Milano, 24 marzo 2004. Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, Franco Abruzzo, ha concluso le indagini relative all’avviso disciplinare contestato a Maurizio Belpietro, direttore del “Giornale”, che nell’edizione del 14 marzo, ha reso pubblico il nome dell’on.le Silvio Sircana (portavoce del Governo Prodi) come persona coinvolta in una storia “da marciapiede” che affiora da una conversazione telefonica, intercettata dagli inquirenti di Potenza, tra il paparazzo Massimo Scarfone e Fabrizio Corona (fotoreporter arrestato per via di presunti ricatti tentati e fatti ai danni di personaggi del mondo dello spettacolo e dello sport). Franco Abruzzo ha dichiarato: “Nella seduta del 16 aprile, chiederò al Consiglio dell’Ordine di archiviare la posizione di Belpietro, perchè l’on.le Sircana, quando il 20 marzo ha chiesto la pubblicazione delle foto che lo riguardano relativa alla notte del 14 settembre 2006, ha rinunciato alla privacy, autorizzando pubblicamente il trattamento di dati personali”. L’articolo 137 del Dlgs 196/2006 (Testo unico sulla privacy) afferma al riguardo: “Possono essere trattati i dati personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico”. Il Testo unico sulla privacy esplicitamente qualifica come "dato personale" qualsiasi informazione che consenta di identificare un soggetto, quindi anche le fotografie. Franco Abruzzo era intervenuto sulla base di un principio, che si ricava dal Codice della privacy: “l'informazione deve attenersi al principio di essenzialità e alla tutela della dignità delle persone, chiunque esse siano, e specialmente quando dalle notizie pubblicate nulla risulti a loro carico". Il rispetto della persona e della dignità umana (art.2 Cost), richiamato dall’articolo 2 della legge professionale 69/1963, è il limite interno all’esercizio del diritto di cronaca (Cassazione penale, sez. III, sentenza 23356/2001), Principio, questo, che l'esercizio del diritto di informazione, pur pienamente legittimo in una società democratica ed aperta, deve salvaguardare come valore comune, non solo per un dovere di deontologia professionale ma anche per un obbligo giuridico. Quanto alla posizione di Pino Belleri, direttore di Oggi, che ha acquistato le foto di Sircana e non le ma mai pubblicate, Franco Abruzzo, condivide quanto ha affermato ieri il consigliere segretario dell’Ordine nazionale Vittorio Roidi: “Dal punto di vista deontologico non ci interessa. A meno che non si scoprisse che quelle immagini non sono state pubblicate per pressioni politiche. Ma al momento questo non c'è''.
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IL GIORNO/Il RESTO DEL CARLINO/LA NAZIONE del 22 marzo 2007-pagina 3.
Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia FRANCO ABRUZZO:
“Va tutelata la dignità di tutti, modelle o politici che siano”
di ROSSELLA MINOTTI
MILANO
«Io non sono uno che cambia tesi per opportunismo. Il mio amico Del Boca dice cose assurde. Volete scrivere tutto? Accomodatevi. Troverete un giudice che vi massacra». Franco Abruzzo, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia già partito con la campagna elettorale per le elezioni di rinnovo che ci saranno a maggio, prende le distanze dal presidente dell’Ordine nazionale Lorenzo Del Boca, che ha definito «frettolosa» l'iniziativa disciplinare nei confronti di Belpietro.
È così?
«Io come presidente dell’Ordine — dice Abruzzo — ho l’obbligo di segnalare eventuali reati deontologici. Ho fatto un modestissimo avviso disciplinare a Belpietro, sto conducendo un’istruttoria, entro trenta giorni il direttore del Giornale deve mandarmi la sua difesa, poi porto le carte al Consiglio dell’Ordine che decide se archiviare o aprire il procedimento».
Ma dove comincia, e soprattutto dove finisce la libertà di stampa?
«Per me con la Costituzione, che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo. E la pari dignità sociale precede l’uguaglianza. Sono io allora che pongo un problema alla categoria. La dignità della persona vale sempre o no? È vero che un uomo pubblico ha meno tutela rispetto a quello della strada, ma è anche vero che è tenuto a rispondere della sfera pubblica, non di quella privata. Quindi facciamo vincere la Costituzione repubblicana, che è grandiosa, ma per tutti, le modelle e i politici. O il politico dobbiamo sputtanarlo a tutti i costi?».
Quindi ha fatto bene il direttore di Oggi Belleri a non pubblicare le foto di Sircana.
«I direttori purtroppo hanno un potere monarchico, assoluto, di decidere sulla linea del giornale, però hanno anche un interlocutore che può mettere il becco sulla completezza dell’informazione, l’organismo sindacale, il comitato di redazione, che ha fatto bene a sollevare il problema. Comunque ora, con la pubblicazione della foto del portavoce di Prodi, è crollata tutta la battaglia. Quella foto, se davvero è l’unica, non dice nulla. Cosa dimostra? Ogni sera io, ad esempio, esco dall’ufficio e mi trovo accanto alle cosiddette belle di notte, ce n’è sempre una appostata lì accanto al portone di via Antonio da Recanate 1».
