioni che tentava di disciplinare, insieme, professioni intellettuali (riunite in ordini e collegi), e associazioni di altre attività. Questa decisione è stata assunta a seguito della mia proposta di separazione -in qualità di relatore ed estensore del disegno di legge atto camera 503 depositato in data 29 aprile 2008 (consistente in una versione aggiornata dei disegni di legge da me già presentati nelle altre legislature)- presentata alle Commissioni riunite Giustizia e Attività Produttive in data 18 maggio 2010, unitariamente alla proposta di legge/testo base di coordinamento delle riforma delle professioni intellettuali. Questa votazione ha decretato la fine del sistema “duale”, così chiamato perchè aveva l'obiettivo di riformare insieme le professioni intellettuali con le associazioni, in realtà, l'obiettivo, era quello di indebolire i professionisti intellettuali e il sistema ordinistico. Questa impostazione risale agli anni '90 e al Ministro Bersani che ha sempre mirato ad estromettere o indebolire gli ordini professionali inquinando la riforma con l'inserimento della disciplina delle associazioni. Ecco perchè questa decisione, che riporta la riforma in capo ai soli professionisti intellettuali (di ordini e collegi) è un grande successo: essa riconosce il diritto dei professionisti ad avere una propria, esclusiva riforma ben distinta da altre discipline riguardanti eventuali professioni nuove, arti, mestieri o servizi vari, che non possono essere definiti “intellettuali”. Le attività ricomprese in queste associazioni, infatti, devono essere sicuramente disciplinate, con una propria legge di competenza della Commissione Attività Produttive, che non riguarda il settore giustizia e gli ordini: trattasi di un mondo di nuove professioni e associazioni, che è rimasto per troppo tempo in un “limbo” privo di regole, una vera “jungla” che ha consentito la nascita di una enorme zona grigia di abusivismo, con tutti gli evidenti danni per i cittadini, i quali non sono in grado di distinguere tra “nuove professionalità” e i tanti approfittatori, privi di competenze, che esercitano attività varie”. Il voto positivo sulla mia proposta ha, inoltre, una forte valenza politica in quanto -accanto ai voti favorevoli del PdL e della Lega- si sono registrati quelli favorevoli dell'UdC e anche dell'Italia dei Valori, che hanno convenuto sulla fondatezza delle mie argomentazioni: gli unici voti contrari sono pervenuti dai parlamentari della Commissione Giustizia-Attività Produttive del PD. Inoltre, da ciò ne discende che la riforma delle professioni potrà procedere con maggiore celerità, in quanto sarà trattata esclusivamente nell'ambito della Commissione Giustizia, senza più interferenze da parte della Commissione Attività Produttive. Questa decisione dimostra che in Parlamento si può arrivare, quando vi sono buoni obiettivi, anche a prendere decisioni importanti nell'interesse dei cittadini.
Ieri i rappresentanti del Pat e e del Cup sono andati dal ministro Alfano, non c’è il rischio che se il Governo dovesse presentare un disegno di legge si possa rallentare l’iter parlamentare del testo di riforma?
Riscontro favorevolmente il clima positivo che si è instaurato –in questi due anni di lavori- in Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati in materia di riforma delle professioni intellettuali, ove ho riscontrato la massima disponibilità e volontà da parte dei commissari, di maggioranza e di opposizione, a cooperare costruttivamente per la realizzazione della riforma nella attuale legislatura. Abbiamo lavorato e tenuto le audizioni, in questo ultimo anno, che ci hanno consentito di avere idee molto chiare. Abbiamo altresì favorito la convergenza del CUP e del PAT, durante le audizioni, verso principi di riforma comuni e uniformanti. In questo contesto favorevole, ben vengano le proposte del Governo che, per quanto indicato dallo stesso Ministro Alfano, dalle prime indicazioni uscite dalla riunione del 21 luglio scorso, sono in piena sintonia col disegno mio testo di coordinamento, depositato il 18/05/2010, che costituisce il testo base del lavoro in commissione. Sono altresì molto soddisfatta nell’apprendere che, la proposta di riforma portata dai rappresentanti degli ordini e collegi (CUP e PAT), presenta in sintesi gli stessi principi che abbiamo inserito nel testo base depositato in primavera. Poche sono, infatti, le sfumature che differenziano i testi: quello presentato dagli ordini e collegi, tocca in sintesi tutti i punti da me proposti, anche se –trattandosi appunto di un elaborato di sintesi- non affronta alcuni aspetti, quali l’unificazione richiesta dalle professioni tecniche di cui all’art.4 del mio progetto, avanzata durante le audizioni dal CO.GE.PA.PI, e il rinnovo della delega per l’attuazione della legge 43/2006 relativa alle professioni sanitarie non mediche.
Il testo è stato depositato lo scorso 18 maggio. Ora come andrà avanti l’iter parlamentare? Quali sono i tempi previsti?
L’iter sarà particolarmente rapido perché sono due diverse commissioni ad occuparsene ora, e i funzionari della Commissione Giustizia della Camera stanno lavorando, da fine maggio, allo “spacchettamento” per arrivare a settembre con i provvedimenti incardinati nelle due commissioni separatamente. Poiché ho appreso che i principi base del testo di coordinamento sono stati portati al Ministro della Giustizia, il quale ha affermato di condividerli, ci auguriamo che ci possa essere un provvedimento del Governo che sostenga e supporti la linea assunta dalla Commissione e il lavoro sino ad oggi svolto.