Allora Belleri poteva pubblicarle. Sempre che, come dicono molti, dietro non ci siano anche i vertici dell’azienda editoriale.
«Io ragiono sulle carte, prove di altro non ci sono. Ma pubblicare quella foto anticipava un giudizio pesante su quella persona. Allora, dico provocatoriamente, io vorrei che si pubblicassero gli altri otto scatti della Barbara Berlusconi, non quelli che sono usciti sui giornali. Ma scherziamo? Sono foto lesive della dignità di Barbara, e io la difendo. Lei può baciare chi vuole. Così come non si può scrivere che A,Y. si concedeva per cinquemila euro o che la G. è una che la dà a tutti. Ma dov’è finita la dignità della persona? Se molliamo su queste cose il giornalismo cosa diventa? Solo quello del gossip».
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CASSAZIONE CIVILE: “E’ FATTO DIVIETO AL GIORNALISTA DI FORNIRE NOTIZIE O PUBBLICARE IMMAGINI O FOTOGRAFIE DI SOGGETTI COINVOLTI IN FATTI DI CRONACA LESIVE DELLA DIGNITÀ DELLE PERSONE, SALVO CHE SI TRATTI DI INFORMAZIONI ESSENZIALI”
In tema di responsabilità disciplinare dei giornalisti, la norma deontologica di cui all'art. 8 del Codice di deontologia di cui all'art. 139 del d.lgs. n. 196 del 2003 è chiaramente espressa con una formulazione che, letta secondo la logica propria della norma impositiva di un comando o di un divieto o permissiva di un comportamento, va intesa nel senso che "è fatto divieto al giornalista di fornire notizie o pubblicare immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità delle persone, salvo che si tratti di informazioni essenziali". Essa, dunque, pone in primo luogo un divieto quando le notizie, le immagini o le fotografie dei soggetti coinvolti in un fatto di cronaca siano lesive della loro dignità e solo in via di deroga ne consente il superamento. (Cass. civ. Sez. III, 31-03-2006, n. 7607 -A.M. c. Cons. Naz. Ord. Giornalisti; FONTI Mass. Giur. It., 2006; CED Cassazione, 2006).
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L'azione di responsabilità
L'azione di responsabilità per danni causati dalla violazione dei doveri di riservatezza e del diritto alla privacy, essendo una azione extra - contrattuale deve proporsi nei confronti di colui che si assume essere l'autore materiale dell'illecito. (Trib. Monza Sez. I, 12-12-2005; M.K. c. C.D.; FONTI Massima redazionale, 2005).
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FRANCO ABRUZZO: “NON ESISTE LA LIBERTA' DI SCRIVERE TUTTO”.
Milano, 17 marzo 2007. "Non esiste la libertà di scrivere tutto quello che figura nelle carte processuali". A sostenerlo è Franco Abruzzo, presidente dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia che interviene così sulle polemiche relative al cosiddetto caso 'vallettopoli'. "La tutela della dignità della persona prevale sul diritto di cronaca e di critica - sostiene Abruzzo- e la dignità della persona è il cuore della nostra Costituzione. Alcuni giornalisti devono capire che la normativa sulla privacy realizza l'articolo 2 della Costituzione e che le nostre leggi accordano una protezione totale ai soggetti deboli". "L'articolo 21 - osserva Abruzzo- va letto tutto, anche il sesto comma, che pone il limite del buon costume all'esercizio del diritto di informazione. Il buon costume, ha spiegato la Corte costituzionale con la sentenza 293/2000, è nient'altro che il rispetto della dignità della persona. Su questa linea è attestato da sempre il Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia. In queste ore - sottolinea Abruzzo- diversi parlamentari di destra, per di più giornalisti, hanno attaccato l'Ordine. Farebbero bene, invece – conclude - a frequentare un corso di diritto costituzionale o di diritto dell'informazione". (Red-Ros/Zn/Adnkronos) 17-MAR-07 09:41
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INCHIESTA DI POTENZA E “CASO SIRCANA”.
Il Garante della privacy blocca
la diffusione di notizie che
offendano la dignità umana
e che riguardino la sfera sessuale
e la vita privata delle persone.
Chi viola questo diktat rischia
il carcere (da 3 mesi a due anni).
In coda appello di Franco Abruzzo
Roma, 15 marzo 2007. In relazione alla vicenda oggetto dell'inchiesta di Potenza, il Collegio dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha adottato oggi un provvedimento con il quale vieta "con effetto immediato" a tutti gli organi di informazione di diffondere notizie quando:
si riferiscano a fatti e condotte private che non hanno interesse pubblico;
riguardino notizie, dettagli e circostanze eccedenti rispetto all'essenzialità dell'informazione;
attengano a particolari della vita privata delle persone diffusi in violazione della tutela della loro sfera sessuale.
Il Garante sottolinea che la violazione di tale provvedimento, che sarà pubblicato domani nella Gazzetta Ufficiale, costituisce reato punito con la reclusione da tre mesi a due anni ed è fonte di responsabilità per una eventuale richiesta di risarcimento danni.
Il Garante provvederà, infine, a denunciare alla autorità giudiziaria competente ogni singola violazione che venisse rilevata.
Il provvedimento si è reso necessario perché pur nel quadro di vicende per le quali è configurabile un interesse pubblico alla conoscenza anche dettagliata di fatti, "sono state diffuse alcune informazioni e notizie, anche non estratte da trascrizioni di intercettazioni, che hanno oltrepassato i limiti del diritto di cronaca e violato i diritti e la dignità delle persone interessate, a prescindere dalla veridicità di quanto diffuso".
IL PROVVEDIMENTO DEL GARANTE
Diffusione dati personali concernenti attività di indagine in corso presso gli uffici giudiziari di Potenza - 15 marzo 2007
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
NELLA riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;
VISTA la documentazione acquisita a seguito di quanto segnalato a questa Autorità a proposito della pubblicazione in questi giorni, da parte di varie testate giornalistiche, di trascrizioni di intercettazioni disposte nell'indagine in corso presso gli uffici giudiziari di Potenza, per condotte estorsive relative all'utilizzo di immagini fotografiche e di altre notizie, nonché per reati ipotizzati in tema di prostituzione;
VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali e l'allegato codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196; All. A) al Codice);
VISTO il provvedimento di carattere generale adottato dal Garante il 21 giugno 2006 che reca prescrizioni in tema di pubblicazione di trascrizioni di intercettazioni telefoniche rivolte a tutti i titolari di trattamento in ambito giornalistico (in Gazzetta Ufficiale 27 giugno 2006, n. 147, p. 85-86, nonché in www.garanteprivacy.it, doc. web n. 1299615);
RITENUTO di dover verificare in via d'urgenza il rispetto dei princìpi richiamati in tale provvedimento, stante la necessità di intervenire celermente a tutela dei diritti e delle libertà fondamentali di persone lese dalla predetta pubblicazione, con particolare riferimento alla loro riservatezza, dignità ed identità personale, nonché al loro diritto alla protezione dei dati personali;
RILEVATO, allo stato degli atti, che nel quadro della cronaca giornalistica su vicende per le quali è configurabile un interesse pubblico alla conoscenza anche dettagliata di fatti, sono state diffuse alcune informazioni e notizie, anche non estratte da trascrizioni di intercettazioni, eccedendo i limiti del diritto di cronaca e violando, comunque, i diritti e la dignità di persone interessate, a prescindere dalla veridicità di quanto diffuso;
RILEVATO che ciò è avvenuto:
riferendo su alcuni fatti e condotte private che non hanno interesse pubblico,
oppure
pubblicando notizie, dettagli e circostanze eccedenti rispetto all'essenzialità dell'informazione
o, ancora,
fornendo particolari in violazione della tutela della sfera sessuale di alcune persone interessate;
RILEVATO che tali violazioni riguardano anche condotte del tutto private di persone estranee alla commissione di reati, prese in considerazione dalla stampa con eccessivi dettagli solo perché:
tali persone sono semplicemente menzionate nel materiale documentale di indagine,
oppure
hanno reso dichiarazioni all'autorità giudiziaria
o, ancora,
potrebbero assumere la veste di persone offese o danneggiate da reati;
RILEVATO che il Garante ha il compito di vietare il trattamento di dati anche in ambito giornalistico quando è violata la disciplina in materia di protezione dei dati personali, anche per effetto dell'inosservanza di prescrizioni di questa Autorità quali quelle contenute nel predetto provvedimento del 21 giugno 2006 (art. 154 del Codice);
RITENUTO di dover disporre con urgenza e con effetto immediato un divieto di trattamento dei dati personali nei confronti di tutti gli editori titolari del trattamento in ambito giornalistico, anche al fine di prevenire ulteriori conseguenze dannose per gli interessati che potrebbero derivare dalla pubblicazione illecita di altre informazioni e notizie non ancora diffuse;
RISERVATA l'adozione di specifiche decisioni in seguito all'eventuale ricezione di ricorsi, reclami o segnalazioni da parte di singole persone interessate;
DATO ATTO che la violazione del presente provvedimento costituisce reato perseguibile d'ufficio, punito con la reclusione da tre mesi a due anni (art. 170 del Codice), ed è fonte di responsabilità risarcitoria per danno (art. 15 del Codice);
RILEVATA la necessità di disporre la pubblicazione del presente provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, nonché la trasmissione di copia del presente provvedimento al Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti per le valutazioni di competenza;
VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
RELATORE il dott. Mauro Paissan;
TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:
a) ai sensi degli artt. 139, comma 5, 143, comma 1, lett. c) e 154, comma 1, lett. d) del Codice in materia di protezione dei dati personali, VIETA con effetto immediato a tutti i titolari del trattamento in ambito giornalistico, in relazione alla vicenda oggetto della presente decisione, di diffondere dati personali in violazione del provvedimento del Garante del 21 giugno 2006 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 27 giugno 2006, n. 147, pag. 86, in particolare del richiamato nono capoverso, lettere da a) ad e), allorché:
si riferiscano a fatti e condotte private che non hanno interesse pubblico, oppure
riguardino notizie, dettagli e circostanze eccedenti rispetto all'essenzialità dell'informazione
o, ancora,
attengano a particolari della vita privata delle persone diffusi in violazione della tutela della loro sfera sessuale;
b) dà atto che la violazione del presente provvedimento costituisce reato perseguibile d'ufficio, punito con la reclusione da tre mesi a due anni (art. 170 del Codice) ed è fonte di responsabilità risarcitoria per danno (art. 15 del Codice);
c) stabilisce che ciascuna violazione venga denunciata senza ritardo dal Garante alla competente autorità giudiziaria (art. 154, comma 1, lett. i), del Codice);
d) dispone la pubblicazione del presente provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, nonché l'invio di copia della presente decisione al Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti.
IL PRESIDENTE Pizzetti
IL RELATORE Paissan
IL SEGRETARIO Buttarelli
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18 giugno 2006. Intercettazioni, il Garante ribadisce i principi per la pubblicazione
Roma, 18 giugno 2006. Il Garante per la privacy ribadisce i principi che regolano la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, raccomandando il massimo senso di responsabilità nel valutare con scrupolo l'essenzialità delle notizie pubblicate.
In più occasioni il Garante ha già sanzionato testate giornalistiche che avevano superato i limiti della libertà di cronaca e in qualche caso ha anche bloccato la pubblicazione di passi più privati di conversazioni telefoniche e sms.
L'Autorità segue come sempre con attenzione le vicende in corso, peraltro di eventuale competenza anche dell'autorità giudiziaria, e non mancherà di intervenire con la massima tempestività nel caso in cui sia necessario e qualora le pervengano ricorsi da parte degli interessati.
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Intercettazioni: informazione su fatti di interesse pubblico, rispettando le persone - 21 giugno 2006 - (G.U. n. 147 del 27-6-2006)
GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
NELLA riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vicepresidente, del dott. Mauro Paissan, del dott. Giuseppe Fortunato, componenti e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;
VISTI gli atti acquisiti d'ufficio in relazione alla reiterata pubblicazione nei giorni scorsi, da parte di varie testate giornalistiche, di numerose trascrizioni di intercettazioni telefoniche disposte da autorità giudiziarie e che hanno coinvolto diverse persone;
CONSIDERATO che il Garante, ai sensi dell'art. 154, comma 1, lett. c) del Codice in materia di protezione dei dati personali, ha il compito di prescrivere anche d'ufficio ai titolari del trattamento le misure necessarie o opportune al fine di rendere il trattamento conforme alle disposizioni vigenti;
RILEVATA la necessità di esaminare d'ufficio e in via d'urgenza, anche in assenza di ricorsi, reclami e segnalazioni allo stato non pervenuti al Garante, la problematica del rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali delle diverse persone coinvolte dalla predetta pubblicazione, con particolare riferimento alla loro riservatezza, dignità ed identità personale, nonché al diritto fondamentale alla protezione dei relativi dati personali;
RILEVATO dagli atti che, nell'ambito delle indagini preliminari in corso presso uffici giudiziari, le ipotesi di reato in fase di accertamento denotano circostanze ed episodi per i quali, su un piano generale, è legittimo l'esercizio del diritto di cronaca ed è altresì configurabile un interesse pubblico alla conoscenza anche dettagliata di fatti;
RILEVATO, tuttavia, che si pone con seria evidenza la necessità di assicurare, con immediatezza e su un piano generale, un'adeguata tutela dei diritti di soggetti coinvolti dalla pubblicazione pressoché integrale di innumerevoli brani di conversazioni telefoniche, intercorse anche con terzi estranei ai fatti oggetto di indagine penale o che non risultano allo stato indagati, o brani che riguardano in ogni caso diverse relazioni personali o familiari o, ancora, persone semplicemente lese dai fatti; rilevato che alcuni brani di tali conversazioni attengono, altresì, a comportamenti strettamente personali di persone pur coinvolte nelle indagini, ma non direttamente connessi a fatti penalmente rilevanti;
CONSIDERATO che, dagli atti al momento disponibili e dall'attuale quadro normativo riferito al processo penale, non risulta allo stato comprovato che le più recenti pubblicazioni giornalistiche delle predette trascrizioni siano avvenute violando il segreto delle indagini preliminari o il divieto di pubblicare atti del procedimento penale;
RILEVATO, infatti, che il codice di procedura penale:
a) vieta la pubblicazione di atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto (art. 114, comma 1, c.p.p.);
b) vieta anche la pubblicazione di atti non più coperti dal segreto fino alla conclusione delle indagini preliminari o al termine dell'udienza preliminare (art. 114, comma 2, c.p.p.);
c) consente sempre, però, la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto (art. 114, comma 7, c.p.p.) e considera gli atti d'indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria non più coperti dal segreto quando l'imputato ne possa avere conoscenza (art. 329 c.p.p.; v. anche art. 268, comma 6, c.p.p. relativo al deposito di atti concluse le operazioni di intercettazione);
RILEVATO che, anche per effetto del meccanismo previsto dalla legge per acquisire agli atti processuali le sole conversazioni rilevanti per il procedimento penale, meccanismo non più adeguato rispetto al fenomeno dell'incessante pubblicazione integrale di materiali processuali, si pone a volte in modo indiscriminato a disposizione dell'opinione pubblica un vasto materiale di documentazione di conversazioni telefoniche che non è oggetto di adeguata selezione e valutazione; rilevato che tale materiale, oltre a non risultare sempre essenziale per una doverosa informazione dell'opinione pubblica, può favorire anche una percezione inesatta di fatti, circostanze e relazioni interpersonali;
CONSIDERATO che la vigente disciplina di protezione dei dati personali che contempera i diritti fondamentali della persona con il diritto dei cittadini all'informazione e con la libertà di stampa (d.lg. n. 196/2003; codice di deontologia relativo all'attività giornalistica) prevede invece espresse e puntuali garanzie da rispettare e, in particolare:
a) garantisce al giornalista il diritto all'informazione su fatti di interesse pubblico, ma nel rispetto dell'essenzialità dell'informazione;
b) considera quindi legittima la divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale solo quando l'informazione, anche dettagliata, sia indispensabile per l'originalità dei fatti, o per la qualificazione dei protagonisti o per la descrizione dei modi particolari in cui sono avvenuti;
c) prescrive che si evitino riferimenti a congiunti o ad altri soggetti non interessati ai fatti;
d) esige il pieno rispetto della dignità della persona;
e) tutela la sfera sessuale delle persone, impegnando il giornalista ad astenersi dal descrivere abitudini sessuali riferite a persone identificate o identificabili e, quando si tratta di persone che rivestono una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica, a rispettare comunque sia il principio dell'essenzialità dell'informazione, sia la dignità;
CONSIDERATO che l'indiscriminata pubblicazione di trascrizioni di intercettazioni di numerose conversazioni telefoniche, specie quando finisce per suscitare la curiosità del pubblico su aspetti intimi e privati senza rispondere integralmente ad un'esigenza di giustificata informazione su vicende di interesse pubblico, può configurare anche una violazione delle disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali che contemperano il diritto al rispetto della vita privata e familiare con la libertà di espressione (artt. 8 e 10 Conv. europea diritti dell'uomo);
CONSIDERATO, quindi, anche sulla base dei principi affermati nei provvedimenti di divieto o di blocco del trattamento dei dati personali già adottati dal Garante sulle tematiche in esame, che risulta necessario prescrivere a tutti i mezzi di informazione di procedere ad una valutazione più attenta ed approfondita, autonoma e responsabile, circa l'effettiva essenzialità dei dettagli pubblicati, nella consapevolezza che l'affievolita sfera di riservatezza di persone note o che esercitano funzioni pubbliche non esime dall'imprescindibile necessità di filtrare comunque le fonti disponibili per la pubblicazione, che vanno valutate dal giornalista, anche alla luce del dovere inderogabile di salvaguardare la dignità delle persone e i diritti di terzi;
RISERVATA l'adozione di eventuali altre decisioni in casi specifici, all'esito dell'eventuale ricezione di ricorsi, reclami o segnalazioni da parte di persone interessate;
VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
RELATORI il dott. Giuseppe Chiaravalloti e il dott. Mauro Paissan;
RILEVATA in conclusione la necessità, ai sensi dell'art. 154, comma 1, lett. c) del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. n. 196/2003), di prescrivere a tutti gli editori titolari del trattamento in ambito giornalistico di conformare con effetto immediato, anche al fine di prevenire ulteriori violazioni, i trattamenti di dati personali relativi alla pubblicazione di trascrizioni di intercettazioni telefoniche ai principi richiamati nel presente provvedimento;
RILEVATA, infine, la necessità di disporre la trasmissione di copia del presente provvedimento al Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, per le valutazioni di competenza;
TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:
a) ai sensi dell'art. 154, comma 1, lett. c) del Codice in materia di protezione dei dati personali prescrive ai titolari del trattamento in ambito giornalistico di conformare con effetto immediato i trattamenti di dati personali relativi alla pubblicazione di trascrizioni di intercettazioni telefoniche a tutti i principi affermati dal medesimo Codice e dall'allegato codice di deontologia per l'attività giornalistica, richiamati nel presente provvedimento;
b) dispone l'invio di copia della presente decisione al Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti.
IL PRESIDENTE Pizzetti
I RELATORI Chiaravalloti-Paissan
IL SEGRETARIO GENERALE - Buttarelli
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Inchiesta di Potenza: rispetto e attenzione per le vittime di estorsioni.
Roma, 7 dicembre 2006. Di fronte al diffondersi di notizie su indagini penali relative a presunte estorsioni finalizzate a ottenere denaro per bloccare la diffusione di immagini fotografiche sgradite o dannose per le persone coinvolte il Garante ribadisce i principi più volte affermati.
Anche nei confronti di persone note o comunque pubbliche occorre rispettare la dignità e la libertà dei cittadini.
In particolare quando le informazioni o le immagini relative a fatti del tutto privati sono state raccolte in modo illegale o con artifici, è necessario che tutti gli operatori interessati, sia nel settore investigativo che in quello dell’informazione, evitino che il legittimo esercizio del diritto di cronaca o le esigenze investigative arrechino pregiudizio a persone che sono innanzitutto vittime di estorsioni.
Va ribadito, infine, che occorre evitare che una ingiustificata diffusione di dati o notizie comporti che chi è già vittima di un reato di estorsione subisca una ulteriore e più grave violazione dei suoi diritti fondamentali. (da; www.garanteprivacy.it).
Mauro Paissan: ''Giudizi infondati e offensivi
da parte dei rappresentanti dei giornalisti''.
Roma, 16 marzo 2007. "I rappresentanti dei giornalisti facciano innanzitutto i giornalisti, raccontino la verità. Dalla Federazione della stampa e dall'Ordine professionale provengono invece giudizi infondati e offensivi sul provvedimento del Garante privacy riguardo all'inchiesta di Potenza". Mauro Paissan, componente del Garante e giornalista, reagisce ad alcuni commenti critici sulla decisione dell'Autorità.
"Le riserve verso la nostra decisione sono ovviamente legittime e, come al solito, ne terremo conto. Ma è gratuitamente offensiva l'accusa che noi ci saremmo mossi solo in seguito a un caso che coinvolgeva un personaggio politico. Il Garante – precisa Paissan - è chiamato a intervenire quotidianamente a tutela di semplici cittadini colpiti da "malainformazione". Più volte abbiamo dovuto adottare provvedimenti di divieto di pubblicazione a favore della donna violentata di cui si è pubblicato il nome, della ragazza colpita dal morbo della mucca pazza di cui si rivelata l'identità, del minore gratuitamente esposto in pezzi di cronaca, dell'uomo del quale si rivelano dati sanitari assai delicati e così via. Questi nostri provvedimenti non fanno notizia, ma è la nostra attività quotidiana".
"É poi del tutto immotivata – afferma Paissan – la lamentazione sulla possibile restrizione della libertà informativa per effetto del nostro provvedimento. Noi ci siamo limitati ad applicare la legge in vigore e non è nei nostri poteri, ma nemmeno nelle nostre volontà, mettere in galera, comminare multe, mettere alla gogna e tanto meno mettere museruole. Limitazioni potrebbero venire semmai da nuove leggi, e alcuni comportamenti della categoria giornalistica sembrano purtroppo voler spingere il parlamento in questa direzione".
Mauro Paissan: ''Non si getta in pasto ai lettori in questo modo un nome e cognome''.
Roma, 14 marzo 2007. "No, non si può gettare in pasto ai lettori in questo modo un nome e cognome in un contesto di scandali, prostituzione, ricatti e estorsioni. Il solo accostamento a questo mondo configura un massacro dell'identità e della dignità di una persona". Mauro Paissan, componente del Garante privacy e giornalista, commenta la pubblicazione del nome dell'on. Sircana nell'ambito della cronaca sull'inchiesta giudiziaria di Potenza.
"A prescindere da eventuali violazioni della disciplina riguardante il segreto istruttorio, in questo caso siamo di fronte a un cittadino a carico del quale non risulterebbe nulla se non una conversazione tra due fotografi e la dichiarata volontà di ordire un ricatto".
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FRANCO ABRUZZO: “NON ESISTE LA LIBERTA' DI SCRIVERE TUTTO”.
Milano, 17 marzo 2007. "Non esiste la libertà di scrivere tutto quello che figura nelle carte processuali". A sostenerlo è Franco Abruzzo, presidente dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia che interviene così sulle polemiche relative al cosiddetto caso 'vallettopoli'. "La tutela della dignità della persona prevale sul diritto di cronaca e di critica - sostiene Abruzzo- e la dignità della persona è il cuore della nostra Costituzione. Alcuni giornalisti devono capire che la normativa sulla privacy realizza l'articolo 2 della Costituzione e che le nostre leggi accordano una protezione totale ai soggetti deboli". "L'articolo 21 - osserva Abruzzo- va letto tutto, anche il sesto comma, che pone il limite del buon costume all'esercizio del diritto di informazione. Il buon costume, ha spiegato la Corte costituzionale con la sentenza 293/2000, è nient'altro che il rispetto della dignità della persona. Su questa linea è attestato da sempre il Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia. In queste ore - sottolinea Abruzzo- diversi parlamentari di destra, per di più giornalisti, hanno attaccato l'Ordine. Farebbero bene, invece – conclude - a frequentare un corso di diritto costituzionale o di diritto dell'informazione". (Red-Ros/Zn/Adnkronos) 17-MAR-07 09:41
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Appello di Franco Abruzzo:
facciamo vincere il giornalismo
che non offenda la dignità delle persone
per guadagnare un pugno di copie!
I lettori stanno voltando le spalle
ai quotidiani e scelgono tv, radio e web:
cerchiamo di capire perché…
PRIVACY - Tutte le decisioni
del Garante dal 1997 ad oggi:
una battaglia in difesa di una
informazione libera e corretta,
rispettosa della dignità del persona
(valore costituzionale fondamentale).
In coda la giurisprudenza
Il testo in www.odg.mi.it/admin_doc_edit.asp?DID=2068
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Cassazione: divieto al giornalista di fornire notizie o pubblicare immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità delle persone
In tema di responsabilità disciplinare dei giornalisti, la norma deontologica di cui all'art. 8 del Codice di deontologia di cui all'art. 139 del d.lgs. n. 196 del 2003 è chiaramente espressa con una formulazione che, letta secondo la logica propria della norma impositiva di un comando o di un divieto o permissiva di un comportamento, va intesa nel senso che "è fatto divieto al giornalista di fornire notizie o pubblicare immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità delle persone, salvo che si tratti di informazioni essenziali". Essa, dunque, pone in primo luogo un divieto quando le notizie, le immagini o le fotografie dei soggetti coinvolti in un fatto di cronaca siano lesive della loro dignità e solo in via di deroga ne consente il superamento. Cass. civ. Sez. III, 31-03-2006, n. 7607); A.M. c. Cons. Naz. Ord. Giornalisti; FONTI Mass. Giur. It., 2006; CED Cassazione, 2006
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Il Consiglio dell’Ordine “giudice disciplinare”
fissato per legge (e riconosciuto come tale dalla
Corte costituzionale con la sentenza 505/1995)
nota di Franco Abruzzo
L’articolo 2229 del Codice civile demanda agli Ordini professionali l’esercizio del potere disciplinare sugli iscritti. Anche per i giornalisti vale questo principio: in primo grado (e “in via amministrativa”) decidono i Consigli regionali e in secondo grado il Consiglio nazionale. Le deliberazioni sono esecutive. Poi la parola passa al Tribunale della città dove ha sede l’Ordine regionale, quindi alla Corte d’Appello, infine alla Corte di Cassazione. La Corte di Cassazione, suprema in punto di diritto, assicura quindi la uniformità dell’interpretazione anche delle norme racchiuse nella legge n. 69/1963 sull’ordinamento della professione giornalistica. Le due fasi (amministrativa e giurisdizionale), in tutto cinque giudizi, si devono concludere in sette anni e sei mesi (così ha deciso la prima sezione civile della Cassazione con la sentenza n. 10135 del 30 aprile-14 ottobre 1998). Qualche volta gli articoli di questa legge (oggetto di un referendum abortito nel giugno 1997) sono finiti all’attenzione della Corte costituzionale. Alcuni giudici di merito dubitavano della legittimità di taluni “passaggi” della legge. La Consulta ha superato le critiche di illegittimità affermando nella sentenza n. 11/1968: “Il fatto che il giornalista esplichi la sua attività divenendo parte di un rapporto di lavoro subordinato non rivela la superfluità di un apparato che, secondo altri, si giustificherebbe solo in presenza di una libera professione, tale in senso tradizionale. Quella circostanza, al contrario, mette in risalto l'opportunità che i giornalisti vengano associati in un organismo, che, nei confronti del contrapposto potere economico dei datori di lavoro, possa contribuire a garantire il rispetto della loro personalità e, quindi, della loro libertà: compito, questo, che supera di gran lunga la tutela sindacale dei diritti della categoria e che perciò può essere assolto solo da un Ordine a struttura democratica che con i suoi poteri di ente pubblico vigili, nei confronti di tutti e nell'interesse della collettività, sulla rigorosa osservanza di quella dignità professionale che si traduce, anzitutto e soprattutto, nel non abdicare mai alla libertà di informazione e di critica e nel non cedere a sollecitazioni che possano comprometterla”.
E con la stessa sentenza n. 11/1968 della Corte costituzionale ha superato anche le censure al potere disciplinare esercitato dall’Ordine dei giornalisti: (1) - norma di chiusura dell'intero ordinamento giornalistico - risulterebbe illegittimo. Ma la legge non consente affatto una qualsiasi forma di sindacato di tale natura. Se la definizione degli illeciti disciplinari, com'è inevitabile, non si articola in una previsione di fattispecie tipiche, bisogna pur considerare che la materia trova un preciso limite nel principio fondamentale enunciato dalla stessa legge nell'art. 2. Se la libertà di informazione e di critica è insopprimibile, bisogna convenire che quel precetto, più che il contenuto di un semplice diritto, descrive la funzione stessa del libero giornalista: è il venire meno ad essa, giammai l'esercitarla, che può compromettere quel decoro e quella dignità sui quali l'Ordine è chiamato a vigilare>.
La Consulta ha fatto ancora di più con la sentenza n. 505/1995, quando ha trasformato i Consigli dell’Ordine dei giornalisti in veri e propri giudici amministrativi (con tutti i risvolti legati al rispetto delle procedure fissate dalla legge professionale n. 69/1963, dalla legge n. 241/1990 sulla trasparenza amministrativa e dal Codice di procedura civile). La Corte costituzionale, infatti, in questa occasione, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell’articolo 56, secondo comma, della legge n. 69/1963, ma “interpretando la norma impugnata nel senso che, ove il Consiglio regionale dell’Ordine si limiti a preliminari, “sommarie informazioni”, devono ritenersi sufficienti la comunicazione dell’inizio del procedimento e l’invito all’interessato a “comparire”. Ma quando l’istruttoria prosegua in quella sede per l’accertamento dei “fatti” attraverso la raccolta di prove, la norma, pur non prevedendo la presenza dell’interessato o del suo difensore nel momento dell’assunzione delle prove a carico, contempla tuttavia per l’”incolpato” forme di contraddittorio e di difesa, stabilendo che i fatti gli siano specificamente “addebitati” e riconoscendo all’incolpato stesso un congruo termine, non solo per essere sentito, ma soprattutto per provvedere alla sua “discolpa” come previsto dalla norma impugnata. Affinché tale facoltà possa efficacemente realizzarsi è necessario sul piano logico-giuridico che essa comprenda la confutabilità delle prove su cui si fondano i pretesi illeciti, previa possibilità di visione dei verbali e di utilizzo di ogni strumento di difesa, non solo attraverso memorie illustrative ma anche con la presentazione di nuovi documenti o con la deduzione di altre prove (compresa la richiesta di risentire testimoni su fatti e circostanze specifiche rilevanti ed attinenti alle contestazioni), che non possono considerarsi precluse.
L’organo disciplinare sarà tenuto a pronunciarsi motivando sulle richieste probatorie, in modo da rendere possibile, nella successiva eventuale fase di tutela giurisdizionale, una verifica sulla completezza e sufficienza della istruttoria disciplinare e sul rispetto dei principi in materia di partecipazione e difesa dell’incolpato.
Queste garanzie rispondono ad esigenze minime di ragionevolezza, sia per la gravità delle conseguenze personali che le sanzioni disciplinari, ma anche la sola pendenza del procedimento, determinano - già dalla prima fase della procedura - sui diritti del giornalista, sia per l’interesse pubblico alla completezza della istruttoria, alla correttezza ed imparzialità del procedimento amministrativo disciplinare......”
La legge sulla privacy (dlgs 196/2003) e il relativo Codice accentuano espressamente il ruolo di "giudice disciplinare" dei Consigli regionali e del Consiglio nazionale dell’Ordine. “Il Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica” (meglio noto come Codice deontologico sulla privacy), pubblicato il 3 agosto 1998 nella “Gazzetta Ufficiale”, oggi è l’Allegato A del Dlgs n. 196/2003 o Testo unico sulla privacy (che ne parla all’articolo 139). Le violazioni del Codice sono sanzionate, per quanto riguarda i giornalisti, soltanto in via disciplinare .I Consigli dell’Ordine sono già “giudici disciplinari” in base all’articolo 115 (comma 2) del Cpp nei casi in cui i giornalisti violano il divieto posto dall’articolo 114 (comma 6) del Cpp, pubblicando le generalità e le immagini dei minorenni .
La legge istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti con le sue regole etiche e la legge sulla privacy con il connesso Codice di deontologia - con le garanzie accordate da entrambe al segreto professionale - formano un sistema inscindibile, che, nel garantire la libertà di critica e di informazione, concretizza, tutelandone l'attuazione, il principio sancito dall'articolo 21 della Costituzione.
Diritti e doveri del giornalista - Sono fissati nell’articolo 2 della legge n. 69/1963: “E’ diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori”. La Cassazione (Cass. civile, 9 luglio 1991, n. 7543, Mass. 1991) ha riconosciuto agli Ordini il potere di “fissare norme interne, individuatrici di comportamenti contrari al decoro professionale, ancorché non integranti abusi o mancanze, configura legittimo esercizio dei poteri affidati agli Ordini professionali, con la consequenziale irrogabilità, in caso di inosservanza, di sanzione disciplinare”. La Carte di Treviso sui minori (2006) e la Carta dei doveri (varata dalla Fnsi e dal Cnog nel 1993) hanno piena cittadinanza, quindi, nell’ordinamento professionale.
Procedimento disciplinare - L’apertura è prevista dall’articolo 48 della legge n. 69/1963: “Gli iscritti nell’Albo, negli elenchi o nel registro che si rendano colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignità professionale, o di fatti che compromettano la propria reputazione o la dignità dell’Ordine, sono sottoposti a procedimento disciplinare. Il procedimento disciplinare è iniziato d’ufficio dal Consiglio regionale o interregionale, o anche su richiesta del procuratore generale competente ai sensi dell’articolo 44”. Il potere riconosciuto al Pg di “impulso” significa solo che c’è un interesse pubblico affinché la professione giornalistica si svolga in termini corretti.
Sanzioni disciplinari - Sono fissate nell’articolo 51 della legge n. 69/1963. Le sanzioni disciplinari sono pronunciate con decisione motivata dal Consiglio, previa audizione dell’incolpato. Esse sono: a) l’avvertimento; b) la censura; c) la sospensione dall’esercizio della professione per un periodo non inferiore a due mesi e non superiore ad un anno; d) la radiazione dall’Albo.